Meno verde per tutti!
Biella, la piccola città del Piemonte che conta poco più di quaranta mila
abitanti (40.000) e il Biellese, il territorio che circonda la città, che invece
ne ha poco meno di centosettanta mila (170.000) è pronta per accogliere
quattrocento mila (400.000) alpini che il 9/10/11 maggio si riverseranno nella
città e in tutto il territorio circostante. La cittadina laniera piemontese è
infatti la sede dell’Adunata Nazionale degli Alpini.
Stavolta partiamo dalla foto. E’ del 2002 e mostra Gustavo Buratti, “Tavo
Burat”, abbracciato a un ippocastano in Viale Matteotti a Biella. La pianta era
appena stato salvata dal taglio grazie ai gruppi ambientalisti presenti allora
in città con un presidio permanente e arrampicate sull’albero.
A guidarli fu proprio il Tavo.
Chi era costui?
Gustavo Buratti Zanchi, nato nel 1932 a Stezzano in provincia di Bergamo, ci ha
lasciati nel 2009 a Biella. E’ stato insegnante, politico, poeta, difensore
delle lingue e delle minoranze etniche, religiose e culturali, nonché
ambientalista. Una figura tuttora di riferimento per il Biellese, non a caso a
lui è dedicato il sodalizio che ho l’onore di presiedere, il Circolo Tavo Burat
federato a Pro Natura.
Non l’ho conosciuto. Per capire chi era e cosa pensava sto leggendo i suoi
scritti, che vanno dagli articoli di Biellese Proletario, ai testi sulle eresie
medievali, alle poesie.
Mi hanno anche raccontato del suo rapporto con Pier Paolo Pasolini. Li si può
assimilare per le posizioni contrarie alla deriva della società dei consumi e
anche per le capacità profetiche.
Entrambi volevano fortemente preservare le culture pre industriali e contadine.
Si può pensare che sia solo anti modernismo, ma non è così. Alla luce del
disastro ecologico e dei cambiamenti climatici, non ancora così eclatanti negli
anni in cui Pasolini denunciava “la scomparsa delle lucciole”, le invettive del
poeta e regista risultano essere delle precise profezie. E così fu anche per le
parole e gli scritti del Tavo sulla importanza dell’alterità della cultura
alpina al fine di preservare gli equilibri ecologici.
Sono aspetti di primaria importanza, se vogliamo lasciare delle risorse per le
prossime generazioni.
Anche il taglio di un albero di città risulta così un caso su cui prestare la
massima attenzione.
E il 3 aprile è stato abbattuto l’ippocastano che Gustavo Buratti abbracciò nel
2002.
In questo caso era anche un simbolo, ma il taglio di un albero è un fatto
importante a prescindere.
Meno simbolico, ma altrettanto importante, è stata la contemporanea eliminazione
degli arbusti presenti nello spartitraffico del corridoio ovest della città.
Proprio là dove sarà il centro dell’evento Adunata Alpini 2025, lì in via
Lamarmora dove sfilerà la parata militare.
Anche il taglio degli arbusti è un danno per la riduzione della biodiversità
urbana, sono infatti una importantissima fonte di cibo e rifugio per numerose
specie animali anche in ambito urbano. I cespugli proteggono anche
dall’irraggiamento il suolo, riducendo le difficoltà per gli alberi in caso di
siccità. Quello però che preoccupa di più è l’uso che è stato fatto degli
escavatori per sradicarli. A parte le emissioni prodotte, che sarebbero tutte da
calcolare, sono state certamente intaccate e danneggiate le radici degli alberi
presenti nella stessa area tra i due sensi di marcia di Viale Lamarmora.
Nel caso dell’ippocastano di Viale Matteotti ci sono elementi che potrebbero
averne giustificato il taglio. Certo il Comune avrebbe potuto evitare il blitz,
magari anche avvisare la cittadinanza e addirittura convocare le associazioni
ambientaliste, ma sarebbe troppo chiederlo.
Vigileremo però sulla ripiantumazione e sulla posa di un cippo che ne racconti
la storia.
Nel caso, invece, degli arbusti di via Lamarmora l’unico motivo per il taglio è
la prossima Adunata degli Alpini.
Ci saranno certamente ragioni legate alla visibilità e alla sicurezza, ma
serpeggia il dubbio se saranno ripiantumati anche loro; anche perché organi di
stampa locali riportano che, al posto degli arbusti, potrebbe rimanere
permanentemente l’installazione luminosa con la bandiera italiana.
Posso capire il patriottismo, almeno finché non sfocia nell’interventismo
bellico, ma così si promuove lo spreco energetico invece del risparmio e della
biodiversità urbana.
Eppure basterebbe attenersi agli standard europei per la gestione del verde
urbano. E se lasciassimo perdere il riarmo che ci chiede l’Europa -e soprattutto
gli “alleati” USA- potremmo anche trovare dei soldi per coprire le spese di
ripristino.
O arriveranno dagli Alpini?
Ettore Macchieraldo