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“Voci senza confini, oltre il silenzio”: una serata di canto e solidarietà per le donne afghane
Oltre sessanta donne, affiancate da alcuni uomini, hanno dato vita alla serata “Voci senza confini, oltre il silenzio”, un evento dedicato alle donne afghane private dei loro diritti fondamentali e della possibilità stessa di far sentire la propria voce. Un’iniziativa corale che ha voluto trasformare il canto in testimonianza, denuncia e vicinanza. Negli ultimi anni, l’Afghanistan è tornato sotto il controllo dei talebani, riportando le donne a un regime di privazioni estreme: niente scuola, niente lavoro, libertà di movimento ridotta al minimo. Sono stati bruciati libri scritti da donne e perfino il semplice atto di sussurrare è stato proibito. Diritti conquistati con fatica durante la presenza internazionale sono stati cancellati nel giro di pochi mesi. Dopo un breve periodo di attenzione mediatica, il mondo ha voltato lo sguardo altrove. Ma non tutti hanno dimenticato. A Padova, i cori Cantimigranti, Cantamilmondo e Voci Ribelli hanno scelto di non restare in silenzio e hanno organizzato una serata corale per mantenere viva l’attenzione sulla condizione delle donne afghane. All’iniziativa è stata invitata anche UDIK, che ha aderito con convinzione, pur non avendo esperienza nel canto, riconoscendo nella solidarietà e nella sorellanza i valori fondanti della propria attività. Il 28 novembre a Padova Il coro di UDIK ha presentato due brani in lingua kurda, accompagnati dalla chitarra di Rachele, e una versione di “Bella Ciao” cantata prima in kurdo e poi in italiano con altri tre cori. L’atmosfera, intensa e partecipata, ha trasformato la sala in uno spazio di condivisione e resistenza simbolica. Durante la serata sono stati raccolti fondi per CISDA, l’associazione che da anni sostiene i progetti delle donne afghane. Era presente anche la rappresentante Beatrice Biliato. Importanti le testimonianze di Firoza Wahedy e Khadija Balooch, due attiviste arrivate in Italia tramite corridoi umanitari dopo l’ultima offensiva talebana. Khadija, appartenente alla popolazione baluci, comunità divisa tra Iran, Pakistan e Afghanistan e vittima storica di discriminazioni e repressioni, ha ricordato come la lotta per i diritti delle donne sia un fronte aperto in tutta la regione. Il messaggio della serata è stato chiaro: far sentire la propria voce per chi non può farlo più e ribadire che la comunità internazionale, le associazioni e le cittadine e i cittadini non devono distaccarsi dalla realtà afghana. Un modo per dire: “Siamo voi. Siamo con voi.” Gulala salih, presidente Udik Unione Donne Italiane e Kurde (UDIK)
Memoria, voce e resistenza: le donne afghane nella Biblioteca sociale “La Casa di Francesca”
Napoli-Barra, 24 novembre 2025 – In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne La memoria non è solo ricordo: è voce che resiste al silenzio, è ponte tra vite lontane, è responsabilità. A Barra, periferia orientale di Napoli, questa voce si è trasformata in un incontro pubblico, in un’esperienza condivisa e in un ascolto reciproco. Non in un’aula istituzionale, ma in una biblioteca sociale nata per custodire storie e restituire dignità: La Casa di Francesca. Uno spazio speciale, perché nato dal dolore trasformato in impegno civile. Lo hanno fondato due insegnanti in pensione, Mariarosaria Izzo e Matteo Speraddio, per dare continuità all’idea della figlia Francesca, scomparsa dieci anni fa. Francesca immaginava una biblioteca come luogo capace di accogliere, di ascoltare, di mettere in relazione. Non come servizio, ma come presenza. Oggi quello spazio è realtà: libero, aperto, abitato da bambini, studenti, famiglie, migranti, cittadini del quartiere in cerca di un luogo dove sentirsi parte. Il 24 novembre, proprio in questa biblioteca, si è tenuto l’incontro pubblico “Dialogo con Conny Del Monaco sulla condizione delle donne afghane”. A moderare, Matteo Speraddio. Non una presentazione