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Ulteriori venti di guerra nel cuore dell’Europa
Il Partito della Rifondazione Comunista-Federazione di Trieste esprime la sua forte preoccupazione per la guerra nel cuore dell’Europa. Da più di tre anni la guerra in Ucraina, portata dal militarismo russo dell’autocrate Putin, distrugge vite e strutture civili in modo sistematico. Il recente “incidente” di frontiera (lancio di droni russi dalla Bielorussia in Polonia) può provocare un’ulteriore escalation, coinvolgendo la NATO che, sin dall’inizio, non è certo innocente per aggressività e militarismo. Come comunisti/e, pensiamo alla necessità di immediate trattative di pace, che dovrebbero essere imposte da ricostruite entità sovranazionali (ONU, soprattutto). I popoli devono sollevarsi contro i propri governi, fra di loro complici, costringendoli alla diplomazia. O adesso o mai più: contro la ferocia del militarismo russo, il pericoloso riarmo UE e la presenza di basi NATO con armamenti nucleari in Italia e, in particolare, nella nostra regione (e nel mondo intero). Ci esprimiamo quindi a favore dell’autodeterminazione dei popoli, ovunque. Si dia voce ai popoli, tacciano le armi. Gianluca Paciucci (3347037783) Partito della Rifondazione Comunista – Trieste. Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
L’America scarica la guerra ucraina sulla UE, se proprio gli piace…
L’ultima di Trump è sempre una barzelletta per boccaloni. Incalzato dagli eventi che ne smentiscono le promesse – la guerra in Ucraina va avanti senza pause, il genocidio a Gaza anche di più, le vicende interne sono da guerra civile incipiente, ecc – la sua uscita classica è buttare di […] L'articolo L’America scarica la guerra ucraina sulla UE, se proprio gli piace… su Contropiano.
Un passo avanti, nel baratro
«Sull’orlo del baratro», dicono ormai tutti. Con il terreno che diventa sdrucciolevole e tanti stolti fomentati che invitano a fare un perentorio «passo in avanti». Possiamo fare il giro del mondo e, tranne forse la Cina (che comunque ha mostrato i muscoli, conoscendo bene la psichiatria imperialista occidentale – «se […] L'articolo Un passo avanti, nel baratro su Contropiano.
L’Istituto Comprensivo Antonio Gramsci di Roma si mobilita per la pace
L’Istituto Comprensivo Antonio Gramsci di Roma, che comprende una Scuola Media, quattro Plessi di Scuola Elementare e due Scuole dell’Infanzia ha approvato oggi un documento proposto dalla Commissione Intercultura sulla promozione della pace e dei valori costituzionali, che si ricollega al minuto di silenzio per denunciare il genocidio in atto a Gaza, proposta già approvata in altre scuole sul territorio nazionale. Partendo dall’immane tragedia di Gaza il nostro documento chiama al tempo stesso a un raccoglimento e a un impegno nella didattica contro tutte le guerre in atto e a difesa dei diritti delle bambine e dei bambini, vittime innocenti della lucida e cinica “follia” dei vari signori della guerra che governano il mondo. Al tempo stesso si è approvata la proposta di gemellaggio e scambio epistolare con le scuole di Odessa, in Ucraina e se possibile, con  scuole palestinesi o di altri teatri di guerra, come ad esempio la dimenticata Somalia. Questi gemellaggi di pace sono facilitati dal fatto che la nostra scuola è frequentata da bambine e bambini ucraini e palestinesi oltre che da altri che, italiani di fatto, ma quasi sempre non di diritto, provengono da oltre 40 differenti nazioni dei diversi continenti. Nella settimana successiva al 21 settembre, Giornata Internazionale della Pace, si propone inoltre a ogni plesso di realizzare, ad esempio con un grande lenzuolo azzurro, un mare pieno di barchette realizzate dai bambini che trasportano parole di pace. Di seguito il documento approvato all’unanimità dal Collegio Docenti: Il CdD dell’IC Antonio Gramsci di Roma riunitosi l’11 settembre 2025  premesso che – la tutela dei diritti umani è il principio cardine della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani come della nostra Costituzione; è anche il cardine di numerosi trattatati internazionali ratificati dall’Italia, tra i quali si ricorda la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza; – l’art. 11 della Costituzione italiana sancisce il ripudio della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”; – la scuola italiana ha tra i suoi obiettivi fondamentali l’educazione alla pace, alla convivenza civile, alla solidarietà e al rispetto reciproco;  considerato che – nella gravissima situazione della Striscia di Gaza dove, come affermato anche dall’inchiesta ONU dello scorso marzo, la popolazione palestinese è vittima di genocidio, essendo state messe in atto operazioni di guerra finalizzate alla sua distruzione;  – oltre 50 mila bambine e bambini sono stati uccisi