L’80° anniversario della Liberazione: suggerimenti alle storiche e agli storici del futuro
Come valuteranno le storiche e gli storici del futuro il 25 aprile in Italia
quando per caso o in virtù di un disegno a noi oscuro le manifestazioni per
l’80° anniversario della Liberazione si sono congiunte a un evento di portata
mondiale come la morte di Francesco, il Papa di tutti e non solo il Papa di
Roma? Naturalmente la possibile risposta alla domanda non è, né avrebbe senso
che fosse il tema di questo articolo che piuttosto vuole raccomandare alle
storiche e agli storici del futuro di non limitarsi alle cronache ufficiali
delle varie manifestazioni e commemorazioni della Resistenza che si sono svolte
un po’ dappertutto in Italia.
Il mio osservatorio privilegiato è Torino dove, tra numerose altre iniziative,
come ogni anno si è svolta la fiaccolata serale del 24 aprile che da sempre si
snoda da Piazza Arbarello a Piazza Castello, attraversando Via Cernaia e Via
Pietro Micca. Se le storiche e gli storici del futuro poggeranno le loro analisi
sulle cronache non riusciranno a cogliere le ragioni profonde e vere che
dividono la piazza istituzionale dalla piazza dei giovani riformisti che
vogliono l’esercito europeo e dalla piazza dei giovani radicali che in guerra
non ci vogliono andare. Le piazze dove si manifestano i dissensi sono una prova
della vitalità della democrazia che “se è reale, non sta mai zitta e dà fastidio
per sua natura” (Davide Ferrario, Nella piazza del 25 aprile meglio divisioni
che silenzio “sobrio”, “Corriere della Sera, Torino, sabato 26 aprile 2025, p.
8). Per comprendere le ragioni dei giovani bisogna saper guardare nelle pieghe
di questo tempo malato che vive di guerra e alimenta intenzionalmente la guerra.
Come non vedere che “la devastazione è già qui”? Che l’Apocalisse è tra noi?
(Antonio Spadaro, Quale Apocalisse, “Il Fatto Quotidiano”, domenica 27 aprile
2026, p. 13).
Se, come è probabile, tra le storiche e gli storici del futuro ci sarà chi
adotterà una chiave di lettura pacifista o antipacifista, può essere utile che
resti una traccia della 165° Presenza di pace che si è svolta sabato 26 aprile
2025 a Torino in Piazza Carignano promossa dal Coordinamento AGITE. La piccola
agorà di pace che da tre anni viene svolgendo ed elaborando un pensiero
collettivo di pace ha saputo unire nel segno della ricerca della pace la gioia
per la ricorrenza della Liberazione e il cordoglio per la scomparsa di una
figura profetica del nostro tempo: “Più dei concetti e delle volontà, conta il
sentirsi umani insieme. Francesco, un uomo buono, un uomo di tutti e per tutti,
ha fatto incontrare molti nel riconoscere e coltivare la nostra umanità. Ha
sempre insegnato e raccomandato a tutti di riconoscere che siamo un’unica
umanità, unita nelle belle differenze, e che la guerra è offesa a tutti, tutti,
tutti, ed è il più grave fallimento umano. L’ultimo suo grido, con l’ultima sua
voce, è stato la necessità del disarmo per fondare la pace” (Enrico Peyretti).
Da questa agorà di pace è venuta una critica seria e severa della scelta del
governo di mettere in contrapposizione i due eventi, prolungando il lutto per
Francesco oltre la manifestazione nazionale di Milano del 25 aprile e
“invitando” a festeggiare in modo “sobrio”. Per agevolare le storiche e gli
storici del futuro giova registrare qui alcuni effetti prodotti dalla sobrietà
governativa che sarebbero esilaranti se non fossero inquietanti e significativi
di un futuro possibile da scongiurare e contrastare. Forse il caso più clamoroso
è quello di Ascoli Piceno dove la signora Lorenza Roiati, nipote di due
partigiani decorati: Renzo e Vittorio, è stata identificata dalla polizia per
avere a suo modo celebrato la festa della Liberazione, affiggendo fuori dal suo
negozio, il pluripremiato panificio “L’Assalto ai forni”, uno striscione con
queste parole: “25 aprile. Buono come il pane. Bello come l’Antifascismo”. Come
se ricordare la Resistenza fosse (ri)diventato un reato. A futura memoria
registriamo che il Sindaco di Ustica, Salvatore Militello (Fratelli d’Italia),
ha cancellato del tutto la Festa della Liberazione nell’isola simbolo
dell’antifascismo: un insulto alla memoria di Gramsci e degli altri confinati
antifascisti.