formale, ma un dialogo che ha trasformato una tesi universitaria in strumento collettivo, vivo, civile. Conny Del Monaco ha presentato alcuni passaggi del suo lavoro di laurea, “Donne Afghane tra resistenza e memoria: i racconti di Homeira Qaderi e Fawzia Koofi”, discusso all’Università Federico II di Napoli. Una tesi che non nasce solo da studio, ma da un’urgenza: restituire spazio a voci che non hanno spazio; far emergere vite raccontate dall’esilio che, senza narrazione, rischiano di essere dimenticate. Protagoniste dei memoir analizzati sono due donne afghane: Homeira Qaderi, autrice di Dancing in the Mosque, e Fawzia Koofi, autrice di The Favored Daughter e prima vicepresidente del Parlamento afghano. Entrambe hanno scritto in inglese, non per allontanarsi dalla propria cultura, ma per renderla visibile al mondo. La scrittura diventa per loro un modo per attraversare i confini e opporsi alla cancellazione. Nei loro testi, non si racconta solo l’oppressione, ma anche la contraddizione. Quando i talebani presero il potere negli anni ’90, molti li accolsero come portatori di ordine dopo il caos della guerra civile. Solo in seguito emerse che quell’ordine si fondava su rigide restrizioni, soprattutto per le donne: istruzione vietata, lavoro e movimento limitati, parola negata nello spazio pubblico. Ma anche in quel contesto alcune donne resistettero. Qaderi, appena tredicenne, organizzava scuole clandestine per bambine. Koofi, contro ogni aspettativa familiare e sociale, portava la propria voce fino al Parlamento. Per entrambe, scrivere è diventato un modo per non scomparire. Un punto centrale affrontato durante l’incontro riguarda l’origine dell’oppressione. Non è la religione, ha spiegato Conny, ma una tradizione culturale patriarcale che usa la religione come giustificazione. Esiste infatti un femminismo islamico che interpreta i testi sacri come luogo di dignità, giustizia e responsabilità reciproca, e non come strumento di subordinazione. Da questo sono nate domande e riflessioni, non solo per comprendere meglio la condizione delle donne afghane, ma per misurare quanto siamo disposti a riconoscere quelle storie come parte della nostra storia. Quanto siamo disposti a considerarle presenti, e non lontane. L’incontro non si è limitato a trasmettere informazioni, ma ha sollecitato un modo diverso di stare dentro le storie: non solo ascoltarle, ma farsene carico. Non soltanto comprenderle, ma riconoscerle. Luoghi come La Casa di Francesca ricordano che la cultura non è un ornamento ma un gesto di responsabilità. Mettere in circolo storie, ascoltarle, riconoscerle significa restituire volto e dignità a chi rischia di essere dimenticato. Non basta leggerle: bisogna farle vivere. Lucia Montanaro
Incontro nazionale CISDA. Viareggio, 17-19 ottobre 2025
Si è svolto dal 17 al 19 ottobre a Viareggio l’Incontro Nazionale del CISDA. Un momento di confronto che ogni anno vede riunite le attiviste del CISDA per analizzare le attività svolte nell’anno passato e per delineare strategie e attività che dovranno caratterizzare l’Associazione nel 2026. Il sostegno diretto alle donne afghane Positiva la chiusura del 2025 con il finanziamento di progetti realizzati dalle associazioni di donne afghane che lavorano sul territorio e con le quali il CISDA collabora fin dalla sua nascita: educational center, scuole clandestine, Giallo fiducia, corsi di taglio/cucito e alfabetizzazione, piccolo shelter, Vite preziose, Mobile Healt Unit. Inoltre grazie ai propri carissimi donatori, il Cisda ha sostenuto la popolazione afghana colpita in questi ultimi anni da una serie di calamità: servizi sanitari essenziali a donne e bambini che vivono in una baraccopoli auto-costruita da rifugiati interni non lontano da Kabul, emarginati e abbandonati dalle autorità di fatto; aiuti nei villaggi della provincia di Nangarhar, Dasht-e-Barchi; aiuti per l’alluvione nella provincia di Baghlan; visita nel Dar-e-Noor, dove le donne hanno un peso centrale per il sostentamento della