o seriamente feriti, mentre gli altri sono denutriti e spesso sono rimasti senza famiglia, cure mediche e possibilità di proseguire gli studi; – l’intervento militare a Gaza ha considerato tra gli obiettivi strategici anche le scuole, che sono state quasi tutte distrutte;  – i rettori delle Università di Gaza hanno lanciato un appello nel mese di agosto chiedendo che in tutte le scuole il primo giorno di ripresa delle attività dopo la pausa estiva venga osservato un minuto di silenzio per le alunne e gli alunni palestinesi e per i loro insegnanti che sono morti, per quelli che feriti e privati di tutto non potranno comunque andare a scuola, per quelli che in situazioni inimmaginabili continuano a spendersi affinché non sia annientata l’istruzione; – la rete delle “Scuole per la pace” ha raccolto questo invito diffondendo l’appello e promuovendo la campagna “Un minuto di silenzio per Gaza”;  – la nostra scuola sta costruendo la sua identità sull’educazione alla pace, alla solidarietà e al rispetto; – consapevoli che anche in altri Paesi del mondo molte bambine e bambini sono privati dei diritti fondamentali; delibera  che il giorno 15 settembre 2025, primo giorno del nuovo anno scolastico, in tutti i plessi ci sia un minuto di silenzio che coinvolga non solo tutti gli alunni e le alunne, ma anche tutti i lavoratori e le lavoratrici della scuola in solidarietà ai bambini di Gaza, ma anche a tutti i bambini vittime delle guerre e privati del diritto all’istruzione. Mauro Carlo Zanella
Ucraina, la guerra erode la democrazia, la libertà e i diritti dei lavoratori
Durante l’incontro del 26 agosto con le sindacaliste e colleghe dell’Organizzazione Regionale di Odessa del Sindacato dei lavoratori dell’Istruzione e della scienza dell’Ucraina ho avuto un fitto scambio di informazioni e commenti e trovato punti in comune e differenze: l’aumento di anno in anno del lavoro burocratico (una collega ha usato un termine ucraino che giustamente il correttore automatico ha tradotto in “scartoffie”), un lavoro di cui nessuno di noi vede l’utilità dal punto di vista didattico, ma una forma abbastanza esplicita di aziendalizzazione della nostra professione, adottando sistemi per verificare la “produttività” del nostro lavoro e per aumentare il controllo da parte del potere politico sulla scuola, sempre guardata con estrema diffidenza da ogni governo. Al di là delle chiacchiere e delle belle parole, sia in Ucraina che in Italia, il nostro lavoro gode di scarsa considerazione sociale e la causa è facile da trovare: in un sistema come il nostro il successo economico è il primo e il principale metro di giudizio delle persone: “Un mafioso conta più di un bravo insegnante” ho detto a un certo punto. Alcune informazioni mi hanno stupito: le donne vanno ancora in pensione a sessant’anni, invece che ai nostri sessantasette. In Ucraina non esistono classi pollaio: il numero massimo di alunni per classe è venti e, immagino nei villaggi rurali, può scendere fino a cinque alunni. Mi hanno chiesto se da noi è possibile un anno sabbatico retribuito, un miraggio anche di molte mobilitazioni in Italia. A proposito di salario: io nella scuola primaria, dopo 39 anni di servizio, sono arrivato a prendere circa duemila euro. Qui sembra un’enormità, ma quando ho spiegato che ho speso circa centomila euro per comprare un appartamento in un quartiere popolare della periferia di Roma e che devo pagare circa 400 euro mensili di mutuo…tutto si è ridimensionato. In Ucraina il salario medio di un insegnante non raggiunge i trecento euro. Una famiglia monoreddito sarebbe alla fame ed essendo un lavoro anche qui prettamente femminile la classe sociale di appartenenza dipende dal lavoro del marito: se il marito ha perso il lavoro, se la famiglia ha figli non economicamente autosufficienti, un affitto o un mutuo da pagare, si finisce sotto la soglia della povertà. Insomma, gli insegnanti ucraini vivacchiano o sopravvivono in una società in cui una nutrita minoranza si sta addirittura arricchendo grazie all’economia di guerra. Per il grande amore che tutti nutrono per l’Italia, un vero dispiacere è che un viaggio da noi risulta proibitivo, a meno di non essere ospitati da parenti che lavorano qui. “Come vacanze ci possiamo permettere quindici giorni in tenda in Moldavia o in Romania” ha detto una collega. Da noi non va poi tanto meglio, ho pensato. Il vero problema è la guerra: la legge marziale taglia le gambe al sindacato, che non può organizzare proteste con manifestazione di massa, né tanto meno scioperare. Il risultato è che l’ultimo aumento di stipendio risale a prima della guerra e che da allora l’inflazione ha eroso in maniera sensibile il potere di acquisto dei salari, in un Paese in cui affluiscono “generose” risorse economiche da tutto l’Occidente. Peccato che finiscano in armi e più in generale in spese militari, arricchendo chi fabbrica armi, chi le vende e chi viene corrotto per comprarle. Alla fine ho chiesto se potevo fare una domanda scomoda e me l’hanno accordato: “Cosa potete dirmi sulla strage del 2 maggio del 2014 alla Casa del Sindacato?”