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PALESTINA: 713 GIORNI DI GENOCIDIO A GAZA. 300 VITTIME ACCERTATE IN 3 ORE, PROSEGUE L’INVASIONE VIA TERRA A GAZA CITY.
  Non si ferma il genocidio a Gaza: in soli tre giorni dall’inizio dell’invasione israeliana via terra di Gaza City, il numero dei morti accertati ha superato i 300 mentre le forze di Tel Aviv hanno intensificato i raid aerei sulla città, riducendola in macerie e portando alla mobilitazione dei carri armati israeliani. Secondo fonti ufficiali israeliane, circa 500.000 palestinesi sarebbero fuggiti dalla principale città della Striscia. Tuttavia, è difficile confermare questa cifra a causa del blackout delle comunicazioni: Tel Aviv ha infatti interrotto l’accesso a Internet per gran parte della Striscia, cercando di impedire la diffusione di informazioni e notizie indipendenti. Soltanto nelle prime ore di oggi, giovedì 18 settembre, i bombardamenti israeliani hanno causato 83 morti, dopo i 99 di ieri e i 110 di martedì. Gli ospedali, già al collasso, non riescono più a far fronte al numero crescente di feriti mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un allarme: “I feriti non riescono a ricevere assistenza, e la crescente violenza sta impedendo l’accesso alle strutture sanitarie, mettendo in grave pericolo la vita di centinaia di persone.” Su Radio Onda d’Urto, la corrispondenza dalla Striscia di Gaza con Sami Abu Omar, cooperante di tante realtà solidali italiane, in particolare del Centro “Vik – Vittorio Arrigoni” e di ACS, oltre che nostro collaboratore. Ascolta o scarica. Nel frattempo, il ministro dell’economia israeliano, il colono fascista Bezalel Smotrich, vuole passare all’incasso: “Gaza rappresenta una miniera d’oro. Dopo aver investito ingenti somme nella guerra, Israele dovrebbe negoziare una spartizione del territorio con gli Stati Uniti”, che dal canto loro – fonte: il bilancio del Pentagono – hanno speso negli ultimi mesi mezzo miliardo di dollari in missili intercettori per difendere Israele, soprattutto durante i giorni di scontro aperto con l’Iran. Ancora Palestina: le violenze non si limitano alla Striscia di Gaza, ma si estendono anche alla Cisgiordania occupata. Da quando è iniziata l’invasione di Gaza, si è registrata un’ondata senza precedenti di raid, rapimenti e distruzione, giustificata dalle autorità israeliane con la pretesa di dover fermare gli attacchi di Hamas sulla West Bank. L’esercito israeliano ha ordinato centinaia di rapimenti (“arresti”, dice Tel Aviv) mentre i coloni – ancora più liberi di agire grazie al supporto delle forze occupanti israeliane – hanno intensificato il furto di terre e risorse dai palestinesi, oltre agli atti di terrorismo per spingere la popolazione a fuggire. Sul fronte internazionale: Le autorità Usa hanno avviato il processo di espulsione del palestinese Mahmoud Khalil, studente della Columbia e noto attivista per i diritti della Palestina, accusato di aver omesso (presunte) informazioni nella domanda di green card. L’Unione Europea, ha invece annunciato delle (micro)sanzioni economiche contro i responsabili israeliani, tra cui i ministri Smotrich e Ben Gvir, noti per il loro supporto ai coloni mentre le sanzioni, che riguardano la sospensione di alcuni accordi commerciali; si parla comunque di 227 milioni di euro, una goccia nel mare delle complicità europee con Tel Aviv. Nonostante questo, per il via libera alle sanzioni serve l’ok unanime dei 27 Paesi Ue; fantapolitica, al momento, vista la contrarietà già esplicitata da Germania e Repubblica Ceca. L’approfondimento su Radio Onda d’Urto con Samir Al Qaryouti, giornalista italopalestinese e collaboratore tra gli altri di Al Jazeera, BBC e France 24. Ascolta o scarica.
