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Il pericolo delle basi militari NATO. Cosa rappresentano e cosa comportano secondo i pacifisti?
L’Italia è uno dei paesi europei con la più alta concentrazione di basi militari legate alla NATO e, soprattutto, agli Stati Uniti. Questa presenza, eredità della Guerra Fredda ma mai venuta meno nemmeno dopo la caduta del Muro di Berlino, è il frutto di accordi bilaterali con Washington e dell’appartenenza dell’Italia all’Alleanza Atlantica. In alcuni casi si tratta di basi interamente statunitensi, in altri di installazioni italiane concesse in uso. Ma in tutti i casi è evidente il peso strategico del nostro Paese all’interno dello scacchiere euro-mediterraneo. Le strutture direttamente riferibili alla NATO in senso stretto non sono moltissime: tra comandi integrati e istituzioni educative se ne contano quattro o cinque. A Napoli, nella zona di Lago Patria, si trova il Comando JFC Naples, uno dei due grandi comandi operativi della NATO in Europa. Sempre a Lago Patria è stato istituito di recente il cosiddetto “Hub strategico per il Sud”, un centro analitico con l’obiettivo di monitorare e comprendere le dinamiche di sicurezza in Africa e nel Medio Oriente. A Roma ha sede il NATO Defense College, polo formativo per alti ufficiali e studiosi di questioni strategiche. A Solbiate Olona, in provincia di Varese, è attivo il Comando di Corpo di Reazione Rapida (NRDC-ITA), una struttura composta principalmente da militari italiani ma a piena capacità operativa NATO. Molto più numerosa e capillare è la presenza militare statunitense. Le principali basi USA in Italia sono almeno dieci, sparse su tutto il territorio nazionale e in particolare nel Nord Est e nel Sud. A cominciare da Aviano, in provincia di Pordenone, una delle più importanti basi dell’aeronautica americana in Europa. Vi ha sede il 31° Fighter Wing, e vi si ritiene custodito un arsenale nucleare nell’ambito del programma NATO di condivisione atomica. Più a Sud, in Sicilia, si trova la base di Sigonella, nei pressi di Catania: snodo fondamentale per le operazioni della Marina USA e della NATO nell’area mediterranea, strategica anche per il controllo dei droni e della logistica navale. A Vicenza le forze armate statunitensi dispongono di due installazioni: Camp Ederle, sede della 173ª brigata aviotrasportata, e la più recente base di Del Din, inaugurata nel 2013 e dedicata alle operazioni speciali. A Napoli, presso il quartiere di Bagnoli e nelle zone limitrofe, si trovano le strutture della Naval Support Activity, da cui opera il comando della Marina USA per l’Europa e l’Africa (NAVEUR-NAVAF), strettamente integrato anche con i comandi NATO. Da Napoli dipende anche il pontile logistico di Gaeta, dove fa base una parte della VI Flotta americana. A Pisa e Livorno, presso la base logistica di Camp Darby, gli Stati Uniti dispongono di uno dei più grandi depositi di munizioni e materiali militari al di fuori del territorio nazionale. L’aeroporto militare di Pantelleria è stato negli anni adeguato per poter accogliere assetti aerei USA e NATO in caso di emergenze operative. A questi si aggiungono vari aeroporti militari italiani – come quelli di Amendola, Ghedi o Trapani – che possono essere messi a disposizione in funzione di missioni congiunte o esercitazioni. Il totale dei militari e dei civili americani in servizio nelle basi italiane si aggira intorno alle 12.000 unità. Ma il numero può variare in base ai cicli di rotazione e alle necessità operative. L’Italia, a tutti gli effetti, rappresenta una piattaforma fondamentale per le proiezioni statunitensi verso il Nord Africa, il Medio Oriente e l’Europa orientale. Una realtà consolidata che, negli ultimi anni, ha suscitato crescenti dibattiti anche nell’opinione pubblica, tra chi la considera garanzia di sicurezza e chi la vede come limitazione della sovranità nazionale. Per noi pacifisti, le basi militari NATO e USA in Italia sono viste come strumenti di guerra e simboli concreti di conflitto armato, rappresentando un potenziale rischio per la pace e la sicurezza globale. Tutti noi pacifisti siamo contrari alla presenza di queste basi perché temiamo che possano essere utilizzate per interventi militari o escalation di tensioni tra paesi e superpotenze. In generale, le basi NATO sono associate a una cultura della guerra, e preferiremmo e vogliamo con tutte le nostre energie di attivisti nonviolenti soluzioni diplomatiche e pacifiche per risolvere i conflitti. Per noi pacifisti, le basi militari NATO