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41 naufraghi bloccati senza soccorsi su un mercantile in acque internazionali
Da due giorni 41 persone si trovano sul mercantile Maridive in acque internazionali. Il nostro aereo Seabird, tornato in volo dopo venti giorni di fermo amministrativo, è sulla scena, ma la nave non risponde alla radio. Miskar ci ha comunicato che il cibo sta finendo. Che cosa aspettano Italia e Malta a mandare una nave di soccorso e dare un porto sicuro? Sea Watch
Gli occhi di Frontex sul Mediterraneo centrale
1. Da anni le attività di tracciamento di Frontex e la sua collaborazione con la sedicente Guardia costiera “libica” sono oggetto di aspre critiche anche all’interno delle istituzioni europee, ma nel frattempo questa collaborazione nelle intercettazioni continua, e l’agenzia, che opera anche da basi italiane e maltesi, viene continuamente rinforzata. Anche se dal 2013 sono note le conseguenze dei respingimenti collettivi illegali verso la Libia operati su delega delle autorità italiane ed europee, come denunciato da AMNESTY International. Un punto di svolta decisivo è stato costituito dal Memorandum d’Intesa tra Italia e governo di Tripoli, firmato da Gentiloni nel febbraio 2017, nell’ambito del quale si sono implementate e sviluppate le attività di sorveglianza aerea di Frontex in collegamento con le autorità italiane, che hanno fornito motovedette ed addestramento, e con la sedicente Guardia costiera “libica”. Fino al 2020 anzi una centrale di coordinamento libico operava di fatto con il concorso essenziale degli assetti navali italiani dell’operazione NAURAS, nel porto militare di Abu Sittah a Tripoli. Anche il governo maltese ha ricevuto il supporto di assetti aerei Frontex ubicati nell’aeroporto di Luqa. La missione Themis di Frontex, fortemente voluta da Minniti nel 2017, proseguiva poi con Salvini, veniva rinnovata anche con il secondo governo Conte e con il governo Draghi e risulta tuttora operativa. Secondo un report pubblicato da IRPIMEDIA, nel corso del 2024, “le risorse di Frontex hanno effettuato oltre 10.800 ore di volo, di cui oltre 6.200 relative a operazioni con base a Malta e in Italia. La sorveglianza aerea di Frontex ha rilevato un totale di oltre 33.000 migranti, di cui oltre 30.000 in mare”. La stessa fonte riporta un articolo del sito Ares Osservatorio Difesa con riferimento «al comando operazioni aeronavali di Pratica di Mare», ai nuovi droni V-Bat in dotazione al corpo, e «al reparto di manovra aerea di Catania del gruppo aeronavale di Messina e al reparto di manovra aerea di Grottaglie del gruppo di Taranto». Notizie che confermano la stretta collaborazione tra gli assetti Frontex e la Guardia di finanza nelle attività di contrasto dell’immigrazione, che si definisce “illegale”, sulle rotte dalla Libia e dalla Tunisia. Secondo quanto si legge nel rapporto, “Alla fine del 2024, la sorveglianza aerea di Frontex sul Mediteraneo era assicurata da dieci velivoli”…, “tra cui diversi Eagles e Sparrows lanciati da Lamezia e Lampedusa”. 2. La suddivisione dei compiti tra Frontex e le autorità nazionali di controllo appare chiara. L’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne opera in stretto collegamento con le unità di coordinamento nazionali, facenti capo al ministero dell’interno, ed è impegnata in prima linea nella scoperta e nel tracciamento con droni e aerei delle imbarcazioni in navigazione nel Mediterraneo centrale, anche in collegamento con le centrali di coordinamento nei paesi di partenza e di transito, come la Libia e la Tunisia. Mentre spetta alle autorità nazionali “ospitanti” la classificazione come evento migratorio “illegale” o evento di ricerca e soccorso (SAR), l’avvio immediato, in quest’ultimo caso, delle attività di salvataggio, anche con il coinvolgimento di unità civili, e l’assegnazione del porto di sbarco (POS) in un luogo sicuro, con l’avvio delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Una ricerca assai ben documentata, del gruppo LIMINAL dell’Università di Bologna pubblicata da Altreconomia a ottobre dello scorso anno, ha confermato il coinvolgimento dell’agenzia Frontex nei respingimenti collettivi in mare delegati ai libici ed ai tunisini, peraltro già rilevato nel 2022 da una precedente ricerca di Human rights watch (Hrw) dal titolo “Airborne complicity”. Nel frattempo l’accesso ai dati delle operazioni di tracciamento in mare delle imbarcazioni salpate dalla Libia e dalla Tunisia veniva sottoposto a crescenti limitazioni, in quanto la loro diffusione avrebbe potuto compromettere il buon esito delle attività di contrasto dell’immigrazione “illegale”. 