Messina e il Ponte: tra progresso, dissenso e filosofia del potere9 agosto 2025
Oggi, mentre il governo celebra l’approvazione definitiva del Ponte sullo
Stretto da parte del CIPESS, Messina risponde con una manifestazione imponente
di migliaia di persone. Non è solo una protesta contro un’infrastruttura, ma un
momento di riflessione collettiva sul significato stesso di “progresso”, sul
ruolo del dissenso e sulle dinamiche del potere.
La piazza e la voce negata
“Quattro gatti rumorosi”: così ha liquidato il ministro Salvini le proteste
contro il Ponte, un giudizio che tradisce almeno due cose: un certo scetticismo
nei confronti del dissenso e una percezione distorta della realtà. Eppure, ciò
che spesso viene ridotto a un flebile canto di pochi si è trasformato, oggi, in
un poderoso coro di voci unite.
Il gesto ironico del ministro, quel bacio beffardo lanciato ai contestatori
durante la sua visita in città il 6 agosto, non è un semplice atto di
provocazione. È parte di una strategia precisa, mirata a delegittimare il
conflitto e privarlo di dignità. Come sottolinea Michel Foucault, “Il potere non
si limita a reprimere o impedire la formulazione di un discorso. [Esso] lavora
il corpo, penetra il comportamento, si mescola al desiderio e al piacere”.
Ed è proprio in questo contesto di manipolazione che il dialogo costruttivo
viene soffocato, lasciando spazio a pensieri permeati di odio e disprezzo che
trasformano le idee in caricature. Un esempio emblematico è la retorica
governativa, che ha forgiato all’interno dell’immaginario collettivo etichette
come “i no a tutto”, “i nemici del progresso” e “i cavernicoli”. Queste
semplificazioni non solo impoveriscono e hanno impoverito il dibattito, ma
ostacolano anche una comprensione più profonda delle ragioni e delle
preoccupazioni di coloro che si oppongono.
Il governo, invero, presenta il Ponte come un’opera “necessaria”, un destino
ineludibile. Tuttavia, pensatori come Herbert Marcuse ci hanno insegnato a
guardare il mondo con occhio critico. Spesso il potere, ergendosi a sistema
dominante, trasforma le sue scelte in “fatti naturali”, mentre ogni alternativa
viene bollata come irrealistica.
Eppure, gli stessi messinesi, durante il corteo, hanno sollevato domande
importanti: perché non investire nei trasporti esistenti, nelle energie
rinnovabili o nel turismo sostenibile? Perché non potenziare quei settori di cui
la collettività ha realmente bisogno, come quello idrico? A tal proposito, il
comitato “Vogliamo l’acqua dal rubinetto”, presente al corteo e noto per aver
intrapreso questa battaglia, ha più volte sottolineato l’urgenza di una politica
che affronti concretamente queste necessità fondamentali.
Questi interrogativi dimostrano come la lotta non si limiti a un’opera
specifica, ma abbracci una dimensione intersezionale.
E ci porta a riflettere sul vero nodo concettuale.
Chi decide cosa sia “progresso”?
Walter Benjamin avvertiva che l’idea di progresso lineare è spesso una
narrazione dei vincitori, una storia falsa. E oggi, a Messina, c’è chi ricorda
che il “progresso” imposto dall’alto può essere un regresso per chi ci vive.
Il governo, inoltre, ha spesso ripetuto che, se il Ponte non si farà,
scatteranno penali miliardarie “per colpa di chi si oppone”. È un meccanismo
perverso, spostare la responsabilità sugli oppressi, trasformandoli in capri
espiatori.
In questo contesto, la filosofia offre una chiave di lettura profonda. Anche
quando l’autorità cerca di ridurre il dissenso a semplice rumore, la vera
politica si manifesta quando chi è stato messo a tacere si alza e reclama il
diritto di essere ascoltato.
Questa dinamica è stata evidente nel corteo, dove cittadini e partecipanti hanno
dimostrato che la loro è una lotta per l’affermazione di una dignità collettiva
che non può e non deve restare nell’ombra.
Messina, oggi, ha riempito uno spazio vitale: quello di chi ama, di chi sogna,
di chi aspira a un mondo diverso. Un mondo più equo, più giusto, libero dalle
guerre e dalle ingiustizie. Libero dagli abusi e dai vizi del potere che spesso
ci opprimono. Libero dalle false promesse che danzano sulle lingue dei politici,
svuotando di significato le aspirazioni collettive.
Messina ha levato un grido di libertà. Questa parola, il cui significato diamo
spesso per scontato, meriterebbe una comprensione più profonda.
In effetti, che cos’è la libertà se non il volo di un gabbiano sopra le distese
del nostro mare azzurro? Non è forse libertà anche quella dei pesci e degli
animali che rischiamo di ignorare sotto le ombre di colonne di cemento?
Quando smetteremo di considerarci padroni di tutto? Non ci hanno insegnato nulla
i nostri miti, come Scilla e Cariddi? Chi vuole dominare la natura finisce
spesso per esserne sopraffatto. E, anche se il Ponte dovesse essere costruito,
un’unica verità rimane: tentare di marginalizzare il dissenso non significa
farlo scomparire. Infine, un giorno, potrebbe essere la natura stessa a
riprendersi il suo spazio.
(video di Sofia Donato)
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Simone Millimaggi