rappresentano un simbolo terrificante e uno strumento di militarizzazione, dominanza geopolitica e potenziale escalation dei conflitti, anziché un mezzo di difesa e sicurezza. La nostra visione varia a seconda del contesto politico e culturale, ma possiamo sintetizzare i principali punti di vista pacifisti sulle basi NATO. Simbolo della guerra, non della pace Noi pacifisti vediamo le basi NATO come strumenti del potere militare occidentale, usati per esercitare influenza in aree strategiche del mondo, non per promuovere la pace. Sono viste come una presenza armata permanente che mantiene tensioni internazionali e prepara o facilita guerre, anche preventive. Perdita di sovranità In paesi ospitanti (come l’Italia), le basi NATO sono percepite da noi pacifisti come una rinuncia alla sovranità nazionale, dato che le decisioni sulle operazioni militari partono da centri decisionali esterni e possono essere utilizzate per guerre a cui il paese ospitante potrebbe non voler partecipare. Rischi per la popolazione locale Le basi possono essere viste come bersagli militari in caso di conflitto e quindi una minaccia alla sicurezza dei cittadini locali. Inoltre, preoccupano anche per l’inquinamento ambientale e per gli incidenti (aerei, nucleari, chimici). Le basi militari Nato sono temute anche e soprattutto per la presenza di armamenti nucleari (spesso non confermata ufficialmente). E in quanto danno adito a distrazione da politiche di pace e cooperazione. Quindi secondo noi pacifisti, investire in basi militari e armamenti devia risorse dalla diplomazia e dalla cooperazione internazionale e moltissimo dalle politiche sociali (istruzione, sanità, giustizia sociale). Noi pacifisti contrastiamo la NATO per diverse ragioni. Ecco alcune delle principali motivazioni. Per il rischio di uso delle armi per cui i pacifisti ritengono che l’accumulo di armi e la militarizzazione aumentino il rischio di conflitti e guerre. Sosteniamo che la presenza di armi nucleari e la spesa militare siano una minaccia alla pace mondiale. Inoltre l’espansione della NATO viene contrastata dai pacifisti e criticata l’espansione verso est, considerandola un atto aggressivo che minaccia la sicurezza di altri paesi, come la Russia. Questo, a nostro avviso, potrebbe scatenare reazioni negative e aumentare la tensione globale, come nella terrificante congiuntura storica attuale. Noi pacifisti preferiamo la diplomazia e la nonviolenza come strumenti per risolvere le controversie internazionali. Sosteniamo che il disarmo e la riduzione delle spese militari siano essenziali per promuovere la pace e la cooperazione internazionale. Nel rispetto della Costituzione, come pacifisti italiani, ad esempio, richiamiamo l’articolo 11 della Costituzione italiana, che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Inoltre, i pacifisti europei un tempo si riunivano in grandi manifestazioni contro la NATO, denunciando la militarizzazione, le armi nucleari e la guerra. Tuttavia, sembra che queste proteste siano riprese e ricominciate nel percorso storico. Pacifisti sardi durante una manifestazione a Cagliari – Foto Facebook Per tutti questi motivi nel corso del tempo e della Storia si sono sviluppate mobilitazioni e soprattutto opposizione storica. Infatti molti movimenti pacifisti hanno una lunga tradizione di proteste contro le basi NATO, come le manifestazioni contro la base di Aviano e Camp Darby in Italia e la lotta contro il MUOS in Sicilia e le campagne internazionali per lo smantellamento di installazioni militari. Le basi militari NATO in Belgio, Olanda, Turchia e Gran Bretagna sono ritenute importanti dai poteri forti per la sicurezza e la difesa collettiva dell’Alleanza Atlantica. Ecco alcune informazioni generali. Il Belgio ospita diverse basi NATO, tra cui il quartier generale di SHAPE (Supreme Headquarters Allied Powers Europe) a Mons. L’Olanda è sede di diverse basi NATO, tra cui la base aerea di Volkel, che ospita armi nucleari statunitensi. La Turchia è un membro importante della NATO e ospita diverse basi militari, tra cui la base aerea di Incirlik, che è strategicamente importante per le operazioni militari nella regione. La Gran Bretagna è sede di diverse basi militari NATO, tra cui la base aerea di RAF Mildenhall, che è utilizzata dalle forze aeree statunitensi e della NATO. Sarebbe poi da citare anche quella di Lakenheath, visto che i poteri forti l’hanno voluta nuovamente dispiegare. Queste basi militari sono utilizzate per diverse attività, tra cui l’addestramento militare in quanto