3. Già nel febbraio del 2024 il direttore di Frontex Hans Leijtens ammetteva che in almeno in 2.200 casi, tra il 2020 e il 2023, la posizione delle imbarcazioni era stata inviata alla Guardia costiera libica. Come si continua a verificare ancora oggi, in misura presumibilmente ancora maggiore, se si leggono bene le dichiarazioni dei rappresentanti di governo che continuano ad individuare nella collaborazione con le diverse entità libiche la principale ragione del successo di quello che viene definito impropriamente come “blocco delle partenze”. Anche se in molti casi questo termine, smentito dai fatti, si traduce nella intercettazione in acque internazionali e nella riconduzione violenta di persone vulnerabili nei centri di detenzione variamente ubicati e gestiti in territorio libico. Intercettazioni altrettanto violente, secondo la stessa dinamica del sistema internazionale di contrasto dell’immigrazione “illegale” si sono verificate sulla rotta tunisina, e sono aumentate dopo la stipula nel 2023 del Memorandum UE-Tunisia. Le partenze non si sono mai fermate, in realtà, ma il numero delle vittime, in termini percentuali, è aumentato. La ricerca del gruppo LIMINAL ha dimostrato come “Frontex nasconde i pullback” classificando le numerose operazioni di intercettazione in mare come “prevenzione delle partenze”. Un dato che rende del tutto inattendibili i numeri sul “blocco delle partenze” forniti dal ministero dell’interno anche quest’anno, in occasione della tradizionale conferenza di Ferragosto. Un Rapporto di Statewatch dello scorso anno confermava la stretta collaborazione di Frontex nelle operazioni di respingimento collettivo (pushback) delegate alla sedicente Guardia costiera libica, chiamata ad intervenire dopo ogni avvistamento di imbarcazioni cariche di migranti in navigazione verso le coste italiane. Un attività di polizia internazionale che appare in contrasto con il Regolamento europeo n.656/2014, che antepone la salvaguardia dei diritti umani e l’esigenza di garantire lo sbarco in un porto sicuro (POS- Place of Safety) alle attività di contrasto dell’immigrazione “illegale”, in collaborazione con autorità che non garantiscono neppure il diritto alla vita e praticano sistematicamente trattamenti inumani e degradanti e detenzioni arbitrarie. 4. Piuttosto che subire condanne, malgrado denunce ben circostanziate, Frontex continua a ricevere un forte supporto politico ed economico dalla Commissione e dal Consiglio, ed è passata all’attacco di tutti coloro che ne hanno denunciato l’operato, chiedendo addirittura risarcimenti economici, dopo che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, non riconoscendo alcuna responsabilità per i respingimenti collettivi illegali su delega operati su segnalazioni diffuse dall’agenzia, ha offerto una ennesima copertura alle operazioni svolte dall’Agenzia nel Mediterraneo, in collaborazione, oltre che con le autorità italiane, con le autorità libiche e tunisine. Anche la Corte Penale internazionale che sta indagando sui crimini contro l’umanità commessi in Libia ai danni delle persone migranti non ha ancora adottato provvedimenti che comportino l’interruzione delle attività di tracciamento in acque internazionali dei barconi carichi di migranti, non ai fini del soccorso, ma della collaborazione con libici e tunisini “per bloccare le partenze”. Nel 2025, secondo l’OIM Libia, più di 14.000 persone sono state intercettate e respinte forzatamente in Libia (aggiornamento del 5 agosto 