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I Paesi più ricchi sono anche quelli meno generosi
In tutto il mondo, le persone donano il 40% del valore delle loro donazioni direttamente a persone bisognose, il 36% a enti di beneficenza e il 24% a organizzazioni religiose, con donazioni effettuate tramite ciascuna di queste modalità che tendono a essere di entità simile (in altre parole, chi dona tramite una modalità non è più generoso di chi dona tramite un’altra). Le donazioni religiose e quelle dirette a chi è nel bisogno sono più diffuse in Africa, mentre le donazioni in beneficenza sono più comuni in Oceania. E’ quanto si legge nel nuovo World Giving Report, che svela il quadro completo della generosità globale, predisposto da Charities Aid Foundation – CAF, un’organizzazione benefica, che opera al centro del mondo del dono (https://www.cafonline.org/O). E’ l’Africa il continente più generoso del mondo: gli africani donano in media l’1,54% del loro reddito a buone cause, mentre gli europei ne donano solo lo 0,64%. L’Africa è il continente più generoso al mondo, sia per quanto riguarda la quota di donazioni effettuate dai donatori rispetto al loro reddito (1,54%), sia per la percentuale di persone che hanno donato (72%). A Hong Kong la maggior parte delle donazioni viene devoluta a enti di beneficenza (77%), mentre in Sierra Leone la percentuale è la più bassa (6%). In Angola, le donazioni più consistenti avvengono per via religiosa, con oltre la metà (55%) del valore delle donazioni effettuate tramite questa modalità. Tuttavia, in Sudan solo il 3% del valore delle donazioni avviene tramite canali religiosi. In Yemen, le donazioni dirette sono la priorità più che in qualsiasi altra parte del mondo, con l’80% del valore delle donazioni effettuato tramite questa modalità, rispetto ad appena il 9% a Hong Kong. A livello globale, le persone hanno donato in media l’1,04% del loro reddito. Questo include le donazioni a enti di beneficenza, le donazioni dirette a persone bisognose e le donazioni a organizzazioni religiose o per motivi religiosi. Di converso, le persone nei Paesi ad alto reddito tendono a donare meno in percentuale del loro reddito annuo, donando in media solo lo 0,7%. Questa percentuale è circa la metà di quella dei Paesi a basso reddito, dove le persone donano in media l’1,45% del loro reddito. Dei cinque Paesi meno generosi al mondo, tre appartengono al G7: Francia, Germania e Giappone. Il Giappone, infatti, è quello meno generoso: solo il 16% delle persone dona e in media devolve solo lo 0,16% del proprio reddito a buone cause. Questa percentuale è quasi 18 volte inferiore rispetto a quella della Nigeria. Nell’indagine è stato chiesto alle persone anche quali fossero le cause finali che sostenevano attraverso le loro donazioni. Solo i bambini e i giovani rientrano nelle prime cinque cause in ogni continente. In Africa, le organizzazioni religiose sono le più popolari, mentre in Asia la lotta alla povertà e in Europa gli aiuti umanitari e gli interventi in caso di calamità. Il problema dei senzatetto è tra le cause più sostenute in tutte le Americhe, mentre le organizzazioni di beneficenza per la salute sono al primo posto in Oceania. Ben il 37% dei donatori religiosi ha donato solo a cause non apertamente religiose, a dimostrazione di quanto la religione ispiri donazioni più ampie, come la lotta alla povertà, i senzatetto o gli aiuti umanitari. Per quanto riguarda, invece, l’attività di volontariato, solo circa una persona su quattro fa volontariato (26%), il che significa che coloro che lo fanno probabilmente dedicano circa una settimana di volontariato (34 ore), per compensare coloro che non lo fanno. E anche in questo caso, l’Africa è il continente più generoso con il tempo a disposizione, con una media di 14 ore e 30 minuti a persona, mentre l’Europa è il meno generoso con sole 6 ore e 30 minuti. L’Asia ha una media di 7 ore e 30 minuti a persona nel 2024. Qui per approfondire: https://www.worldgivingreport.org/. Qui per scaricare il Rapporto: https://www.worldgivingreport.org/gated. Giovanni Caprio
C’è chi è presente nei momenti belli e in quelli brutti, come nel caso di Roberto Rojas