famiglia e dall’alba al tramonto lavorano nei campi, si prendono cura del bestiame, preparano il foraggio e gestiscono le faccende domestiche, oltre a crescere i figli; aiuti ai deportati da Iran e Pakistan ad Herat – Islam Qala Border; aiuti alle vittime del terremoto nella parte est dell’Afghanistan. Le attività in Italia Intensa l’attività del CISDA in Italia per raccogliere contributi a sostegno delle donne afghane, per mantenere accesi i riflettori sulla situazione in Afghanistan e per contrastare ogni relazione con i Talebani e i tentativi, più o meno striscianti, del governo de facto. Uno dei pilastri delle attività del CISDA nel 2025 sono state la Campagna Stop Apartheid di genere Stop fondamentalismi e la raccolta firme per la petizione lanciata con la campagna. Questa attività ha consentito all’associazione di ampliare il proprio bacino di relazioni con partiti e personaggi politici, importante per la maggiore visibilità che si è riusciti a dare alla situazione delle donne in Afghanistan anche attraverso canali ai quali fino ad oggi il CISDA aveva un accesso limitato. Sfruttando anche la presentazione della campagna, da ottobre 2024 a oggi sono stati realizzati quasi 80 eventi distribuiti su tutto il territorio. Elevata anche l’attività del Gruppo Scuola, realizzando incontri con le scuole durante i quali è stata approfondita la condizione delle donne in Afghanistan con la proiezione, in alcune realtà, del film What we fight for con la partecipazione delle registe e di attiviste afghane e iraniane. Complessivamente sono stati coinvolti circa 400 studenti. Per quanto riguarda la Comunicazione, il continuo aggiornamento del sito Cisda e di Osservatorio Afghanistan, la diffusione di post su Facebook e Instagram e l’invio della Newsletter hanno consentito di mantenere attiva l’attenzione sull’Afghanistan nella comunità di amici e sostenitori del CISDA. È stato inoltre realizzato l’aggiornamento del Dossier I diritti negati delle donne afghane, che verrà diffuso a partire dal 1° novembre. Strategia e attività future L’impegno principale del CISDA rimane quello di raccogliere fondi per finanziare i progetti delle organizzazioni afghane che sosteniamo, che si affianca a quello di mantenere viva l’attenzione sulla condizione delle donne afghane e, più in generale, del popolo afghano. Per fare questo continuerà a essere attiva la Campagna Stop apartheid di genere Stop fondamentalismi, che rappresenterà la piattaforma sulla quale si innesteranno le diverse attività. Il CISDA continuerà a mantenere e sviluppare le relazioni con le associazioni della Coalizione euro-afghana per la democrazia e la laicità e nel contempo, conscio della necessità di ampliare il bacino cui presentare le proprie iniziative, cercherà di estendere il confronto anche ad altre realtà che si occupano di sostegno alla popolazione dell’Afghanistan. Si cercherà di consolidare la relazione instaurata con il Tribunale Permanente dei Popoli e si seguirà il processo di definizione del crimine di apartheid di genere presso l’ONU e la Corte Penale Internazionale. Pur nell’autonomia comunicativa che deve essere necessariamente il più adatta possibile all’utenza italiana, rimarrà prioritario il confronto con le associazioni afghane che rimangono il riferimento politico del CISDA. Tra gli strumenti che potranno essere utilizzati nei prossimi mesi si ricorda che a partire dalla fine di ottobre saranno disponibili il libro Attraversare la notte. Racconti di donne dall’Afghanistan dei Talebani di Cristiana Cella e il Dossier 2025 Diritti negati delle donne afghane. L’incontro con Belqis L’Incontro Nazionale del CISDA si è svolto nella sede della Casa delle donne di Viareggio che ci ha gentilmente ospitato e nel tardo pomeriggio di sabato le porte si sono aperte per il collegamento con Belqis Roshan, ex parlamentare afghana costretta a rifugiarsi in Germania dopo l’arrivo dei Talebani. La politica afghana ha raccontato a una platea attenta e in alcuni momenti commossa la condizione