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Manifestazione del 26 luglio in Val di Susa: Amnesty International Italia documenta un uso indiscriminato, sproporzionato e ad altezza di persona dei gas lacrimogeni
La manifestazione del 26 luglio in Val di Susa, organizzata a margine del festival dell’Alta Felicità dal movimento “No Tav”, è stata caratterizzata da fasi del tutto pacifiche e da momenti di tensione. Gli osservatori di Amnesty International Italia erano presenti alla manifestazione e hanno potuto monitorare due delle azioni realizzate dal gruppo di manifestanti, presso il cantiere di San Didero e Traduerivi. Nella zona da loro monitorata a San Didero, gli osservatori hanno documentato un uso sproporzionato e indiscriminato di gas lacrimogeni da parte delle forze di polizia: tra i 180 e i 200 in poco più di un’ora contro circa 500 manifestanti, in risposta al lancio di oggetti. Le forze di polizia hanno utilizzato i gas lacrimogeni anche contro persone che si stavano allontanando e che non rappresentavano alcuna minaccia per l’incolumità altrui. In diversi casi, anziché essere diretti verso l’alto, le granate contenenti gas lacrimogeni sono state lanciate ad altezza persona: ne è stato testimone diretto anche uno degli osservatori di Amnesty International Italia, che nonostante indossasse la pettorina, è stato colpito sulla schiena. Sono state ferite altre due persone, rispettivamente alla nuca e alla fronte. Come già emerso in precedenti osservazioni in Val di Susa, anche quest’anno le forze di polizia hanno dunque fatto un uso dei gas lacrimogeni non rispettoso degli standard internazionali sui diritti umani. Amnesty International Italia ricorda che, secondo i medesimi standard, una protesta pacifica, seppur attraversata da circoscritti atti di violenza, resta pacifica e le forze di polizia devono garantire che possa proseguire, tutelando le persone che vi stanno partecipando; la forza dovrebbe essere utilizzata come ultima risorsa, solamente laddove non esistano altri mezzi per raggiungere obiettivi legittimi e solo quando sia necessaria e proporzionata alla situazione. Ulteriori informazioni  Riguardo ai gas lacrimogeni, gli standard internazionali riguardanti l’uso della forza e delle armi meno letali prevedono che il loro impiego e uso debbano essere posti sotto il comando e il controllo di un ufficiale con funzioni di comando e adeguatamente formato per evitare o ridurre i danni per le persone e per garantirne un uso sicuro e appropriato. Le forze di polizia possono legittimamente usare i gas lacrimogeni solo in caso di violenza diffusa ma mai possono ricorrervi nel caso di atti isolati di violenza e tantomeno per disperdere un’assemblea pacifica. La quantità di gas lacrimogeno erogato deve essere attentamente monitorata e controllata. È necessario evitare quantità eccessive, per prevenire danni sproporzionati e limitare l’impatto sulle persone che vivono nella zona o sui partecipanti stessi. . Nel caso si renda necessario l’uso di gas lacrimogeni, vi deve essere sempre un preavviso prima del loro impiego per permettere alle persone di allontanarsi; se utilizzati, non devono mai essere lanciati direttamente contro chi sta manifestando, poiché potrebbero causare gravi lesioni o morte, né tantomeno contro persone in fuga o che si sono già allontanate dal luogo della protesta. Amnesty International
Carlo è vivo e lotta insieme a noi
