S’Atobiu 2025 a Tertenia (Sardegna): due giorni di tessiture di relazioni, di intrecci di saperi e di saper fare delle donne saper fare
Si è chiusa ieri sera a Tertenia (Ogliastra) la prima sessione di S’Atobiu,
festival dell’editoria indipendente. Due giorni di tessiture di relazioni tra
persone, di intrecci di saperi e di saper fare delle donne, relativi alla cura –
dalla nascita alla morte -, al lavoro e all’arte, in un clima di sorellanza, in
primo luogo, e di fratellanza, anche intergenerazionale, che ha coinvolto donne
e uomini, bambine e bambini. «I saperi e i saper fare delle donne – come scritto
nel comunicato di presentazione del Festival – sminuiti, temuti e criminalizzati
nel corso della storia».
Laboratori nei quali il saper fare delle donne sarde, ma anche del Cilento, si è
potuto sperimentare utilizzando le proprie mani, con la tessitura, la tintura
con le erbe, la cestineria, l’utilizzo delle piante officinali.
Gli incontri con relatrici e relatori, sempre partecipati con un ascolto
simpatetico, hanno scandito altri momenti dei quali è arduo riassumere le
conoscenze comunicate e le emozioni provate.
Prima giornata
La prima giornata (30 aprile) è iniziata con la presentazione della ricerca “Un
tuffo nel passato fra natura e magia” delle classi 4^B, 3^B e 3^A della Scuola
primaria d Tertenia con la lettura di testi e l’esposizione di elaborati. È
terminata con un’immersione nella sonorità della musica delle launeddas dei
sonadores Andrea Contu e Angelo Murgia che hanno accompagnato alcuni balli sardi
magistralmente eseguiti da alcune coppie del gruppo folk di Tertenia, che ha
coinvolto le persone convenute.
La giornata è stata scandita da incontri interessanti e coinvolgenti, a partire
dall’intervento di Cristina Muntoni, docente di Storia della sacralità
Femminile, su “La Dea Madre e il cerchio della vita”, relazione programmata per
un pubblico adulto, che si è trasformata in un incontro formidabile con le
scolaresche presenti.
Cartellone sulla Dea Madre – foto di Pierpaolo Loi
La mattinata si è conclusa col giornalista e scrittore Giacomo Mameli, ideatore
del festival letterario di Perdasdefogu, SetteSere SettePiazze SetteLibri, con
il suo intervento dal titolo “E Poi scoprimmo l’acqua. Hotel Nordamerica”.
Racconto avvincente sulla vicenda delle ostetriche inviate in Sardegna
nell’estate del 1939, tra le quali sua madre Ida Naldini. La mortalità
infantile, all’epoca era molto diffusa in Italia, soprattutto a causa della
mancanza di igiene. Con le ostetriche condotte, il governo fascista cercò di
arginare questa piaga che colpiva anche la Sardegna. L’acqua e il lavarsi
diventa il fattore determinante per creare un ambiente salubre, almeno nel luogo
del parto, che spesso era la cucina riscaldata dal focolare, ma tutta annerita
dal fumo. “E poi scoprimmo l’acqua”, dunque.
Il pomeriggio
Veronica Comida, esponente del collettivo transfemminista Bruxias Ogliastrinas,
nel suo intervento “Dalla levatrice alla sala parto” ha messo il focus sullo
smantellamento progressivo della sanità pubblica in Sardegna, in particolare in
Ogliastra, con la chiusura del Punto Nascita dell’Ospedale di Lanusei. Questo
taglio dei servizi sanitari in loco costringe le persone a disagi enormi e a
recarsi a Nuoro o a Cagliari, col rischio, talvolta, di partorire per strada. Il
pericolo è quello di assuefarsi a questo arretramento sui diritti, mentre è
necessario mobilitarsi e unirsi nei territori per la tutela dei diritti
fondamentali, riconosciuti dalla Costituzione repubblicana.
A seguire, il laboratorio “Tingere in blu” a cura di Tiziana Melis e Alessandro
Nonnoi. Laboratorio che ha coinvolto adulti e bambini nel processo e
nell’esecuzione della tintura di batufoli di lana con l’Isatid tintoria.
Laboratorio tintura con le erbe – foto di Pierpaolo Loi
L’incontro successivo con Rosaria Murru e Mirella Loddo di Casa Elicriso si è
rivelato un viaggio affascinante alla scoperta delle cure tradizionali,
attraverso le erbe officinali, ma anche dei saperi delle donne detentrici di un
potere di cura, che potremmo definire sciamanico, osteggiato spesso dalle
istituzioni.
Infine, Maria De Biase, dirigente dell’Istituto Omnicomprensivo di Torre Orsaia
(SA), ha raccontato, attraverso un video e il suo commento, il lavoro di ricerca
che ha coinvolto il suo Istituto su “Cilento, Donne e Tessiture”. In
particolare, l’utilizzo della ginestra per la costruzione di corde per la
marineria, o come legamenti nel lavoro agricolo. Lavoro, un tempo molto
importante, fatto collettivamente dalle donne, spesso ragazze di 15/17 anni nel
periodo della raccolta degli steli delle ginestre.
Il racconto di Maria De Biase è terminato con un finale che ha commosso le
persone presenti: la tragedia che ha sconvolto una comunità del Cilento per
l’annegamento di un gruppo di ragazze che rientravano a casa su una barca dopo
la raccolta delle ginestre. Il video è terminato con la canzone composta in
ricordo di questo tragico evento, durante l’attività interdisciplinare inerente
al progetto dell’Istituto scolastico.
