Nakazawa Keiji / 80 anni dopo Hiroshima
”Riposate in pace perché noi non ripeteremo il male” (Asurakani nemutte kudasai.
Ayamachi wa kurikaeshimasenkara). Questa frase è incisa sul Memoriale della
Bomba di Hiroshima, luogo di ritrovo ogni anno per migliaia di giapponesi per
non dimenticare. È significativo ricordare che il sito è patrimonio dell’UNESCO
solo dal 1996 per una decisione presa con opposizione degli USA e l’astensione
della Cina. Al suo interno è racchiuso un registro con i nomi di tutte le
vittime dell’esplosione atomica. Quest’anno cade un triste anniversario, sono
infatti trascorsi ottant’anni dallo sgancio delle due bombe atomiche ma facciamo
un ripasso di storia.
Sono le 8.15 del 6 agosto 1945 e gli Stati Uniti sganciano la prima bomba
atomica su Hiroshima, la seconda esplosione avverrà solo qualche giorno dopo, il
9 agosto e la città prescelta stavolta sarà Nagasaki. La seconda guerra mondiale
è agli sgoccioli e il Giappone è al collasso. Le conseguenze sono devastanti:
esseri che un tempo erano persone camminano come ombre mentre la loro pelle si
scioglie letteralmente a causa del fallout radioattivo e una sete folle li
coglie. Con una potenza di sedici chilotoni Little Boy, il primo ordigno
nucleare, spazza via in pochi minuti oltre ottantamila giapponesi lasciando
sconvolta nel profondo l’intera nazione.
Tra i pochi sopravvissuti c’è Keiji Nakazawa che all’epoca ha sei anni e che
nell’esplosione perde parte della famiglia. Da questa terribile esperienza nasce
la sua opera principale Gen di Hiroshima (Hadashi no Gen letteralmente Gen a
piedi nudi). Il protagonista è un bambino di sei anni nato e cresciuto a
Hiroshima che nell’esplosione perde gran parte della famiglia. Decisamente
autobiografico non trovate? Ma la sua rabbia per quanto successo e per le
conseguenze della bomba – le radiazioni colpiranno intere generazioni negli anni
a seguire provocando malformazioni, tumori e leucemie – è presente e
caratterizza tutti i suoi manga, incluso Colpiti da una pioggia nera.
Gli A-bomb manga, così vengono definiti, raggiungono il loro apice quantitativo
negli anni che vanno dal 1954 al 1973, anche in relazione ad un incidente del
marzo del ’54 in cui una nave da pesca giapponese fu contaminata dalle ricadute
radioattive di un test nucleare statunitense sull’atollo Bikini (un episodio
espressamente richiamato anche nel primo Godzilla di Ishirō Honda, dello stesso
anno). La bomba atomica viene esplicitamente rappresentata e raccontata nei
fumetti come una sovrastante minaccia per la specie umana: oltre settanta opere
pubblicate in questo arco di tempo definiscono l’età dell’oro degli A-bomb.
La figura dell’hibakusha – come vengono chiamati i sopravvissuti alla duplice
esplosione nucleare – diventa lo spunto narrativo anche di questa antologia di
Nakazawa. Al centro di tutti i racconti, come “non persone” sono disprezzati
dagli altri giapponesi e spinti ai margini della società senza un sostegno
economico per le malformazioni con cui sono costretti a vivere. Rifiutati perché
persino i loro figli generano bambini malati, gli hibakusha sono sfruttati e
maltrattati anche dagli americani, arrivati dopo l’esplosione per studiare in
loco gli effetti delle radiazioni sui loro corpi, e dimenticati dall’imperatore
a cui hanno dato tutto.
In queste storie, ambientate alla fine degli anni Sessanta, Nakazawa sottolinea
però oltre all’indicibile sofferenza provata, anche la forza di un popolo che,
nonostante tutto, ha voglia di vivere e andare avanti. Se è palese l’odio nei
confronti di coloro che hanno organizzato questa crudele ecatombe, gli
americani, l’autore evidenzia anche l’insensatezza di una guerra che ha portato
solo povertà ad un popolo ora in ginocchio. Una guerra che ha cambiato per
sempre il volto e il modo di pensare del Giappone, mischiando due culture
opposte, quella occidentale e quella orientale, portando quest’ultima sulla
rotta del capitalismo.
“Noi che avevamo assistito e avevamo subito il bombardamento sulla nostra pelle
non trovavamo le parole. Ascoltandoci a vicenda, scoprimmo che ciascuna delle
nostre esperienze personali non era che un frammento minuscolo di un affresco
dell’enorme catastrofe. Se il racconto orale fosse rimasto l’unica
comunicazione, nel tempo quei fatti reali sarebbero stati persi o distorti. Per
le generazioni future, volevo un resoconto fatto di parole scritte dagli
hibakusha.”
Un’interessante postfazione completa il volume approfondendo l’argomento della
bomba e arricchendolo con notizie e nozioni storiche, come ad esempio il
discorso sopra citato del sindaco di Hiroshima Hamai Shinzò (in carica dal 1947
al 1955 e poi dal 1959 fino al 1967) che si fa promotore di un archivio di
shuki, ovvero di appunti e di memorie e di kiroku, le cronache dei
sopravvissuti della sua città. Paolo La Marca ci racconta invece un po’ nel
dettaglio la storia della letteratura giapponese sull’atomica.
Keiji Nakazawa è un sopravvissuto. La bomba cade a 1,2 km da dove si trova e si
salva per miracolo ma il prezzo da pagare per lui è molto alto. Perde il padre,
il fratello minore e la sorella maggiore. Nel 1955 lavora presso la bottega di
un artigiano di insegne e disegna fumetti da autodidatta, ma è nel 1961 quando
si trasferisce a Tokyo, dove lavora come assistente di un mangaka, che la sua
vita professionale vive una svolta. Colpiti da una pioggia nera vede la luce nel
1968 suscitando reazioni fortissime mentre nel 1973 comincia la serializzazione
di Gen di Hiroshima sulla rivista settimanale “Shukan Shonen Jump” che riscuote
enorme successo sia tra i ragazzi che tra gli adulti, diventando un best e un
long seller tradotto in tutto il mondo oltre a ispirare un film animato e una
serie televisiva live action. Nakazawa ci ha lasciato nel dicembre del 2012.
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