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Maltempo, SOS Humanity chiede invano un porto più vicino per lo sbarco delle 85 persone soccorse
Dopo aver soccorso 85 persone in pericolo in mare mercoledì, la nave di ricerca e soccorso Humanity 1 è attualmente costretta a ripararsi nel Golfo di Taranto a causa del maltempo in peggioramento mentre era in rotta verso il lontano porto di Ortona, che era stato assegnato dalle autorità italiane come porto sicuro. Ortona dista più di 1.300 chilometri dal luogo del salvataggio e l’attuale ritardo prolungherà ulteriormente il tempo che i sopravvissuti dovranno trascorrere a bordo, nonostante le loro condizioni fisiche e mentali già compromesse. “Questa lunga traversata è inutile e pericolosa per la salute fisica e mentale delle persone che abbiamo a bordo”, afferma Stefania, responsabile della protezione a bordo. “Abbiamo diversi casi di scabbia, infezioni respiratorie, febbre alta, dolori muscolari, malattie parassitarie e alcuni stanno ricevendo un trattamento antibiotico. I sopravvissuti sono partiti dalla Libia, dove alcuni ci hanno già rivelato di aver subito torture”. “Nonostante SOS Humanity abbia ripetutamente chiesto l’assegnazione di un porto vicino per lo sbarco in sicurezza delle 85 persone che abbiamo soccorso tre giorni fa, il Centro di coordinamento marittimo di Roma (MRCC) continua a rifiutarlo“ afferma Sofia Bifulco, coordinatrice della comunicazione a bordo della Humanity 1. “Il diritto internazionale prescrive in modo inequivocabile che i sopravvissuti in pericolo in mare debbano essere sbarcati senza indugio, e davanti a noi ci sono porti a poche ore di navigazione. Anziché esporre persone vulnerabili alle intemperie e prolungare le loro sofferenze per quasi sette giorni di transito inutile, deve essere loro concesso il diritto di sbarcare il più rapidamente possibile”.   Redazione Italia
Mediterraneo centrale: MSF riprende le attività di ricerca e soccorso con una nuova nave
Medici Senza Frontiere (MSF) annuncia la ripresa delle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, quasi un anno dopo essere stata costretta a interrompere le operazioni con la Geo Barents, l’ultima nave dell’organizzazione medico-umanitaria attiva da maggio 2021 a dicembre 2024. Oggi MSF torna nel Mediterraneo con la nave Oyvon, che in norvegese significa “speranza per l’isola”. L’imbarcazione, in passato una nave ambulanza in Norvegia, è stata completamente ristrutturata e attrezzata per effettuare operazioni di ricerca e soccorso in mare su una delle rotte migratorie più pericolose al mondo. ”Come organizzazione medico-umanitaria, la nostra presenza nel Mediterraneo e l’impegno nel supporto alle persone in movimento sono imprescindibili” dichiara Juan Matias Gil, capomissione di MSF per la ricerca e soccorso in mare. “Riprendiamo le operazioni perché abbiamo il dovere di soccorrere chi si trova in difficoltà in mare. Persone spesso costrette a partire su imbarcazioni insicure dopo aver vissuto in condizioni deplorevoli e disumane e aver subito detenzioni, abusi ed estorsioni in Libia”. Politiche restrittive rendono quasi impossibili le operazioni SAR MSF è stata costretta a sospendere le attività di soccorso della Geo Barents nel dicembre 2024, dopo oltre 2 anni di operazioni ostacolate da leggi e politiche italiane restrittive, in particolare dal Decreto Piantedosi e dall’assegnazione di porti lontani. Queste misure hanno reso impossibile il normale svolgimento delle operazioni per la Geo Barents: nonostante avesse la capacità di ospitare fino a 700 persone a bordo, alla nave venivano regolarmente assegnati porti lontani anche quando aveva a bordo solo 50 sopravvissuti. “La decisione di MSF di impiegare una nave più piccola e veloce è una risposta strategica a leggi e misure sempre più restrittive del governo italiano, che mirano a ostacolare le attività di ricerca e soccorso delle navi umanitarie” continua Gil di MSF. MSF torna nel Mediterraneo centrale anche per diffondere le testimonianze di chi fugge dalla Libia, per raccontare le violente intercettazioni in mare da parte della Guardia Costiera libica e di altri attori coinvolti, così