PALESTINA: IL GENOCIDIO A GAZA CONTINUA TRA BOMBE, DEPORTAZIONI E SILENZIO INTERNAZIONALE. IN CISGIORDANIA ACCELERA L’OCCUPAZIONE TOTALE
Continua il genocidio in Palestina: cinque divisioni dell’esercito israeliano, decine di migliaia di soldati in totale, sono pronte a partecipare alla prossima offensiva contro Gaza City. Lo ha annunciato lo Stato maggiore israeliano, confermando il ritiro della 36ª divisione da Khan Younis, nel sud della Striscia, “rilocata” in vista dell’attacco considerato imminente. Nel frattempo, il bilancio delle vittime palestinesi continua a crescere: almeno 59 i morti nelle ultime 24 ore, di cui 38 solo a Gaza City. L’aviazione israeliana ha colpito il campo profughi di Al-Shati, la zona costiera, Beit Lahia e Deir el-Balah. La città resta l’epicentro della crisi: distrutti una torre, dieci abitazioni e decine di tende che ospitavano sfollati. Tra le macerie sono stati recuperati tre corpi, due dei quali di bambini. Nella notte, il cielo sopra Gaza City si è illuminato a giorno a causa delle granate incendiarie, seminando il panico tra una popolazione già stremata. L’ordine di evacuazione imposto da Israele riguarda oltre un milione di persone: circa 200mila avrebbero già lasciato la città dirigendosi verso sud. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto la testimonianza, dalla Striscia di Gaza, di Sami Abu Omar, cooperante di tante realtà solidali italiane, in particolare del Centro “Vik – Vittorio Arrigoni” e di ACS, oltre che nostro collaboratore. Ascolta o scarica. Sulla deportazione di massa: l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato che continuerà a mantenere la propria presenza a Gaza City. Il direttore generale Tedros Ghebreyesus ha ribadito che le minacce israeliane non colpiscono solo i civili palestinesi, ma chiunque si trovi all’interno della principale area urbana della Striscia. Parallelamente, l’aggressione israeliana si intensifica anche nella Cisgiordania Occupata, accellerando il piano di occupazione totale. Solo nelle ultime ore: 4 arresti attorno a Jenin, compreso Abdul Abu Ali, sindaco della cittadina di Silat al-Dhahr, assaltata al pari di altri sobborghi a sud e ovest di Jenin; raid di esercito e coloni ad Atara, nord di Ramallah, con incendi di autovetture e scritte razziste contro i palestinesi, minacciati di morte; raid pure a Salfit, in particolare contro funzionari e quadri di Fatah, con un raid fin dentro la sede del Consiglio Regionale di Fatah nel governatorato. Infine Gerusalemme, dove è stato arrestato il direttore del Comitato per la Cura dei Cimiteri, Ahmad al-Dajani, rapito da uomini mascherati mentre si trovava in via Salah al-Din. Sul piano diplomatico, il premier del Qatar, Jassim Al-Thani, ha accusato Benjamin Netanyahu di dover “essere consegnato alla giustizia” e di avere “ucciso ogni speranza per gli ostaggi”. Le dichiarazioni arrivano a 24 ore dall’attacco israeliano su Doha, che non ha tuttavia raggiunto l’obiettivo: cinque le persone uccise, ma tra loro non ci sono i negoziatori di Hamas, sfuggiti alle bombe dei caccia di Tel Aviv. Intanto, i bombardamenti israeliani sullo Yemen hanno causato 35 morti e 131 feriti a Sana’a, controllata dagli Houthi, che hanno risposto lanciando due missili verso Israele. L’intervista a Eliana Riva, giornalista e caporedattrice di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.
