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“Sangue e farina”, un video sulla Nakba che si ripete
Amnesty International – Italia racconta la storia di  Amal Khayal, responsabile CISS per la Striscia di Gaza. Dalla Nakba al Genocidio in corso, “Sangue e Farina” è un viaggio doloroso e intenso nella vita di Amal, dei palestinesi, nelle vite spezzate delle persone che hanno perso tutto e che adesso, come lei, stringono forte tra la mani le chiavi della propria casa, ormai distrutta. Oggi come nel 1948. Noi tutte e tutti desideriamo dire grazie ad Amnesty International ma soprattutto ad Amal per la sua testimonianza, per quello che fa ogni giorno instancabilmente per noi e per il suo popolo che non ha mai abbandonato, per le persone che lavorano ancora con noi e si trovano all’interno della Striscia di Gaza tra fame, disperazione e morte. Parliamo di Palestina, non smettiamo mai di farlo. Ciss – Cooperazione Internazionale Sud Sud   Amnesty International
77 anni dopo la Nakba: A Gaza la storia si ripete con una nuova “catastrofe”
Presstv. Di Ivan Kesic. Una nube cupa incombe sulla Striscia di Gaza assediata e devastata dalla guerra, mentre i Palestinesi celebrano 77 anni dalla Nakba – in arabo “catastrofe” – un termine che riporta alla mente le profonde cicatrici degli sfollamenti di massa e l’eredità duratura di un popolo sradicato dalla propria terra. Il 15 maggio si è celebrato in tutto il mondo il Giorno della Nakba, ovvero il “Giorno della Catastrofe”, in commemorazione dello sfollamento di massa e dell’espropriazione dei Palestinesi nel 1948. La Nakba rappresenta un’espulsione su larga scala che accompagnò la creazione dell’entità sionista, attuata con il sostegno delle potenze occidentali. E nulla è cambiato in tutti questi anni. La situazione è solo peggiorata, soprattutto dal 7 ottobre 2023. I discendenti di coloro che furono espulsi con la forza – milioni di musulmani e centinaia di migliaia di cristiani – ora vivono in sei continenti. Eppure, il regime sionista continua a negare loro sia il risarcimento che il diritto al ritorno, riconosciuto a livello internazionale. Gli eventi catastrofici di 77 anni fa presentano una sorprendente somiglianza con l’attuale campagna genocida israelo-americana contro Gaza, che si protrae da quasi due anni. Molti storici sostengono che la Nakba non sia mai veramente terminata. Al contrario, vedono l’attuale attacco a Gaza come la continuazione di decenni di politica sionista di sfollamento, violenza e annientamento. L’entità senza precedenti della distruzione e delle perdite umane a Gaza ha portato alcuni a descrivere la guerra in corso come una “seconda Nakba”, aggravando il trauma collettivo vissuto dai Palestinesi. Le radici della Nakba risalgono al 1947, quando gruppi paramilitari sionisti pesantemente armati lanciarono una campagna di violenza contro la popolazione indigena palestinese, ponendo le basi per decenni di espropriazione. Nei mesi successivi, le forze sioniste occuparono illegalmente l’80% della Palestina storica, distrussero centinaia di villaggi e città, uccisero almeno 15.000 Palestinesi ed espulsero con la forza 750.000 persone – circa l’80% della popolazione palestinese – attraverso una sistematica pulizia etnica. Secondo l’Ufficio Centrale di Statistica Palestinese, delle 774 città e villaggi palestinesi che passarono sotto il controllo israeliano nel 1948, 531 furono completamente distrutti. Molti altri furono parzialmente spopolati o riconvertiti in colonie sioniste. Circa 11 importanti centri urbani – Lidda, Ramla, Haifa, Giaffa, Acri, Tiberiade, Safad, Ashkelon, Beersheba, Beisan e parti di Gerusalemme (al-Quds) – furono spopolati o