come i respingimenti forzati in Libia, riconosciuti dai tribunali italiani e da altri organismi delle Nazioni Unite come violazioni del diritto internazionale marittimo, dei diritti umani e del diritto d’asilo. Negli ultimi mesi si è registrato un aumento di attacchi violenti in acque internazionali da parte della Guardia Costiera libica e di altri gruppi armati, diretti contro le persone migranti e le navi umanitarie di soccorso. L’equipaggio di MSF a bordo della nave Oyvon prevede la presenza di un medico e un infermiere, pronti a fornire cure mediche in situazioni di emergenza e ad assistere i pazienti in caso di ipotermia, inalazione di carburante, ustioni da benzina e ferite causate da abusi e detenzioni in Libia. MSF nel Mediterraneo Centrale Il Mediterraneo centrale resta una delle rotte migratorie più letali al mondo. Secondo l’IOM, almeno 25.630 uomini, donne e bambini sono morti o dispersi in questo tratto di mare dal 2014, di cui 1.810 solo nel 2024. In media nel 2024 sono morte 5 persone al giorno, rendendo lo scorso anno il più mortale dal 2017, nonostante la diminuzione delle partenze. Dal 2015 MSF è attiva nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. MSF ha lavorato su 9 navi umanitarie (da sola o in partnership con altre organizzazioni) e ha soccorso più di 94.200 persone. Nel gennaio 2023, il Decreto Piantedosi (Decreto Legge 1/2023) ha introdotto in Italia un nuovo quadro normativo, applicabile esclusivamente alle navi civili adibite al soccorso, e una serie di sanzioni in caso di inadempienza, che prevedono da 10 a 20 giorni di fermo in porto fino alla confisca della nave. Dall’entrata in vigore del Decreto Piantedosi, la Geo Barents è stata sanzionata 4 volte, per un totale di 160 giorni di fermo forzato. Inoltre, tra dicembre 2022 e dicembre 2024, le misure ostruzionistiche imposte dal decreto hanno costretto la nave a percorrere 64.966 km in più dei previsti e a trascorrere 163 giorni in più in mare per raggiungere porti lontani nel nord Italia per lo sbarco delle persone sopravvissute, invece di approdare in porti più vicini nel Sud Italia. È fondamentale, avverte MSF, che l’Italia e gli Stati membri dell’Unione Europea garantiscano che gli attori civili impegnati nelle operazioni SAR possano operare liberamente per salvare vite in mare nel pieno rispetto delle leggi internazionali e marittime, ponendo la salvaguardia e la protezione della vita umana al centro delle politiche migratorie. Oyvon Oyvon batte bandiera tedesca. In passato ha operato come nave ambulanza in Norvegia prima di essere acquistata da MSF e adeguata alle attività di ricerca e soccorso. La sua lunghezza totale è di 20 metri, ha 2 ponti per accogliere le persone soccorse ed è dotata di 1 gommone veloce (rhib), che verrà utilizzato durante le operazioni di soccorso. Il team a bordo è composto da 10 persone, tutti operatori di MSF. Oyvon, in norvegese, significa “speranza per l’isola”.   Medecins sans Frontieres
Colpiti ma non fermi: la Ocean Viking si prepara a tornare in mare
Dall’attacco subito il 24 agosto da parte della Guardia Costiera Libica, la Ocean Viking è ancora ferma in porto per le riparazioni necessarie a garantire che la nave torni in mare in piena sicurezza e funzionalità. Da oltre due mesi la nostra squadra lavora senza sosta per tornare a salvare vite, ma l’obiettivo di ripristinare le condizioni ottimali per il ritorno in mare non è ancora stato raggiunto. A settembre abbiamo promosso un crowfunding e ci sono buone notizie. I due RHIB – i nostri gommoni veloci di salvataggio danneggiati durante l’attacco sono stati riparati e sono tornati a bordo della nave. Sono stati anche riparati i “Centifloats” forati dai proiettili: tubi galleggianti usati come paraurti e barriere per proteggere gli scafi, stabilizzare le manovre e creare corridoi d’imbarco sicuri. Le nuove finestre su misura per la plancia di comando, che andranno a sostituire quelle distrutte a colpi di mitra, arriveranno la prossima settimana. I vari componenti del team sono impegnati nei lavori di riparazione, in attesa di poter tornare a fare quello per cui hanno rischiato la vita: salvare persone in