A UNA SETTIMANA DALL’ANNUALE ‘PER NON DIMENTICARLO’ CHE SI È TENUTO A GENOVA E CHE GIÀ ABBIAMO RACCONTATO QUALCHE GIORNO FA, RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO QUESTO CONTRIBUTO DI NICOLETTA DOSIO E CON L’OCCASIONE LA REGISTRAZIONE DEL SUO BELLISSIMO INTERVENTO CHE TROVATE A FINE ARTICOLO. BUONA LETTURA E BUONA VISIONE! 20 LUGLIO 2001-20 LUGLIO 2025 Carlo è vivo e lotta insieme a noi. Genova ci ha accolti con la mole di una nave da crociera così grande da sottrarre ogni vista di mare: decine di piani, migliaia di finestrelle che, a vederle, danno l’angoscia e non fanno certo pensare all’avventura del viaggio, ma allo stress del vivere compressi, intrappolati nell’anonimato della folla. Ma piazza Alimonda è dolce e fraterna in questo pomeriggio che ogni anno si ripete sul filo del ricordo. Non abbiamo dimenticato Carlo e lo rivediamo mentre, in queste stesse ore di ventiquattro anni fa, insieme a tanti altri giovani come lui, percorre queste strade portandosi addosso null’altro che i suoi vent’anni, la canottiera bianca, il rotolo di scotch infilato al braccio e lo sguardo azzurro, sincero di ragazzo. Foto di Mario Luca Bariona A piazza Alimonda Carlo fu ammazzato, colpito a morte dalle forze dell’ordine costituito, il braccio armato del G8 che in quei giorni, per le vie di Genova, celebrò i riti della globalizzazione capitalistica in un bagno di sangue di cui la morte di Carlo fu il tragico culmine. Oggi qui a ricordare ci ritroviamo in tanti, i vecchi compagni e i giovani venuti dopo sulla via delle lotte. E ancora sventolano le bandiere e gli striscioni di allora a denunciare il presente del sistema di sempre, guerrafondaio e assassino. “LA LORO PACE E LA LORO GUERRA SONO COME IL VENTO E LA TEMPESTA: LA LORO GUERRA UCCIDE QUEL CHE ALLA LORO PACE È SOPRAVVISSUTO”. La lirica di Brecht mi risuona in testa mentre ascolto gli interventi dal palco che denunciano come la pace armata di allora sia diventata la guerra aperta di oggi. La loro pace, devastando diritti, senso di solidarietà sociale e ambientale, cultura dell’accoglienza, internazionalismo degli sfruttati, ha aperto la strada agli orrori della loro guerra. Una guerra imperiale e coloniale che dura da sempre e che ora si fa pulizia etnica contro il popolo Palestinese, genocidio a suon di bombe e di morte per fame, praticato dallo stato di Israele con il sostegno del capitalismo mondiale e dei governi ad esso asserviti. In piazza Alimonda risuonano canzoni e parole e non c’è ambiguità né rassegnazione. Rabbia e festa stanno insieme come allora, in quella Genova 2001, quando le barriere delle “zone rosse”, innalzate a protezione dei potenti, nulla potevano contro il dilagare della protesta. Ed al divieto di stendere panni da balcone a balcone, emesso dalla questura in nome di un presunto decoro urbano, la città rispondeva con l’l’ironico, allegro sventolìo di maglie, mutande, camiciole, calzini stesi in lunghe file ad asciugare lungo tutte le vie del centro storico. HAIDI Oggi sono tanti i sorrisi, gli abbracci, grande la gioia del ritrovarsi, ma il cuore della giornata è lei, la mamma di Carlo, la dolce Haidi che siede modestamente dietro il palco e, nel tempo, ha saputo fare del dolore un talismano contro la rassegnazione, una ragione forte di testimonianza e di resistenza collettiva. Quando ripartiamo verso la Valle è ormai sera, una sera luminosa che penetra nei caruggi accarezzando muri scrostati e affreschi signorili. In quest’ora Genova, deposta la concretezza mercantile, si riveste di malinconia. Le navi da crociera hanno lasciato il porto e, dalla soprelevata che, come una spina dorsale, attraversa tutta la città, riusciamo a vedere in lontananza uno spicchio di mare. --------------------------------------------------------------------------------   Tags: Carlo Giuliani, G8, Genova, Valle di Susa Centro Sereno Regis
Contro la città cantiere e il mito delle grandi opere