parzialmente distrutti, con ampi quartieri palestinesi sottoposti a pulizia etnica. Molti Palestinesi divennero rifugiati nei paesi limitrofi o furono sfollati all’interno della Palestina storica. Tuttavia, nonostante tutti i tentativi delle autorità sioniste, i Palestinesi non si sono assimilati né hanno perso la loro identità. Il ricordo della Nakba permane come elemento centrale della coscienza nazionale palestinese. Dall’ottobre 2023, la guerra genocida in corso ha causato la morte di almeno 53.000 persone. Tuttavia, studi recenti suggeriscono che il bilancio effettivo delle vittime potrebbe essere superiore del 46-107%, collocando il numero reale tra 77.000 e 109.000 o anche di più. La guerra ha anche innescato sfollamenti di massa in tutta Gaza, con oltre 1,9 milioni di persone – quasi il 90% della popolazione di Gaza – costrette ad abbandonare le proprie case a causa dell’aggressione militare israeliana. Molti non sono ancora in grado di farvi ritorno, poiché interi quartieri sono stati ridotti in macerie. Oggi Gaza è un territorio urbano densamente popolato, diviso in cinque governatorati: Gaza Nord, Gaza City, Deir al-Balah, Khan Younis e Rafah. Tutti e cinque hanno subito ingenti danni a causa degli incessanti bombardamenti israeliani effettuati con le bombe fornite dagli americani. A Gaza City, il più grande centro urbano, il 74% degli edifici è stato danneggiato o distrutto, compresi interi quartieri come Shujaiya e Jabalia, secondo gli enti governativi locali. In tutta la Striscia di Gaza, il 70% delle strutture – circa 175.000 edifici – è stato danneggiato o distrutto, di cui 70.000 completamente rasi al suolo. La comunità internazionale, attraverso la Risoluzione 194 delle Nazioni Unite del 1948, ha affermato il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. Tuttavia, l’attuazione è rimasta bloccata per decenni, con una responsabilità minima per lo sfollamento di massa. Negli ultimi due anni, nonostante i ripetuti appelli delle Nazioni Unite per il cessate il fuoco e le indagini su orrendi crimini di guerra, l’applicazione delle misure è rimasta limitata, in gran parte a causa del costante sostegno politico e militare al regime israeliano da parte degli Stati Uniti e di altre potenze occidentali. L’espulsione dei Palestinesi nel 1948 ha innescato una grave crisi umanitaria, poiché i rifugiati sono stati costretti a vivere in povertà, senza un alloggio adeguato e con un accesso limitato ai beni di prima necessità nei paesi confinanti. Oggi, Gaza si trova ad affrontare una catastrofe umanitaria altrettanto grave. La distruzione delle infrastrutture, inclusi ospedali, scuole e aree residenziali, ha portato a gravi carenze di cibo, acqua potabile, elettricità e assistenza medica. Dei 36 ospedali presenti a Gaza prima dell’ottobre 2023, nessuno è ora pienamente operativo. Martedì, l’ospedale Nasser di Khan Yunis è stato l’ultimo a essere bombardato dal regime israeliano. Solo 17 ospedali sono attualmente parzialmente funzionanti, mentre i restanti sono stati completamente distrutti o resi inoperativi a causa di bombardamenti, blocchi o mancanza di rifornimenti. In totale, 114 ospedali e cliniche sono stati chiusi e 162 strutture sanitarie, inclusi 80 centri di assistenza primaria, sono state prese di mira. Almeno 130 ambulanze sono state danneggiate o distrutte. Sebbene il numero esatto di centri medici distrutti durante la Nakba sia sconosciuto, i documenti storici indicano che la maggior parte di essi, nelle principali città palestinesi, furono abbandonati, saccheggiati o riadattati in seguito alle espulsioni di massa. Sia la Nakba che l’attuale guerra genocida a Gaza hanno distrutto anche i luoghi