difficoltà e portarle in un posto dove possano sentirsi al sicuro. Nel frattempo, nel Mediterraneo centrale continua la strage silenziosa: nei giorni scorsi in diversi naufragi hanno perso la vita 3 bambini e una donna incinta, tra gli altri. “L’unica cosa che ha fatto il governo in questi mesi – spiega Valeria Taurino, direttrice generale di SOS MEDITERRANEE Italia – è stata rimanere immobile: immobile di fronte all’attacco ingiustificato e ingiustificabile che abbiamo subito e immobile di fronte al rinnovo automatico del Memorandum Italia Libia, che dal prossimo 2 novembre non sarà più modificabile. Abbiamo appaltato la gestione dell’immigrazione a uno Stato non sicuro, dove vengono sistematicamente violati i diritti umani e il diritto internazionale, solo per interessi politici e sulla pelle di uomini, donne e bambini innocenti: come associazione umanitaria non possiamo accettare questo epilogo, per questo riteniamo urgente tornare in mare a ribadire con forza che il diritto marittimo internazionale non è un’opzione trascurabile, ma dovrebbe essere alla base di ogni scelta compiuta in mare. Nonostante tutto quello che ci è capitato, torneremo presto dove c’è più bisogno di noi“. Redazione Italia
Il Tribunale di Trapani ci dà ragione: sospesa la detenzione di Mediterranea
Il Ministro dell’Interno Piantedosi aveva voluto costruire una pesante speculazione politica sul nostro caso, ma questa volta il diritto è più forte della propaganda. Il Tribunale di Trapani si è pronunciato in merito al ricorso presentato dal Comandante e dall’Armatore della nave MEDITERRANEA contro le pesanti sanzioni – 60 giorni di fermo amministrativo e 10mila euro di multa – comminate dal Ministero dell’Interno dopo la scelta dello scorso 23 agosto di rifiutare il lontano porto di Genova e fare invece rotta su quello di Trapani, per poter sbarcare le 10 persone soccorse al largo della Libia nel drammatico caso del 21 agosto. L’esito dell’udienza è clamoroso: la giudice Federica Emanuela Lipari ha accolto il ricorso cautelare e ha deciso la sospensione della detenzione della nave. Il Tribunale di Trapani, in attesa di pronunciarsi sul merito complessivo della vicenda, intanto “censura l’illegittimità del provvedimento [del Ministero dell’Interno] sotto il profilo della quantificazione della sanzione.” E – dando ragione alle argomentazioni presentate dalle nostre avvocate Cristina Laura Cecchini e Lucia Gennari – insiste sul fatto che il Viminale ha ignorato tutte le richieste “sempre motivate in ragione delle circostanze concrete” con cui dalla nave chiedevamo una “riassegnazione del porto sicuro di sbarco. Ma ancora più chiaro è il pronunciamento sulla legittimità delle nostre scelte: MEDITERRANEA ha fatto rotta su Trapani “a tutela delle persone tratte in salvo” … “tenuto conto delle loro condizioni di vulnerabilità e di fragilità, sia sul piano fisico che psicologico.” In sostanza la “trasgressione delle indicazioni delle autorità” è mossa da “esclusivo spirito solidaristico, a tutela dei soggetti fragili che si trovavano a bordo dell’imbarcazione” e quindi finalizzata “a salvaguardare gli obiettivi di tutela della vita e della salute in mare” di cui gli Stati dovrebbero essere portatori sulla base delle diritto internazionale che regola la materia. Infine il Tribunale afferma che la nave deve essere liberata al più presto perché altrimenti si pregiudicano gli “obiettivi umanitari e solidaristici”, ritenuti “particolarmente meritevoli di tutela poiché finalizzati alla salvaguardia della vita umana”, perseguiti da MEDITERRANEA. Il Ministro dell’Interno Piantedosi aveva voluto costruire una pesante speculazione politica sul nostro caso, voleva una punizione esemplare per colpire la nostra nave, il soccorso civile e la solidarietà in mare, rivendicando apertamente un atteggiamento gravemente lesivo dei diritti fondamentali delle persone salvate. Ma questa volta il diritto è più forte della propaganda governativa e di ordini e provvedimenti ingiusti e illegittimi. La vita e la salute delle persone vengono per prime e l’imposizione di un “porto lontano” si rivela per quello che è: una inutile e illegale crudeltà, oggi sconfitta. MEDITERRANEA tornerà presto in missione in mare, a fare invece quello che è giusto fare: soccorrere.   Mediterranea Saving Humans