𝑼𝒏𝒂 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒎𝒂𝒕𝒂 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒐 𝑺𝒕𝒓𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒓𝒆𝒄𝒄𝒊𝒂𝒓𝒆 𝒗𝒐𝒄𝒊, 𝒓𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒆𝒏𝒛𝒆 𝒆 𝒊𝒎𝒎𝒂𝒈𝒊𝒏𝒂𝒓𝒊 Ci sono progetti che non si misurano solo in chilometri di cemento, in tonnellate d’acciaio e in cavilli ingegneristici. Progetti che dall’alto piombano sulla vita delle persone imponendo devastazione, macerie e profitto per pochi. Il Ponte sullo Stretto è l’emblema di una visione del mondo secondo cui tutto è merce di scambio da cui trarre profitto – il paesaggio, l’aria, la terra e la stessa vita umana. L’ingranaggio di un sistema che accentra le decisioni imponendo cantieri infiniti, aree militarizzate e zone interdette che divorano il futuro. Una eterna incompiuta che vorrebbero imporci come destino. C’è però un’altra storia che possiamo scrivere insieme. Quella di chi si libera dal mito di un progresso onnivoro e illimitato, spacciato come cura. La storia di chi abita e conosce questo Stretto non come uno spazio da colonizzare, ma come un territorio attraversato da bisogni a cui dare risposta. Come non pensare al gravissimo dissesto idrogeologico, al collasso della sanità pubblica, ad un sistema di trasporti datato e fatiscente? I territori non sono pagine bianche su cui imprimere decisioni dall’alto. Sono spazi vissuti, intrecci di relazioni, memorie, possibilità. Per questo chiamiamo singoli, collettivi, associazioni, realtà organizzate e movimenti, dallo Stretto e oltre, a unirsi in una due giorni di confronto, intreccio di voci e resistenze. Un momento per dare corpo, gambe e cuore a immaginari diversi, per costruire spazi di discussione aperti, per radicare le nostre lotte in visioni collettive. Questa iniziativa si inserisce in un percorso di lotta e confronto che ha già preso forma nell’iniziativa “LA CITTÀ CANTIERE”, organizzata a marzo dello scorso anno al Forte San Jachiddu. In quella occasione abbiamo riflettuto insieme sulla devastazione che si profila all’orizzonte e sulle forme di lotta necessarie a contrastarla. Oggi, con questa nuova chiamata, vogliamo rafforzare quel cammino, consolidare le connessioni già avviate e aprire nuovi spazi di confronto e azione condivisa. Sappiamo che il Ponte sullo Stretto non è un caso isolato, ma parte di un modello che si ripete ovunque: dalla TAV in Val di Susa, passando per le devastazioni ambientali in nome della transizione energetica, fino alle speculazioni legate alle grandi infrastrutture inutili e dannose. Questo progetto è figlio di una governance che impone decisioni dall’alto, sottrae voce alle comunità e trasforma i territori in merce. Per questo, pensiamo sia fondamentale ritrovarci e intrecciare esperienze. Vogliamo fermarci, guardarci negli occhi e chiederci: come smontare l’idea di sviluppo che ci viene imposta? Come opporci alla città cantiere che si profila all’orizzonte? Come tessere insieme un’alternativa che non sia solo difesa, ma possibilità di futuro? 𝐓𝐀𝐕𝐎𝐋𝐈 𝐓𝐄𝐌𝐀𝐓𝐈𝐂𝐈: 𝐓𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐚 𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐢𝐯𝐚 – contro il mito delle Grandi Opere immaginare altri modi di vivere i territori O𝐥𝐭𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐠𝐫𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 – Resistere alla devastazione, riappropriarsi delle scelte, reinventare economie di misura 𝐋𝐚 𝐜𝐢𝐭𝐭𝐚’ 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐢𝐞𝐫𝐞 – Militarizzazione, espropri, speculazione: come organizzarci per contrastare l’assedio? 𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 – Esperienze di lotta, conflitti territoriali, intrecci di voci e percorsi condivisi difronte alla criminalizzazione dei movimenti Non solo per fermare il Ponte, ma per costruire insieme ciò che verrà. (Evento organizzato da Assemblea No Ponte, uno spazio di incontro tra singoli, collettivi e associazioni che da febbraio 2025 si riunisce in maniera orizzontale per confrontarsi e coordinarsi su analisi e prospettive della lotta per preservare lo Stretto) Al  link qui sotto è possibile aderire e prenotare pernottamento e pasti della due giorni che si terrà al forte S. Jachiddu il 17 e 18 maggio 2025. Per il pernottamento siamo in contatto con una serie di b&b sparsi per la città (prezzo tra le 20 e le 25 euro a notte). Per i pasti ci auto-organizzeremo direttamente al forte, prevedendo un menù semplice e con opzione veg. https://cryptpad.fr/form/   Redazione Sicilia