le basi sono utilizzate per l’addestramento delle forze militari NATO. Sono impiegate anche in operazioni militari. Le basi sono utilizzate come punti di partenza per le operazioni militari in diverse regioni del mondo, tramite logistica e supporto, perchè le basi forniscono supporto logistico e tecnico alle forze militari NATO. Le basi militari NATO in questi paesi sono considerate importanti e imprescindibili dai poteri forti per la sicurezza e la difesa collettiva dell’Alleanza Atlantica, e secondo loro contribuiscono a mantenere la stabilità e la sicurezza nelle regioni e nei territori sotto il loro controllo. La pace oggi: una sfida universale Nel mondo odierno, la pace è una parola che risuona sempre più forte, ma sembra essere sempre più lontana. Nonostante i progressi tecnologici e l’aumento della connettività globale, le tensioni e i conflitti persistono in molte parti del mondo. Secondo l’Indice della Pace Globale (Global Peace Index, GPI), pubblicato annualmente dall’Istituto per la Pace Economica (Institute for Economics and Peace, IEP), il livello di pace globale è diminuito negli ultimi anni. Il rapporto del 2022 ha rilevato che solo 10 paesi su 163 hanno registrato un miglioramento della pace, mentre 71 paesi hanno registrato un peggioramento. Le cause dei conflitti sono molteplici e complesse. Tra le principali cause vi sono la povertà e la disuguaglianza economica; le tensioni etniche e religiose; la lotta per le risorse naturali; l’influenza delle potenze estere. In conclusione, la pace oggi è una sfida universale che richiede un impegno collettivo. È importante riconoscere le cause dei conflitti e lavorare per risolverle, promuovendo la comprensione, la tolleranza e la cooperazione internazionale. Solo insieme possiamo costruire un mondo più pacifico e giusto.   Laura Tussi
A Cagliari, giornata di mobilitazione contro le esercitazioni militari Joint Stars in Sardegna, la propaganda bellica e in solidarietà con la Palestina.
Straordinaria giornata di mobilitazione, ieri sabato 10 maggio, contro le esercitazioni militari in programma con la Joint Stars e la sporca propaganda bellica degli screening pediatrici gratuiti sulla Nave Trieste della Marina Militare ancorata al porto di Cagliari. Scrive su L’Unione Sarda del 10/05/2025, il giornalista Luca Neri: «Una giornata di screening gratuiti per i bambini delle quarte elementari del territorio. Questa volta non succede in un ospedale dell’Isola, ma a bordo della nave Trieste, la più grande imbarcazione costruita per la Marina militare dal Dopoguerra, a Cagliari per l’esercitazione Joint Stars 2025. Quasi 200 i giovanissimi che hanno potuto beneficiare dell’iniziativa, con controlli pediatrici di diversa tipologia, da quelli endocrinologici a quelli oculistici, passando per quelli odontoiatrici e posturologici, grazie anche alle importanti strumentazioni presenti all’interno della nave. Solo una parte delle tantissime richieste arrivate, circa 1000, che hanno reso necessario una distribuzione delle disponibilità tra le diverse scuole della zona. Una collaborazione, quella con le Forze Armate, che l’assessore regionale della Sanità, Armando Bartolazzi, definisce «costante», aprendo anche alla possibilità di nuove iniziative di questo tipo». Questa collaborazione ufficiale, e pure conclamata dall’assessore regionalità alla Sanità, suona come una presa in giro nei confronti della popolazione dell’Isola mentre la sanità pubblica è al collasso; una sponsorizzazione indebita della propaganda bellicista in una terra, quella sarda, martoriata da servitù militari e fabbrica di bombe, come la RWM e dal progetto di nuova colonizzazione energetica. La vigilia Giornata straordinaria, per il numero di manifestazioni e la creatività dei partecipanti. Iniziata la sera precedente con il corteo funebre sotto i portici di Via Roma e con una veglia organizzata sotto il Palazzo del Consiglio Regionale dal “Presidio permanente del Popolo Sardo” di Oristano . Nella notte l’affissione di uno striscione all’ingresso della Fondazione Berlinguer in via Emilia: «FIRMATE IL PATROCINIO E NASCONDETE LA MANO. PD, AVS, Progressisti, Sinistra Futura, Orizzonte Comune, complici dell’occupazione militare. A Foras sa Joint Stars!». Veglia sotto il Palazzo del Consiglio Regionale – foto Youtube Il mattino Al mattino un gommone con issate le bandiere dei Quattro Mori, che voleva uscire dal porto per raggiungere la spiaggia di Calamosca, è stato subito fermato e le persone a bordo identificate. Scrive nella sua pagina