2025). Nel 2024 erano 21.762. Questo numero è stato inferiore nel 2023, quando 17.190 persone sono state intercettate in mare e respinte in Libia. In questo contesto sono state bloccate con un provvedimento di fermo amministrativo adottato dall’ENAC, le attività di monitoraggio aereo dei mezzi del soccorso civile, che in passato avevano contribuito a salvare migliaia di vite, e si stanno rafforzando i sistemi di cooperazione con i libici delle diverse fazioni e con la Tunisia per un ulteriore” blocco delle partenze”. Un “blocco” che si realizza anche cancellando le tracce delle imbarcazioni segnalate ai libici ed ai tunisini, o perdute nelle acque del Mediterraneo centrale. Malgrado questo monitoraggio sempre più assiduo, e malgrado i “successi” nel blocco delle partenze, le imbarcazioni cariche di migranti continuano ad affondare, senza che nessuno le veda, magari proprio quando sono al limite delle nostre acque territoriali, in zona SAR italiana. In questi casi ci sono i corpi delle vittime, e la disperazione dei parenti, ma in pochi giorni anche questo dolore, ormai insopportabile per pochi, viene rimosso. E gli occhi di Frontex continuano a vigilare “a difesa dei nostri confini” e della nostra “sicurezza”. 5. Ormai uomini, donne, bambini che annegano sulla rotta libico-tunisina non fanno più notizia, anche perchè non devono intaccare la propaganda governativa secondo cui, con il calo degli “sbarchi”, sarebbero diminuite le vittime . Nel 2024 il rischio di perdere la vita sulla rotta è stato pari a 1 caso ogni 40 arrivi (era stato di 1 ogni 63 nel 2023) Mentre l’opinione pubblica dominante, con i suoi macabri commenti anche di fronte a questa ultima tragedia in mare, sembra dare ragione all’azione di governo, rimane documentato e prova incancellabile di responsabilità, che il tempo non potrà cancellare, anche se verrà apposto il segreto militare e se verranno intimiditi gli ultimi giornalisti indipendenti, il coinvolgimento costante di Frontex nelle attività di sorveglianza aerea nel Mediterraneo centrale. Attività che risultano in stretto collegamento con gli apparati militari e di sicurezza dei paesi ospitanti, e che comportano un intenso flusso di dati verso paesi che non garantiscono i diritti umani. Fino a quando le persone non finiscono in acqua, e se non raggiungono il limite delle acque territoriali, per Frontex e per le autorità italiane si tratta soltanto di eventi di immigrazione illegale, da monitorare a distanza, senza intervenire immediatamente. Anche se mancheranno, o verranno occultate, le prove per un accertamento di responsabilità in sede penale o davanti agli organi della giustizia internazionale, sono queste le ragioni profonde delle stragi che si continuano a ripetere sulle rotte dalla Libia e dalla Tunisia. Nessuno, davvero nessuno, potrà dire “io non sapevo”. Fulvio Vassallo Paleologo
Altri due soccorsi in mare. Salgono a 146 i naufraghi a bordo della Life Support
Tra la notte del 6 agosto e la mattina del 7 agosto, la nave Search and Rescue (SAR) di EMERGENCY, Life Support, ha effettuato due operazioni di salvataggio, portando in salvo rispettivamente 47 e 69 persone. Un paziente è stato evacuato con l’elicottero della Guardia Costiera a causa delle sue condizioni mediche. Al momento, a bordo della Life Support ci sono 146 persone. Nel pomeriggio del 6 agosto, mentre la Life Support attendeva l’assegnazione del POS da parte delle autorità, ha ricevuto un mayday relay dall’aereo Frontex Sparrow 2 sul canale 16 della radio VHF. La nave di EMERGENCY ha quindi informato le autorità della disponibilità a effettuare il soccorso, chiedendo di ritardare l’arrivo al POS assegnato di Savona. Mentre la Life Support si stava dirigendo verso l’ultima posizione nota, ha ricevuto un’informazione da parte di un mercantile che aveva avvistato una barca in pericolo, che poteva corrispondere a quella segnalata da Sparrow 2: la nave di EMERGENCY si è diretta verso la posizione aggiornata, pianificando una traiettoria di incontro per iniziare un search pattern. Dopo alcune ore di ricerca, alle 