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Guerra grande, strozzature e specchi di faglia
Qui il pdf: guerra grande, strozzature e specchi di faglia GUERRA GRANDE, STROZZATURE E SPECCHI DI FAGLIA Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso e non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia. Sun Tzu, L’arte della guerra «Questo è il momento della pace attraverso la forza. È il momento di una difesa comune. Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi sarà necessario più coraggio. E altre scelte difficili ci attendono. Il tempo delle illusioni è finito.» Così dichiarava, il 4 marzo scorso, la presidente della Commissione UE Ursola Von der Leyern presentando un piano di 5 punti per il riarmo degli Stati appartenenti all’Unione Europea, mobilitando quasi 800 miliardi di euro per le spese per la difesa. L’annuncio precede e si aggiunge al maxi fondo tedesco da 500 miliardi di euro che il Bundestag, il parlamento tedesco, ha approvato il 18 marzo con i voti della SPD, della CDU-CSU e dei Verdi, unitamente alle modifiche costituzionali per investire nel riarmo e per superare lo “scoglio” del limite del debito e della spesa statale. L’accordo multimilionario per finanziare la difesa tedesca dà a sua volta impulso al piano di riarmo europeo. Quest’ultimo è strutturato ed articolato su 5 punti strategici. Il primo punto del piano “ReArm Europe” prevede l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del patto di stabilità (ovvero il regolamento che disciplina i bilanci degli Stati UE). Questa misura permetterà agli Stati membri di aumentare la spesa per il riarmo anche oltre il limite del 3% del deficit senza incorrere nella procedura di infrazione europea. In pratica i governi potranno investire di più in armamenti senza temere sanzioni dell’UE (cioè fare ciò che tutti i governi e politici sia di destra che di sinistra dicevano che era impossibile per le spese sociali e sanitarie). Il secondo punto prevede un nuovo strumento finanziario da 150 miliardi di euro per investimenti militari “condivisi”. La particolarità è che questi investimenti militari saranno per equipaggiamenti standardizzati fra eserciti di Stati diversi, così da assicurare che i sistemi militari possano operare assieme in caso di guerra. Per istituire questo meccanismo la Commissione UE utilizzerà l’articolo 122 del trattato dell’Unione, che consente di costruire strumenti finanziari di emergenza senza l’approvazione del parlamento degli Stati europei. Il terzo punto introduce la possibilità di utilizzare i fondi destinati alla pacificazione sociale (i cosiddetti “fondi di coesione” presenti in ogni “piano di resilienza” introdotto negli anni passati ed emanazione diretta del manifesto della borghesia e degli Stati europei, ovvero il documento Next generation UE) per progetti di riarmo di guerra. Il quarto punto del piano prevede il coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti nel finanziamento a lungo termine per investimenti di natura militare, mentre il quinto e ultimo punto ordina la mobilitazione generale del cosiddetto capitale privato, ovvero il furto di classe dei piccoli risparmi delle classi sociali non privilegiate del vecchio continente per finanziare la guerra dei padroni e degli Stati, drenando soldi dai piccoli conti bancari per trasformarli in capitali di rischio in investimenti militari e nella re-industrializzazione del vecchio continente. Il provvedimento proposto da Mario Draghi ed Enrico Letta dopo il successo ottenuto negli anni passati a danno delle classi sfruttate per finanziare le grandi opere nello Stato italiano (anche in questo caso, come per il “fronte interno” degli Stati articolato nelle misure repressive, la classe dominante e lo Stato italiano fanno scuola in Unione Europea). L’ideologia nazionalista fa da involucro e da parte in causa nel muovere la guerra globale, sia nelle sue varianti dichiaratamente reazionarie (ad esempio tutti i partiti di estrema destra chiedono maggiori attenzioni ai vari riarmi nazionali) sia nelle varianti progressiste e sinistrorse (evidenti sono, ad esempio, le dichiarazioni in Francia di alcuni esponenti del Nouveau