PALESTINA: NON SI FERMA IL GENOCIDIO NELLA STRISCIA DI GAZA. 40 PERSONE UCCISE NEGLI ULTIMI ATTACCHI ISRAELIANI
Dall’alba sono almeno 40 persone le persone uccise: almeno 25 persone nel nord di Gaza, 14 nel sud e una vittima è stata segnalata nel centro della martoriata striscia. Distrutto anche un altro grattacielo a Gaza City, portando il numero di edifici rasi al suolo durante la campagna di Tel Aviv per sequestrare il più grande centro urbano della Striscia di Gaza ad almeno 50. Zona che Israele vuole occupare via terra, deportando nel contempo 1 milione di persone verso una non meglio definita – perchè inesistente – “zona umanitaria a sud”. C’è poi la flebile speranza che i negoziati possano riprendere: Hamas ha dichiarato di essere pronto a tornare al tavolo delle trattative ‘immediatamente’ dopo la proposta avanzata da Trump che prevedere l’immediato rilascio di tutti i prigionieri israeliani ancora in vita a Gaza in cambio di 3.000 prigionieri palestinesi detenuti, quasi sempre senza accusa nè processo nelle carceri israeliane e di un cessate il fuoco a Gaza, Israele resta in silenzio su questa proposta. Nel frattempo, a Gerusalemme Est occupata, sei persone sono state uccise e undici ferite in una sparatoria. I funzionari israeliani attribuiscono l’attacco a due palestinesi provenienti dalla Cisgiordania occupata. I due, originari dei villaggi di Kubiba e Katna, ora circordati dall’esercito occupante, sono stati uccisi sul posto da un soldato. In risposta, Netanyahu sfrutta l’occasione per annunciare l’ennesima rappresaglia indiscriminata nella Cisgiordania occupata. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Michele Giorgio, direttore di Pagine Esteri, corrispondente da Gerusalemme per ‘il Manifesto’ e nostro collaboratore. Ascolta o scarica.
PALESTINA: STRAGI, FAME E OCCUPAZIONE SENZA FINE. L’ANALISI DEL GIORNALISTA ALBERTO NEGRI
A Gaza ancora bombe e morte, terrore e fame strutturale mentre Israele continua a spianare il terreno all’invasione via terra e all’occupazione di Gaza City dove tank israeliani, seppur lentamente, avanzano anche oggi. Per questo nuovo step genocidiario sono stati richiamati 60mila riservisti, 366 dei quali hanno firmato una lettera in cui si rifiutano di combattere a Gaza. In mattinata un’altra strage contro civili in fila per qualcosa da mangiare, a nord di Rafah. Il bilancio, ancora molto parziale, è di 3 morti e 50 feriti. Alla già devastante situazione si aggiungono le vittime della malnutrizione: nelle ultime 24 ore 6 persone, tra cui un bambino, hanno perso la vita per fame. Dal 2 marzo, secondo i dati raccolti, sono 367 i morti per cause legate alla denutrizione, inclusi 131 bambini. Le violenze dell’esercito di occupazione, e dei coloni israeliani, continuano nella Cisgiordania Occupata. Nel campo profughi di Balata, a est di Nablus, le forze israeliane hanno ucciso un 25enne, Mohammad Madani, e ferito e rapito un altro giovane. Questa mattina, le forzeisraeliane si sono nuovamente infiltrate nel campo a bordo di un veicolo con targa palestinese e circondato un’abitazione, rapendo un giovane, dopo averlo ferito alla mano da proiettili veri. Il tutto mentre figure come il ministro-colono di estrema destra Bezalel Smotrich rilanciano apertamente l’annessione del territorio palestinese; invitando il primo ministro Benyamin Netanyahu ad applicare la sovranità, aggiungendo che la sua intenzione è di  “estendere la legge israeliana sull’82% del territorio della Cisgiordania, lasciando il restante 18% ai palestinesi”. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, l’analisi del giornalista Alberto Negri, per anni inviato di guerra e oggi editorialista del quotidiano “il Manifesto”. Ascolta o scarica.
