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Ancora morti nel Mediterraneo
Ieri una ragazza ventenne ha perso la vita in un naufragio a 45 miglia nautiche da Lampedusa. Il barchino di ferro su cui viaggiava insieme a una cinquantina di persone ha iniziato ad affondare, e secondo i sopravvissuti anche un’altra donna sarebbe dispersa. Mentre il nostro aereo da ricognizione Seabird dava supporto dall’alto, i circa 50 sopravvissuti sono stati soccorsi dalla Guardia Costiera italiana che, con il supporto della nave ong Dakini, ha anche recuperato il corpo della ragazza. Quante altre giovani vite dobbiamo ancora perdere? Sea Watch
Humanity 2, una nuova barca a vela per la ricerca e soccorso nel Mediterraneo
Con la barca a vela Humanity 2, l’organizzazione di ricerca e soccorso SOS Humanity, attiva da dieci anni, sta portando una seconda nave di soccorso nel Mediterraneo centrale. La barca a vela, lunga circa 24 metri, è attualmente in fase di acquisto da parte di SOS Humanity e sarà poi convertita. A partire dalla metà del 2026, la Humanity 2 colmerà un gap letale al largo delle coste tunisine come nave di soccorso e di monitoraggio. “Le rotte migratorie nel Mediterraneo stanno diventando sempre più pericolose perché l’UE paga i Paesi terzi per intercettare i rifugiati. Invece di salvare vite umane, l’Europa si sta isolando a tutti i costi e rendendo il Mediterraneo ancora più letale”, afferma Till Rummenhohl, amministratore delegato di SOS Humanity. “Nella zona marittima al largo della Tunisia si è creato un vuoto di operazioni di soccorso che mette a rischio la vita delle persone ed è caratterizzato da violazioni sistematiche dei diritti umani da parte della Guardia Costiera tunisina. Le imbarcazioni scompaiono senza lasciare traccia perché la Tunisia impedisce la ricognizione aerea e il Centro di coordinamento dei soccorsi tunisino non coordina adeguatamente i soccorsi. Le persone fuggono su imbarcazioni metalliche altamente pericolose che affondano rapidamente. Questa drammatica realtà ci spinge ad agire. Con la barca a vela Humanity 2 salveremo vite umane e documenteremo le violazioni dei diritti umani al largo della Tunisia, dove l’Europa sta fallendo. La nostra barca a vela è perfettamente complementare alla Humanity 1, che opera al largo della Libia. In questo modo saremo in grado di soccorrere più persone in pericolo in mare e aumentare la pressione sui responsabili”. Il veliero è attualmente ancora ormeggiato in un porto sulla costa francese, ma sarà trasferito in Sicilia nel mese di novembre e dovrebbe essere sottoposto a lavori di conversione presso il cantiere navale a partire da dicembre. SOS Humanity sta ora raccogliendo donazioni per finanziare il progetto. “Soprattutto ora che il nuovo governo federale tedesco ha tagliato tutti i finanziamenti statali, abbiamo più che mai bisogno del sostegno della società civile”, sottolinea Till Rummenhohl. “Siamo fermamente convinti che la maggioranza dei cittadini europei non voglia semplicemente lasciare annegare chi cerca protezione nel Mediterraneo. La società civile ci ha permesso di salvare oltre 39.000 persone in dieci anni e continuerà a sostenere il nostro lavoro di soccorso”. Questa solidarietà e umanità in azione dovrebbero servire da esempio ai politici. Dal 2015, l’UE e i suoi Stati membri non sono riusciti a istituire un programma europeo di ricerca e soccorso per porre fine alle morti nel Mediterraneo. Al contrario, sono complici di violazioni dei diritti umani e ostacolano deliberatamente il lavoro delle organizzazioni di soccorso in mare. Ma non ci faremo intimidire; continueremo con una seconda nave!”. Redazione Italia
Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, in dieci anni 28.000 vittime nel Mediterraneo