Front Populaire sull’urgenza di ri-creare un’ideologia patriottica e nazionalista di sinistra). In questo clima di union sacrée e di mobilitazione delle coscienze e dei corpi, disertare (per quanto ci riguarda) dal fronte occidentale diviene un’urgenza sempre più impellente. Come fare? Cerchiamo innanzitutto di fotografare le dinamiche e di fissare alcune coordinate della “Guerra Grande” in corsa sempre più veloce sul piano inclinato che ci sta portando verso l’abisso, partendo dal fronte orientale europeo e tenendo ben saldi nelle mani il sestante del disfattismo rivoluzionario e dell’internazionalismo antiautoritario. La vittoria della porzione della classe dominante statunitense che sostiene l’amministrazione Trump ha impresso una accelerazione crescente al rafforzamento dell’interventismo dello Stato a stelle e strisce nell’area del continente americano, africano, mediorientale e soprattutto indo-pacifico, mentre con l’avvio dei colloqui e degli “incontri di pace” fra classe dominante russa e nord-americana si evidenzia la crescente contrapposizione con le borghesie del vecchio continente (degno di nota che uno di questi “incontri di pace” si è tenuto nella città di Monaco, già teatro della tristemente nota conferenza di pace del 1938) nell’onda di una sorta di Yalta 2.0 che ricorda bene le dichiarazioni del primo segretario generale dell’Alleanza Atlantica, ovvero che la Nato serve a: “tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi”. Ciò ci porta a ricordare l’obiettivo del più grosso atto di guerra realizzato in questi ultimi anni in Europa a danno dei padroni di casa nostra, ovvero il sabotaggio del gasdotto Nord Stream. Negli ultimi mesi il territorio della regione di Kursk, così come le aree di confine tra la regione ucraina di Sumy e quella russa di Belgorod, sono state completamente riconquistate dalle forze militari russe e nord-coreane. Per quanto riguarda i territori ucraini la regione di Donetsk è sotto controllo russo per più del 73%, quella di Kherson per il 59%, e assistiamo al totale controllo russo sulla regione di Lugansk. Attualmente più del 21% del territorio dello Stato ucraino è sotto controllo delle forze armate di Mosca. Ovviamente i successi degli ultimi mesi dell’esercito russo sul fronte orientale hanno un impatto ben pesante sui negoziati, visto che la borghesia russa sta vincendo la guerra, e la preoccupazione attuale dei nostri padroni è quella di interrompere velocemente questo conflitto prima che l’esercito ucraino crolli e quello russo dilaghi. Il rischio che i dominatori di entrambi i fronti temono maggiormente è la presenza di un convitato di pietra al tavolo dei possibili negoziati di pace, ovvero il ruolo che la nostra classe sociale sta giocando da entrambi i lati del fronte con il rischio sempre più visibile di un aumento esponenziale delle diserzioni dal militarismo sia russo che ucraino-NATO, fino ad arrivare – come dichiarato nell’ultimo mese da alcuni analisti geopolitici dei padronati occidentali – alla possibilità di ammutinamento delle truppe ucraine contro il governo di Kiev. Come abbiamo sempre sostenuto, la guerra in Ucraina è anche guerra per il controllo delle importanti risorse di terre rare indispensabili all’economia di guerra e alla trasformazione della società e del modo di produzione capitalista verso la fase digitale. Mentre l’eventuale e sempre più traballante proseguimento degli aiuti militari statunitensi dipende dall’accordo che pone in mano al capitalismo a stelle e strisce le risorse minerarie e le infrastrutture ucraine che, secondo alcune fonti di Kiev dei mesi scorsi, sarebbero già state assegnate all’Empire 2.0 britannico in base ad un accordo siglato durante la visita del primo ministro Starmer a Kiev. Già alla conferenza di Monaco si parlò della proposta della delegazione del Congresso degli Stati Uniti di un contratto che avrebbe concesso agli USA i diritti sul 50% delle future riserve minerarie ucraine. I disaccordi e i tira e molla con Trump sulle terre rare negli ultimi mesi si sono verificati a causa del ruolo attivo in questa questione dei ceti padronali britannici che, in base ad un preaccordo che fu