È facile dare una manoquando si ha il vento in poppa e tutto viene facilmente, la vita procede con orizzonti aperti e l’amicizia consente convergenze che danno il via a progetti. Così sono stati gli inizi  per molti dei collaboratori di Pressenza che, comprendendo l’importanza di un progetto di comunicazione internazionale in cui l’umanesimo poteva sfidare le narrazioni delle violente versioni ufficiali, hanno offerto volontariamente il loro tempo per collaborare al suo sviluppo. Ma poi questo tentativo dovette essere sostenuto giorno dopo giorno, e dotato di uno status legale che gli permettesse di operare a livello internazionale – un’impresa tutt’altro che facile, tra l’altro. Pochi, molti meno, osarono sostenere il gruppo, proporre il proprio nome e partecipare attivamente al gruppo di lavoro legale. Ci siamo anche espansi in sempre più lingue, ed è stato necessario diversificare le nostre funzioni, rispondendo ai progressi compiuti in ogni lingua da questa Agenzia di Stampa Internazionale che ha seguito la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza. Roberto era responsabile dell’archiviazione della rassegna stampa in ogni lingua, di ogni trasmissione radiofonica, di ogni trasmissione televisiva e, naturalmente, dei post delle prime piattaforme di social media che hanno iniziato a operare all’inizio del secondo decennio di questo secolo. Ha continuato il suo compito di archiviazione anche dopo la conclusione della Marcia, recuperando le pubblicazioni dei nostri partner anche quando provenivano dalle località più remote. A un certo punto abbiamo voluto sollevarlo dai suoi incarichi e abbiamo cercato un servizio specializzato, ma era così costoso che abbiamo continuato a fare affidamento sul suo lavoro volontario e solo allora ci siamo resi conto di quanto ci stava dando. Roberto Rojas è stato un collaboratore prezioso, sempre presente e disponibile ad assumere nuovi ruoli. Ha lavorato per anni nel  gruppo economia. È stato anche un importante punto di riferimento per diverse testate giornalistiche di Buenos Aires. La vita e la salute lo hanno messo a dura prova, eppure non ha mai smesso di dare una mano. Forse la sua partecipazione è diventata più silenziosa, la sua presenza meno tangibile, ma è stato lì fino alla fine. Ora che ci ha lasciato, vorremmo esprimere la gratitudine che forse non esprimiamo mai. Perché in questi progetti straordinari, diamo tutti per scontato di fare volontariato per vocazione, per necessità, con uno scopo sociale ben definito. Ma raramente ci interroghiamo sulle difficoltà che il volontario deve superare per continuare, su cosa significhi esserci per loro nel bene e nel male, e non ci ricordiamo di ringraziare. Ora che Roberto si sta muovendo verso la Luce, vorremmo accompagnarlo esprimendogli la nostra più profonda gratitudine per essere sempre stato lì. Pía Figueroa
Il volontariato è scuola di socialità responsabile e solidale
E’ stata presentata “NOI+. VALORIZZA TE STESSO, VALORIZZI IL VOLONTARIATO”, una  ricerca promossa dal Forum Terzo Settore e dalla Caritas Italiana, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre, che indaga le competenze agite durante le esperienze di volontariato e le motivazioni individuali che spingono all’impegno solidale. Obiettivo dell’indagine è far compiere al nostro Paese passi in avanti sul piano del riconoscimento delle competenze trasversali, in ambito scolastico e lavorativo, di chi opera nel Terzo settore, realizzando quanto già disposto dal Codice del Terzo Settore. La ricerca “NOI+”, che ha coinvolto circa 10mila volontari in tutta Italia, rileva che oltre il 50% dei rispondenti mette in campo, spesso o sempre nelle proprie attività di volontariato, le 11 tipologie di competenze trasversali (le cosiddette “soft skills”) indicate. Le competenze più agite sono quelle sociali (92,5%), che attengono all’empatia, alla capacità di comunicare in modo efficace e collaborare, seguite con l’86,9% dalla competenza di “apprendere ad apprendere” (intesa come capacità di imparare e sviluppare pensiero critico durante tutte le fasi della vita) e dalle competenze personali (come la capacità di gestire le proprie emozioni e di affrontare i cambiamenti) all’85%. Supera l’80% anche la competenza di cittadinanza, ovvero la capacità di agire da cittadini responsabili e partecipare pienamente alla vita civica e sociale. Dall’indagine emerge come il volontariato non sia percepito solo come servizio, come “fare”, ma sia vissuto consapevolmente come opportunità di crescita personale, come possibilità di cambiare il proprio modo di pensare, la propria visione del mondo. Un’opportunità di apprendimento permanente, che contribuisce a dare valore a se stessi e anche a comprendere la realtà per trasformarla.  