di culto. Nel 1948, oltre l’80% delle moschee nei villaggi palestinesi, stimate tra le 400 e le 500, fu distrutto, profanato o convertito ad altri usi. Ad esempio, la moschea di Saliha fu fatta saltare in aria con i civili al suo interno, uccidendo fino a 94 persone. Nel febbraio 2025, il Ministero delle Dotazioni di Gaza riferì che 814 delle 1.245 moschee della Striscia (circa il 79%) erano state completamente distrutte, mentre altre 148 erano state gravemente danneggiate, portando il numero totale a 962 moschee. Anche il patrimonio cristiano palestinese subì danni in entrambi gli eventi. Durante la Nakba, si stima che tra le 20 e le 50 chiese siano state danneggiate o distrutte, a dimostrazione delle ridotte dimensioni della comunità cristiana (all’epoca circa il 10% della popolazione). Dal 2023, tutte e tre le chiese rimanenti a Gaza sono state danneggiate o distrutte, inclusa l’antica chiesa di San Porfirio, risalente al V secolo. È stato colpito per la prima volta nell’ottobre del 2023, uccidendo 18 civili, e nuovamente nel 2024. Sia nel 1948 che nella guerra attuale, anche i cimiteri palestinesi non sono stati risparmiati. Si stima che almeno 500 cimiteri siano andati perduti durante la Nakba, poiché la maggior parte delle città e dei villaggi ne aveva almeno uno. Molti sono stati distrutti, trascurati o ricoperti dagli edifici crollati. Nell’attuale guerra genocida, almeno 19 dei 60 cimiteri di Gaza – circa il 32% – sono stati deliberatamente presi di mira e distrutti. Secondo resoconti attuali, le tombe sono state profanate, riesumate o rase al suolo. Sia la Nakba che il genocidio in corso a Gaza hanno dovuto affrontare negazionismo, revisionismo storico e occultamento di responsabilità da parte del regime israeliano e dei suoi sponsor occidentali. Sono stati inoltre sistematicamente emarginati dalla storiografia occidentale e ampiamente ignorati o minimizzati nelle narrazioni dei media mainstream. Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi
Lamezia Terme ricorda la Nakba
Ricorreva il 15 maggio scorso l’anniversario della Nakba, anniversario quanto mai signaficativo in questo momento in cui sono in atto un genocidio e una pulizia etnica di nazi-fascista memoria ai danni del popolo palestinese, un popolo vittima da ben 77 anni. Vittima da quando l’Occidente, i vincitori della seconda guerra mondiale hanno deciso di risarcire gli ebrei per lo sterminio subito durante il secondo conflitto mondiale ad opera dei nazifasciti; appare strano sin dal 1948, anno della nascita dello stato di Israele, che le vittime di ieri siano i persecutori di oggi, vengono in mente in proposito, infatti, le parole pronunciate qualche decennio fa da uno dei più famosi internati di Auswich, lo scrittore Primo Levi “quello che non perdonerò mai ai nazisti è di averci fatto diventare come loro”.  Per ricordare il tragico momento della Nakba, ma soprattutto denunciare i tragici eventi di oggi un folto gruppo di associazioni, collettivi e partiti politici della Calabria centro settentrionale ha organizzato un sit-in di protesta e di sensibilizzazione sul corso Nicotera di Lamezia Terme. Le sigle promotrici sono state numerose, anche se non commisurato il numero dei presenti all’evento; le ricordiamo tutte: Cordinamento provinciale di Catanzaro in solidarietà con il popolo palestinese, Collettivo Addunati-Lamezia Terme, Potere al popolo-Calabria, Fronte comunista, Calabria resistente e solidale, Kalibreria-Soverato, Non una di meno-Lamezia Terme, Collettivo Aurora-Catanzaro, Unical per la Palestina, Agorà-Decollatura, Orto corto-Decollatura, COLPO-Paola, Associazione il futuro Lamezia Terme, Manifesta blog-Mammut Teatro-Lamezia