firmato da Zelensky e Starmer, lo Stato ucraino si sarebbe impegnato a trasferire tutti i porti, le centrali nucleari e i sistemi di produzione e trasferimento del gas e giacimenti di titanio sotto il controllo di Londra. Il giacimento di litio di Shevchenko (Donetsk), riconquistato dall’esercito russo lo scorso gennaio, contiene circa 13,8 milioni di tonnellate di minerali di litio. Il giacimento è il più grande non solo dell’Ucraina, ma di tutta l’Europa. Già nel 2021, la società mineraria del Commonwealth European Lithium aveva annunciato di essere in procinto di mettere in sicurezza il sito. La perdita di questo giacimento è un duro colpo per i fabbisogni di litio per le classi dominanti UE che si sarebbero comunque dovuti rivolgere alla borghesia britannica. Ma anche il cosiddetto agribusiness (cioè lo sfruttamento intensivo delle terre e degli animali di allevamento con l’espulsione delle comunità locali) è una della parti in causa nella corsa dei padronati contrapposti per il controllo delle ricche risorse dell’antica Sarmatia. Ad esempio già nel 2013 la società agricola ucraina “Ksg Agro” firmò un accordo con lo “Xinjiang Production and Construction Corps” dello Stato cinese per la concessione in affitto di terreni agricoli nella regione orientale di Dnipropetrovsk. L’accordo prevedeva una iniziale locazione di 100mila ettari, con la possibilità di espandersi fino a 3 milioni di ettari nel tempo, equivalente circa al 5% del territorio ucraino, e avente come obiettivo principale la coltivazione agricola e l’allevamento dei suini destinati al mercato cinese. Progetto ad oggi fallito non solo a causa di eventi bellici ma anche per via di resistenze e di piccolo lotte delle comunità locali. Secondo il rapporto del 2023 dell’“Oakland Institute”, oltre 9 milioni di ettari di terreni agricoli ucraini sono dominati dalla grossa borghesia locale e da grandi aziende agro-industriali statunitensi, europee e arabe-saudite (come la “NHC Capital” degli Usa, la francese “Agrogénération” e le tedesche “KWS” e “Bayer”). Terra di confine fin dai tempi del Kanato dell’Orda d’Oro e del gran ducato di Lituania, tutti gli sfruttatori e gli oppressori di ogni età hanno sempre cercato di controllare la porzione del basso piano sarmatico accarezzata dal Mar Nero. Lo stesso toponimo “ucraina” significa “presso il bordo” limitante, cioè il bordo fra blocchi di Stati e capitalismi contrapposti e di un piccolo bacino semi chiuso e poco profondo: il Mar Nero. Il nome di quest’ultimo non è però legato al colore delle sue acque, ma “Kara” (“Nero”) è il modo con cui i turchi definivano questo specchio d’acqua secondo un’antica associazione dei punti cardinali a colori specifici. Ma la cupezza legata all’angusto pelago è più antica. Nel settimo secolo a.C. i primi colonizzatori delle sue coste (gli Ioni) lo definivano “Pontos Axeinos” (“Mare inospitale”). Le parole non sono mai neutre ma lavorano per gli interessi delle varie classi sfruttatrici, così come possono lavorare anche per noi sfruttati chiamando con il loro nome le cose, indicando i responsabili dell’oppressione, e dipingendo una cosmovisione altra della vita. Come fa presagire il suo nome, questo mare non è mai stato controllato da nessuno. Nell’attuale frangente storico, sulle coste e nelle acque del Ponto Eusino si incontrano e si scontrano quattro blocchi di Stati e di capitalismi principali: quello russo, quello statunitense, quello “europeo” e quello neo-ottomano. Un mare chiuso caratterizzato da un unico accesso: quello del Bosforo-Dardanelli controllato dallo Stato turco. Le classi dominanti russe hanno sempre considerato strategico questo mare, in quanto unico accesso ai mari caldi e alle loro rotte logistiche. Per il neo-ottomanesimo dello Stato turco, distanziare dall’Anatolia gli Stati rivali è un fattore cruciale, mentre continua l’espansionismo degli interessi del capitale turco verso Europa, Africa, Medio Oriente e Asia Centrale. La nuova dottrina militare della “Mavi Vatan” (Patria blu) rispecchia pienamente questi obiettivi. Fra Stati e potenze in guerra fra loro, la diplomazia turca si adopera per aprirsi margini di influenza lungo le direttrici