facebook l’avvocato Michele Zuddas, che era a bordo del gommone: «Quell’identificazione, quel momento assurdo durato più di un’ora, ha avuto il sapore amaro della repressione sottile. Non urlata, non gridata… ma insinuata, insinuante. Come se fossimo ospiti indesiderati nelle nostre acque. Come se la nostra identità, oggi, fosse un problema. A pochi metri da noi, nel cuore del Golfo degli Angeli, dominava la scena una portaerei. Simbolo mastodontico dell’operazione militare Joint Stars 2025, la più grande esercitazione bellica d’Italia. Un’intera isola trasformata in teatro di guerra. Cieli chiusi, strade militarizzate, porti occupati. E intanto a noi, cittadini sardi e pacifici, si chiede di giustificare una bandiera. Mentre la guerra sfila in parata e si traveste da beneficenza, le voci libere vengono osservate con sospetto». Intorno alle 10:00 del mattino, nella piazza dedicata alle vittime della MOBY DICH, la manifestazione indetta dalle associazioni CSS (Confederazione Sindacale Sarda), Assotziu consumadoris, Sardegna Pulita, con interventi, canzoni contro la guerra e l’installazione di una tenda per gli screening psichiatrici per il personale militare. Sportello sanitario gratuito per militari – foto facebook Di seguito, davanti al porto, il “Presidio Permanente del Popolo Sardo” ha dato via al corteo funebre, con medici e paramedici in camice bianco e numerose donne vestite in nero recanti ciascuna una foto dei bambini e delle bambine massacrati a Gaza. Un gruppo di esse in mezzo ad alcune bare bianche cantava S’attititu, il lamento funebre tradizionale, in questo caso davvero straziante. Raffigurazione straordinaria del crimine perpetuato contro il personale sanitario massacrato a Gaza e le migliaia di bambine e bambin uccisi.  Più delle parole, parlano le immagini. Donne vestite a lutto con immagini di bambini e bambine di Gaza – foto Youtube Striscioni molto eloquenti: «Ci aprono le navi da guerra e ci chiudono i pronto soccorso»; «Mentre la sanità cade a pezzi, voi patrocinate la propaganda delle armi»; «La propaganda delle armi non cura i bambini…li uccide». Dal pomeriggio alla sera Dalle 16:00 del pomeriggio, il raduno in Piazza Costituzione, davanti al Bastione Saint Remy. Intorno alle 17:00 parte il corteo contro le esercitazioni militari e per la Palestina, organizzato dal “Comitato Sardo di Solidarietà con la Palestina”, con diverse centinaia di cittadini e cittadine, con bandiere della Palestina in primo piano. All’arrivo in piazza Matteotti, davanti al Porto in cui ormeggia la Nave Trieste, prima che iniziassero gli interventi, la polizia in assetto antisommossa ha impedito a colpi di manganellate l’accesso al porto a un gruppo di manifestanti. Polizia schierata in assetto antisommossa – foto di Arianna Rasano Tornata la calma, la manifestazione ha proseguito con interventi di alcune operatrici sanitarie, l’infermiera Teresa Concu e la dottoressa Claudia Zuncheddu, che hanno espresso un giudizio critico su un’operazione di propaganda subdola di aiuto “caritatevole” (Joint Stars Charity) espletato su una nave da guerra, quando la salute è un diritto pubblico e universale sancito dalla Costituzione. Diritto in realtà  negato a causa della riduzione della spesa pubblica per la sanità, con tagli di posti letto, di personale, chiusura o depotenziamento dei piccoli ospedali periferici, mentre si decide l’incremento delle spese militari, si continuano a inviare armi a Israele che continua a massacrare le bambine e i bambini nella Sriscia di Gaza. Piazza Matteotti, la parola alle operatrici sanitarie – foto di Pierpaolo Loi L’intervento appassionato di Fawzi Ismail presidente dell’associazione “Amicizia Sardegna Palestina” ha messo l’accento sul fatto che la guerra di distruzione di Gaza e della Palestina non è iniziata il 7 Ottobre 2023, ma è il progetto sionista, che nasce ben prima della Shoah, di occupazione della Palestina e di espulsione dei palestinesi dalla propria terra. I palestinesi, a Gaza e in Cisgiordania, continueranno a resistere, nonostante il mondo resti a guardare senza nulla fare per fermare il genocidio in atto. Un discorso denso e ben articolato difficile da sintetizzare, che ha riscosso l’approvazione delle persone presenti in piazza al grido di Palestina libera! Giovani artiste contro le esercitazioni militari e per la Palestina – foto di Pierpaolo Loi La manifestazione è andata avanti fino alle ore 21:00 con interventi di artisti con la loro musica e le loro canzoni in solidarietà ap popolo palestinese. Pierpaolo Loi