Di contro, le “soft skills” meno agite sono quelle manageriali e di leadership con il 43,4% del campione che ha risposto di utilizzarle qualche volta o mai, la competenza imprenditoriale al 42% e le competenze legate alla gestione del cambiamento con il 39,3%. L’indagine NOI+ rileva un divario di genere: in 9 tipologie di competenze su 11 sono le donne a prevalere, con una differenza che supera i dieci punti percentuali nelle competenze interculturali (+12,4% rispetto agli uomini) e in materia di consapevolezza ed espressione culturali (+10,7%). Fanno eccezione le competenze manageriali e di leadership e la competenza digitale. Per quanto riguarda la distribuzione per età, le competenze personali e sociali sono più presenti nei volontari tra i 18 e i 30 anni, mentre la capacità di apprendere è tipicamente associata ai 30-45enni. Le competenze di cittadinanza sono invece più riconosciute tra i 45-65enni. In merito alle motivazioni che spingono i rispondenti a svolgere attività di volontariato emerge, oltre al contributo alla comunità (87,6%), altre motivazioni che includono l’arricchimento professionale (32,1%), la fede nella causa del gruppo (31,7%) e la volontà di rispondere ai bisogni urgenti della società (26,7%). Oltre la metà dei volontari (53,8%) ritiene che il proprio impegno abbia un forte impatto nel modificare la realtà, ad esempio rendendo migliori la cultura, gli stili relazionali, i modelli sociali e anche l’organizzazione dei servizi. Inoltre, più del 75% afferma che fare volontariato ha cambiato profondamente il proprio modo di pensare, specialmente tra i giovani adulti. Tra i giovani volontari con età fino a 30 anni, assumono valori molto maggiori la possibilità di esplorare i propri punti di forza e mettersi alla prova (+18,2%) e l’opportunità di arricchimento professionale (+17,4%), mentre è percepita con meno intensità l’urgenza di far fronte ai bisogni (-10,6%). I giovani volontari, inoltre, sono maggiormente convinti, rispetto alla media, che fare volontariato contribuisca a cambiare la realtà (+6,5%) e che il volontariato cambi il loro modo di pensare (+4,6%). “Il bene degli altri e quello personale, si legge nel report,  viaggiano insieme, nella logica della comunità I volontari non separano in modo manicheo l’impegno altruistico da quello per la crescita personale, il prendersi cura degli altri e della comunità e il prendersi cura di sé, delle proprie aspirazioni e del proprio sviluppo. Manifestano invece un approccio laico, integrante, capace di conciliare l’interesse generale e quello personale, che trova una sintesi nel senso di comunità e nell’appartenenza a una o più comunità, superando nel “noi” la dicotomia fra “io” e “altri”. Dall’indagine “NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato” è stato realizzato il volume “Analisi e innovazione dei processi formativi del Terzo settore: competenze strategiche dei volontari”, a cura di Patrizia Bertoni, Paolo Di Rienzo e Giovanni Serra. Nelle osservazioni conclusive del volume si legge: “Garantire la possibilità di riconoscere quanto si impara facendo aumenta il valore dei risultati ottenuti da ogni persona, accrescendo il potenziale apporto positivo che può fornire alla realtà in cui vive e opera. Scopo precipuo non solo degli attori istituzionali, ma anche dei soggetti sociali, deve essere quindi quello di favorire le condizioni per cui ogni volontario possa sviluppare pienamente le proprie potenzialità per contribuire in modo consapevole, proficuo, inclusivo e responsabile al miglioramento della società nel suo complesso”. Qui per scaricare la ricerca completa: https://www.forumterzosettore.it/files/2025/04/Analisi-e-innovazione-dei-processi-formativi-del-Terzo-settore_Cop-con-marchi-1.pdf.  Giovanni Caprio