precedentemente dette. Ad esempio, condanna Mosca per l’invasione dell’Ucraina, ma non cessa di fare affari con il Cremlino. Permette alle flotte della marina militare russa di entrare ed uscire dal Bosforo, ma costringe gli sfruttatori russi ad accettare che sia essa a dirigere la “Black Sea Grain Initiative”, mediata per l’appunto da Ankara per permettere alla fertile Ucraina di esportare derrate alimentari, aumentando ovviamente le tariffe per il transito dei mercantili nel mar di Marmara. Ingenti risultano i tentativi su questo mare ad opera dei padronati di casa nostra di rompere l’anossia data dallo strangolamento delle classi dominanti rivali statunitensi e russe sull’Europa, in quella che è evidentemente sempre di più una riaffermazione dell’accordo di Yalta, ad esempio con lo sfruttamento dei fondali di questo pelago. L’UE vuole realizzare un cavo internet sottomarino lungo 1100 km per collegare gli Stati membri con la Georgia con un investimento da circa 45 milioni di euro. Il progetto mira a ridurre “la dipendenza della regione dalla connettività in fibra ottica terrestre che transita attraverso la Russia”, ha affermato la Commissione europea, come riportato dal “Financial Times”. Attualmente circa il 99% del traffico internet intercontinentale viene trasmesso tramite oltre 400 cavi sottomarini che si estendono per 1,4 milioni di km. La gerarchia ed il controllo delle rotte marittime, dei porti, dei trasporti e della logistica orienta la circolazione di merci e di capitali. Esprime da sempre la potenza degli Stati, fin da quando nacquero, e lo sviluppo del capitale. Mare, capitalismo e guerra muovono e ridefiniscono i rapporti di forza fra Stati e classi dominanti, nei due passati macelli mondiali così come ora. La Guerra Grande in corso si combatte strategicamente sulle onde. Sopra e sotto di esse, tra controllo dei fondali, della terra, dello spazio orbitale e cibernetico fino al dominio delle tecnologie per il controllo dello spazio infinitamente piccolo (genetico e nanotecnologico) contratto in un’unica dimensione. Per la nostra classe sociale, cercare di bloccare la logistica che permette alla megamacchina della morte di funzionare è un’urgenza vitale e necessaria per poter disertare dalla loro guerra. Proverò ora ad introdurre due attrezzi concettuali per l’analisi dei movimenti- posizionamenti del nostro nemico di classe e, soprattutto, per poter cogliere noi la «fecondità dell’imprevisto» (Proudhon) e provare a dargli forma nei territori dove si presenta e si presenterà sempre di più: ovvero il concetto delle “strozzature marittime” e delle possibilità insurrezionali e rivoluzionarie che si aprono per noi negli “specchi di faglia”, ovvero in quei territori dove vanno a collidere interessi di Stati e blocchi contrapposti. Quando parliamo di controllo del mare e di controllo degli spazi (sia fisici che virtuali come quello digitale), per i nostri nemici di classe stiamo parlando di controllo della terraferma circostante questi spazi, e di dominio sulla logistica che rende possibile lo sfruttamento e il loro mondo (dalle rotte commerciali alla infrastruttura materiale come i cavi internet sottomarini, che rendono possibile la trasformazione della società e del modo di produzione capitalistico verso la fase digitale). Per controllare questi spazi e i territori, Stati e classe padronali devono controllare gli stretti di mare detti anche, a livello mondiale, “strozzature”. Snodi naturali e/o artificiali (come Panama e Suez) delle arterie degli Stati e dei meccanismi materiali di valorizzazione e di riproduzione del capitale per i quali transita la quasi totalità delle merci e dei cavi internet su scala mondiale. Malacca, Taiwan, Panama, Gibilterra, Otranto, il canale di Sicilia, Suez, Dardanelli, Bab al-Mandab, Hormuz, Bering, il canale fra Islanda e Groenlandia, l’Egeo, lo Jutland ecc. Se consideriamo i vari fronti aperti a livello mondiale dalla Guerra Grande ci accorgiamo che gli scontri e le guerre in corso dei nostri padroni ruotano attorno al dominio di queste strozzature perché per Stati e capitalismi, sin dalla loro nascita, il mare è viatico inaggirabile nella rincorsa