41 naufraghi bloccati senza soccorsi su un mercantile in acque internazionali
Da due giorni 41 persone si trovano sul mercantile Maridive in acque internazionali. Il nostro aereo Seabird, tornato in volo dopo venti giorni di fermo amministrativo, è sulla scena, ma la nave non risponde alla radio. Miskar ci ha comunicato che il cibo sta finendo. Che cosa aspettano Italia e Malta a mandare una nave di soccorso e dare un porto sicuro? Sea Watch
Gli occhi di Frontex sul Mediterraneo centrale
1. Da anni le attività di tracciamento di Frontex e la sua collaborazione con la sedicente Guardia costiera “libica” sono oggetto di aspre critiche anche all’interno delle istituzioni europee, ma nel frattempo questa collaborazione nelle intercettazioni continua, e l’agenzia, che opera anche da basi italiane e maltesi, viene continuamente rinforzata. Anche se dal 2013 sono note le conseguenze dei respingimenti collettivi illegali verso la Libia operati su delega delle autorità italiane ed europee, come denunciato da AMNESTY International. Un punto di svolta decisivo è stato costituito dal Memorandum d’Intesa tra Italia e governo di Tripoli, firmato da Gentiloni nel febbraio 2017, nell’ambito del quale si sono implementate e sviluppate le attività di sorveglianza aerea di Frontex in collegamento con le autorità italiane, che hanno fornito motovedette ed addestramento, e con la sedicente Guardia costiera “libica”. Fino al 2020 anzi una centrale di coordinamento libico operava di fatto con il concorso essenziale degli assetti navali italiani dell’operazione NAURAS, nel porto militare di Abu Sittah a Tripoli. Anche il governo maltese ha ricevuto il supporto di assetti aerei Frontex ubicati nell’aeroporto di Luqa. La missione Themis di Frontex, fortemente voluta da Minniti nel 2017, proseguiva poi con Salvini, veniva rinnovata anche con il secondo governo Conte e con il governo Draghi e risulta tuttora operativa. Secondo un report pubblicato da IRPIMEDIA, nel corso del 2024, “le risorse di Frontex hanno effettuato oltre 10.800 ore di volo, di cui oltre 6.200 relative a operazioni con base a Malta e in Italia. La sorveglianza aerea di Frontex ha rilevato un totale di oltre 33.000 migranti, di cui oltre 30.000 in mare”. La stessa fonte riporta un articolo del sito Ares Osservatorio Difesa con riferimento «al comando operazioni aeronavali di Pratica di Mare», ai nuovi droni V-Bat in dotazione al corpo, e «al reparto di manovra aerea di Catania del gruppo aeronavale di Messina e al reparto di manovra aerea di Grottaglie del gruppo di Taranto». Notizie che confermano la stretta collaborazione tra gli assetti Frontex e la Guardia di finanza nelle attività di contrasto dell’immigrazione, che si definisce “illegale”, sulle rotte dalla Libia e dalla Tunisia. Secondo quanto si legge nel rapporto, “Alla fine del 2024, la sorveglianza aerea di Frontex sul Mediteraneo era assicurata da dieci velivoli”…, “tra cui diversi Eagles e Sparrows lanciati da Lamezia e Lampedusa”. 2. La suddivisione dei compiti tra Frontex e le autorità nazionali di controllo appare chiara. L’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne opera in stretto collegamento con le unità di coordinamento nazionali, facenti capo al ministero dell’interno, ed è impegnata in prima linea nella scoperta e nel tracciamento con droni e aerei delle imbarcazioni in navigazione nel Mediterraneo centrale, anche in collegamento con le centrali di coordinamento nei paesi di partenza e di transito, come la Libia e la Tunisia. Mentre spetta alle autorità nazionali “ospitanti” la classificazione come evento migratorio “illegale” o evento di ricerca e soccorso (SAR), l’avvio immediato, in quest’ultimo caso, delle attività di salvataggio, anche con il coinvolgimento di unità civili, e l’assegnazione del porto di sbarco (POS) in un luogo sicuro, con l’avvio delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Una ricerca assai ben documentata, del gruppo LIMINAL dell’Università di Bologna pubblicata da Altreconomia a ottobre dello scorso anno, ha confermato il coinvolgimento dell’agenzia Frontex nei respingimenti collettivi in mare delegati ai libici ed ai tunisini, peraltro già rilevato nel 2022 da una precedente ricerca di Human rights watch (Hrw) dal titolo “Airborne complicity”. Nel frattempo l’accesso ai dati delle operazioni di tracciamento in mare delle imbarcazioni salpate dalla Libia e dalla Tunisia veniva sottoposto a crescenti limitazioni, in quanto la loro diffusione avrebbe potuto compromettere il buon esito delle attività di contrasto dell’immigrazione “illegale”. 