Terme, Associazione ICICA-Lamezia Terme, ARCIAEqua, Orgoglio bisessuale, Associazione culturale Kinema, Scenari Visibili-Lamezia Terme, USB Unione Sindacale di Base-Catanzaro, Associazione Marxisista rivoluzionaria, Controvento Calabria, Partito comunista italiano-Calabria, Partito della rifondazione comunista-Calabria, Movimento per la rinascita comunista-Calabria e Partito comunista rivoluzionario-Calabria   I manifestanti erano tutti muniti di bandiere della pace e palestinesi e non mancavano striscioni con fraHsi ad effetto. Il pomeriggio è stato ricco di interventi tutti molto significativi e importanti per i loro contenuti. Hanno parlato i rappresentanti di alcune delle sigle presenti e tra gli altri: Potere al popolo, sindacato USB, associazione LGBT e persone queer, Non una di meno e studenti Unical per la Palestina. Non sono mancati gli interventi di semplici cittadini e le lettura di poesie come quella quella della più importante poetessa palestinese Fadwua Tuqan di cui qui riportiamo la prima strofa: Brutto tempo; e il nostro cielo è sempre coperto di nebbia. Ma mi dica, di dov’è signorina? Una Spagnola, forse? – No, sono della Giordania. – Scusami, della Giordania dici? Non capisco! – Sono delle colline di Gerusalemme; della Patria della luce e del sole! – Oh, oh! Capisco; sei un’ebrea! Ebrea? Che pugnalata mi ferì al cuore! Una pugnalata tanto crudele e tanto selvaggia! Tutti hanno espresso il loro forte dissenzo nei confronti delle politiche israeliane e del governo di Netanyahu attualmente in carica, ma si sono espressi con forza anche contro l’occidente e governi di tutto il mondo che dal 1948 non ha detto, ma soprattutto fatto nulla per la causa palestinese. Il sionismo è stato definito senza se e senza ma una forma di colonialismo insediativo e Israele un avamposto dell’occidente in medio oriente. Ma il momento più toccante di tutto il pomeriggio è stato quello della testimonianza portata dal giovane palestinese che oggi vive a Soverato e che è appena ritornato dalla Cisgiordania. Shukri, questo è il suo nome, ci ha raccontato della storia sua famiglia, del suo popolo, ma soprattutto ha ribadito, sebbene a tutti presenti fosse abbastanza chiaro, la gravità della situazione a Gaza evidenziando la necessità che le forze politiche di tutto il mondo seguano la strada indicata dall’ONU che ha dichiarato le azioni compiute da Netanyahu e dal suo governo “atti di genocidio e di pulizia etnica”. L’evento si è chiuso al grido di “Palestina libera dal fiume al mare” e, soprattutto, con l’auspicio che il mondo possa fermare il genocidio e la deportazione in atto e i bambini di Gaza riprendere a sorridere. Stupisce in questo triste momento e anche in questa manifestazione l’assenza del mondo cattolico-cristiano e dei credenti in genere; perchè, parafrasando il Talmud possiamo dire “Dio è dalla parte del perseguitato” lo è ora dalla parte dei palestinesi, come durante la seconda guerra mondiale lo era degli ebrei. Due popoli accumunati da un triste destino di persecuzione che avrebbero potuto “allearsi” per sconfiggere il l’odio e la vendetta.    Anna Murmura
Colonialismo e decolonizzazione in Palestina. Intervista allo storico Ilan Pappé
Oggi, 15 maggio 2025, giorno in cui ricorre la Nakba, la catastrofe causata dall’operazione di pulizia etnica del 1948 con cui le truppe sioniste cacciarono 750.000 palestinesi dalla propria terra e ne massacrarono migliaia, divulghiamo un lavoro sulla questione palestinese delle classi VA, VE, IVE del Liceo Scientifico “Righi” di Roma. Si tratta di un libro intitolato “Colonialismo e decolonizzazione in Palestina”, che contiene un’intervista allo storico di fama internazionale Ilan Pappé, realizzata dagli studenti e dalle studentesse delle suddette classi, uno stimolo alla conoscenza della questione coloniale in Palestina e alla lotta per spezzare il silenzio, la censura e la complicità di governi e istituzioni non solo riguardo alla Nakba storica, ma anche a quella che i palestinesi definiscono ”al nakba al mustamirra”, “Nakba in corso”, il genocidio che tristemente osserviamo impotenti dai nostri cellulari. Redazione Roma
