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MIGRANTI: SEI MILITARI A PROCESSO PER IL NAUFRAGIO DI CUTRO. L’ACCUSA È DI NAUFRAGIO COLPOSO E OMICIDIO COLPOSO PLURIMO
Sono stati rinviati a giudizio i sei militari, quattro della Guardia di finanza e due della Guardia costiera, indagati per il naufragio del barcone a Steccato di Cutro, in cui, la notte del 26 febbraio del 2023, morirono 94 migranti, 35 dei quali minorenni e diversi dispersi. Il prossimo 14 gennaio, quando inizierà il processo di primo grado che dovrà accertare le eventuali responsabilità di sei militari italiani per il tragico affondamento del caicco Summer Love a Steccato, ai militari vengono contestati i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo in relazione alla mancata attivazione del Sar, il Piano per la ricerca ed il salvataggio in mare. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Human. Ascolta o scarica.
MIGRANTI: MEDITERRANEA SAVING HUMAN SOTTO ACCUSA PER UN SALVATAGGIO. È IL PRIMO PROCESSO A UN’ONG IN ITALIA
Per la prima volta in Italia un’ONG rischia il processo per aver soccorso e salvato migranti nel mediterraneo. Il salvataggio di vite umane nel Mediterraneo centrale è diventato terreno di scontro politico e giudiziario. Per la prima volta in Italia, un’organizzazione non governativa – Mediterranea Saving Humans – e l’equipaggio della nave Mare Jonio saranno processati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare aggravato da presunto profitto economico. I fatti risalgono all’11 settembre 2020, quando l’equipaggio intervenne per soccorrere 27 persone abbandonate per oltre un mese sulla prua metallica di una petroliera danese, la Maersk Etienne. Il caso, già allora al centro dell’attenzione internazionale, si trasforma in un processo che inizierà il 21 ottobre. Tra gli elementi che pesano sulla decisione del Tribunale di Ragusa c’è anche una donazione posteriore da parte della compagnia armatoriale all’ONG, interpretata dalla procura come presunta “ricompensa”, e dunque come aggravante. Ad aumentare l’ambiguità della situazione è la presenza, tra gli atti, di intercettazioni, pedinamenti e vere e proprie attività di profilazione da parte dei servizi di sicurezza italiani. Eppure, nonostante il processo e le minacce, Mediterranea rilancia: una seconda nave, la Sea-eye 4, è pronta a partire. «Questi processi servono a farci smettere. Noi raddoppiamo», dichiara Luca Casarini, capomissione e fondatore di Mediterranea Saving Human ai microfoni di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica.
MIGRANTI: ALLA SEA WATCH 5 ASSEGNATO IL PORTO PIÙ LONTANO. “FAR SOFFRIRE LE PERSONE SEMBRA ESSERE L’UNICO SCOPO DELLE AUTORITÀ ITALIANE”
La nave Sea-Watch 5 ha portato a termine il salvataggio di 190 persone in due distinte operazioni nel Mediterraneo centrale tra l’8 e il 9 maggio 2025. Dopo i soccorsi, l’imbarcazione aveva ricevuto dalle autorità italiane l’assegnazione del porto di Civitavecchia, scalo molto lontano dalle posizioni in cui si sono svolte le operazioni di soccorso in mare, soprattutto se si considerano le condizioni delle persone soccorse, stremate dal viaggio e dai molti giorni passati in mare oltre che dalla permanenza su una nave che, pur attrezzata per il soccorso marittimo, non è pensata per il trasporto prolungato di persone. Per questo attiviste e attivisti hanno chiesto l’assegnazione di un porto sicuro più vicino. In tutta risposta, lo stato italiano ha assegnato un porto ancora più lontano: Marina di Carrara, aggiungendo altri 240 km di navigazione verso nord. “Sembra che l’unico scopo delle autorità italiane sia, oltre a tenerci lontano dai luoghi di soccorso, far soffrire di più le persone, costringerle a ulteriori sofferenze oltre a quelle che hanno già vissuto”. Lo afferma microfoni di Radio Onda d’Urto Luca Faenzi, di Sea-Watch Italia. Ascolta o scarica.