3. Già nel febbraio del 2024 il direttore di Frontex Hans Leijtens ammetteva che in almeno in 2.200 casi, tra il 2020 e il 2023, la posizione delle imbarcazioni era stata inviata alla Guardia costiera libica. Come si continua a verificare ancora oggi, in misura presumibilmente ancora maggiore, se si leggono bene le dichiarazioni dei rappresentanti di governo che continuano ad individuare nella collaborazione con le diverse entità libiche la principale ragione del successo di quello che viene definito impropriamente come “blocco delle partenze”. Anche se in molti casi questo termine, smentito dai fatti, si traduce nella intercettazione in acque internazionali e nella riconduzione violenta di persone vulnerabili nei centri di detenzione variamente ubicati e gestiti in territorio libico. Intercettazioni altrettanto violente, secondo la stessa dinamica del sistema internazionale di contrasto dell’immigrazione “illegale” si sono verificate sulla rotta tunisina, e sono aumentate dopo la stipula nel 2023 del Memorandum UE-Tunisia. Le partenze non si sono mai fermate, in realtà, ma il numero delle vittime, in termini percentuali, è aumentato. La ricerca del gruppo LIMINAL ha dimostrato come “Frontex nasconde i pullback” classificando le numerose operazioni di intercettazione in mare come “prevenzione delle partenze”. Un dato che rende del tutto inattendibili i numeri sul “blocco delle partenze” forniti dal ministero dell’interno anche quest’anno, in occasione della tradizionale conferenza di Ferragosto. Un Rapporto di Statewatch dello scorso anno confermava la stretta collaborazione di Frontex nelle operazioni di respingimento collettivo (pushback) delegate alla sedicente Guardia costiera libica, chiamata ad intervenire dopo ogni avvistamento di imbarcazioni cariche di migranti in navigazione verso le coste italiane. Un attività di polizia internazionale che appare in contrasto con il Regolamento europeo n.656/2014, che antepone la salvaguardia dei diritti umani e l’esigenza di garantire lo sbarco in un porto sicuro (POS- Place of Safety) alle attività di contrasto dell’immigrazione “illegale”, in collaborazione con autorità che non garantiscono neppure il diritto alla vita e praticano sistematicamente trattamenti inumani e degradanti e detenzioni arbitrarie. 4. Piuttosto che subire condanne, malgrado denunce ben circostanziate, Frontex continua a ricevere un forte supporto politico ed economico dalla Commissione e dal Consiglio, ed è passata all’attacco di tutti coloro che ne hanno denunciato l’operato, chiedendo addirittura risarcimenti economici, dopo che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, non riconoscendo alcuna responsabilità per i respingimenti collettivi illegali su delega operati su segnalazioni diffuse dall’agenzia, ha offerto una ennesima copertura alle operazioni svolte dall’Agenzia nel Mediterraneo, in collaborazione, oltre che con le autorità italiane, con le autorità libiche e tunisine. Anche la Corte Penale internazionale che sta indagando sui crimini contro l’umanità commessi in Libia ai danni delle persone migranti non ha ancora adottato provvedimenti che comportino l’interruzione delle attività di tracciamento in acque internazionali dei barconi carichi di migranti, non ai fini del soccorso, ma della collaborazione con libici e tunisini “per bloccare le partenze”. Nel 2025, secondo l’OIM Libia, più di 14.000 persone sono state intercettate e respinte forzatamente in Libia (aggiornamento del 5 agosto 2025). Nel 2024 erano 21.762. Questo numero è stato inferiore nel 2023, quando 17.190 persone sono state intercettate