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Da ‘Rondine’ la storia di Bernadette
Riceviamo e pubblichiamo dall’associazione RONDINE “Oggi non voglio solo raccontare una storia, ma scelgo di condividere una parte della mia anima. Una parte di me che la guerra ha segnato profondamente, ma che la speranza ha saputo illuminare. Mi chiamo Bernadette, ho 24 anni, sono nata in Mali, un paese dai mille colori, dai profumi dolci dei mercati affollati, dalle strade piene di vita e risate di bambini. Io ero una di quei bambini, spensierata e piena di sogni. Fino a quando, una mattina di novembre del 2015, questa spensieratezza mi è stata strappata via. Avevo 11 anni. Quel giorno, mentre il sole illuminava ancora i tetti di Bamako, un attentato ha squarciato il cuore della mia città. Ricordo le urla, i volti sconvolti dalla paura, le madri che correvano per strada cercando disperatamente i loro figli. Ricordo il silenzio angosciante che seguiva ogni esplosione. Fu il mio primo contatto diretto con la guerra. Fino a quel momento avevo sentito solo storie, racconti lontani di soldati caduti in battaglia, di villaggi distrutti nel nord del Mali. Ho provato un brivido nell’apprendere che uno dei datori di lavoro di mia madre, un uomo con cui giocavo da bambina, aveva deciso di diventare soldato… e che era stato ucciso in un attacco ad Aguelhok. Ma fino a quel giorno, la guerra era solo un’ombra distante. In un solo giorno, è diventata la mia realtà. Una vita sconvolta. Dopo quell’attentato, nulla è stato più come prima. La paura è diventata la nostra compagna silenziosa. Non potevo più uscire da sola. Addio ai giochi serali con gli altri bambini. Addio alle visite ai nonni. Il suono delle risate è stato sostituito dal rumore sordo della paura. La vita vibrante della mia città si è trasformata in un’esistenza sospesa. Ogni uscita poteva essere l’ultima. Ricordo una sera in cui eravamo riuniti in casa. Il mio cuore batteva forte a ogni rumore sospetto. Vedevo la preoccupazione sul volto di mia madre, l’ombra dell’angoscia nei suoi occhi. Avevamo appena appreso di nuovi attacchi, e ogni nome di vittima poteva essere quello di una persona cara. Ecco cosa fa la guerra: non solo uccide, ma lacera le anime. Ma il peggio non era solo la paura. Era il vuoto che lascia. Ho visto famiglie distrutte. Padri che non sono mai tornati a casa. Madri che piangevano i loro figli, partiti per combattere e mai più rientrati. Ricordo un giorno in cui attraversai un campo militare e vidi donne pregare e piangere per i loro mariti e figli al fronte. Quel giorno rividi mia madre, quando seppe della morte di mio padre. Capii che la guerra non risparmia nessuno. Ma oggi, sono qui, viva, in piedi. Oggi mi trovo a Rondine, un luogo in cui giovani da tutto il mondo, segnati dalla guerra, si riuniscono non per coltivare l’odio, ma per costruire la pace. Essere qui è una vittoria. È la prova che non ho lasciato che il mio passato mi distruggesse. Che non sono fuggita dal dolore, ma ho scelto di farne una forza. A Rondine, ho scoperto che non ero sola. Altri giovani come me hanno vissuto l’orrore, hanno perso persone care, sono stati strappati dalle loro case. Ma abbiamo scelto di credere in qualcosa di più grande, che ci ha salvato: la speranza. È ciò che mi ha permesso di credere che, oltre le bombe e le lacrime, la vita poteva ancora essere bella. Che il mondo poteva ancora cambiare. Ed è qui che vorrei lasciarvi con un compito. Voi che mi state ascoltando, che mi state leggendo, vi chiedo di diventare costruttori di pace. Siate testimoni per coloro che soffrono, per coloro che, come me un tempo, hanno creduto che tutto fosse perduto. Andate incontro a chi ha il cuore spezzato, ai bambini che oggi stanno vivendo ciò che io ho vissuto ieri. Dite loro che la guerra non definisce il loro futuro. Dite loro che l’amore è più forte dell’odio, che il dialogo è più forte della violenza. La pace non è un’attesa passiva. È una missione. Un impegno che ci riguarda tutti. Dobbiamo costruire insieme un mondo in cui nessun bambino si svegli più al suono delle bombe, in cui nessuna madre pianga più il proprio figlio, in cui nessun popolo viva più nella paura. Noi siamo la voce di un futuro diverso. Allora, camminiamo insieme, portatori di speranza, di coraggio e di pace. Redazione Italia