. Una delle sindacaliste ha risposto in russo, dicendo che gli uffici del sindacato erano chiusi e che non vi sono quindi testimoni diretti dei fatti tra chi lavorava lì. Non ho raccolto quindi altre notizie oltre a ciò che già sapevo e che ho raccontato in un articolo del gennaio scorso, quando ho visitato Odessa per la prima volta. Ho domandato se la sede sindacale è ancora utilizzata e ho scoperto che in realtà due ali laterali (il palazzo ha la forma di una C) non sono state distrutte dal fuoco e che tuttora ospitano gli uffici delle diverse categorie dei lavoratori, compresa la Federazione del Sindacato degli Insegnanti. Ho chiesto di poterla visitare e ci siamo dati appuntamento per il 28 agosto. Rispetto a gennaio trovo una novità che considero cinicamente provocatoria: una serie di carri armati è schierata su Campo Kulikovo con i cannoni che puntano sulla sede sindacale e la scritta indipendenza! Mi sembra un monito che esprime minaccia e disprezzo per la memoria di ciò che è accaduto qui; ben altro significato avrebbe avuto disporre i carri armati sul lato opposto della piazza, come a volerla difendere. Del resto una minoranza aggressiva e violenta di ultra destra, con organizzazioni e partitini finanziati dai servizi segreti di una potenza straniera attraverso un’agenzia tristemente nota nel nostro Paese ha rivendicato senza mezzi termini la strage. Il sito banderista di Pravyj Sektor, Settore Destro, descrisse i fatti come “una pagina luminosa della nostra Storia nazionale”, mentre la parlamentare Svoboda Iryna Farion scrisse: “Lasciate che i diavoli brucino all’Inferno. I tifosi del calcio sono i ribelli migliori. Bravi!” Costoro sono quelli che condizionano il presidente, il governo e le amministrazioni locali. A Odessa sono arrivati a imporre la rimozione della statua di Caterina la Grande, fondatrice della città. Disegni e scritte ricordano il rogo e le sue vittime. La vittima più giovane era un membro della Gioventù Comunista e aveva 18 anni (era nato nel 1996) Una delle dirigenti del Sindacato di Odessa, di cui ometto il nome, mi ha accolto nel suo ufficio, che ho raggiunto non senza difficoltà in questo labirinto di corridoi e stanze. Abbiamo parlato di un sindacato a cui hanno legato le mani e che fa il possibile e l’impossibile per difendere i diritti dei lavoratori. Mi ha confidato che non ha nessun rimpianto per l’era sovietica, che ha conosciuto e vissuto. L’indipendenza e soprattutto la democrazia e la libertà sono state conquiste importanti ed irrinunciabili, ma tutto è irrimediabilmente compromesso con la guerra e la legge  marziale. Ho chiesto notizie del sindacalista Gregory Osovyi, ex Segretario della FPU, la Confederazione Sindacale Ucraina forte di tre milioni di iscritti, accusato in modo assolutamente pretestuoso di associazione a delinquere, appropriazione indebita e riciclaggio, per la vendita di proprietà del sindacato, ma in realtà per la ferma opposizione manifestata fin dal 2019, quando il governo approvò una riforma del lavoro iperliberista scritta dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Ora Gregory è libero, ma ha dovuto lasciare il suo posto a un sindacalista più moderato. Ho visitato con la guida della dirigente la grande sede del sindacato, che sta provvedendo a proprie spese a ristrutturarla e a renderla via via agibile, anche per poter affittare spazi e ricavare nuove risorse per i lavori. Ho visto l’androne di ingresso, i primi piani e le ali laterali ristrutturate, già utilizzate o da affittare ad uffici, poi mi ha aperto una porta che nasconde tutto l’orrore di quel giorno: muri anneriti, finestre divelte e vetri lungo le scale. Tutto è rimasto come il 2 maggio del 2014, quando la cosmopolita Odessa capitolò e iniziò la lunga guerra tuttora in corso. La lenta ma risoluta ristrutturazione di questo luogo della memoria da parte del sindacato fa onore alle lavoratrici e ai lavoratori che non temono di mostrarsi bilingue d sono uniti nella difesa dei propri diritti irrinunciabili e nell’aspirazione a una pace giusta e vera. Mauro Carlo Zanella
Droni russi sconfinano in Polonia, Varsavia drammatizza
Se si chiama alla guerra, la guerra prima o poi arriva… Nella notte c’è stata da parte russa la solita ondata di droni “Geran” su obiettivi militari, industriali e infrastrutturali ucraini. Da tre anni e mezzo è in corso una guerra, Kiev risponde facendo altrettanto e fin qui – si […] L'articolo Droni russi sconfinano in Polonia, Varsavia drammatizza su Contropiano.