A Beit Jala la Commemorazione Congiunta della Nakba organizzata dai Combattenti per la Pace
 Anche quest’anno, per la sesta volta,  i ‘Combattenti per la Pace’ hanno organizzato oggi, 15 Maggio, a Beit Jala in Cisgiordania la Commemorazione Congiunta della Nakba. E’ possibile seguire la diretta streaming  a partire dalle 19 di oggi 15 Maggio chiedendo il link qui: https://form.jotform.com/251032941203443 ); Tra i vari contributi: la refusenik Sofia Or leggerà la testimonianza di un soldato che nel 1948 partecipò alle operazioni di espulsione dei palestinesi in un certo villaggio, che non è più;  molto bello e sentito l’intervento di Lee Mordecai, docente di storia antica a Princeton che tornato in Israele sta lavorando a un monumentale progetto di documentazione di tutti i crimini commessi giorno dopo giorno a Gaza (perché nessuno possa dire: io non sapevo…). La registrazione della serata resterà comunque disponibile da domani sui canali social dei Combatants for Peace. Inoltre qui : https://www.pressenza.com/it/2025/05/15-maggio-nakba-day-tantissime-le-manifestazioni-per-commemorare-la-catastrofe-che-non-e-mai-finita/ abbiamo pubblicato un’intervista alla co-direttrice dei ‘Combatants’ Rana Salman, a introduzione della Cerimonia. Link per sostenere il lavoro dei Combattenti per la Pace: https://www.cfpeace.org/donate Redazione Italia
NAQBA: SETTIMANA DI MOBILITAZIONE NEI GIORNI DELL’ANNIVERSARIO DELLA “CATASTROFE” PALESTINESE
Ogni anno il 15 di maggio viene commemorata la Naqba, la “catastrofe”, ovvero la data ufficiale della proclamazione della nascita dello Stato di Israele.  “La Naqba non è solo il 1948, è qualcosa che stiamo vivendo ancora anche oggi”, dice ai microfoni di Radio Onda d’Urto Fabian Odeh, italo palestinese che abbiamo raggiunto mentre si trova in uno dei numerosi viaggi che compie periodicamente in Cisgiordania. “La Nakba è iniziata prima del 1948, perché è iniziata con l’inizio del progetto sionista di occupare l’intera Palestina storica, l’intera nostra patria”. Le commemorazioni nel centro di Ramallah sono iniziate già oggi. Cosa vuol dire commemorare? “Quando noi diciamo commemorazione”, continua Fabian Odeh, “vuol dire che ricordiamo i nostri resistenti, combattenti che hanno sacrificato la propria vita per la Palestina prima del 1948 e oltre il 1948, parliamo di città occupate come la città di Jaffa, come la città di Haifa, come la città di Akka e Tabaria, di interi villaggi distrutti, si contano più di 700 villaggi palestinesi che sono stati eliminati e cancellati durante gli anni dell’occupazione e fino al 1948”. Ascolta l’intervista completa con Fabian Odeh. Ascolta o scarica In questi giorni anche in Italia si tengono numerose iniziative, cortei, presidi. A Milano, tra le altre cose, i Giovani Palestinesi d’Italia organizzano una conferenza internazionale, alle ore 17 del 15 maggio, disponibile on line sul proprio canale YouTube, con incontri in diverse città italiane per assistere. A Milano, appuntamento all’Università Statale. I dettagli e le altre iniziative nell’intervista a Youssef Siher dell’esecutivo nazionale dei Giovani Palestinesi d’Italia. Ascolta o scarica
15 maggio, Nakba Day: tantissime le manifestazioni  per commemorare la catastrofe che non è mai finita