alla volontà di potenza loro e delle classi sfruttatrici. Chi domina questi spazi e quindi in pratica queste strozzature domina il mondo. Attorno a questi si scontrano e/o sormontano le varie “faglie” di blocchi di Stati e di capitalismi in contrapposizione tra loro. Tendenzialmente in alcuni dei territori limitanti una linea di faglia si aprono più facilmente contraddizioni a livello sociale ed economico. Territori e società direttamente contesi o semplicemente considerati punti deboli dal blocco opposto per via delle loro caratteristiche storico-sociali ed economico-culturali. Ad esempio, per i nostri padroni i territori e le società dell’Europa orientale e del Sud Europa sono più sensibili potenzialmente per via delle contraddizioni che si potrebbero spalancare a insurrezioni o autogestioni generalizzate e alla possibile conseguente catarsi rivoluzionaria. Esempi a livello storico dove possiamo utilizzare questi due attrezzi di orientamento e di navigazione per le possibilità insurrezionali sono tutte le grandi rivoluzioni libertarie della storia del XX secolo (Manciuria, Ucraina, Kronstadt, Catalunya). Se consideriamo le considerazioni e le progettualità già elaborate decenni fa nell’area dell’anarchismo di azione per quanto riguarda le possibilità e le occasioni rivoluzionarie nelle società del Sud Europa e nel bacino del Mediterraneo, ritengo che ora, fra le contraddizioni che si spalancano in alcuni territori con la Guerra Grande in corso e la ristrutturazione sociale del capitalismo, le analisi e le considerazioni che facemmo decenni fa sono quanto più attuali e preziose e hanno confermato tutta la loro validità e potenzialità soprattutto per quanto riguarda le aree rurali, ad esempio del Sud Europa. Aree rurali dove poter coordinare informalmente sul territorio specifico in questione situazioni di lotta, di autonomia materiale e di cultura di resistenza; in sostanza porre in rete e creare momenti e situazioni di autonomia materiale, di cosmovisione altra e di lotta e lavoro insurrezionale tracciando un orizzonte politico libertario e anarchico. In sostanza delle CLR (Collettività Locali di Resistenza) dove provare sin da ora a vivere materialmente e umanamente su dei territori la vita per cui ci battiamo in lotta contro la devastazione portata dagli Stati e dal capitale. Rilanciare e nello stesso tempo “uscire” in questa maniera dal mero intervento di agitazione sia teorica che pratica per entrare in un’ottica di possibilità rivoluzionaria e insurrezionale. Possibilità, purtroppo, ben consce e presenti nelle analisi degli Stati dell’UE e dei nostri nemici di classe, dal momento che già nel 2017 in un documento preparato per la Commissione europea, e già citato negli anni passati nei vari articoli della rubrica “Apocalisse o insurrezione”[metterei link], veniva evidenziato come nelle aree rurali dell’est e del sud Europa, già feconde per noi di contraddizioni intrinseche, la situazione a livello sociale era potenzialmente esplosiva. Saper cogliere e rendere feconde le contraddizioni che si stanno aprendo e che si possono spalancare nel momento in cui i nostri padroni e gli Stati dell’UE si trovano in difficoltà e si indeboliscono nel confronto con i loro avversari in questa Guerra Grande. Per noi il tutto sta nel cogliere le possibilità che si aprono su certi territori nel momento in cui sappiamo interpretare lo spazio-tempo in profondità e in ampiezza, declinando in pratica la nostra bussola dei princìpi facendo tesoro dell’esperienza storica delle lotte della nostra classe sociale, fissando una rotta di massima e elaborandola in un lavoro rivoluzionario affinché le correnti del divenire convulso e frenetico di questo periodo storico non ci portino alla deriva. Cosa ancora più facile dal momento che buona parte della classe dominante, soprattutto occidentale, sta scivolando a livello di analisi strategica nella demenza post-storica e dei problemi minuti incasellati in un’illusione dell’eterno presente. Proviamo a vedere le contraddizioni politico-sociali ed economiche che si sono aperte nell’ultimo periodo in due aree geografiche che si trovano sullo specchio di faglia dell’Europa