in mare e respinte in Libia. In questo contesto sono state bloccate con un provvedimento di fermo amministrativo adottato dall’ENAC, le attività di monitoraggio aereo dei mezzi del soccorso civile, che in passato avevano contribuito a salvare migliaia di vite, e si stanno rafforzando i sistemi di cooperazione con i libici delle diverse fazioni e con la Tunisia per un ulteriore” blocco delle partenze”. Un “blocco” che si realizza anche cancellando le tracce delle imbarcazioni segnalate ai libici ed ai tunisini, o perdute nelle acque del Mediterraneo centrale. Malgrado questo monitoraggio sempre più assiduo, e malgrado i “successi” nel blocco delle partenze, le imbarcazioni cariche di migranti continuano ad affondare, senza che nessuno le veda, magari proprio quando sono al limite delle nostre acque territoriali, in zona SAR italiana. In questi casi ci sono i corpi delle vittime, e la disperazione dei parenti, ma in pochi giorni anche questo dolore, ormai insopportabile per pochi, viene rimosso. E gli occhi di Frontex continuano a vigilare “a difesa dei nostri confini” e della nostra “sicurezza”. 5. Ormai uomini, donne, bambini che annegano sulla rotta libico-tunisina non fanno più notizia, anche perchè non devono intaccare la propaganda governativa secondo cui, con il calo degli “sbarchi”, sarebbero diminuite le vittime . Nel 2024 il rischio di perdere la vita sulla rotta è stato pari a 1 caso ogni 40 arrivi (era stato di 1 ogni 63 nel 2023) Mentre l’opinione pubblica dominante, con i suoi macabri commenti anche di fronte a questa ultima tragedia in mare, sembra dare ragione all’azione di governo, rimane documentato e prova incancellabile di responsabilità, che il tempo non potrà cancellare, anche se verrà apposto il segreto militare e se verranno intimiditi gli ultimi giornalisti indipendenti, il coinvolgimento costante di Frontex nelle attività di sorveglianza aerea nel Mediterraneo centrale. Attività che risultano in stretto collegamento con gli apparati militari e di sicurezza dei paesi ospitanti, e che comportano un intenso flusso di dati verso paesi che non garantiscono i diritti umani. Fino a quando le persone non finiscono in acqua, e se non raggiungono il limite delle acque territoriali, per Frontex e per le autorità italiane si tratta soltanto di eventi di immigrazione illegale, da monitorare a distanza, senza intervenire immediatamente. Anche se mancheranno, o verranno occultate, le prove per un accertamento di responsabilità in sede penale o davanti agli organi della giustizia internazionale, sono queste le ragioni profonde delle stragi che si continuano a ripetere sulle rotte dalla Libia e dalla Tunisia. Nessuno, davvero nessuno, potrà dire “io non sapevo”. Fulvio Vassallo Paleologo
Altri due soccorsi in mare. Salgono a 146 i naufraghi a bordo della Life Support
Tra la notte del 6 agosto e la mattina del 7 agosto, la nave Search and Rescue (SAR) di EMERGENCY, Life Support, ha effettuato due operazioni di salvataggio, portando in salvo rispettivamente 47 e 69 persone. Un paziente è stato evacuato con l’elicottero della Guardia Costiera a causa delle sue condizioni mediche. Al momento, a bordo della Life Support ci sono 146 persone. Nel pomeriggio del 6 agosto, mentre la Life Support attendeva l’assegnazione del POS da parte delle autorità, ha ricevuto un mayday relay dall’aereo Frontex Sparrow 2 sul canale 16 della radio VHF. La nave di EMERGENCY ha quindi informato le autorità della disponibilità a effettuare il soccorso, chiedendo di ritardare l’arrivo al POS assegnato di Savona. Mentre la Life Support si stava dirigendo verso l’ultima posizione nota, ha ricevuto un’informazione da parte di un mercantile che aveva avvistato una barca in pericolo, che poteva corrispondere a quella segnalata da Sparrow 2: la nave di EMERGENCY si è diretta verso la posizione aggiornata, pianificando una traiettoria di incontro per iniziare un search pattern. Dopo alcune ore di ricerca, alle 21:45, nelle acque internazionali della zona tra la Sar libica e tunisina dal ponte di comando la Life Support ha avvistato un’imbarcazione in pericolo, corrispondente a quella segnalata. Si trattava di un gommone bianco sovraffollato di persone senza giubbotti salvagente. Sono stati lanciati i mezzi di soccorso, che hanno trasferito 47 naufraghi, di cui 3 minori. Il soccorso è terminato alle 22:50 circa. Durante la navigazione verso il POS assegnato in acque internazionali, nell’area di sovrapposizione tra le zone SAR di Malta e Tunisia, a 24 miglia dalle acque italiane, alle 09:00 del 7 agosto, dal ponte di comando è stata avvistata un’imbarcazione che si avvicinava a grande velocità.  “Quando l’imbarcazione si trovava a circa 200 metri dalla nostra nave abbiamo visto che si trattava di una barca sovraffollata, con persone che chiedevano aiuto – spiega Jonathan Naní La Terra, Capomissione della Life Support.  Due persone alla guida dell’imbarcazione avevano il volto coperto. La nostra mediatrice culturale ha intimato in varie lingue alla barca di fermarsi, ma il guidatore ha ignorato le indicazioni e ha approcciato in modo pericoloso il fianco sinistro della Life Support, incitando i passeggeri a saltare sulla nostra nave. Le persone hanno cominciato a saltare per aggrapparsi alla nostra nave, mentre molte di loro cadevano in acqua”. Il team della Life Support ha subito lanciato salvagenti e dispositivi di galleggiamento di massa dal ponte di comando e calato il gommone di salvataggio, mentre i conducenti dell’imbarcazione si allontanavano con alcuni naufraghi a bordo. La squadra di soccorritori ha recuperato le persone cadute in acqua, inclusa una persona priva di conoscenza, che è stata immediatamente presa in carico dal nostro team medico e che è stata evacuata con un elicottero della Guardia Costiera alle 10:50 del 7 agosto. Al momento, la Life Support si sta dirigendo verso il POS assegnato di Savona. “Le persone soccorse hanno subito diversi traumi fisici a causa della manovra effettuata dalla loro imbarcazione – dichiara Marzia Gentile, Medical Team Leader a bordo. Il viaggio fino a Savona non farà altro che aumentare le sofferenze che già hanno vissuto prima e durante la traversata in mare.” Al momento, a bordo ci sono 146 naufraghi, di cui 20 minori non accompagnati, e 4 donne adulte, di cui una incinta.  L’arrivo è previsto per il 10 agosto. La Life Support – con un equipaggio composto da 29 persone tra cui marittimi, medici, infermieri, mediatori e soccorritori – sta compiendo la sua 35/a missione nel Mediterraneo centrale. Da dicembre 2022 a oggi, ha soccorso un totale di 3.001 persone.   Emergency
Sbarco a Ravenna per i 37 naufraghi salvati dalla Ocean Viking
“Ieri i 37 naufraghi salvati dalla Ocean Viking sono sbarcati a Ravenna. Sul molo sono stati accolti calorosamente da un gruppo di persone con cartelli di benvenuto.” Lo annuncia su X la Ong del soccorso in mare SOS Mediterranee Italia. “83 giorni sono stati persi durante il transito solo nel 2025. 83 giorni che avremmo potuto trascorrere nel Mediterraneo centrale compiendo il nostro dovere. I giorni di transito in mare per i sopravvissuti ritardano l’accesso alle cure di cui hanno bisogno sulla terraferma” conclude la Ong in un post di denuncia.   Redazione Italia
La Life Support soccorre 31 persone nelle acque internazionali della zona SAR libica
La Life Support, la nave Search and Rescue (Sar) di EMERGENCY, alle 9.15 di mercoledì 6 agosto ha concluso il soccorso di un’imbarcazione in difficoltà nelle acque internazionali della zona SAR libica, portando in salvo 31 persone, tra cui cinque donne di cui una incinta e undici minori non accompagnati. Il mezzo in pericolo, un piccolo gommone grigio inadatto ad affrontare la traversata del Mediterraneo, è stato avvistato direttamente dal ponte di comando della Life Support. “Quando i nostri mezzi di soccorso hanno approcciato il gommone in pericolo abbiamo visto che nessuna delle persone a bordo indossava giubbotti salvagente. La barca era sovraffollata e c’era un forte odore di benzina – dichiara Jonathan Nanì La Terra, capomissione della Life Support – Abbiamo quindi stabilizzato le persone distribuendo giubbotti salvagente per poi trasferire i naufraghi sui nostri mezzi di soccorso e successivamente sulla Life Support. Al momento il nostro team si sta prendendo cura di