GLOBAL SUMUD FLOTILLA: PARTITE LE PRIME BARCHE. ALTRE SE NE AGGIUNGERANNO GIOVEDÌ DA CATANIA
Domenica 31 agosto sono salpate da Genova e Barcellona le prime imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, una flotta civile internazionale decisa a rompere l’assedio imposto da Israele alla Striscia di Gaza. Da Tel Aviv, il ministro dell’ultradestra Itamar Ben Gvir ha minacciato di “trattare gli attivisti come terroristi” e di arrestarli in “detenzione prolungata”. L’obiettivo dell’iniziativa è consegnare 300 tonnellate di aiuti umanitari, raccolti grazie a mobilitazioni popolari nelle ultime settimane, e denunciare il blocco navale che da anni affligge la popolazione palestinese. Altre imbarcazioni partiranno nei prossimi giorni da diversi porti del Mediterraneo, dal Sud Europa al Nord Africa. Le barche dirette da Genova faranno tappa a Catania, dove nei prossimi giorni saliranno a bordo altri solidali. Da lì, il 4 settembre, dovrebbero partire insieme al resto delle barche della Flotilla italiana, poi si congiungeranno con le altre in partenza da altri porti del Mediterraneo per tentare insieme di raggiungere Gaza. In totale, la Global Sumud Flotilla sarà composta da circa 40-50 imbarcazioni – un numero volutamente non reso noto nemmeno agli organizzatori per motivi di sicurezza – con delegazioni provenienti da 44 Paesi diversi. A bordo di una delle navi italiane ci sarà anche Maso Notarianni, presidente di Arci Milano, intervenuto ai microfoni di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica.
L’ESERCITO ISRAELIANO ASSALTA HANDALA IN ACQUE INTERNAZIONALI: EQUIPAGGIO RAPITO, NAVE SEQUESTRATA. ATTIVISTE E ATTIVISTI IN SCIOPERO DELLA FAME
Poco prima della mezzanotte (orario palestinese) di sabato 26 luglio 2025, l’Idf ha assaltato la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition. I militari israeliani hanno sequestrato l’imbarcazione e rapito i membri dell’equipaggio, che nel frattempo sono entrati in sciopero della fame “contro l’assedio israeliano alla Striscia di Gaza”. Tra gli attivisti e le attiviste rapiti illegalmente da Israele in acque internazionali ci sono anche due cittadini italiani: Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella. Al momento dell’arrembaggio militare israeliano, la Handala si trovava a sole 40 miglia nautiche dalla costa di Gaza. L’8 giugno scorso, la nave Madleen di Freedom Flotilla era stata assaltata dall’Idf a oltre 100 miglia nautiche dalle coste palestinesi. Questa volta, l’imbarcazione diretta verso la Striscia con il suo carico di aiuti umanitari per la popolazione civile è stata sorvolata a lungo da droni militari israeliani; poi, è stata circondata da imbarcazioni della marina israeliana che prima l’hanno dirottata verso le coste egiziane e, infine, l’hanno abbordata con i mezzi dai quali i soldati di Tel Aviv sono saliti a bordo. I militari israeliani hanno interrotto le comunicazioni della Handala con il resto del mondo. Un video delle telecamere di bordo, che diffondevano in diretta quanto avveniva sull’imbarcazione, mostra un soldato mentre la distrugge. Com’era accaduto nel caso della Madleen poco più di un mese prima, anche l’equipaggio della nave Handala è stato sequestrato, preso in ostaggio dalle autorità israeliane. Stessa sorte per quanto riguarda la barca. Attiviste e attivisti, che prima di essere intercettati avevano diffuso dei video messaggi personali, sono entrati in sciopero della fame per richiamare ancora una volta l’attenzione non su se stessi, ma sul genocidio in corso a Gaza, sui crimini di guerra, sulla fame indotta e imposta, sull’assedio con blocco degli aiuti umanitari, sulla condizione disumana cui Israele costringe due milioni di persone nella Striscia nella totale impunità. L’obiettivo della missione della Handala era quello di raggiungere Gaza, rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. L’aggiornamento sulle frequenze di Radio Onda d’Urto con Simone Zambrin, di Freedom Flotilla Italia. Ascolta o scarica.