21:45, nelle acque internazionali della zona tra la Sar libica e tunisina dal ponte di comando la Life Support ha avvistato un’imbarcazione in pericolo, corrispondente a quella segnalata. Si trattava di un gommone bianco sovraffollato di persone senza giubbotti salvagente. Sono stati lanciati i mezzi di soccorso, che hanno trasferito 47 naufraghi, di cui 3 minori. Il soccorso è terminato alle 22:50 circa. Durante la navigazione verso il POS assegnato in acque internazionali, nell’area di sovrapposizione tra le zone SAR di Malta e Tunisia, a 24 miglia dalle acque italiane, alle 09:00 del 7 agosto, dal ponte di comando è stata avvistata un’imbarcazione che si avvicinava a grande velocità.  “Quando l’imbarcazione si trovava a circa 200 metri dalla nostra nave abbiamo visto che si trattava di una barca sovraffollata, con persone che chiedevano aiuto – spiega Jonathan Naní La Terra, Capomissione della Life Support.  Due persone alla guida dell’imbarcazione avevano il volto coperto. La nostra mediatrice culturale ha intimato in varie lingue alla barca di fermarsi, ma il guidatore ha ignorato le indicazioni e ha approcciato in modo pericoloso il fianco sinistro della Life Support, incitando i passeggeri a saltare sulla nostra nave. Le persone hanno cominciato a saltare per aggrapparsi alla nostra nave, mentre molte di loro cadevano in acqua”. Il team della Life Support ha subito lanciato salvagenti e dispositivi di galleggiamento di massa dal ponte di comando e calato il gommone di salvataggio, mentre i conducenti dell’imbarcazione si allontanavano con alcuni naufraghi a bordo. La squadra di soccorritori ha recuperato le persone cadute in acqua, inclusa una persona priva di conoscenza, che è stata immediatamente presa in carico dal nostro team medico e che è stata evacuata con un elicottero della Guardia Costiera alle 10:50 del 7 agosto. Al momento, la Life Support si sta dirigendo verso il POS assegnato di Savona. “Le persone soccorse hanno subito diversi traumi fisici a causa della manovra effettuata dalla loro imbarcazione – dichiara Marzia Gentile, Medical Team Leader a bordo. Il viaggio fino a Savona non farà altro che aumentare le sofferenze che già hanno vissuto prima e durante la traversata in mare.” Al momento, a bordo ci sono 146 naufraghi, di cui 20 minori non accompagnati, e 4 donne adulte, di cui una incinta.  L’arrivo è previsto per il 10 agosto. La Life Support – con un equipaggio composto da 29 persone tra cui marittimi, medici, infermieri, mediatori e soccorritori – sta compiendo la sua 35/a missione nel Mediterraneo centrale. Da dicembre 2022 a oggi, ha soccorso un totale di 3.001 persone.   Emergency
Sbarco a Ravenna per i 37 naufraghi salvati dalla Ocean Viking
“Ieri i 37 naufraghi salvati dalla Ocean Viking sono sbarcati a Ravenna. Sul molo sono stati accolti calorosamente da un gruppo di persone con cartelli di benvenuto.” Lo annuncia su X la Ong del soccorso in mare SOS Mediterranee Italia. “83 giorni sono stati persi durante il transito solo nel 2025. 83 giorni che avremmo potuto trascorrere nel Mediterraneo centrale compiendo il nostro dovere. I giorni di transito in mare per i sopravvissuti ritardano l’accesso alle cure di cui hanno bisogno sulla terraferma” conclude la Ong in un post di denuncia.   Redazione Italia
La Life Support soccorre 31 persone nelle acque internazionali della zona SAR libica
La Life Support, la nave Search and Rescue (Sar) di EMERGENCY, alle 9.15 di mercoledì 6 agosto ha concluso il soccorso di un’imbarcazione in difficoltà nelle acque internazionali della zona SAR libica, portando in salvo 31 persone, tra cui cinque donne di cui una incinta e undici minori non accompagnati. Il mezzo in pericolo, un piccolo gommone grigio inadatto ad affrontare la traversata del Mediterraneo, è stato avvistato direttamente dal ponte di comando della Life Support. “Quando i nostri mezzi di soccorso hanno approcciato il gommone in pericolo abbiamo visto che nessuna delle persone a bordo indossava giubbotti salvagente. La barca era sovraffollata e c’era un forte odore