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Una serata per pensare insieme come cambiare rotta
Giovedì 22 maggio 2025 alle 19 Biblioteca Chiesa Rossa – Via San Domenico Savio, 3, Milano Ci eravamo presi  l’impegno di presentare il libro “Il capitale nell’Antropocene” di Saito Kohei come superamento o attenuazione della cesura creatasi tra i collettivi militanti posizionati sulla ricerca e critica anticapitalista e i nuovi gruppi di critica alla distruzione del pianeta da parte dei grandi gruppi economici. “Le concentrazioni e centralizzazioni dei capitali, se non mediate dai vari attori geopolitici, si muovono verso trasformazioni da guerre commerciali a guerre vere e proprie, con demagoghi pronti a implementare ricette suprematiste della peggior disumanità e a sacrificare milioni di persone. Nel mondo, ma anche in Italia, vivono in situazione di povertà assoluta milioni e milioni di persone. Siamo convinti che solo la lotta può liberarli dalla condizione materiale in cui si trovano e la storia ci ha dimostrato che è stato possibile! La storia ci ha anche insegnato che non tutto quello conquistato in termini di emancipazione dal bisogno è per sempre! Abbiamo l’esigenza di liberare forze  e provare a gettare un seme di contaminazione tra radicalità che intendono la trasformazione del mondo e lo vogliono salvare nella giustizia sociale. Kohei Saito nel suo libro, come altri studiosi marxisti, adotta l’Antropocene per ragioni non certo attenuanti o rassicuranti, ma perché la nozione sostituisce quella ancor più desueta di “questione ecologica oggi” e permette in sovrappiù di entrare nel dibattito in corso. Noi questi temi non intendiamo affrontarli in termini accademici e tanto meno tenerli rinchiusi in recinti di comunità che perseguono la decrescita senza dire come.  Allora semplificando ed esemplificando: come potremmo contribuire alla decrescita a livello personale e collettivo? Movimento per la decrescita felice e associazione Rossosispera   Redazione Milano
Il bisogno indotto della guerra
Analizzare i modi attraverso cui l’industria automobilistica, e in Italia dire auto nel XX secolo è dire FIAT, si è imposta a partire dagli inizi del ‘900 è emblematico rispetto alle modalità di affermazione del sistema capitalista. Il paesaggio modellato con le infrastrutture necessarie allo sviluppo del settore (strade, autostrade, ecc.), solidi legami col potere politico (meglio se di destra ma con capacità di adattarsi ai differenti schemi politici), attività di lobbying, creazione del bisogno in modo tale da renderlo insopprimibile, l’affermazione di una immagine di modernità in contrasto con la mobilità del passato basata su treni e tramvie. Spostiamo ora l’attenzione sull’ambito trainante dell’economia capitalista del XXI secolo: l’industria delle armi. Il complesso militare-industriale è legato a filo doppio a un’economia di guerra. E’ tutto sommato l’applicazione del modello consumista, la guerra è la situazione in cui le armi si usano e si consumano incentivando sempre più massicce produzioni. Pensiamo che l’impulso al sistema industriale delle armi sia data da un fatto ineluttabile, ovvero la presenza dei conflitti armati in giro per il mondo, conflitti dovuti al nazionalismo, conflitti religiosi, etnici, politici. In realtà occorre invertire il nesso causale. Le guerre ci sono poiché indotte dal sistema industriale militare. In una logica capitalista che guarda al profitto e all’accumulo di dividendi al di là di qualsiasi valutazione etica è nella natura delle cose favorire situazioni di instabilità che portino poi a conflitti armati. Non è poi così difficile farlo per il potentissimo sistema industriale di produzione di armi. Gli addentellati con la politica sono evidenti, le possibilità di giocare a tutto campo sugli scenari mondiali sconfinate. E’ quanto è avvenuto solo per fare un esempio di drammatica attualità in Ucraina. Tendiamo a vedere solo ciò che è palese ma chi ha favorito l’instabilità e la drammatica apertura di conflitti armati è chi può fornire a dismisura armamenti guadagnando somme che si misurano nell’ordine delle migliaia di miliardi. E dove sperimentare al meglio i nuovi sistemi d’arma se non sul campo…di battaglia. Le vittime civili e militari e la distruzione di beni materiali come test di innovativi “prodotti”. E non ci sono solo missili, artiglieria pesante, armi convenzionali. Già hanno fatto irruzione da qualche anno i droni che permettono di far strage senza rischio alcuno. Ma ora la nuova frontiera è fatta di iper-tech, intelligenza artificiale, armi cyber, big data, e questo lo avevano detto ad esempio Taiani e Crosetto. Avevano invitato a tener conto del fatto che attrezzarsi per la difesa non significava solo missili e cannoni ma appunto un bel po’ di innovazioni immateriali. Ah, ora stiamo meglio! Il complesso militare-industriale influenza le politiche di