Essere e fare sindacato a Odessa durante la guerra: il Centro di sostegno psicologico
Alle porte di Odessa dopo un viaggio di sei ore iniziato a Kiev, il pullman deve passare lentamente un check point, zigzagando tra militari armati di mitra, le loro guardiole mimetizzate alla bell’e meglio, cavalli di frisia e moduli di cemento spartitraffico che obbligano gli automobilisti a fermarsi. Il pullman invece viene fatto passare a passo d’uomo: i controlli sono già stati fatti prima della partenza. Sul cellulare mi arriva un messaggio dal governo: informa che è vietato l’accesso alla spiaggia e al mare. Come a Leopoli e a Kiev la vita tuttavia sembra scorrere serena, se non addirittura spensierata. Odessa però non può nascondere i segni e le vere e proprie ferite causate innanzitutto dalla guerra, ma anche dall’odio di fazioni minoritarie, ma violente e organizzate, del nazionalismo etnico, filo fascista e banderista, che dall’esterno hanno aggredito e aggrediscono una città di mare, portuale e quindi, per sua natura, aperta al mondo, colta  e cosmopolita. Mercoledì 26 agosto ho un incontro davvero importante con le colleghe dell’Organizzazione Regionale di Odessa del Sindacato dei lavoratori dell’istruzione e della scienza dell’Ucraina. Google Maps non mi aiuta a trovare la sede, chiedo persino alla polizia, che ne sa meno di me. Alla fine Olena Lagunova, la traduttrice, mi viene incontro nella piazza dove si trovava la statua della Zarina di tutte le Russie Caterina la Grande, rimossa dalla furia distruttiva dei nazionalisti seguaci di Stepan Bandera. Rimane solo il piedestallo, sormontata dalla bandiera ucraina. Raggiungiamo quindi la sede del Centro di sostegno psicologico ristrutturato, aperto e attivato dal Sindacato degli Insegnanti grazie al sostegno economico della CGIL, che mi ha messo in contatto con loro. L’accoglienza di tre colleghe insegnanti –  Lyubov Korniychuk, Direttrice dell’Organizzazione Regionale di Odessa del Sindacato, Svitlana Zhekova Direttrice della Casa degli Scienziati di Odessa, Lyudmila Berezovskaya, Direttrice del Dipartimento per il lavoro organizzativo e di massa del sindacato – è davvero calorosa. Con loro ci sono le due psicologhe che lavorano al centro: Nadiya Oksenyuk, Direttice del Centro di Riabilitazione e Assistenza Sociale e Psicologica e Lyudmila Rozkoshna. Il Centro di ascolto e sostegno psicologico è al servizio di tutte le studentesse e gli studenti di ogni età del distretto, dei loro insegnanti e parenti e più in generale di chiunque ne abbia bisogno. Un lavoro quindi immane; se si pensa che interventi di questo tipo sono indispensabili anche nelle nostre scuole in tempo di pace, figuriamoci quanto siano preziosi in una città che di fatto vive sotto assedio, con il suono quotidiano della sirena, gli attacchi di droni e missili, le mine che galleggiano nel mare, padri e fratelli maggiori, ma anche qualche mamma e sorella, al fronte, in trincea, oppure rientrati a casa con invalidità fisiche o traumi psichici. Oltre ad una saletta per i colloqui individuali, c’è una sala per incontri collettivi, di mutuo sostegno psicologico e umano, guidati da una delle due psicologhe del Centro, che sono animate da esperienza, passione ed entusiasmo e hanno tutto il sostegno umanamente ed economicamente possibile del sindacato. Qui, a questo proposito, entra in campo la solidarietà italiana, una solidarietà che viene garantita non dal governo, ma grazie all’impegno dal maggior sindacato italiano e quindi dalle lavoratrici e dai lavoratori organizzati, che hanno scelto di stare al fianco del popolo ucraino nell’unico modo eticamente giusto e concretamente utile possibile: la solidarietà con le vittime della guerra, partendo dai più giovani e da chi si prende cura di loro e deve essere messo nelle condizioni di poter svolgere al meglio il proprio lavoro. Bisogne sottolineare, e non è cosa da poco, la bellezza del luogo ove si è