Il Ministero della Pace: una scelta di futuro. Intervista a Laila Simoncelli
Avvocata, già missionaria in India e Africa per oltre un decennio occupandosi di
diritti dell’infanzia, tutela delle donne, Laila Simoncelli, si occupa degli
esseri umani e migrazione. Volontaria nel conflitto dei Balcani negli anni ’90
col corpo nonviolento Apg23- Operazione Colomba.
Coordinatrice della Campagna nazionale del “Ministero della Pace – Una scelta di
Governo” di cui parliamo in questa intervista e impegnata nella rete cattolica
ed ecumenica per il disarmo e la messa al bando delle armi nucleari. Autrice del
libro “L’uomo della casa senza muri” e curatrice del Libro “Ministero della
Pace. Una scelta di futuro” AA.VV., Editore Sempre.
Il 2024 è stato un altro anno nero sul fronte delle guerre e della violenza
armata nel mondo, con un incremento stimato delle vittime pari al 37% a livello
globale e addirittura del 315% in Medio Oriente e Nord Africa. Attualmente nel
mondo sono attivi ben 56 conflitti armati, il numero più alto dalla Seconda
Guerra Mondiale.
È evidente che qualcosa va cambiato alla radice, la deterrenza e la sicurezza
armata non ci stanno portando verso un mondo che riesca a garantire il diritto
di vivere in pace a comunità e popoli. Laila Simoncelli da tempo ti occupi di
questi temi: le questioni del pacifismo. Vuoi parlarcene?
Sì. Certamente. Sicurezza e pace. Significa creare sistemi politici sociali,
ambientali, economici e culturali che insieme forniscano gli elementi
costitutivi della sopravvivenza, il sostentamento e la dignità.
Gli investimenti nelle dotazioni di armamenti si sono rivelate incapaci a
risolvere situazioni di crisi; anzi, nella maggior parte dei casi sono stati una
delle principali concause.
Nonostante tutto questo, la struttura militare continua ad essere lo strumento
prediletto dalla maggior parte dei governi nel predisporre strumenti per la
sicurezza e la politica internazionale preferendola a soluzioni di altro tipo.
Ma l’uso controllato della forza non basta a fare la pace. Quali sono le tue
idee in proposito?
Come già concludeva John Paul Lederach, che per primo dette la definizione delle
cosiddette Infrastructure for peace: “(…) Costruire la pace negli odierni
conflitti richiede un impegno a lungo termine per la creazione di
un’infrastruttura che coinvolga tutti i livelli della società, un’infrastruttura
che rafforzi le risorse della riconciliazione dall’interno di quella società e
massimizzi il contributo dall’esterno”. Occorre intelligentemente cambiare
strada.
Quindi tu hai una proposta per costruire dinamiche di pace?
Non ci sono processi inevitabili, una nuova visione attuativa è possibile
promuovendo la nonviolenza come stile della Politica con l’istituzione di un
Ministero della pace come infrastruttura nazionale. Questa nuova architettura
ministeriale sarebbe, oltre che risposta alla grave insufficienza attuale della
Politica nel mantenimento, cura, promozione del diritto alla pace dei popoli e
degli individui, anche piena attuazione di spazi mai colmati del dettato
costituzionale.
Un risvolto evolutivo nelle politiche di Sicurezza?
Il lavoro del nuovo Ministero dovrebbe essere dedicato alla costruzione della
pace e allo studio delle condizioni favorevoli alla pace sia interna che
internazionale, in particolare assumendo un ruolo di leadership in coordinamento
con i ministeri nell’affrontare questioni di pace, ordine, giustizia e buon
governo, e nel portare avanti come “casa istituzionale dei costruttori di pace”
le responsabilità di protezione e prevenzione in unità di intenti con la società
civile.
In buona sostanza mantenere la pace come principio organizzativo nella società?
Certamente e incorporando la collaborazione di una varietà di attori e interessi
per rispondere alle esigenze del mondo e collegando così diversi livelli di
azione: di base, comunitario, regionale, nazionale, internazionale regionale e
globale, mettendo la sicurezza umana al centro delle politiche di pace e
sicurezza.
Quindi abbiamo urgente necessità di un Ministero della Pace che scardini con un
nuovo paradigma l’organizzazione ministeriale?
Sì. Deve diventare la “casa istituzionale degli artigiani di pace”, facendoli
entrare a pieno titolo nella co-programmazione e co-progettazione delle
politiche attive con una seria e vera iniezione di partecipazione democratica.
(Libro Ministero della Pace-Una scelta di futuro, Editore Sempre 2024.
https://shop.apg23.org/libri/1056-ministero-della-pace-una-scelta-di-futuro.html).