di benzina – dichiara Jonathan Nanì La Terra, capomissione della Life Support – Abbiamo quindi stabilizzato le persone distribuendo giubbotti salvagente per poi trasferire i naufraghi sui nostri mezzi di soccorso e successivamente sulla Life Support. Al momento il nostro team si sta prendendo cura di loro a bordo.” Le 31 persone soccorse riferiscono di essere partite da Sabratha, in Libia, alle 23 di ieri sera. Provengono da Burkina Faso, Camerun, Gambia, Ghana, Guinea, Costa d’Avorio, Mali, Nigeria, Senegal e Somalia. “In questo momento stiamo visitando le persone che richiedono assistenza. Le condizioni sono in generale buone, anche se molte di loro stanno soffrendo a causa del mal di mare – dichiara Marzia Gentile, Medical Team Leader a bordo -. Tra di loro inoltre c’è una donna incinta.” Dopo aver completato il soccorso e aver informato le autorità competenti alla Life Support di EMERGENCY è stato assegnato il Pos di Savona a circa 675 miglia nautiche di distanza dal luogo del soccorso. EMERGENCY ribadisce che costringere i naufraghi ad ulteriori giorni di navigazione prima di poter sbarcare in un porto sicuro significa aumentarne le sofferenze, posticipare il loro accesso alla rete dei servizi sociosanitari e la loro richiesta di asilo. Tutte le persone soccorse in mare, in quanto naufraghe e considerate le loro difficili esperienze pregresse, sono vulnerabili e per questo dovrebbero essere sbarcate in luogo sicuro nel minor tempo possibile. La Life Support con un equipaggio composto da 29 persone tra cui marittimi, medici, infermieri, mediatori e soccorritori, sta compiendo la sua 35/a missione nel Mediterraneo centrale, operando in questa regione dal dicembre 2022. Durante questo periodo, la nave ha soccorso un totale di 2.885 persone.     Emergency
Naufragio di Cutro, le Ong del soccorso in mare parte civile al processo
EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, soddisfatte per il rinvio a giudizio. Le Ong chiedono che le autorità responsabili, a tutti i livelli, siano chiamate a rispondere della deliberata negligenza nelle operazioni di soccorso. Sollecitano infine il pieno rispetto del diritto internazionale nel Mediterraneo. Una tappa importante nel lungo percorso per ottenere verità e giustizia sui mancati soccorsi al caicco Summer Love, naufragato a Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023 causando almeno 94 morti e un numero imprecisato di dispersi. Così EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, che si sono costituite parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, salutano il rinvio a giudizio dei sei imputati deciso dal giudice ieri sera a conclusione dell’udienza preliminare. Considerata la grave serie di negligenze e sottovalutazioni con cui sono state attivate e portate avanti, ma di fatto mai realizzate, le operazioni di soccorso, ai quattro militari della Guardia di Finanza e ai due della Guardia Costiera che andranno a processo la Procura della Repubblica di Crotone contesta i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Le Ong costituitesi parte civile chiedono che sia chiarita la sequenza di eventi e omissioni che hanno portato a uno dei più tragici naufragi della storia italiana. Proprio il processo potrebbe essere l’occasione giusta per fare luce su tutti i passaggi critici, sulle responsabilità dei sei imputati e, auspicabilmente, anche su quelle dei funzionari e delle autorità di livello più alto. “I tempi sono fondamentali per la buona riuscita delle operazioni di soccorso; per questo i ritardi nell’attivare interventi di salvataggio non sono un incidente, ma una negligenza, che non può restare impunita” commentano le Ong. In questo caso specifico le autorità italiane hanno ignorato il loro dovere di soccorso e l’omissione ha avuto conseguenze drammatiche. “Non è accettabile e non si deve più consentire che i responsabili di questo come di altri naufragi restino impuniti mentre le persone continuano ad annegare” dicono ancora le Ong. “Il diritto internazionale, la tutela della vita e il dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare devono essere rispettati sempre, anche nel Mediterraneo”. EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE chiedono inoltre di porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle persone in movimento e di ripristinare efficaci operazioni di ricerca e soccorso in mare, auspicabilmente anche con una missione europea dedicata.       Redazione Italia