CORRISPONDENZA DALLA NAVE HANDALA SU RADIO ONDA D’URTO. ANTONIO MAZZEO: “SIAMO A 8-10 ORE DI NAVIGAZIONE DAL PUNTO DELL’ASSALTO ALLA MADLEEN”
Su Radio Onda d’Urto il collegamento telefonico con la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition, in viaggio nel Mar Mediterraneo verso le coste palestinesi per rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza. È la tarda mattinata di venerdì 25 luglio e con noi, dall’altra parte del telefono, c’è Antonio Mazzeo, saggista e attivista anti-militarista che ha deciso di unirsi all’equipaggio della nave Handala e salpare verso la Palestina. Antonio Mazzeo riferisce che il viaggio procede tranquillo, a eccezione delle notti – in particolare quella appena trascorsa – durante le quali l’imbarcazione è stata sorvolata da numerosi droni militari. La Handala, spiega Antonio Mazzeo nel collegamento, si trova attualmente (le 12.35, circa, di venerdì 25 luglio 2025) all’altezza dei territori tra il confine tra la Libia e l’Egitto e il fiume Nilo. Questo significa, spiega l’attivista ai nostri microfoni, che l’imbarcazione è a 8 – 10 ore di navigazione dal punto in cui l’imbarcazione Madleen, durante la precedente missione di Freedom Flotilla Coalition, era stata assaltata dai militari israeliani lo scorso 8 giugno 2025. Per questo, racconta Mazzeo, “oggi siamo particolarmente pronti, in stato di allerta e di attenzione”. L’obiettivo politico della Handala di Freedom Flotilla è quello di rompere l’assedio israeliano su Gaza, ma la barca sta anche trasportando effettivamente aiuti umanitari per la popolazione della Striscia. Non solo, nel collegamento Antonio Mazzeo racconta come nei giorni precedenti la partenza, a Siracusa e a Gallipoli molti bambini e bambine abbiano portato all’equipaggio doni per le bambine e i bambini di Gaza. “La Handala è piena di orsacchiotti, bambolotti e giochi”, racconta nella corrispondenza. La corrispondenza di Antonio Mazzeo per Radio Onda d’Urto dalla nave Handala di Freedom Flotilla Coalition, in viaggio verso Gaza. Ascolta o scarica.
PALESTINA: PER ISRAELE E USA I NEGOZIATI SU GAZA SONO “FALLITI”. RITIRATE LE DELEGAZIONI A DOHA
A Gaza un quarto dei bambini e delle donne è malnutrito. A dirlo è Medici Senza Frontiere che gestisce una clinica a Gaza City, per il momento sfuggita alla devastazione scatenata dall’esercito israeliano. Il numero delle persone colpite dalla fame è quadruplicato da maggio, continua Msf, e ogni giorno ci sono 25 nuovi pazienti ammessi. La fame colpisce la popolazione palestinese, ma anche lo staff sanitario inizia a soffrire la carenza di cibo. “Non è solo fame”, denuncia Msf, “ma una fame deliberata, provocata dalle autorità israeliane”. “Non ho mai visto niente del genere, ogni giorno è sempre peggio”, ha detto al Corriere della Sera Stefano Piziali, direttore della ong Cesvi, anch’essa attiva a Gaza. Nella Striscia uccide la fame e continuano a uccidere i colpi dell’esercito israeliano. Sale ancora il bilancio dei giornalisti uccisi dagli attacchi di Israele, sono 232 dopo l’uccisione del fotoreporter Adam Abu Harbid. Lo fa sapere Al Jazeera. L’agenzia palestinese Wafa riferisce invece di nuovi attachi aerei contro i rifugi di sfollati a Gaza City e Khan Younis, con due vittime e decine di feriti. Un palestinese di 14 anni è invece morto questa mattina (venerdì 25 luglio 2025) a causa delle ferite riportate all’inizio della settimana, durante un raid israeliano sul campo profughi di Al-Ain. Di fronte a questo scenario sono ufficialmente “fallite” le trattative di Doha, Qatar, per il cessate il fuoco. Stati Uniti e Israele hanno abbandonato il tavolo scaricando la responsabilità del fallimento sulle spalle di Hamas e delle altre fazioni palestinesi. Per Washington e Tel Aviv le condizioni poste dal movimento islamico palestinese sono “inaccettabili”, in particolare la richiesta di liberazione di duecento palestinesi condannati all’ergastolo dallo stato israeliano e la garanzia che, una volta entrato in vigore il cessate il fuoco, l’esercito israeliano non riprenda con gli attacchi militari via aria e via terra contro la Striscia. Sul fronte internazionale, tengono banco le dichiarazioni di Macron sul riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia alle Nazioni Unite all’assemblea di settembre. “Un premio al terrore” lo ha definito il premier israeliano Nethanyau; “decisione sconsiderata” secondo il segretario di Stato americano Rubio. Londra potrebbe però seguire Parigi. Oggi è previsto un incontro tra i governi francese, inglese e tedesco. È ancora presto per capire se quello di Macron sia un bluff finalizzato a fare pressione su Israele affinché smetta di bombardare la Striscia di Gaza, oppure se l’intenzione politica sia effettivamente quella di giungere a un riconoscimento della Palestina da parte della Francia. Su Radio Onda d’Urto abbiamo fatto il punto sulla cronaca con Michele Giorgio, corrispondente de Il Manifesto da Gerusalemme e direttore di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.  