Domani sarà il 15 maggio, 77imo anniversario della ‘catastrofe’ (questo il significato della parola Nakba, come ormai tutti sappiamo) che nel 1948 inaugurò l’esistenza dello stato di Israele con l’espulsione di 750.000 mila palestinesi dalle loro abitazioni e la scomparsa di centinaia di villaggi e insediamenti abitati da generazioni.  Un evento da sempre tabù per la società israeliana, argomento da evitare nel discorso pubblico e nei talk show: “la parola stessa suona ripugnante” ebbe a scrivere Bruno Segre qualche anno fa in un lungo saggio per la rivista Il Mulino “tant’è che di Nakba e di rifugiati palestinesi non si fa cenno né nei corsi liceali di storia né in alcun museo.” E parola più che mai impronunciabile quest’anno, che ancor più di sempre non sarà solo un anniversario, ma la constatazione di una catastrofe che non ha mai avuto fine, che di anno in anno si è solo aggravata, che nell’ultimo anno ha registratp lo sterminio di oltre 52.000 civili nella striscia di Gaza, e l’avanzata sempre più violenta e aggressiva dei coloni in Cisgiordania. Moltissime le manifestazioni previste in varie città europee, come potete vedere dallo slide show alla fine di questo articolo. La prima in ordine di tempo si è svolta già sabato scorso a Lione, 10 maggio, in centinaia all’appuntamento di Piazza Bellecour per l’inaugurazione di una mobilitazione nazionale che nell’arco della settimana e fino a sabato 17 vedrà coinvolte ben 45 città in  tutta la Francia, con la lettura di tutti i nomi dei martiri censiti dal Ministero della Salute di Gaza. Ci sarà un preciso dress code da osservare, tutti vestiti a lutto. E niente musica né slogan, solo qualche candela: un Nakba Day di grande raccoglimento.  Il giorno dopo, domenica 11, è stata la volta di Bruxelles, in decine di migliaia all’appuntamento alla Gare du Nord per denunciare le responsabilità storiche dell’Europa nel conflitto in corso, fin dalla dichiarazione di Balfour del 1917, passando per le varie risoluzioni che portarono alla Nakba, fino ai giorni nostri.   E veniamo agli appuntamenti previsti in Italia domani, 15 maggio, che saranno parecchi: – a Roma dalle ore 11, Presidio davanti alla Farnesina, Viale dei Giusti, per dire Stop al Genocidio; – a Ferrara, dalle ore 16.30 in Piazza Cattedrale, manifestazione promossa dal collettivo “Ferrara per la Palestina”; – a Parma, dalle 17, la Comunità Palestinese organizza una serata in Piazzale Inzani: lettura di testimonianze, presentazione di un libro, su voladora.noblogs.org tutto il programma; – a Rimini, 18.30 a Piazza Cavour: azione scenica con musica di Emiliano Battistini, poesie e letture varie (organizza “Assopace Palestina” insieme a “Vite in transito”);  – a Vicenza, stessa ora, “Fiaccolata Rumorosa” da Piazza Esedra: portare torce e pentolame ad hoc. Succedono ancor più cose sabato 17 maggio: * a Londra è prevista una grande Marcia per la Palestina che partirà dalla stazione di Embankment per raggiungere Downing Street, con la partecipazione di manifestanti da tante altre città; * a Parigi l’appuntamento sarà alle 14 a Piazza Stalingrado, per il riconoscimento dello stato palestinese e per la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah, militante libanese detenuto in Francia dal 1984, la detenzione politica più lunga d’Europa.   Ma per restare agli appuntamenti previsti dall’Associazione dei Palestinesi in Italia: – a Firenze dalle ore 14.30 a Piazza Santa Novella; – a Napoli, dalle 15 corteo da Piazza Garibaldi;  – a Milano, dalle 15 da Corso Lodi fino a Corvetto; – a Torino, stessa ora da Piazza Crispi.  