investimento dei governi e la stessa percezione dei bisogni e dei rischi della popolazione. Interviene a tutto campo. E’ capace di far passare la “pubblicità” di una Russia che sta per attaccarci e da cui occorre difenderci investendo 800 miliardi in armi, indicendo quindi nella popolazione un bisogno che è percepito come reale anche se ciò è solo negli interessi economici di qualcuno. Ma fa breccia e la fa persino tra le forze progressiste che non si sottraggono alle sirene del riarmo. E’ in grado grazie al legame a doppio filo con gli eserciti di azioni pervasive anche a livello educativo. Sono diventate normali oramai le “lezioni” dei militari nelle scuole, le visite didattiche alle forze armate e via dicendo. E fanno passare l’imprescindibile difesa del Paese per difesa dei confini (minacciati in realtà solo dai poveri cristi che arrivano da sud e da est) mentre la vera difesa dovrebbe essere a favore della salute, della scuola, dell’ambiente. Naturalmente più soldi per le armi significa meno investimenti in sanità, scuola, ambiente , lavoro. Ma tutto sommato un popolo meno sano, più povero, più depresso, meno istruito, che viva in un ambiente degradato, si manipola meglio. Sarebbe sbagliato però pensare di invertire la rotta considerando il sistema industriale militare come un problema a sé. Creazione del bisogno, interconnessione del sistema economico con quello politico, attività lobbistica, consumismo, sono pilastri del sistema capitalista per cui è quello che va rovesciato. L’obiettivo non può che essere il comunismo. Non ovviamente quello burocratico e autoritario di sovietica memoria. Ma piuttosto il comunismo dei beni comuni, della decrescita e del marxismo ecologista teorizzato dal filosofo Sito Kohei. In ballo questa volta non ci sono solo le sorti del proletariato ma la sopravvivenza stessa dell’umanità. Giuseppe Paschetto
Terzo incontro residenziale su “Limite: riflessioni ed esperienze”
Dal 27 al 29 giugno 2025 l’Associazione per la decrescita promuove un incontro residenziale all’Eremo di Calomini in Garfagnana (Lucca) dal titolo “Limite: riflessioni ed esperienze”. Si tratta del terzo incontro annuale nell’ambito di un percorso “Per un reincanto del mondo”. In questi anni difficili, di grande disorientamento, molti di noi, spesso impegnati in varie pratiche in favore dell’ambiente, della cura, dell’impegno sociale, di lotta per la giustizia e per la pace si sentono spesso stanchi e svuotati, tanto da domandarsi se le nostre “buone pratiche” non siano altro che gocce in un mare in tempesta. Di qui innanzitutto l’esigenza di “staccare”, “ricaricare le batterie”, ritrovare il contatto col sé, stabilire relazioni piacevoli con gli altri, nella consapevolezza che la convivialità non è solo piacere di stare assieme, ma ricerca comune di senso, di verità. Il percorso stesso della decrescita si presenta come una sorta di matrice, di idea ombrello che abbraccia diverse dimensioni: ecologica, economica, sociale e politica, dimensioni non semplici da connettere l’una all’altra. Un progetto, dunque, decisamente ambizioso e impegnativo che non si riduce ad un insieme di ricette green finalizzate a ridurre gli impatti sull’ecosistema. Al contrario esso rimanda ad una trasformazione profonda del nostro immaginario e della nostra società, una trasformazione impensabile, secondo Latouche, senza un certo “reincanto del mondo”. In questo percorso sul Reincanto ci stiamo interrogando dunque su quali vie e quali pratiche possono aiutarci. Adotteremo un approccio plurale, basato su diverse modalità, sia esperienziali che di approfondimento teorico: incontri e discussioni con esperti, meditazione, contemplazione, letture, riscoperta delle relazioni con la natura, con alcune espressioni estetiche. Ci interrogheremo anche su come le diverse tradizioni spirituali e filosofiche del passato hanno affrontato tutto questo e quali sono le loro relazioni con il progetto trasformativo che vorremmo portare nel mondo. Lo stesso Michel Focault, nell’ultimo periodo della sua vita, era giunto alla conclusione che la cura di sè  – che gli antichi ritenevano condizione indispensabile per partecipare attivamente all’attività politica – fosse la dimensione più trascurata dalle nostre analisi critiche. L’incontro di quest’anno si soffermerà in particolare sul grande tema dei limiti, un tema che, non a caso, attraversa sia la decrescita che i diversi percorsi di “reincanto”. La riscoperta del limite della nostra condizione umana, l’accettazione della fragilità e della vulnerabilità come elemento fondamentale della realtà che viviamo, i limiti planetari entro i quali dobbiamo collocarci, il limite che attraversa l’esperienza estetica, la pratica dello yoga e le diverse forme di economia “altra”  saranno alcune prospettive che cercheremo di approfondire e di sperimentare nei due giorni insieme. Vi aspettiamo! Redazione Toscana