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CPR: LA MORTE DI ABEL OKUBOR E LE TRAGEDIE INVISIBILI NEI CENTRI PER IL RIMPATRIO
Ennesima morte nei Centri di Permanenza per il rimpatrio (CPR). Abel Okubor, un uomo di 37 anni originario della Nigeria, è deceduto per un presunto “malore” sabato 3 maggio nel lager per migranti di Brindisi. “Quando una persona di 37 anni muore in un CPR, non si può parlare semplicemente di un malore. È fondamentale capire cosa è successo prima che quel malore portasse alla morte. L’autopsia è fondamentale per comprendere la catena di eventi che ha determinato questa tragedia”, ha spiegato ai microfoni di Radio Onda d’Urto Nicola Cocco, medico della Rete Mai più Lager – No ai CPR. Nicola Cocco ha inoltre sottolineato la responsabilità dello Stato nell’assicurare la sicurezza e la salute di chi si trova in custodia. La morte di Abel Okubor non è un caso isolato: i CPR italiani, da anni, sono al centro di numerosi episodi di violenze contro i migranti e per le condizioni disumane a cui sono costrette le persone detenute. La situazione nei CPR, secondo Cocco, è sempre più simile a quella dei vecchi manicomi: “molte persone che si trovano nei CPR soffrono di problemi di salute mentale, ma non vengono adeguatamente trattate. I farmaci vengono somministrati senza un’adeguata supervisione, spesso solo per sedare e non per curare. Questo porta a una deriva manicomiale, dove le persone sono lasciate senza alcuna attenzione psicologica”, ha dichiarato il medico, facendo riferimento al caso del CPR di Gradisca d’Isonzo, dove recentemente si è registrata una situazione di abbandono psichiatrico. Le pessime condizioni di vita nei CPR italiani vengono ciclicamente denunciate. Un esempio delle difficoltà quotidiane è la situazione nel CPR di Torino, recentemente riaperto. Qui, il 1 maggio, si è verificata una protesta che è sfociata in scontri con le forze dell’ordine, con tre feriti tra le persone detenute. L’intervista di Radio Onda d’Urto a Nicola Cocco, medico della Rete Mai più Lager – No ai CPR. Ascolta o scarica