La difficile situazione della libertà di stampa nel mondo
La libertà di stampa sta vivendo un preoccupante declino in molte parti del
mondo.
Gli attacchi fisici contro i giornalisti sono senz’altro le violazioni più
visibili della libertà di stampa, ma anche la pressione economica rappresenta un
problema grave e insidioso, un fattore importante quanto sottovalutato, che sta
seriamente indebolendo i media.
Gran parte di ciò è dovuto alla concentrazione della proprietà, alla pressione
degli inserzionisti e dei finanziatori, e a un sostegno pubblico limitato,
assente o distribuito in modo poco chiaro.
Una grave situazione, resa evidente dai dati misurati dall’indicatore economico
dell’RSF Index che mostrano chiaramente che i media di oggi sono divisi tra il
preservare la propria indipendenza editoriale e garantire la propria
sopravvivenza economica.
Dei cinque indicatori principali che determinano il World Press Freedom Index,
l’indicatore che misura le condizioni finanziarie del giornalismo e la pressione
economica sul settore ha fatto scendere il punteggio complessivo mondiale nel
2025.
L’indicatore economico dell’RSF World Press Freedom Index 2025 ha toccato il
punto più basso della storia e la situazione globale è ora considerata
“difficile”.
Secondo i dati raccolti da Reporters sans frontières-RSF per il World Press
Freedom Index 2025, in 160 dei 180 paesi valutati, i media raggiungono la
stabilità finanziaria “con difficoltà” o “per niente”.
Peggio ancora, le testate giornalistiche stanno chiudendo i battenti a causa
delle difficoltà economiche in quasi un terzo dei Paesi del mondo.
È il caso degli Stati Uniti (57°, in calo di 2 posizioni), della Tunisia (129°,
in calo di 11 posizioni) e dell’Argentina (87°, in calo di 21 posizioni).
La situazione in Palestina (163°) è disastrosa.
A Gaza, l’esercito israeliano ha distrutto redazioni, ucciso quasi 200
giornalisti e imposto un blocco totale sulla Striscia per oltre 18 mesi.
Ad Haiti (112°, in calo di 18 posizioni), la mancanza di stabilità politica ha
gettato nel caos anche l’economia dei media.
Anche Paesi relativamente ben posizionati, come il Sudafrica (27°) e la Nuova
Zelanda (16°), non sono immuni da tali sfide.
Trentaquattro Paesi si distinguono per le chiusure di massa delle loro testate
giornalistiche, che hanno portato all’esilio di giornalisti negli ultimi anni.
Ciò è particolarmente vero in Nicaragua (172°, in calo di 9 posizioni),
Bielorussia (166°), Iran (176°), Myanmar (169°), Sudan (156°), Azerbaigian
(167°) e Afghanistan (175°), dove le difficoltà economiche aggravano gli effetti
della pressione politica.
In particolare, negli Stati Uniti (57°, in calo di due posizioni) l’indicatore
economico è sceso di oltre 14 punti in due anni e il giornalismo locale sta
pagando il peso della crisi economica: oltre il 60% dei giornalisti ed esperti
di media intervistati da RSF in Arizona, Florida, Nevada e Pennsylvania concorda
sul fatto che sia “difficile guadagnarsi da vivere come giornalista” e il 75%
ritiene che “l’emittente media lotti per la sostenibilità economica”.
Il calo di 28 posizioni del Paese nell’indicatore sociale rivela che la stampa
opera in un ambiente sempre più ostile.
“Il secondo mandato del presidente Donald Trump, si legge nel Report, ha già
intensificato questa tendenza, con falsi pretesti economici utilizzati per
riportare la stampa in carreggiata.
Ciò ha portato all’improvvisa cessazione dei finanziamenti all’Agenzia
statunitense per i media globali (USAGM), con ripercussioni su diverse
redazioni, tra cui Voice of America e Radio Free Europe/Radio Liberty , e, di
conseguenza, oltre 400 milioni di cittadini in tutto il mondo sono stati
improvvisamente privati dell’accesso a informazioni affidabili.
Analogamente, il blocco dei finanziamenti all’Agenzia statunitense per lo
sviluppo internazionale (USAID) ha bloccato gli aiuti internazionali degli Stati
Uniti, gettando centinaia di testate giornalistiche in uno stato critico di
instabilità economica e costringendone alcune a chiudere, in particolare in
Ucraina (62° posto).
Tagli ai finanziamenti che rappresentano un ulteriore colpo per un’economia dei
media già indebolita dal predominio che giganti della tecnologia come Google,
Apple, Facebook, Amazon e Microsoft hanno sulla diffusione delle informazioni:
queste piattaforme, in gran parte non regolamentate, stanno assorbendo una quota
sempre crescente di entrate pubblicitarie che normalmente sosterrebbero il
giornalismo.
Perdita di introiti pubblicitari che si accompagna alla concentrazione della
proprietà dei media: i dati dell’Indice mostrano che la proprietà dei media è
altamente concentrata in 46 paesi e, in alcuni casi, interamente controllata
dallo Stato.
L’Italia arretra nel World Press Freedom Index 2025 pubblicato da Reporters sans
frontières (RSF), scendendo al 49° posto su 180 Paesi, tre posizioni più in
basso rispetto al 2024 e a pesare su tale peggioramento è soprattutto
l’ingerenza della politica nei media pubblici, a partire dalla cosiddetta “legge
bavaglio”, che limita la pubblicazione di atti giudiziari.
Non mancano poi l’aumento delle pressioni economiche sui giornalisti, i tagli,
le concentrazione della proprietà editoriale e una precarietà diffusa.
Il rapporto evidenzia anche il peso delle organizzazioni mafiose, in particolare
nel Sud d’Italia, che continuano a minacciare e non di rado ad aggredire
fisicamente i giornalisti che si occupano di criminalità organizzata e di
corruzione: oltre 20 giornalisti sono sotto scorta per aver ricevuto minacce o
subito aggressioni legate a inchieste su mafia e corruzione.
In definitiva, l’Indice evidenzia come per oltre dieci anni i risultati abbiano
segnalato un declino della libertà di stampa a livello mondiale, toccando nel
2025 un nuovo punto basso: il punteggio medio di tutti i paesi valutati è sceso
sotto i 55 punti, rientrando nella categoria di “situazione difficile”.
Più di sei paesi su dieci (112 in totale) hanno visto il loro punteggio
complessivo nell’Indice scendere.
E per la prima volta nella storia dell’Index, le condizioni per esercitare il
giornalismo sono “difficili” o “molto serie” in oltre la metà dei paesi del
mondo e soddisfacenti in meno di uno su quattro.
Qui per approfondire:
https://rsf.org/en/rsf-world-press-freedom-index-2025-economic-fragility-leading-threat-press-freedom.
Giovanni Caprio