sempre più precaria nella quale sono costrette a vivere le donne in Afghanistan. Ha inoltre spiegato come adesso le attenzioni repressive dei Talebani si stiano rivolgendo anche agli uomini, con imposizioni sempre più stringenti sull’abbigliamento, la lunghezza della barba o la frequenza in moschea. Belqis ha poi portato l’attenzione su un altro aspetto che sta diventando sempre più inquietante e che riguarda l’aumento della repressione e della violenza all’interno delle famiglie: che sia per paura delle ritorsioni dei Talebani se il controllo sulle donne di casa non è abbastanza “efficiente”, che sia per l’impunità garantita negli atti di volenza nei confronti delle donne, la vita sta spesso diventando un inferno per le donne anche dentro casa. In questo quadro terrificante, Belqis ha voluto anche lanciare un messaggio di speranza ricordando la resilienza delle donne che, nonostante queste condizioni, cercano comunque di istruirsi, incontrarsi e mettere in atto piccole azioni di resistenza quotidiana. Ci ha infine esortato a continuare a sostenere le donne e la popolazione afghana mantenendo viva l’attenzione e mettendo in atto tutte le azioni possibili affinché non avvenga il riconoscimento del governo de facto dei Talebani.         CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane
Un appello per i profughi afghani espulsi dall’Iran
Riceviamo e volentieri diffondiamo È in corso un’ondata di deportazioni forzate e disumane di migranti afghani dall’Iran. Migliaia di famiglie vengono espulse con violenza, costrette a lasciare in Iran i propri averi, e, una volta varcata la frontiera, padri e figli vengono portati in prigione senza alcun contatto o informazione, mentre madri e bambini vengono abbandonati sotto il sole cocente, senza protezione. Sono esposti a un caldo estremo, senza accesso ad acqua potabile, cibo o riparo. I bambini si ammalano di disidratazione, diarrea e spossatezza. Sia HAWCA – Humanitarian Assistance for Women and Children of Afghanistan (Associazione Umanitaria per l’Assistenza alle Donne e ai Bambini dell’Afghanistan) che OPAWC – Organization Promoting Afghan Women’s Capabilities (Organizzazione per la promozione delle abilità delle donne afghane) si stanno impegnando a sostenere queste famiglie e chiedono il nostro aiuto per fornire: cibo, acqua pulita e prodotti per l’igiene. La situazione sta rapidamente peggiorando ed è diventata un’emergenza su vasta scala, si sta ripetendo quanto già avvenuto con le espulsioni dal Pakistan. L’agenzia dell’ONU per le migrazioni stima che a giugno oltre 250.000 persone, tra cui migliaia di donne sole, siano tornate in Afghanistan dall’Iran. Condividiamo l’appello inviatoci dalle associazioni che sosteniamo e vi chiediamo uno sforzo per poter raccogliere fondi che, come CISDA, ci impegniamo a far arrivare in Afghanistan. Con il vostro aiuto riusciremo a trovare il modo di aiutare queste associazioni che da sempre si prodigano per la popolazione afghana e poterle sostenere anche in questa occasione. Cisda, Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane L’IBAN del CISDA è: IT74Y0501801600000011136660 Causale: “Emergenza deportati afghani Iran”. Redazione Italia
Consegna a Giorgia Meloni delle firme della petizione Stop fondamentalismi. Stop apartheid di genere
Lo scorso 26 maggio, il CISDA – Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane ha inviato la Petizione Stop fondamentalismi Stop apartheid di genere, corredata di 1.725 firme, di cui 85 da parte di Associazioni, alla Presidente del Consiglio Italiano e, in copia, alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica. Con la consegna delle firme della petizione non si ferma la Campagna Stop fondamentalismi. Stop apartheid di genere per spingere il governo italiano e gli organismi internazionali a rendere fattiva la condanna dei fondamentalismi e dell’apartheid di genere. Queste le azioni intraprese a oggi dalla campagna e i risultati raggiunti: * Con il supporto di un team di giuriste abbiamo