loro a bordo.” Le 31 persone soccorse riferiscono di essere partite da Sabratha, in Libia, alle 23 di ieri sera. Provengono da Burkina Faso, Camerun, Gambia, Ghana, Guinea, Costa d’Avorio, Mali, Nigeria, Senegal e Somalia. “In questo momento stiamo visitando le persone che richiedono assistenza. Le condizioni sono in generale buone, anche se molte di loro stanno soffrendo a causa del mal di mare – dichiara Marzia Gentile, Medical Team Leader a bordo -. Tra di loro inoltre c’è una donna incinta.” Dopo aver completato il soccorso e aver informato le autorità competenti alla Life Support di EMERGENCY è stato assegnato il Pos di Savona a circa 675 miglia nautiche di distanza dal luogo del soccorso. EMERGENCY ribadisce che costringere i naufraghi ad ulteriori giorni di navigazione prima di poter sbarcare in un porto sicuro significa aumentarne le sofferenze, posticipare il loro accesso alla rete dei servizi sociosanitari e la loro richiesta di asilo. Tutte le persone soccorse in mare, in quanto naufraghe e considerate le loro difficili esperienze pregresse, sono vulnerabili e per questo dovrebbero essere sbarcate in luogo sicuro nel minor tempo possibile. La Life Support con un equipaggio composto da 29 persone tra cui marittimi, medici, infermieri, mediatori e soccorritori, sta compiendo la sua 35/a missione nel Mediterraneo centrale, operando in questa regione dal dicembre 2022. Durante questo periodo, la nave ha soccorso un totale di 2.885 persone.     Emergency
Naufragio di Cutro, le Ong del soccorso in mare parte civile al processo
EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, soddisfatte per il rinvio a giudizio. Le Ong chiedono che le autorità responsabili, a tutti i livelli, siano chiamate a rispondere della deliberata negligenza nelle operazioni di soccorso. Sollecitano infine il pieno rispetto del diritto internazionale nel Mediterraneo. Una tappa importante nel lungo percorso per ottenere verità e giustizia sui mancati soccorsi al caicco Summer Love, naufragato a Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023 causando almeno 94 morti e un numero imprecisato di dispersi. Così EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, che si sono costituite parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, salutano il rinvio a giudizio dei sei imputati deciso dal giudice ieri sera a conclusione dell’udienza preliminare. Considerata la grave serie di negligenze e sottovalutazioni con cui sono state attivate e portate avanti, ma di fatto mai realizzate, le operazioni di soccorso, ai quattro militari della Guardia di Finanza e ai due della Guardia Costiera che andranno a processo la Procura della Repubblica di Crotone contesta i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Le Ong costituitesi parte civile chiedono che sia chiarita la sequenza di eventi e omissioni che hanno portato a uno dei più tragici naufragi della storia italiana. Proprio il processo potrebbe essere l’occasione giusta per fare luce su tutti i passaggi critici, sulle responsabilità dei sei imputati e, auspicabilmente, anche su quelle dei funzionari e delle autorità di livello più alto. “I tempi sono fondamentali per la buona riuscita delle operazioni di soccorso; per questo i ritardi nell’attivare interventi di salvataggio non sono un incidente, ma una negligenza, che non può restare impunita” commentano le Ong. In questo caso specifico le autorità italiane hanno ignorato il loro dovere di soccorso e l’omissione ha avuto conseguenze drammatiche. “Non è accettabile e non si deve più consentire che i responsabili di questo come di altri naufragi restino impuniti mentre le persone continuano ad annegare” dicono ancora le Ong. “Il diritto internazionale, la tutela della vita e il dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare devono essere rispettati sempre, anche nel Mediterraneo”. EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE chiedono inoltre di porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle persone in movimento e di ripristinare efficaci operazioni di ricerca e soccorso in mare, auspicabilmente anche con una missione europea dedicata.       Redazione Italia