Passare dal movimentismo pacifista al pacifismo strutturale rivendicando una
governance nazionale di tipo più “orizzontale” dove è la società a inverare lo
Stato (prof. Zamagni).
Don Oreste Benzi il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII negli anni ’90,
fu uno dei primi promotori dell’istituzione nei Paesi europei di ministeri per
la pace dedicati allo sviluppo di politiche di pace nonviolente. Giusto?
Don Oreste Benzi sosteneva che le risorse impiegate in armamenti avrebbero
dovuto piuttosto essere utilizzate per promuovere relazioni costruttive fra gli
Stati, favorendo una cultura della pace basata sul dialogo e la solidarietà
internazionale. L’intuizione profetica di don Oreste Benzi ha trovato consensi e
oggi molti enti e personalità sostengono il progetto politico e la campagna
Ministero della Pace: una scelta di Governo, nata nel 2017
(www.ministerodellapace.org ); 28 enti e movimenti, oltre i 30 premi Nobel che
hanno sottoscritto la Dichiarazione sulla Fraternità Umana, ne portano avanti
l’impegno a livello nazionale ed internazionale. Il sostegno convinto a questo
nuovo Ministero è stato ribadito anche al World Meeting on Human Fraternity
organizzato dalla Fondazione Fratelli Tutti a maggio 2024.
Illustri personalità quali Jeffrey Sachs, Stefano Zamagni, Maria Mercedes Rossi,
hanno sottolineato tutti, in maniera importante e forte, la necessità di un
cambio di paradigma delle relazioni umane a vari livelli e convintamente
appoggiato il progetto di una nuova necessaria organizzazione ministeriale, il
Ministero della Pace come espressione di questa radicale inversione di tendenza.
Nell’ottica di questa nuova cultura di fraternità come campagna, artigiani ed
architetti di pace, quali prospettive auspichiamo?
Soprattutto è necessario che anche l’Unione Europea non solo approvi una
Raccomandazione per gli Stati membri per istituire al loro interno Ministeri
della Pace, ma anche che preveda all’interno della propria struttura un
“Dipartimento per la pace e la riconciliazione” affidandone la direzione ad un
Commissario ad hoc, figura peraltro auspicata anche dal premio Nobel per la Pace
John Hume, già nei primi anni del 2000. Presso le Nazioni Unite inoltre si
sostiene la nomina di un “Relatore Speciale” con il mandato di monitorare
l’attuazione del “diritto alla pace”.
Quindi Laila puoi parlarci del progetto dell’istituzione di un ministero della
pace anche a il livello locale?
La struttura e le funzioni di un Ministero della pace possono poi efficacemente
essere declinate a livello territoriale dagli assessorati alla pace affinché la
nonviolenza e il disarmo divengano metodo della politica anche livello regionale
e comunale. Attraverso una progettazione e programmazione pluriennale di
concerto e cooprogettazione con consulte rappresentative del mondo operante dei
costruttori di pace si possono scongiurare e disinnescare, le situazioni
prodromiche a conflitti e tensioni sociali e riqualificare in modo partecipativo
e comunitario il tessuto democratico.
Soprattutto è importante agire con le nostre amministrazioni locali per chiedere
l’assessorato alla Pace e l’attuazione di politiche strutturali di pace nei
Comuni e nelle Regioni dove abitiamo, contemporaneamente prefigurando e
informando di sé la nuova architettura ministeriale?
Tante esperienze in questa direzione sono già attive e altre si stanno
sviluppando con l’istituzione di consulte comunali dei costruttori di pace.
Le città hanno un ruolo centrale?
Sì perché possono diventare i luoghi della liberazione dell’uomo dall’odio e dal
bisogno, le città sono patrimonio del mondo, perché in esse si incorpora la
storia dei popoli e si riflette la luce della civiltà. Dalle città si irradiano
i valori che costituiscono il tessuto intero della società e della civiltà
umana; esse sono “libri vivi”, che hanno il compito di formare spiritualmente le
generazioni future.
Le città hanno quindi una vocazione: quella di favorire la pace e l’unità dei
popoli. “Bisogna unire le città per unire le nazioni”. E’ così?
Non è utopista chi crede nella pace e lavora per essa, ma è drammaticamente
utopista chi si ostina a credere di poter risolvere problemi radicalmente nuovi
con metodi irrimediabilmente superati.
Note di approfondimento:
Con l’ex sindaco pacifista di Messina Renato Accorinti lanciamo la proposta
dell’istituzione di un Ministero della Pace.
https://www.farodiroma.it/lex-sindaco-pacifista-di-messina-renato-accorinti-lancia-la-proposta-dellistituzione-di-un-ministero-della-pace-laura-tussi/
Laura Tussi