Il richiamo a essere sobri è stato applicato se non imposto vietando di cantare
Bella ciao in vari comuni (Cinisello Balsamo, Romano di Lombardia, Cividade
Camuno, Ono San Pietro ecc.). Ma come sempre l’inno della Liberazione è
risuonato ovunque: per esempio nella sede storica del Centro studi Piero
Gobetti, a Torino, in via Fabro 6, è stato intonato dal gruppo di ViaArtisti
insieme ai presenti alla fine di uno spettacolo teatrale tratto dal Diario
partigiano di Ada Prospero Marchesini Gobetti.
L’agorà di Piazza Carignano ha proposto un’altra idea di sobrietas coerente con
il significato originario della parola che è stato ripreso tra gli altri da
Piero Gobetti: misura nel senso di equanimità che è il contrario di unanimità;
moderazione da non confondersi con moderatismo; essenzialità nello stile di
vita. Ebbene la moralità pubblica e privata, il rigore sociale nel senso di
critica dello spreco (Danilo Dolci), la politica come equilibrio e ricerca del
bene comune, sono l’eredità più resistente della Resistenza. “La sobrietà non è
soltanto una virtù di cui il sistema economico e produttivo basato sulla
crescita del prodotto interno lordo ha voluto cancellare accuratamente ogni
traccia perché non se ne serbasse nemmeno la memoria nel giro di una
generazione, ma è, soprattutto una manifestazione di intelligenza e di autonomia
di pensiero” (Maurizio Pallante).
I valori della Liberazione corrispondono ai tre grandi ideali che da sempre
accompagnano la storia dell’umanità: 1. la restaurazione delle principali
libertà civili e l’affermazione del diritto dell’individuo a essere riconosciuto
come persona; 2. l’attuazione di una maggiore giustizia sociale; 3. il ritorno a
uno stato di pace dopo una lunga guerra devastatrice. Questi ideali sono
espressi in modo esemplare e commovente nelle Lettere dei condannati a morte
della Resistenza europea, a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli,
prefazione di Thomas Mann, prima edizione Einaudi, Torino 1954. Della libertà,
il partigiano italiano, Giordano Cavestro (Mirko), scrive: “La mia giovinezza è
spezzata, ma sono sicuro che servirà da esempio. Sui nostri corpi si farà il
grande faro della Libertà”. Della giustizia, la partigiana montenegrina Anka
Knezevic scrive: “Con le nostre ossa e i nostri cadaveri edifichiamo un nuovo
mondo, nel quale gli uomini vivranno da eguali e avranno tutti i diritti”. Della
pace, il partigiano ucraino, Oleks Bokaniuk scrive: “La guerra è la più grande
sciagura dell’umanità. Speriamo che dopo questa guerra venga una pace che renda
possibile per molto tempo, e forse per sempre, la felicità. Congedandomi da voi,
mi auguro di vedere la pace e una vita felice”.
Su questi principi si regge la nostra Costituzione. L’ideale della libertà
personale è affermato nell’art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità”; l’ideale della giustizia sociale nell’art. 3:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge,
senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali”; l’ideale della pace nell’art. 11:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. I valori
di libertà, giustizia e pace non sono andati in soffitta.
Non sappiamo quali valutazioni faranno le storiche e gli storici del futuro. Ci
auguriamo che potranno guardare al nostro come a un tempo che ha saputo sia
prevenire una nuova guerra devastatrice sia sottrarsi al “potere ipnotico”
dell’insorgere di nuove dittature. Come diceva la grande scrittrice, “abbiamo
vicino l’esempio istruttivo degli Stati fascisti: se non esiste un modello di
ciò che desideriamo essere, abbiamo però, ed è forse altrettanto prezioso, il
modello quotidiano e illuminante di ciò che non desideriamo essere” (Virginia
Woolf, Le tre ghinee, introduzione di Luisa Muraro, traduzione di Adriana
Bottini, Feltrinelli, Milano 2024, p. 171).
Pietro Polito
Coordinamento AGiTe