Mostra “Non è Stato il mare – 10 anni di Sea-Watch”
Dal 4 al 28 settembre 2025, presso la Sala Messina della Fabbrica del Vapore a Milano, si terrà una mostra dedicata ai 10 anni di attività della ONG Sea-Watch nel Mediterraneo centrale. Attraverso un percorso che mette in relazione immagini, suoni, oggetti, ospiti e dibattiti faremo il punto su quello che è il Mediterraneo centrale, le politiche migratorie europee, la criminalizzazione della società civile, gli ostacoli posti all’azione umanitaria in mare. Racconteremo una storia di impegno, solidarietà e resilienza. Di vite salvate e di vite perdute sulla frontiera più letale del mondo. Non una celebrazione, ma un invito all’azione rivolto a tutti coloro che rifiutano l’idea di un’Europa fortificata, che ogni giorno viola i diritti umani nelle acque che la circondano. Non è Stato il mare – 10 anni di Sea-Watch è una mostra a cura di Elisa Medde, prodotta da OTM Company e Sea-Watch con il patrocinio del Comune di Milano. A breve maggiori informazioni!   Sea Watch
Ostacolare le navi di ricerca e soccorso causa centinaia di morti in mare
32 organizzazioni chiedono l’immediata cessazione dell’ostruzionismo sistematico contro le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) delle ONG da parte dello Stato italiano. Soltanto nell’ultimo mese, le navi delle ONG sono state fermate tre volte a causa di accuse basate sul Decreto Piantedosi. Una di esse, la nave di monitoraggio “Nadir” gestita da RESQSHIP, è stata fermata due volte di seguito. Dal 2023, 29 navi di ONG sono state sequestrate nonostante vari tribunali italiani abbiano riconosciuto l‘illeggitimità della detenzione delle navi delle ONG. Tenere deliberatamente lontane le organizzazioni non governative di ricerca e soccorso dal Mediterraneo centrale causa innumerevoli morti in mare lungo una delle rotte migratorie più letali al mondo.  Le organizzazioni criticano il fatto che allontanare deliberatamente le organizzazioni non governative di ricerca e soccorso dal Mediterraneo centrale causi innumerevoli morti in mare su una delle rotte migratorie più letali al mondo. Nonostante i numerosi appelli lanciati dalle organizzazioni SAR, le imbarcazioni delle ONG continuano ad essere arbitrariamente detenute a causa del Decreto Piantedosi approvato nel gennaio 2023 e inasprito dalla conversione in legge del Decreto Flussi nel dicembre 2024. Nell’ultimo mese, “Nadir” e “Sea-Eye 5” – due delle imbarcazioni più piccole, rispettivamente gestite da RESQSHIP e Sea-Eye – sono state detenute con l’accusa di non aver rispettato le istruzioni delle autorità. Ad entrambi gli equipaggi sono stati assegnati porti distanti per sbarcare i sopravvissuti e sono stati invitati a procedere con trasbordi selettivi dei naufraghi sulla base di criteri di vulnerabilità, nonostante il fatto che un’adeguata valutazione delle vulnerabilità richieda un ambiente sicuro e non possa essere condotta a bordo di una imbarcazione subito dopo un salvataggio. “L’introduzione di ostacoli legali e amministrativi ha un obiettivo evidente: tenere le navi SAR lontane dalle aree operative, limitando drasticamente la loro presenza attiva in mare”, critica Janna Sauerteig, esperta politica di SOS Humanity. “Senza la presenza delle risorse e degli aerei delle ONG, più persone annegheranno durante la fuga attraverso il Mediterraneo centrale e le violazioni dei diritti umani, così come i naufragi, avverranno nell’indifferenza generale.” Da febbraio 2023, le imbarcazioni delle ONG sono state oggetto di 29 fermi amministrativi, per un totale di 700 giorni trascorsi in porto invece di salvare vite umane in mare. Le stesse navi hanno trascorso altri 