Piccolo-gran finale il 18 maggio nella cittadina di Lodi, con il Corteo di Solidarietà con il Popolo Palestinese con partenza da Piazza Castello alle 11. Ma senz’altro l’appuntamento più importante sarà quello organizzato anche quest’anno dai “Combattenti per la Pace” a Beit Jala, in Cisgiordania.  “Da sei anni questa ricorrenza è diventata un momento annuale molto importante all’interno del nostro programma di attività” tiene a sottolineare Rana Salman, co-direttrice palestinese del movimento, che abbiamo raggiunto per telefono l’altro giorno. “Sarà un evento non meno importante della Memorial Ceremony in ricordo dei caduti di entrambi i fronti del conflitto, che abbiamo appena finito di celebrare lo scorso 29 maggio con una risposta di pubblico che non ci aspettavamo: nonostante il grande teatro che avevamo predisposto a Jaffa, moltissimi non sono riusciti a entrare e abbiamo dovuto organizzare proiezioni in streaming all’esterno. Per non dire dei collegamenti in numerose altre città d’Israele, Palestina e in tutto il mondo, una risposta davvero notevole – purtroppo funestata dal grave episodio che si è verificato nella cittadina di Ra’anana, dove la proiezione che era stata prevista all’interno di una Sinagoga è stata impedita da una squadraccia di fondamentalisti, un fatto senza precedenti! Speriamo che vada tutto bene con l’evento di domani sera, che sarà in una piazza, non più di 200 posti a sedere e diretta streaming per quanti vorranno seguirci, speriamo siano in tanti.” (Link per registrarsi qui : https://form.jotform.com/251032941203443)  Quale sarà il tema di quest’anno? “Il tema sarà la casa, così presente per gli israeliani in termini di ‘terra promessa’ e così sentìto per i palestinesi come storia di continua perdita. Aggrapparsi alla casa, aggrapparsi alla speranza: questo il titolo che abbiamo scelto per questo nostro Nakba Day che quest’anno non sarà solo ricorrenza, considerata la tragedia di spossessamento, distruzione, assedio, che vediamo succedere da oltre 18 mesi nella striscia di Gaza, un’intera popolazione condannata a vagare da una tendopoli all’altra sotto i bombardamenti. Per non dire della Cisgiordania dove l’aggressione dei coloni, e l’espulsione dei legittimi proprietari dalle loro case, specie se aziendine agricole, fa parte della quotidianità, con il concorso dell’esercito. Situazione drammatica…” Vuoi darci qualche anticipazione di programma?  “Avremo due belle testimonianze: la prima di Aziz Qatashahm, rifugiato della Nakba del 1948 ormai anziano, costretto a lasciare il villaggio di Beit Jibreen, non lontano da Hebron, dove la sua famiglia viveva da sempre; la seconda sarà una video testimonianza da Gaza di Dima Elhelou, ragazzina di 14 anni che ha vissuto lo sfollamento innumerevoli volte all’interno della striscia dopo aver perso tutto ciò che aveva. L’abbiamo coinvolta grazie a uno dei suoi familiari, attivo nella nostra organizzazione. Poi avremo la testimonianza di un militare israeliano che 77 anni fa si trovò in servizio come agente della Nakba: un testo che, significativamente, verrà letto dalla refusenik Sofia Orr, la cui scelta di obiezione di coscienza ha avuto una notevole eco a livello internazionale e creato non poco rumore in Israele. Importante sarà il contributo di Lee Mordechai, intellettuale israeliano che dall’Università di Princeton, dove insegna Storia dell’epoca bizantina, ha scelto di vivere per qualche tempo in Israele e da mesi sta documentando, sotto forma di accuratissimo archivio digitale tutti i crimini di guerra e le atrocità commesse a Gaza.  