inviato una proposta di codificazione del reato di “apartheid di genere” come contributo della società civile ai lavori in corso della Sesta Commissione giuridica dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per un recepimento nella Convenzione sulla prevenzione e la punizione dei crimini contro l’Umanità in fase di discussione da parte dell’ONU. Abbiamo ricevuto un riscontro da parte del Segretariato della Sesta Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in data 17/11/2024. * Il 10 dicembre 2024 abbiamo attivato la Petizione “Stop Fondamentalismi – Stop Apartheid di Genere” per chiedere al governo italiano di sostenere gli obiettivi della Campagna e di farsene promotore presso le istituzioni internazionali. La Petizione – come detto – si è chiusa il 26 maggio u.s. con l’adesione di più di 1700 firmatari. * Alcuni Enti locali si sono attivati promuovendo mozioni di sostegno: la Regione Lazio, il Comune di Monza e il Comune di Pomarance. Abbiamo incontrato il 16/6 la Commissione pari opportunità di Roma Capitale che ha espresso il suo sostegno. * L’8 aprile 2025 abbiamo organizzato 2 importanti eventi a Roma per promuovere la Campagna: una conferenza stampa presso la Camera dei deputati alla quale hanno partecipato alcune parlamentari e un evento nel pomeriggio al Polo Civico Esquilino aperto a tutti. * Il 24 aprile 2025 abbiamo inviato alla Corte Penale Internazionale la richiesta di considerare la codificazione dell’apartheid di genere come un crimine contro l’umanità nello Statuto di Roma, ricevendo una risposta il 6 maggio. C.I.S.D.A. si impegnerà per proseguire le attività rivolte alla C.P.I. Per ulteriori informazioni sulla Campagna visita la pagina dedicata sul sito CISDA oppure scrivi a stampa@cisda.it CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane
Non dimentichiamo le donne afghane: Stop all’Apartheid di genere!
Nella lotta contro l’Apartheid di Genere, in difesa dei diritti delle donne in Afghanistan e ovunque nel mondo siano in atto sistemi di governo o apparati che operano continuativamente la segregazione delle donne e la privazione dei loro diritti fondamentali, il CISDA (Coordinamento italiano sostegno donne afghane) ha un nuovo ulteriore alleato: la Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale. Il 12 -6, a seguito all’audizione del Cisda in merito, la commissione ha approvato all’unanimità il sostegno alle richieste contenute nella Campagna STOP APARTHEID DI GENERE – STOP FONDAMENTALISMI così espresso in una nota dalla presidente della commissione Michela Cicculli:  … sono orgogliosa di registrare l’appoggio trasversale, emerso nella seduta odierna, all’attività del Cisda-Coordinamento italiano sostegno donne afghane impegnato nella campagna Stop Fondamentalismi per il riconoscimento come crimine contro l’umanità dell’apartheid di genere e il deferimento dell’Afghanistan alla Corte di Giustizia internazionale e alla Corte penale internazionale. Un sostegno su cui lavoreremo nelle prossime settimane per contribuire come amministrazione e portare all’attenzione del Governo e della cittadinanza la gravità delle discriminazioni sistematiche compiute dal regime talebano nei confronti delle donne, ragazze e persone Lgbt nel paese” perchè “è importante che si continui a parlare di una situazione giunta all’apice della violazione dei diritti fondamentali sistematizzata e normalizzata a livello normativo e politico e si supporti l’attività svolta dal Cisda, dalle forze democratiche e associazioni che nel paese, in maniera clandestina, portano avanti attività in ambito sanitario e di istruzione come pure lavorativo per aiutare chi viene discriminato”. Anche Marilena Grassadonia, Coordinatrice politiche diritti Lgbt+ di Roma Capitale, in una nota dichiara: “Accendere i riflettori su una questione che rischia di rimanere nell’ombra e’ compito delle istituzioni democratiche del nostro Paese. Grazie alla discussione di oggi in Commissione Pari opportunità, Roma Capitale non intende sottrarsi a questa responsabilità e sosterrà con una prossima iniziativa il lavoro del Cisda impegnato nella campagna ‘Stop Fondamentalismi, per il riconoscimento come crimine contro l’umanita’ dell’apartheid di genere e per il deferimento dell’Afghanistan alla Corte di Giustizia internazionale e alla Corte penale internazionale”. Beatrice Biliato (CISDA) Redazione Italia
