Gli inesistenti progressi dell’Italia
In Italia sta andando tutto bene: è questa la conclusione a cui si arriva
ascoltando le quotidiane dichiarazioni di esponenti del Governo o della
maggioranza che lo sostiene in Parlamento. Sarà vero?
Un’occasione per verificare la distanza tra propaganda e realtà è fornita
dall’obbligo di presentare entro il 30 aprile al Consiglio dell’Unione europea e
alla Commissione europea il Documento di Finanza Pubblica (DFP), che in Italia è
stato approvato dal Governo il 9 aprile e dal Parlamento il 24 aprile.
Il DFP 2025 è suddiviso in due parti: la prima sezione include la “Relazione
annuale sui progressi compiuti nel 2024″, mentre la seconda sezione fornisce
“Analisi e tendenze della finanza pubblica”.
La prima parte è sicuramente la più interessante, perché va ricordato che il 19
giugno 2024 la Commissione europea ha pubblicato un Rapporto, in cui ha valutato
la conformità alla disciplina di bilancio prevista dalle regole dell’Unione
Europea da parte degli Stati membri. A conclusione dell’analisi dei fattori
rilevanti, la Commissione europea ha proposto l’apertura di una procedura di
infrazione (PDE) per sette Paesi: Belgio, Francia, Malta, Polonia, Slovacchia,
Ungheria e Italia.
Ovviamente, per questi Paesi che si trovano sotto la lente di ingrandimento
dell’Istituzione europea è fondamentale dimostrare di aver intrapreso una strada
virtuosa, per evitare pesanti sanzioni.
Infatti, nella Relazione del DFP presentata dall’Italia si legge: “Le previsioni
e le simulazioni aggiornate in questo Documento suggeriscono di ritenere che le
misure incluse nella manovra di bilancio per il triennio 2025-2027 siano state
efficaci nel conseguire gli obiettivi che il Governo italiano si era prefissato
e che la Commissione confermerà molto probabilmente questo giudizio nella sua
valutazione sulle azioni previste ai fini della procedura PDE in corso” (pag.
78-79). Da notare che il Governo – in modo non corretto – prefigura già il
giudizio della Commissione europea.
In realtà, leggendo la Relazione inviata in Europa sui progressi compiuti
dall’Italia nel 2024, c’è da dubitare di quel “confermerà molto probabilmente”
un giudizio positivo.
Ecco i punti fondamentali della DFP:
1. Nel complesso la pressione fiscale è salita nel 2024 al 42,6 per cento dal
41,4 per cento nel 2023. L’incremento del fabbisogno ha contributo
all’aumento del rapporto debito/PIL, che dal 134,6 per cento del 2023 è
passato al 135,3 per cento del 2024 (pag. 43).
2. Per il 2025 “risulterebbe un lieve aumento della pressione fiscale
complessiva”, mentre il rapporto debito/PIL del 2025 è previsto al 136,6 per
cento (pag. 48). Nel 2026 il rapporto debito/PIL arriverà al 137,6 per cento
(pag. 50).
3. La spesa per interessi sul debito pubblico nel 2023 è stata di 78 miliardi
di euro, pari al 3,7 per cento del PIL. Nel 2024 e nel 2025 è previsto che
la percentuale sul PIL salga al 3,9% (pag. 68). Nel 2026 salirà al 4,0% e
nel 2027 al 4,2% (pag. 73).
In sintesi, sono aumentate la pressione fiscale, il debito pubblico e la spesa
per interessi. E nei prossimi anni si prevede un peggioramento. Tutto ciò non va
sicuramente nella direzione indicata dalla Commissione europea che aveva chiesto
esplicitamente che “il Governo italiano adotti, o programmi, misure
discrezionali di bilancio efficaci volte a porre fine in modo duraturo
all’eccesso di deficit, rispettando gli obiettivi indicati nella
raccomandazione” (pag.77).
È interessante constatare che ad aumentare è soltanto il debito delle
amministrazioni centrali: 2.905 miliardi di euro nel 2024, 3.021 miliardi nel
2025, 3.138 nel 2026 e 3.218 nel 2027. Invece, quello delle amministrazioni
locali è relativamente piccolo e in continuo calo: 109 miliardi di euro nel
2024, 108 miliardi nel 2025, 106 nel 2026 e 104 nel 2027 (pag. 54). Da anni si
discute di federalismo fiscale, ma nella realtà continua a prevalere il
centralismo in deficit.
Nel DFP c’è anche un elemento sicuramente positivo: “Il risultato raggiunto nel
2024 dall’attività di contrasto all’evasione fiscale rappresenta il valore più
elevato registrato negli ultimi anni in termini di recupero di gettito.
L’Agenzia delle entrate ha infatti riscosso complessivamente 26,3 miliardi,
ovvero 1,6 miliardi in più rispetto al 2023” (pag. 97). Resta però da spiegare
perché nel 2025 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, che ha raggiunto questi
risultati record, sia stato sostituito. Viene il dubbio che forse l’Agenzia sia
diventata “troppo” efficiente…
Rocco Artifoni