Seconda giornata
La seconda giornata di incontri (1° maggio) è stata aperta dal laboratorio Su
tessingiu de prama e de iscraria (L’intreccio delle palme e dell’asfodelo)
condotto magistralmente da Luca Meloni e Giuseppina Putzu, entrambi di Tertenia.
Con l’intreccio dell’asfodelo le donne terteniesi creavano diversi tipi di
cestini dedicati alla lavorazione della farina e del pistoccu, un tipo di pane
utilizzato soprattutto nell’ambiente del lavoro agropastorale, per la sua durata
temporale. I cestini creati non erano utilizzati solo nell’ambito domestico, ma
anche come merce di scambio per contribuire al fabbisogno familiare. L’intreccio
delle palme è una tradizione più recente, legata all’ambito religioso, in
particolare ai riti della Domenica delle palme e della Settimana Santa.
Lavorazione dell’asfodelo e della palma
Nel secondo incontro della mattinata, Francesco Sardu, attento conoscitore della
storia e della cultura sarda, con la sua relazione su Mexinas de is feminas e
resistentzia (La medicina delle donne e la resistenza), ha proposto il racconto
di un passato lontano in cui la contrapposizione tra cultura ufficiale e cultura
popolare ha avuto l’apice con la repressione, in particolare nei confronti delle
donne, messa in atto dall’Inquisizione ecclesiastica e statale. Di fronte ad
essa, le comunità sarde, in particolar modo nei villaggi – ha affermato il
relatore – hanno messo in atto modalità di autodifesa e di determinazione per
salvaguardare la vita delle donne portatrici di saperi a causa dei quali
talvolta sono state portate in giudizio e condannate.
Pomeriggio
Dopo la pausa pranzo, nel primo pomeriggio, il laboratorio “Tessere relazioni”,
a cura dell’Associazione Rete donna aps di Villaputzu, che coinvolge donne di
tutti i paesi del Sarrabus. Una breve presentazione sulla nascita
dell’associazione come progetto per le donne in condizione di fragilità
psicologica economica e sociale: «uno spazio protetto per il lavoro di gruppo in
laboratorio e la tessitura come strumento di conquista della consapevolezza di
sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, sia nell’ambito
delle relazioni interpersonali sia in quello della vita politica e sociale». A
seguire il laboratorio che ha presentato gli elementi base della tessitura
tradizionale con il coinvolgimento delle persone presenti, tutte intente a
tessere con piccoli telai, districandosi fra trama e ordito, tra licci e fessure
del pettine, per ottenere un piccolo tessuto.
Il pomeriggio si è arricchito di tre incontri di un’intensità a dir poco
straordinaria con Damiano Rossi della “Stazione dell’Arte” di Ulassai che ha
presentato la figura dell’artista Maria Lai; con Adelina Talamonti col suo libro
«La carne convulsiva. Etnografia dell’esorcismo»; con Enedina Sanna con i suoi
contos (racconti) attinti dalle narrazioni orali registrate e conservate negli
archivi etnografici della Sardegna.
Damiano Rossi nella sua relazione su “L’ Eredità di Maria Lai” ha parlato
dell’universo poetico dell’insigne artista di Ulassai, all’interno del quale «la
tessitura dà forma a una molteplicità di riflessioni e racconta storie declinate
dal ritmo delle trame: tele e libri cuciti, sorprendenti geografie su stoffa,
installazioni visionarie come “Legarsi alla montagna” (1981), primo esempio in
Italia di arte relazionale».
Adelina Talamonti, nella sua relazione, “La costruzione della strega”, ha
evidenziato «come la figura della strega sia stata costruita in determinati
periodi storici da saperi (demonologico, giudiziario) e pratiche
(inquisitoriali) che ne definiscono le caratteristiche e giustificano la
repressione». Ha sottolineato, inoltre che la stregoneria non è una credenza o
una superstizione, ma un modo di rappresentare il mondo e le forze invisibili
che lo animano. La fissazione dell’immagine della strega è determinata dalla
rilettura in termini diabolici di saperi e pratiche popolari appartenenti alle
donne. Un accenno anche ad alcune interpretazioni femministe della stregoneria
che privilegiano l’appartenenza di genere, restituendo voce alle innumerevoli
donne processate e bruciate come streghe.
Enedina Sanna, esperta di storitellyng, fondatrice dell’Associazione culturale
“Archivi del Sud”, nel suo incontro su “Contos e Crochet. Intrecciare storie e
fili in tempo di guerra”, ha incantato il pubblico col suo narrare fiabe e
racconti della Sardegna. «Ho preso in mano su cruché come lo chiamava mia nonna,
maestra di uncinetto, ho ascoltato lo scorrere della lana tra le dita, ho
ritrovato gesti di bambina per curare il dolore di questo tempo di genocidio,
tempo di riarmo. A noi di questo tempo tocca il testimone di riprendere a
intrecciare i fili per rammendare la trama del mondo». Certamente il suo
raccontare ha immerso le persone in ascolto in sensazioni profonde di sollievo,
di cura del dolore e di desiderio di impegno per un altro mondo possibile.
Queste due splendide giornate, anche per il sole che ha brillato durante il
giorno e per le notti stellate, sono state rese possibili dall’encomiabile
lavoro di volontari e volontarie delle associazioni che hanno organizzato
l’edizione 2025 di S’Atobiu, in particolare il gruppo di Tertenia per
l’accoglienza calorosa, la presentazione delle relatrici e dei relatori, per i
pasti e i sorrisi condivisi. Essenziale è stata la presenza dei banchetti dei
libri delle case editrici che hanno aderito a questo festival. «Dictis non armis
– Con le parole non con le armi» (motto del festival “SetteSere SettePiazze
SetteLibri” di Perdasdefogu).
Pierpaolo Loi