822 giorni in mare per raggiungere porti assegnati a distanze ingiustificabili, per un totale di 330.000 chilometri di navigazione. Misure che inizialmente riguardavano solo le navi SAR delle organizzazioni non governative sono ora estese anche alle imbarcazioni più piccole con un ruolo di monitoraggio. Le ONG sono inoltre costrette a spendere una gran quantità di tempo e risorse per contestare la restrittiva legislazione italiana e i fermi amministrativi arbitrariamente imposti. Negli ultimi mesi, alcuni tribunali italiani – a Catanzaro, Reggio Calabria, Crotone, Vibo Valentia e Ancona – hanno riconosciuto attraverso le loro sentenze l’illegittimità dei fermi amministrativi nei confronti delle imbarcazioni di soccorso delle ONG, annullando di conseguenza le relative sanzioni. Nell’ottobre 2024, il Tribunale di Brindisi ha richiesto alla Corte costituzionale italiana di valutare la compatibilità del Decreto Piantedosi, convertito in legge nel febbraio 2023, con la Costituzione. L’8 luglio 2025 la Corte ha ribadito che il diritto marittimo internazionale non può essere aggirato da norme punitive e discriminatorie e che qualsiasi decisione contraria ad esso deve essere pertanto considerata illegale e illegittima. La mancata assistenza è reato In base al diritto marittimo internazionale, ogni comandante ha l’obbligo di prestare soccorso a persone che si trovino in situazione di pericolo in mare. Allo stesso modo, ogni Stato che gestisce un Centro di coordinamento del soccorso (RCC) è tenuto per legge a facilitare e avviare senza ritardo le operazioni di salvataggio. Quello a cui oggi assistiamo non è tanto un fallimento dello Stato, ma una serie di violazioni deliberate: l’occultamento di informazioni su casi di soccorso, il coordinamento con la cosiddetta Guardia Costiera libica per eseguire respingimenti illegali anche in acque maltesi, e le omissioni da parte di Frontex mentre osserva naufragi e intercettazioni violenti senza intervenire. “Queste pratiche costituiscono una chiara violazione della Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS), della Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) e del principio di “non refoulement”. Quando gli Stati ostacolano le operazioni di salvataggio invece di facilitarle, non stanno applicando la legge, la stanno violando. “Ciò di cui abbiamo bisogno è un programma europeo di ricerca e soccorso, nonché vie legali e sicure per raggiungere l’Europa”, chiede Janna Sauerteig. Le organizzazioni chiedono l’immediata abrogazione dei decreti “Piantedosi” e “Flussi” e il rilascio della nave di monitoraggio  Nadir. Inoltre, chiedono che gli Stati membri dell’UE soddisfino il loro dovere di soccorrere le persone in mare e rispettino il diritto internazionale. Firmatari:  * Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI) * borderline-europe, Human rights without borders e.V. * Captain Support Network * Cilip | Bürgerrechte & Polizei * CompassCollective * CONVENZIONE DEI DIRITTI NEL MEDITERRANEO * EMERGENCY * European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) * Gruppo Melitea * iuventa-crew * LasciateCIEntrare * Maldusa project * Médecins Sans Frontières * MEDITERRANEA Saving Humans * MEM.MED Memoria Mediterranea * migration-control.info project * MV Louise Michel project * Open Arms * RESQSHIP * r42 Sail And Rescue * Refugees in Libya * Salvamento Marítimo Humanitario (SMH) * SARAH-Seenotrettung * Sea-Eye * Sea Punks e.V * Sea-Watch * SOS Humanity * SOS MEDITERRANEE * Statewatch * Tunisian Forum for Social and Economic Rights FTDES * United4Rescue * Watch the Med Alarm Phone Redazione Italia
SOS Humanity condanna la fine dei finanziamenti alle ONG di ricerca e soccorso da parte del governo federale tedesco