XII edizione de “I Giovedì di Salerno. La Pace, nonostante la guerra”
L’associazione “Cinema e Diritti” e il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, in collaborazione con il Liceo Statale Alfano I di Salerno presentano “I giovedì del cinema dei diritti umani”. XII edizione – Salerno, 15 – 28 maggio 2025. Premessa La nuova edizione della rassegna cinematografica salernitana promossa dal Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli si apre in un momento di grande instabilità della politica internazionale, in cui la presenza di due conflitti straordinariamente cruenti (Ucraina e Palestina) e di numerose altre crisi internazionali indusse Papa Francesco a definire “guerra mondiale a pezzi” quella che si sta consumando sotto i nostri occhi. La redistribuzione dei ruoli geopolitici e le nuove aggregazioni dei blocchi che fanno capo alle maggiori potenze economiche e militari del pianeta stanno subendo cambiamenti drastici e rapidi, tanto da sconvolgere le previsioni degli osservatori, ma anche delle imprese multinazionali e delle lobby che governano gli equilibri e i sistemi di sviluppo mondiali. La globalizzazione non è più un processo a senso unico e sembra evolvere in forme contraddittorie, il multilateralismo è in crisi irreversibile, il progetto della Pace mondiale e la missione dell’Onu sembrano eclissati, ma nuove ambizioni stanno nascendo e questa mutazione non sarà certo indolore. Occorre tempo perché le nuove linee guida possano delinearsi con maggiore chiarezza, con l’auspicio che, nel frattempo, le società civili possano trovare il modo di far valere il proprio ruolo, senza essere soggetti passivi delle scelte di governi che sono ormai espressioni di oligarchie e potentati. A questa analisi drammatica non sfuggono neppure il nostro Paese e l’Europa che, ormai orfana del legame storico con gli Alleati d’Oltreoceano, non riesce a seguire la strada tracciata dai suoi fondatori, che avrebbero voluto superare i nazionalismi per creare uno spazio privo di frontiere e di piccoli interessi. In questo disordine, i fenomeni migratori si stanno esasperando e l’ostinato respingimento degli esseri umani in fuga si sta rivelando un lucido crimine di Stato. Le stragi in mare, le persecuzioni e i centri di detenzione prendono il posto della solidarietà e dell’accoglienza, legittimando nuovi egoismi e dittature; il mondo ha imboccato una china pericolosa, sospinto anche da modelli di sviluppo che divorano le risorse ambientali e non hanno attenzione per le conseguenze che subirà la stragrande maggioranza della specie umana. Il tempo della forza è tornato e, con esso, riaffiorano gli istinti primordiali che rendono difficile se non impossibile, la convivenza tra le comunità umane. La Democrazia è la vittima designata di queste scelte e le prime istituzioni a farne le spese sono la Pace, i Diritti Umani e i Diritto Internazionale. Qual è il senso del pacifismo in questo contesto martoriato? Su questo proverà a riflettere, con lucidità, la XII edizione dei Giovedì. Gli appuntamenti e i temi trattati La scelta degli argomenti da trattare quest’anno è caduta su quattro casi di studio che possono agire da apripista per discussioni più ampie. “Palestina, tra genocidio e pacifismo” Il primo tema che sarà affrontato giovedì 15 maggio è la crisi israelo-palestinese. A guidarci nella riflessione sul futuro di questo lembo di Medio Oriente, piagato da 80 anni di guerra e disordini, sarà il film “SARURA” di Nicola Zambelli, film vincitore della XV edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli. E’ una storia vera di speranza e di pace nata anni fa nella Palestina