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Ci rimangono pratiche di vita non addomesticabili
Siamo tutti allenatori dopo la partita persa. Ma una cosa non possiamo fare: far finta di non vedere i gol subiti. Il risultato finale non è modificabile. Da quello, non ti schiodi, e il mondo non si è fermato, nemmeno durante quei novanta minuti nei quali “tutto poteva cambiare”. Non è l’apocalisse, perché innanzitutto nell’apocalisse ci eravamo già prima. Le immagini di Los Angeles con i Marines, mentre noi discutevamo del quorum, sono provvidenziali. La radicalità dello scontro in atto non viene meno, nonostante si abbia ancora la sensazione di poter utilizzare una matita per prendere decisioni collettive che incidono sulla nostra vita, di milioni di persone. Il referendum e i suoi esiti potranno servire ad analisi di vario tipo. Tutte giuste, tutte insufficienti ancora. Una cosa però salta agli occhi: il risultato sul quesito della cittadinanza. Se si fosse raggiunto il quorum, avrebbe vinto il NO. E nel mentre scorrono ancora le immagini di Los Angeles. Le battaglie di minoranza, sono spesso quelle più utili, perché proiettate in avanti. Dentro quel NO, espresso trasversalmente da destra a sinistra, da dentro le fabbriche e dagli uffici del centro, dalle periferie fino ai Parioli, c’è Los Angeles. Siamo pronti alla guerra civile? Siamo pronti a quelle bandiere del Messico, dell’Argentina, del Perù, che sventolano nel cuore delle città santuario attaccate dalla guardia nazionale? Per capire che niente sarà meno che radicale in questo scorcio di tempo, bisogna forse rendersi conto anche della radicale “autonomia” dell’impatto, per niente comodo per noi che lo abbiamo visto arrivare da tempo. Che effetto fa l’intervista della dottoressa di Gaza, con l’unico figlio superstite dopo lo sterminio della sua famiglia, trasmessa ieri al tg1? Fuori solo gli occhi, le mani guantate per poter accarezzare un figlio maschio. Siamo pronti dunque? Dalla nostra rimangono le pratiche di vita, unico approccio sensato ad una radicalità non addomesticabile con le matite e X sulle schede. Se ci crediamo davvero che l’unico modo per affrontare la guerra civile imposta dall’alto, è praticare il suo sabotaggio attraverso atti concreti, dal soccorso in mare alla protezione dei fuggiaschi che rischiano di finire in un lager, dalla costruzione di una accoglienza non autorizzata, alla sperimentazione concreta della convivenza in nuove alleanze sociali, allora facciamolo. Continuiamo a farlo, meglio e di più. Sentendoci minoranza come siamo, ma non per questo minoritari e passivi. Le maggioranze passive saranno quelle che la guerra civile la subiranno in maniera tremenda, da spazzarli via. Redazione Italia
L’ 8 e 9 giugno votiamo sì per l’unità di lavoratori e lavoratrici
Riceviamo e volentieri diffondiamo Da anni il sindacalismo di base conflittuale denuncia la connivenza delle maggiori confederazioni sindacali, CGIL-CISL-UIL, con le scelte politiche sul lavoro dei governi di centrodestra e di centrosinistra, accolte supinamente senza alcuna reazione (se non di facciata) rispetto a controriforme che hanno pesantemente inciso su lavoratori e lavoratrici (diritti, occupazione, precarizzazione, esternalizzazioni di servizi/produzioni, pensioni). Come COBAS abbiamo sempre denunciato la concertazione come strumento che, riducendo il conflitto sindacale, esponeva lavoratori e lavoratrici ai ricatti padronali impedendo reale mobilitazione e opposizione; abbiamo criticato duramente soprattutto la CGIL per non essersi