Il Mediterraneo centrale si conferma la rotta migratoria più letale al mondo, con migliaia di persone che ogni anno rischiano la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), come si legge nel nuovo report interattivo “Missing Migrants and Countries in Crisis”, dal 2014 ad oggi sono morte o scomparse oltre 28mila persone nel “mare nostrum”, di cui la maggior parte proprio nel tratto che separa la Libia dall’Italia, ovvero il Mediterraneo centrale. La risposta? Uno sforzo coordinato e umanitario, secondo gli esperti dell’agenzia delle Nazioni Unite. Cause di morte delle persone in movimento in tutto il mondo: più della metà annegano I numeri della tragedia: oltre 28mila vittime del Mediterraneo centrale Il report IOM evidenzia che dal 2014 ad oggi sono state registrati oltre 28mila tra morti e dispersi lungo le principali rotte migratorie verso l’Europa. Di questi, oltre 20mila decessi sono avvenuti nel Mediterraneo centrale, la rotta più letale al mondo. Solo nel 2023, oltre 2.500 persone sono morte nel tentativo di attraversare il mare, un dato che sottolinea come la situazione stia peggiorando anno dopo anno. Questi numeri, purtroppo, sono destinati a essere sottostimati, in quanto non tutti i naufragi vengono registrati, a causa dell’impossibilità del monitoraggio delle acque e della mancanza di un sistema di soccorso efficiente. La tragica realtà è che molte persone muoiono non a causa delle difficoltà del viaggio, ma a causa dell’assenza di soccorsi in tempo utile. Centinaia, anche migliaia potrebbero essere i “naufragi invisibili”, di cui non si ha alcuna notizia. I numeri, dice l’OIM, sono “immensamente sottostimati”. Luoghi dove muoiono le persone in movimento: al primo posto c’è la Libia Le cause principali della migrazione: guerre, povertà e disastri climatici Oltre ai numeri, il report esplora anche le cause profonde che spingono le persone a intraprendere viaggi così pericolosi. Conflitti armati, instabilità politica e disastri climatici sono tra i fattori principali. Paesi come la Libia, il Sudan, lo Yemen e l’Afghanistan sono i principali Paesi di origine per i migranti diretti verso l’Europa, ma anche le difficoltà economiche e le carestie in Africa sub-sahariana stanno accelerando l’emigrazione. L’IOM sottolinea che i migranti sono sempre più vulnerabili, con migliaia di persone costrette a fuggire da conflitti e violazioni dei diritti umani, senza alcuna garanzia di protezione lungo il loro cammino. Conclusioni: la necessità di un soccorso in mare coordinato e di vie legali per i migranti Il report dell’IOM si conclude con un appello agli Stati per garantire la sicurezza delle persone in transito, nel rispetto degli obblighi internazionali. L’assenza di vie legali sicure per l’ingresso in Europa è – secondo l’OIM – un fattore che costringe i migranti a rischiare la vita attraversando rotte pericolose e affidandosi ai trafficanti. L’IOM richiede anche una risposta più umanitaria e coordinata da parte degli Stati, con l’obiettivo di proteggere i migranti e salvare vite umane. Taurino: “Nel Mediterraneo le Ong sono l’unica risposta umanitaria a una crisi senza fine” “Sono le Ong come SOS MEDITERRANEE a colmare il vuoto colpevolmente lasciato dagli Stati, e il report dell’Oim implicitamente lo conferma” – dichiara Valeria Taurino, direttrice generale di SOS MEDITERRANEE Italia. “Da anni denunciamo la mancanza di coordinamento e il vuoto di soccorsi con cui gli Stati europei e l’Italia, volutamente, creano una barriera e una cortina di silenzio, venendo meno agli obblighi dettati dal diritto marittimo internazionale ma, prima ancora, dai doveri di umanità”. “Purtroppo – continua Taurino – sappiamo già che questo report sarà ignorato da una classe dirigente europea che ha deciso di farsi sorda al grido che proviene dal nostro mare, ma ci auguriamo che questo dolore sia invece ascoltato da sempre più persone nella società civile che rifiutano di perdere la propria umanità”. Redazione Italia