devastata dal conflitto tra i due popoli che, recentemente, ha fatto registrare quasi 70.000 morti, un “genocidio” come lo hanno definito le Nazioni Unite. Il film testimonia una cooperazione tra pacifisti delle due sponde che operano da anni in un antico villaggio palestinese, Sarura appunto, che, nonostante la disperata situazione venutasi a creare, resistono nella convinzione di poter tenere aperto il dialogo tra i due popoli. Sono tante le domande che dobbiamo porci sul futuro di questa regione e dell’idea di coesistenza pacifica tra i due popoli che diventa sempre più difficile. In particolare analizzeremo il fenomeno dell’aggressività e dell’invadenza dei coloni israeliani, ma anche il lavoro incessante dei gruppi bilaterali di pacifisti. A parlarcene saranno due testimoni appena rientrati dalla Cisgiordania, l’on. Franco Mari, componente della delegazione parlamentare, e Umberto Garini, volontario di Operazione Colomba, una delle Ong più attive in Palestina, che ci parlerà di Sarura oggi. Chiuderemo ricordando la strage dei giornalisti palestinesi avvenuta negli ultimi due anni (oltre 200 casi) e racconteremo la storia di Abdallah Motan, giovanissimo filmmaker palestinese attualmente in detenzione amministrativa in Cisgiordania e vedremo un suo breve, drammatico filmato (“Deferred Reclaim”) sui desaparecidos palestinesi, che sarà commentato da alcuni amici di Motan. Nota: La serata sarà introdotta da un ricordo dell’intellettuale salernitano on. prof. Francesco Calvanese, esperto di migrazioni e docente dell’Università di Salerno, recentemente scomparso. “Il coraggio delle donne afghane” La seconda serata, lunedì 19 maggio, a partire dalle ore 18.00, proporrà una riflessione sulla condizione delle donne afghane, vittime prime di un regime religioso radicale, quello dei Talebani, che si è nuovamente insediato a Kabul a partire dall’agosto del 2021, dopo il fallimento della missione militare dell’Alleanza Occidentale guidata dagli USA, riportando un Paese già duramente provato dall’invasione russa del 1979 a livelli di oscurantismo medioevale. L’ospite, la regista Zainab Entezar, è un testimone di straordinaria importanza, una donna scampata alle rappresaglie dei Talebani che ha documentato, con il suo lungometraggio “Shot the voice of Freedom” (che vedremo in anteprima italiana), le condizioni impossibili in cui è maturata la protesta sua e delle sue compagne, fino alla fuga in Europa. Zainab ha inoltre recentemente pubblicato in Italia un volume, “Fuorché il silenzio” (ed. Mimesis/Jouvena) che raccoglie le interviste da lei condotte a 36 donne del suo Paese. Ad intervistare Zainab ci saranno due attiviste salernitane, Titti Santulli e Chiara Fiore. L’incontro è patrocinato dalla Rete del Caffè Sospeso, un’iniziativa coordinata dal Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli che prevede l’ospitalità di intellettuali dissidenti, perseguitati e profughi provenienti da tutti i Paesi del mondo a cui viene offerta ospitalità in Italia per far conoscere le loro opere e stabilire contatti col mondo della solidarietà italiano. “Mario Paciolla, una vita per la Pace” La mattinata di mercoledì 23 maggio, a partire dalle 10.15, tratterà del lavoro degli operatori di Pace, cioè di coloro che attivamente operano in zone di guerra o di post conflitto. Sono giovani cooperanti dislocati in territori che sono stati oggetto di scontri civili o militari, e che provano a ristabilire le condizioni di pacifica convivenza nelle comunità coinvolte. Il racconto emblematico che illustreremo è quello della vita di Mario Paciolla, tragicamente scomparso nel luglio del 2020 in Colombia, mentre serviva la locale missione dell’ONU. Mario costruiva la Pace e ha pagato con la vita il suo ruolo di osservatore e analista del programma di pacificazione tra il Governo Colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC). La sua fine violenta è stata dissimulata da un suicidio, la sera prima del suo programmato rientro in Italia. Il film proposto, “Mario