aperto il Centro: un’ala di un palazzo, proprietà del sindacato e uno dei monumenti di maggior pregio del centro storico di Odessa che, insieme al porto, è stato inserito nel 2023 nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco e quindi posto sotto la tutela della comunità Internazionale. Il palazzo, attualmente chiamato la Casa degli Scienziati, fu disegnato da un architetto italiano, come del resto molti palazzi di Odessa, sullo stile del classicismo russo. Venne costruito nel 1832 dal Conte Mikhail Mikhailovich Tolstoj, famoso per le sue opere filantropiche e imparentato con Lev Tolstoj, il grande scrittore russo, pedagogista e promotore dell’azione nonviolenta. Dopo la Rivoluzione il palazzo viene acquisito dallo Stato, diventò quindi proprietà del sindacato sovietico e con l’indipendenza del 1991 passò a quello ucraino. Purtroppo nel 2023 un missile russo esplose nel giardino di questo importantissimo monumento, che è uno dei simboli della città e lo spostamento d’aria distrusse completamente le sue vetrate, uniche per la loro bellezza e danneggiò gravemente gli stucchi e le decorazioni delle stanze del palazzo. Per proteggere l’edificio, le sue meravigliose sale, i pavimenti, le scalinate, le decorazioni, gli arredi e i beni artistici qui custoditi, tra cui un antico fortepiano, tutta la palazzina è stata “imballata” con pannelli di compensato. Non è credibile che il missile lanciato nel centro storico, sia caduto proprio qui per errore, e lo stesso vale per un altro, che ha danneggiato gravemente la Cattedrale Ortodossa della Trasfigurazione. In entrambi i casi si sono voluti colpire con modalità terroristiche due simboli della città per fiaccarne la capacità di resistere. Non è però armando l’Ucraina che si porrà fine a questo scempio. Le armi alimentano la guerra e non si può spegnere un incendio con un lanciafiamme, ma solo con vere trattative di pace, sostenute e favorite dall’intera comunità internazionale attraverso la mediazione delle Nazioni Unite. Nel frattempo l’unico vero aiuto è quello di soccorrere la popolazione civile ucraina, come si fa qui a Odessa in questa meravigliosa oasi di pace, dove io e le colleghe ci godiamo un piacevole rinfresco e conversiamo tra insegnanti sui nostri comuni problemi, alternando, grazie all’interprete, le lingue ucraina, italiana e russa: tre nazionalità che hanno costruito la storia e l’identità di Odessa.   Mauro Carlo Zanella
Il vertice dei “Volenterosi” sulla guerra in Ucraina. Una gara a chi la spara più grossa
L’ennesimo vertice della “Coalizione dei Volenterosi” sulla guerra in Ucraina tenutosi a Parigi ha visto nuovamente Francia e Regno Unito dichiararsi favorevoli all’invio di truppe europee sul territorio ucraino, ma la Polonia – oggi diventata un’anatra zoppa per via delle divisioni interne tra governo e presidenza della repubblica – è […] L'articolo Il vertice dei “Volenterosi” sulla guerra in Ucraina. Una gara a chi la spara più grossa su Contropiano.
Ospedali da attrezzare per la guerra in Francia e Germania. E in Italia?
L’austerità europea è stata resa ancora più stringente col nuovo Patto di Stabilità. Vari paesi – tra cui l’Italia – sono ancora sotto procedura d’infrazione, la Francia registra forti tensione sui propri titoli di stato, persino in Germania viene spesso denunciato lo stato increscioso in cui si trovano infrastrutture ed […] L'articolo Ospedali da attrezzare per la guerra in Francia e Germania. E in Italia? su Contropiano.
I fake del Corsera per continuare la guerra
Qualcuno se l’è anche chiesto: “com’è possibile che un giornale importante come il Corriere della Sera permetta a un suo giornalista di scrivere così tante sciocchezze?” Si parlava nientepopodimeno che di Federico Fubini, vicedirettore del quotidiano di via Solferino, un tempo noto per gli articoli di economia. E dunque l’unica […] L'articolo I fake del Corsera per continuare la guerra su Contropiano.