E infine avremo un intervento del palestinese Thabet Abu Rass, analista politico e figura piuttosto nota all’interno della società civile israelo-palestinese, che ribadirà l’importanza di pratiche di confronto e di dialogo, come queste che la nostra organizzazione sta portando avanti da anni, per contribuire a quel percorso di umanizzazione e riconciliazione che è l’unico possibile futuro per entrambi i nostri popoli. Alla conduzione della serata ci sarà Abigail Szor, giovane attivista ed educatrice che si è formata all’interno della nostra Freedom School e ben rappresenta una crescente quota di giovani israeliani che, nonostante le omissioni del sistema scolastico e il silenzio del mainstream, vogliono sapere come sono andate veramente le cose, e quali sono le radici del conflitto che da sempre ci opprime tutti quanti. Che è il solo modo per inaugurare un processo di collettiva guarigione, dai troppi traumi inflitti e subiti.” Link per sostenere il lavoro dei Combattenti per la Pace:  https://www.cfpeace.org/donate Daniela Bezzi
1948-2014, 77 anni di resistenza. Il 17 maggio Firenze in piazza per la Palestina
A distanza di 77 anni dal 1948, quando fu proclamato lo stato di Israele con la cacciata di oltre 700.000 palestinesi dalle proprie terre, stiamo per assistere ad una nuova offensiva nella Striscia di Gaza assediata. La Nakba, che il … Leggi tutto L'articolo 1948-2014, 77 anni di resistenza. Il 17 maggio Firenze in piazza per la Palestina sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Gaza. Nessuno potrà dire: “non sapevo”
Nel 47° anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato, ieri 9 maggio, il tradizionale corteo da Radio Aut di Terrasini sino alla casa della memoria sul corso principale di Cinisi, a “cento passi” da casa Badalamenti, ormai bene requisito alla mafia, il corteo – dicevamo – è stato dedicato alla Palestina, o meglio a quello che in tutta Italia si è detto “l’ultimo giorno di Gaza”, con un’espressione angosciosa che lascia capire che non c’è più tempo, come già ci aveva ricordato Luisa Morgantini due giorni fa in convegno. Ed oggi una pedalata per Gaza, “Life for Gaza”, in sintonia con altre dieci città italiane tra le quali Venezia, ha attraversato le vie del centro storico di Palermo fino al lungomare Yasser Arafat. Fateh Hamdan, dell’associazione “Palestina nel cuore”, ha riepilogato lungo il percorso per “stazioni” simili a una via crucis le tappe della persecuzione dei palestinesi, dalla nascita del sionismo al congresso di Basilea del 1897, attraverso la dichiarazione di Balfour del 1917 e la nascita dello stato di Israele, lungo la Nakba del ’48 e la guerra dei sei giorni del ’67, sino alle stragi di Sabra e Chatila in Libano nell’82 e alla prima intifada. Ha narrato poi della terribile disillusione degli accordi di Oslo e della seconda intifada, più sanguinosa, che è scaturita dalla loro violazione da parte ebraica, ribadendo però la sua ferma fiducia, nonostante tutto, nel progetto di Arafat e in una soluzione nonviolenta del conflitto. Giunti sul mare, abbiamo ascoltato Valentina del CISS, reduce da più di dieci anni vissuti nella Striscia, che tra le lacrime ha ricordato gli amici perduti sotto le macerie e ha descritto con crudezza la vita quotidiana in quello che, senza esagerazioni, l’ONU ha definito “un campo di sterminio”. A Gaza non entrano cibo né medicine dai primi di marzo. Per impastare il pane, la pasta cruda (quei pochi pacchi che restano) viene pestata per farne farina e lavorata con l’acqua di mare. Per accendere il fuoco si usano le scarpe e perfino i libri delle biblioteche universitarie. Ci si arrangia disperatamente con tutto. E i paesi ricchi tacciono, approvano e continuano a vendere armi a Israele. Ma stavolta non sarà come per la Shoah: nessuno potrà dire “io non sapevo”. Daniela Musumeci