Il direttore generale di SOS Humanity, Till Rummenhohl, commenta l’interruzione del sostegno finanziario per la ricerca e il salvataggio civile da parte del Ministero degli Esteri tedesco e il riutilizzo da parte dei media di una falsa affermazione fatta dal Ministro degli Esteri Johann Wadephul nel 2023, in cui accusa le organizzazioni non governative di ricerca e salvataggio di permettere alle “bande di contrabbandieri di fare i loro affari”: “È allarmante e pericoloso quando le false affermazioni di politici tedeschi di primo piano, come l’attuale Ministro degli Esteri Johann Wadephul, diffamano senza fondamento il lavoro di salvataggio delle organizzazioni della società civile. È stato più volte dimostrato scientificamente che non c’è alcun legame tra i movimenti dei rifugiati e la presenza di navi di soccorso nel Mediterraneo. Le persone scappano attraverso il Mediterraneo centrale perché non hanno alternative per sfuggire alla guerra, alla violenza, alla discriminazione, alla mancanza di prospettive e ai cambiamenti climatici nei loro Paesi d’origine, nonché alle violazioni dei diritti umani e alle torture in Libia o in Tunisia. Il cosiddetto “fattore di attrazione” è un mito. L’affermazione di Johann Wadephul del 2023, secondo cui le organizzazioni di soccorso permettono alle “bande di trafficanti di fare i loro affari”, è fondamentalmente sbagliata. Forniamo aiuti umanitari di emergenza in base al diritto internazionale e salviamo vite umane laddove gli Stati europei non riescono ad agire. Lo sfruttamento e la violenza sono piuttosto la conseguenza della mancanza di percorsi migratori legali e sicuri verso l’Europa. Tali affermazioni diffamano – contro ogni evidenza – gli aiuti umanitari e la società civile, che da dieci anni è impegnata nella ricerca e nel salvataggio e nei diritti umani in mare. Soprattutto ora, in tempi di continuo rafforzamento dell’estremismo di destra in Europa e in Germania, abbiamo bisogno di una politica migratoria basata sui fatti e di una retorica da parte di tutti i partiti democratici che non sia basata su narrazioni di estrema destra e non promuova travisamenti ed emotività”. Informazioni sull’interruzione del sostegno finanziario da parte del Ministero degli Esteri federale  “Come SOS Humanity, non siamo sorpresi, ma indignati per il fatto che questo già modesto sostegno di 2 milioni di euro all’anno per le organizzazioni di ricerca e soccorso sia stato prematuramente cancellato dal nuovo governo federale tedesco”, afferma Till Rummenhohl, direttore generale di SOS Humanity. “In questo modo, il governo tedesco ignora una decisione del Parlamento federale tedesco del 2022,  concordata per quattro anni fino al 2026. Questo si inserisce nella tendenza europea di lasciare alla società civile il compito di salvare vite in mare e di proteggere i diritti dei rifugiati nel Mediterraneo centrale. Da dieci anni a questa parte, le organizzazioni non governative hanno colmato il vuoto di salvataggio lasciato dagli Stati europei. Più di 175.000 vite sono state salvate grazie agli impressionanti sforzi della società civile europea, con 21 ONG di soccorso che operano nel Mediterraneo centrale, 10 delle quali provengono dalla Germania. Tuttavia, nello stesso periodo, più di 21.700 vite sono state perse su questa rotta migratoria mortale. Siamo testimoni del fatto che le persone in movimento vengono continuamente lasciate morire. L’UE ha finanziato le sue politiche a porte chiuse spendendo 242 milioni di euro in dieci anni per le cosiddette Guardie Costiere libiche e tunisine e per i Centri di Coordinamento dei soccorsi, che sistematicamente conducono respingimenti illegali e commettono violazioni dei diritti umani. È assurdo che si spendano così tanti soldi per sigillare l’Europa, mentre i fondi per il salvataggio degli esseri umani sono apparentemente ancora troppo pochi. Ora servono un programma europeo di ricerca e salvataggio e percorsi migratori sicuri e legali per le persone in cerca di protezione”. Redazione Italia
Sbarco a Savona per i 73 naufraghi soccorsi dalla Ocean Viking
“Dopo tre giorni di navigazione, abbiamo raggiunto Savona per sbarcare 73 naufraghi. Siamo stati accolti con calore da tante persone giunte al porto. Un naufrago ha sussurrato: “لا مزيد من الناس السيئين” (“Niente più persone cattive”). Gli auguriamo che sia così” riferisce su X la Ong SOS Mediterranee. Redazione Italia