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Una motovedetta donata dall’Italia alle milizie libiche ha aperto il fuoco sulla Sea-Watch 5 impegnata in un’operazione di soccorso
Una motovedetta della cosiddetta Guardia Costiera libica ha sparato contro la nave di soccorso Sea-Watch 5. L’attacco è avvenuto poco dopo che l’equipaggio aveva soccorso 66 persone in pericolo. È la seconda volta in poco tempo che la cosiddetta Guardia Costiera libica spara contro soccorritori civili in mare. Solo un mese fa, milizie libiche hanno aperto il fuoco sulla nave di soccorso Ocean Viking, gestita dall’organizzazione SOS Méditerranée. A sparare è stata la motovedetta libica Corrubia Class 660, ceduta dall’Italia nel 2018. Chiediamo indagini immediate e serie conseguenze da parte dell’Italia e dell’Unione Europea. L’attacco è avvenuto nella notte del 26 settembre, mentre l’equipaggio della Sea-Watch 5 era impegnato nell’operazione di soccorso; la motovedetta libica Corrubia Class 660 aveva già chiesto via radio alla Sea-Watch 5 di virare verso nord. Poiché ciò avrebbe comportato l’interruzione del salvataggio, l’equipaggio non ha ottemperato alle richieste. La milizia si è quindi avvicinata alla nave di soccorso e alla fine ha aperto il fuoco. L’equipaggio e le persone salvate sono rimasti illesi. Anche durante il salvataggio si è verificato un incidente che ha coinvolto presunte milizie libiche: quando l’equipaggio della Sea-Watch ha avviato il salvataggio, ha notato due uomini con il passamontagna, che alla fine hanno rifiutato l’assistenza e si sono allontanati. Si può presumere che si trattasse di milizie affiliate allo Stato libico. Proprio di recente, l’ONG Mediterranea Saving Humans ha dimostrato per la prima volta che dietro questo fenomeno ci sono milizie direttamente collegate allo Stato libico. Dopo gli spari, l’equipaggio della Sea-Watch 5 ha lanciato un segnale di soccorso e informato le autorità tedesche e italiane competenti e la polizia federale. Alle 02:30 UTC, l’aereo Frontex Eagle2 è arrivato sul posto e ha confermato che la motovedetta libica si trovava a 8 miglia nautiche dietro la Sea-Watch 5. Dichiara Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch: “Nel Mediterraneo si stanno raggiungendo livelli di violenza inauditi contro la società civile. Si tratta del secondo episodio in sole poche settimane di attacco nei confronti della flotta civile di soccorso. A due giorni dall’attacco nei confronti della Global Summit Flotilla diretta verso Gaza. Gli attacchi libici sono una diretta conseguenza delle politiche europee. È inaccettabile che il governo italiano e l’Unione Europea lascino che milizie criminali sparino contro i civili utilizzando le ex motovedette della Guardia di Finanza italiana. L’Italia dovrebbe immediatamente interrompere il memorandum con la Libia e revocare gli accordi che stanno fomentando violenza e mettendo in pericolo l’incolumità dei cittadini, come ricordato oggi stesso dal Presidente Mattarella riferendosi alla Global Sumud Flotilla.” Sea Watch
Non ci arrendiamo alla disumanità
Mentre una donna sulla Sea-Watch 5 era in travaglio da ore, con gravi complicazioni che stavano mettendo a rischio la sua vita e quella del bambino, noi chiedevamo all’Italia di evacuarla d’urgenza in ospedale. Ma le autorità italiane preposte al soccorso ci hanno risposto di andare in Tunisia, un Paese non sicuro, minacciando sanzioni. Dopo almeno 4 ore di partita a ping-pong tra Italia, Malta e Tunisia dalla segnalazione dell’emergenza e del pericolo di vita, finalmente è stato inviato un elicottero della Guardia Costiera italiana: un intervento che, se autorizzato prima, poteva risparmiare lunghe ore di tortura imposta alla donna e al suo bambino. Nel frattempo, abbiamo ricevuto una minaccia formale da Roma: portatela in Tunisia, se non fate come vi ordiniamo, verrete puniti. Dopo un rimpallo durato 7 ore dalla prima segnalazione, la donna è arrivata all’ospedale di Trapani in serata dove il suo bambino è potuto finalmente nascere, in sicurezza. La dottrina Meloni-Piantedosi è però racchiusa in quel primo messaggio: anche se noi saremmo attrezzati per salvarli, voi portateli in Tunisia, a costo di uccidere per omissione di soccorso una donna e il suo bambino. Se disobbedite, verrete sanzionati. Il governo ha perso l’ultimo briciolo di umanità. La nostra presenza nel Mediterraneo è importante anche per questo: quella mamma e quel bambino non ce l’avrebbero mai fatta se non li avessimo soccorsi e dato loro aiuto e assistenza medica. A chi ci vuole lontani diciamo: non ci arrendiamo alla disumanità. Adesso siamo in navigazione verso Salerno, dove arriveremo giovedì per sbarcare le 70 persone rimaste a bordo. Sea Watch
La Sea-Watch 5 salva 30 naufraghi e resiste alle minacce di una milizia libica
Oggi con la nostra nave Sea-Watch 5 siamo intervenuti per soccorrere 30 persone in pericolo. Sul posto, una milizia libica ci ha minacciato e intimidito, invano: i naufraghi sono al sicuro, a bordo con noi. In salvo dall’annegamento e dal respingimento nei campi di detenzione in Libia. Ora siamo in viaggio verso il porto di Marina di Carrara, indicatoci dalle autorità. Un luogo di sbarco inutilmente, disumanamente lontano, che raggiungeremo in tre giorni di navigazione. La farsa politica italiana continua. Sea Watch
La Sea-Watch 5 verso Napoli con 70 naufraghi
Da ieri la Sea-Watch 5 sta navigando verso Napoli, il porto lontano assegnatoci dalle autorità italiane. A bordo abbiamo 70 persone stremate tra cui donne e bambini soccorse nella notte tra giovedì e venerdì. Esauste, infreddolite e con ustioni da carburante, vagavano alla deriva nell’oscurità finché non le abbiamo trovate e portate a bordo della nostra nave Sea-Watch 5. Il nostro equipaggio sta facendo del suo meglio per prendersi cura di loro. Tuttavia, le condizioni di salute di una donna erano critiche. È stata evacuata a Malta per motivi di salute. Navigare verso Napoli significa giorni inutili in mare per tutti i sopravvissuti. Queste decisioni politiche vengono prese sulla loro pelle. Sea Watch
La Sea-Watch 5 salva 190 naufraghi
190 persone a bordo della Sea-Watch 5, tra cui diverse donne e bambini. 56 di loro viaggiavano su un barchino in vetroresina, che abbiamo soccorso oggi prima dell’alba. Abbiamo poi avvistato e soccorso una seconda imbarcazione, in legno e a doppio ponte, con a bordo 134 persone. Prevediamo ora di impiegare quasi tre giorni per raggiungere Civitavecchia, il porto assegnatoci dall’Italia, che anche questa volta è molto più lontano del necessario. Altri 960 km che si aggiungono all’estenuante viaggio già vissuto dalle 190 persone che abbiamo a bordo. Sea Watch