La pulizia etnica come business: il clan di Blair per il “ricollocamento” dei gazawi
Una lunga inchiesta apparsa sul Financial Times il 4 luglio, a firma di Stephen Foley, ha rivelato che la Boston Consulting Group (BCG), società di consulenza statunitense, ha lavorato alla modellazione finanziaria per la ricostruzione postbellica di Gaza, commissionata da sostenitori israeliani, con uno scenario che prevedeva il “ricollocamento volontario” dei […] L'articolo La pulizia etnica come business: il clan di Blair per il “ricollocamento” dei gazawi su Contropiano.
PALESTINA: A VUOTO IL PRIMO ROUND NEGOZIALE IN QATAR. ISRAELE PROSEGUE GENOCIDIO E OCCUPAZIONE. NETANYAHU VOLA DA TRUMP
Continua il genocidio dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Nelle prime ore del mattino di lunedì 7 luglio 2025 altri quattordici palestinesi sono rimasti uccisi nei bombardamenti israeliani che hanno colpito diverse aree. Intanto arrivano nuove testimonianze sull’entità e serialità dei crimini israeliani. Un riservista dell’esercito intervistato da Sky News ha dichiarato che alla sua unità veniva ordinato di sparare a chiunque, civile o meno, indipendentemente dal fatto che rappresentasse o meno una minaccia dal punto di vista militare. Coperto dall’anonimato, il soldato della 252esima Divisione dell’esercito di Tel Aviv, ha detto: “le truppe uccidono i civili in modo arbitrario”. Intanto proseguono gli assalti, le uccisioni, le demolizioni, i saccheggi dei coloni e dei militari israeliani nella Cisgiordania occupata. Ieri sera, domenica 6 luglio 2025, ci sono state altre due vittime palestinesi anche in West Bank, uccise dai militari occupanti nel villaggio di Salem, vicino Nablus. Israele, infine, è tornato anche a bombardare lo Yemen. L’esercito di Tel Aviv ha attaccato i porti di Hodeida, Ras Isa e Salif e la centrale elettrica di Ras Kanatib, lungo in Mar Rosso, giustificando il suo operato con il lancio di tre missili balistici diretti contro Israele. Il tutto mentre si è concluso con l’ennesimo nulla di fatto il primo round di colloqui indiretti tra Israele e Hamas, che prima dei negoziati ha tenuto consultazioni con le altre forze della resistenza palestinese. Sul tavolo della discussione ci sono una tregua di sessanta giorni e un nuovo scambio di prigiornieri. I colloqui si svolgono a Doha, capitale dal Qatar, stato mediatore insieme all’Egitto, e dovrebbero comunque proseguire. Secondo fonti citate dai media, la delegazione israeliana non dispone di un mandato sufficientemente ampio per siglare un accordo.  Netanyahu aveva definito ieri “inaccettabili” le modifiche chieste da Hamas alla proposta. Oggi, il premier israeliano è a Washington dall’alleato Trump. I due discuteranno di Gaza, Cisgiordania, ma anche di Siria, Libano e dei loro piani egemonici sull’intera regione mediorientale. Nelle prime ore del mattino Sami Abu Omar, cooperante del centro socio-culturale Vik di Gaza city, ha inviato alla redazione di Radio Onda d’Urto, della quale è storico collaboratore e corrispondente, un aggiornamento dal sud della Striscia. Ascolta o scarica. Su Radio Onda d’Urto è intervenuta, per un punto della situazione, anche la giornalista Eliana Riva, caporedattrice di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.