Sei attivisti NO SNAM denunciati in procura: rischiano fino a un anno di carcere
Sei attivisti No Snam sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di
Sulmona per aver violato il divieto del Questore di L’Aquila, Fabrizio Mancini,
il 17 aprile scorso, in occasione del presidio davanti al cantiere della
centrale Snam in costruzione in località Case Pente.
I sei attivisti sono: Mario Pizzola, Daniela Frittella, Lorenzo Pagliaro, Alba
Silvani, Emilio Secchiatti e Giorgia Vitullo. Il Questore aveva emanato un
decreto con il quale disponeva che il presidio si sarebbe dovuto svolgere
lontano dall’entrata del cantiere; ciò al fine di “non intralciare il traffico
dei mezzi di cantiere” e “non arrecare disturbo ai lavoratori”. Il decreto
specificava che, in caso di violazione, i trasgressori sarebbero incorsi in
responsabilità penali in base all’art.18 delle Leggi di Polizia del 1931 che,
nel caso specifico, prevedono il carcere fino ad un anno.
Gli ambientalisti, a fronte del divieto, avevano deciso di effettuare ugualmente
l’azione di protesta, definita di “obbedienza civile nonviolenta” per
evidenziare che, se la legge è uguale per tutti, questo deve valere anche per la
Snam.
Nell’assumersi consapevolmente la responsabilità della loro azione i sei
attivisti avevano fatto presente che anche la Snam deve rispondere delle sue
illegalità: “La Snam ha violato il Decreto VIA del 7 marzo 2011 che, come
condizione fondamentale per l’apertura del cantiere, stabilisce l’adempimento di
numerose prescrizioni ante operam. Ciò non è avvenuto. Inoltre, la Snam continua
i lavori nonostante che l’autorizzazione a costruire sia decaduta. Sono due anni
che abbiamo presentato esposti alla Procura della Repubblica di Sulmona ma non
sappiamo che fine hanno fatto, perché nessun provvedimento è stato adottato fino
ad oggi. Sempre la Snam con le sue ruspe ha distrutto testimonianze storiche di
eccezionale valore, ovvero le tracce di un villaggio esistente a Case Pente 4200
anni fa, in età protostorica. Altra illegalità compiuta dalla multinazionale del
gas è quella dell’abbattimento di 317 alberi di ulivo che invece, in base alla
normativa vigente, andavano espiantati e ricollocati”.
“Noi non ci sottraiamo al processo e alla conseguente condanna – dichiarano i
sei attivisti – ma in uno Stato di diritto nessuno può ritenersi al di sopra
della legge. Dobbiamo constatare con rammarico che chi distrugge l’ambiente,
avvelena l’aria che respiriamo, aggrava irresponsabilmente il cambiamento
climatico, spesso continua a farla franca; mentre chi si batte in modo pacifico
per la tutela dei beni comuni è colpito con misure repressive che aggravano
persino le norme di Polizia ereditate dal fascismo, come dimostra il “decreto
sicurezza” varato recentemente dal governo. E’ questa l’Italia democratica
voluta dai nostri padri costituenti?”.
Coordinamento Per il clima Fuori dal fossile – Sulmona
Redazione Italia