opposta ai “governi amici” di centrosinistra contro l’attacco allo Statuto dei Lavoratori attraverso la Legge 300/70 (che ridimensiona l’articolo 18 e consente ai padroni di licenziare impunemente), l’introduzione di contratti iper-precari e il progressivo indebolimento dei contratti nazionali, lo smantellamento delle tutele con il Jobs Act, il ricorso alle pensioni integrative con appositi fondi gestiti dalle OO.SS. di categoria appoggiandosi a fondi finanziari. La campagna referendaria della CGIL propone l’abolizione di alcuni dei peggiori aspetti legislativi del nuovo regime sul lavoro, ed è suscitata da una marcata opposizione al governo Meloni, sfruttata anche da Schlein che tenta di trascinarsi dietro un PD diviso, trincerandosi dietro la CGIL per non assumersi la responsabilità politica di un’iniziativa propria come forza parlamentare. Inoltre, il voto referendario sulle questioni del lavoro è sempre un’arma a doppio taglio: sono chiamati a votare milioni di cittadini/e che non sono dipendenti – stabili o precari – di aziende private, ma lavorano nella Pubblica Amministrazione, sono autonomi a partite IVA, oppure hanno interessi differenti e contrastanti con i diritti di lavoratori e lavoratrici, o semplicemente ritengono di non essere coinvolti perché disoccupati o al nero. Infine, dobbiamo continuare la lotta contro gli insopportabili “omicidi” sul lavoro, il codice degli appalti, il DL “Sicurezza” che criminalizzerà le lotte sociali e sindacali. Al netto di queste precisazioni, come Confederazione COBAS sosteniamo i 5 referendum (4 sul lavoro e uno sulla cittadinanza) invitando al voto che si terrà l’8 e il 9 giugno, per perseguire l’interesse dei lavoratori e delle lavoratrici e l’unità della lotta quando gli obiettivi siano chiari.   N.RO QUESITO TEMA SPIEGAZIONE VOTO 1° QUESITO NO A LICENZIAMENTI INGIUSTI (ARTICOLO 18) Per ripristinare le norme eliminate dal Jobs Act e permettere il reintegro di lavoratori e lavoratrici licenziati/e ingiustamente SÌ 2° QUESITO TUTELE PER LAVORATORI/TRICI NELLE PICCOLE IMPRESE Per ripristinare l’indennizzo adeguato a lavoratori/trici di piccole  imprese  in  caso  di licenziamento ingiusto SÌ 3° QUESITO CONTRO IL PRECARIATO Per reintrodurre l’obbligo di reali motivi per il ricorso a contratti a tempo determinato SÌ 4° QUESITO SICUREZZA SUL LAVORO Per ripristinare la responsabilità in solido delle ditte appaltanti in caso di infortunio sul lavoro SÌ 5° QUESITO CITTADINANZA ITALIANA PER LAVORATORI E LAVORATRICI MIGRANTI Per ridurre da 10 a 5 anni di residenza per richiedere la cittadinanza italiana SÌ   CONFEDERAZIONE COBAS  Redazione Italia
Diritti di lavoratori e lavoratrici referendum 8-9 giugno 2025
Giovedì 8 maggio alle ore 18.00 presso la Casa del Popolo “Antonio Gramsci”, via Ponziana 14 (Trieste) -1° piano, il Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea organizza l’incontro “Dalla nascita del 1° Maggio ai referendum della CGIL”. Partecipano Stefano Borini (segretario generale SPI CGIL – Trieste), Nicola Dal Magro (segretario generale NIDiL CGIL – Trieste) e Daniele Dovenna (della segreteria provinciale di Rifondazione Comunista). Presiede e modera l’incontro Erika Innendhorfer (direttivo FIOM-Trieste). Durante l’incontro verrà ripercorsa la storia dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in Italia, per poi riflettere intorno ai referendum relativi al lavoro previsti l’8 e il 9 giugno 2025, su cui grava uno scandaloso silenzio da parte di governo e principali media. Rifondazione Comunista - Sinistra Europea