che costruiva la Pace”, realizzato dal giornalista Rai Valerio Cataldi subito dopo la morte del giovane, racconta con esemplare precisione i dettagli di questa storia ed è ancora oggi un grido di giustizia di cui il nostro Festival si è fatto interprete solidale. I genitori di Mario da allora, cercano di convincere il Governo Italiano a restituire la verità e la giustizia alla memoria del loro figlio, impedendo che il caso venga archiviato, chiedendo indagini approfondite che chiariscano il ruolo ambiguo svolto da alcuni funzionari delle Nazioni Unite. La storia fungerà da occasione per comprendere la necessità di garantire condizioni di sicurezza a chi opera per la Pace e quali sono le strade da intraprendere per i giovani che volessero diventare cooperanti o professionisti della Pace. Saranno presenti i genitori di Mario, Pino Paciolla e Anna Motta, e il compositore Valerio Bruner, che proporrà alcuni suoi brani dedicati all’amico Mario. E’ previsto un collegamento con Maria Rita Vittori dell’Istituto Sereno Regis di Torino per un contributo sulla campagna di smilitarizzazione delle scuole italiane. “L’Europa in guerra” L’ultima serata della rassegna, quella di mercoledì 28 maggio a partire dalle ore 18.00, vedrà un confronto tra due importanti storici, Piero Bevilacqua, saggista e professore emerito degli Atenei di Roma, Bari e Salerno, e Alfonso Conte, docente di storia moderna dell’ateneo salernitano. Parleremo della “guerra a pezzi” con cui abbiamo aperto la nostra riflessione. Il professor Bevilacqua ha recentemente pubblicato un volume su questo tema e sul fallimento dell’Europa, di cui si discuterà a partire dalla proiezione di “Photophobia”, un film sloveno/ucraino presentato all’ultimo Festival di Venezia, che racconta la storia di due bambini che vivono nel sotterraneo della stazione della metropolitana di Kharkyv, una delle città ucraine più colpite dal conflitto. Sarà questa l’occasione per parlare, in generale, del ritorno della guerra come strumento di superamento delle controversie internazionali, una minaccia concreta alla Pace mondiale, e del ruolo dell’informazione durante i conflitti. Focalizzeremo la nostra analisi sul valore discusso delle politiche europee, sul senso del nuovo pacifismo e delle istituzioni internazionali che vivono una crisi profonda sotto la spinta di nuovi nazionalismi e della politica dei blocchi economici e militari che controllano il pianeta. Una grave ipoteca sul futuro dei nostri giovani e della Pace. Conclusioni La XII edizione della rassegna salernitana si presenta come momento di confronto, a più livelli, sul senso dei conflitti e delle guerre che sono tornati a essere protagonisti della storia moderna, sulla loro crescente pericolosità come innesco di conflitti maggiori per la loro capacità di creare divisioni insanabili tra popoli e Paesi. E’ questo che ci spinge a interrogarci sul bisogno di una nuova Cultura di Pace, un tema che il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli ha messo al centro della sua azione con iniziative concrete come la Scuola di Orientamento verso le Professioni della Pace di cui il Festival è promotore con l’Università L’Orientale di Napoli e la Università della Pace delle Nazioni Unite (Costa Rica). La Scuola vedrà la luce nel mese di ottobre 2025 in Campania e sarà rivolta a 30/40 studenti universitari. La Scuola sarà intitolata alla memoria di Mario Paciolla, costruttore di Pace, e sarà presentata in anteprima ai giovani del Liceo Alfano I di Salerno, l’istituto che ospiterà le tre serate de “I Giovedi” 2025. Sarà questo lo spirito di azione e di speranza che animerà questa rassegna. N.B. Un ringraziamento speciale del nostro Festival va alla Dirigente Scolastica del Liceo Statale Alfano I di Salerno, prof.ssa Elisabetta Barone, che con particolare sensibilità ha accettato di ospitare queste serate nell’Istituto da lei diretto. E un grazie a quanti, docenti, studenti e cittadini, contribuiranno al successo di queste serate. Redazione Italia