orientale: in Romania e in Moldavia. Che i territori appartenenti allo Stato rumeno e moldavo siano contesi fra due blocchi capitalistici contrapposti, non è una novità per nessuno. Gli avvenimenti istituzionali dell’ultimo anno in Romania (come ad esempio il colpo di stato filo-UE del dicembre 2024), sono esemplificativi di questa situazione. Non è questa la sede per entrare nel merito di queste dinamiche. È interessante, invece, per quanto riguarda l’angolazione della nostra classe, sottolineare le contraddizioni sociali che possono emergere. Ad esempio, gli scioperi continui degli insegnanti per l’aumento dei salari, o le forti proteste dei trasportatori e dei piccoli agricoltori in Romania. Bucarest ormai da più di un anno è una città in ebollizione. «Raderei al suolo il nostro parlamento. Nessuno fa niente per migliorare la situazione economica del paese. I salari non crescono ma i prezzi dei beni di prima necessità continuano ad aumentare. Non ne possiamo più», commenta un tassista di Bucarest. Similare la situazione in Moldavia, area incistata tra Ucraina e Romania e punto di frizione diretta tra le ambizioni di allargamento degli Stati e dei capitalismi UE e le frazioni delle classi dominanti locali che spingono per rafforzare i legami con Mosca. Negli ultimi anni, nelle strade di Chisinau, si sono svolte proteste ed accese mobilitazioni contro il carovita. Nella nostra prospettiva di classe, antiautoritaria e di disfattismo rivoluzionario, è fondamentale comprendere quali sono le difficoltà e le problematiche che sta passando il nemico di casa nostra nella crescente contrapposizione fra Stati e borghesie europee con la classe dominante statunitense. “Con simili amici, chi ha bisogno di nemici?”. Dal 24 febbraio del ’22 la frase celebre di Charlotte Bronte può precisamente sintetizzare la situazione del padronato e degli Stati dell’UE verso la borghesia a stelle e strisce. A partire dal sabotaggio del gasdotto Nord Stream ai danni del padronato tedesco avvenuto agli inizi della guerra, fino alla guerra commerciale dei dazi e agli avvenimenti dell’ultimo anno sulla questione dell’approvvigionamento energetico. Lo stop al transito del gas russo verso l’Europa attraverso i gasdotti ucraini alla fine del ’24 determinò difficoltà e rialzo dei costi in gran parte del continente con previsioni di incrementi considerevoli delle bollette. Lo Stato slovacco, membro della NATO e dell’UE, è stato quello che ha risentito di più della decisione assunta da Kiev con il pieno supporto degli USA e, paradossalmente ma non troppo vista la posizione di sconfitti delle classi sociali del vecchio continente, dell’Unione Europea. Washington ha tutto l’interesse ad imporre il suo costoso GNL (sostenuto in maniera perentoria da Obama, da Biden e ora da Trump). L’attacco strategico contro i gasdotti Nord Stream non è stato certamente l’ultima battaglia della guerra per il mercato energetico europeo. L’11 gennaio del 2025 un attacco (fallito) è stato portato da 9 droni ucraini alla stazione di compressione “Russkaya” del gasdotto “Turkstream”, che attraversa i fondali del Mar Nero e raggiunge la Turchia europea, ed è l’ultimo gasdotto ancora funzionante che trasporta il gas russo negli Stati europei come Serbia e Ungheria. Le fazioni della classe dominante nordamericana, che trova nel governo repubblicano al potere il rappresentante e il propinatore dei propri interessi, accelera le pressioni per rinforzare la “Yalta 2.0” contro i padroni del vecchio continente, attraverso anche una sorta di pagamento delle “indennità di guerra”, e cioè attraverso l’imposizione che gli Stati dell’Ue comprino più prodotti “per la difesa” made in USA, se vogliono evitare la guerra – ancora “non combattuta” sul piano militare – dei dazi commerciali. Trump ha previsto di ridurre in 4 anni di 300 miliardi su 900 il bilancio annuale del Pentagono: il militarismo europeo dovrà indebitarsi per assorbire le acquisizioni di armamenti cui rinunceranno gli americani. L’industria statunitense è ben determinata ad occupare il mercato europeo della “difesa” in cui le importazioni dagli USA sono cresciute di oltre il 30% dal 2022. Tracciando una panoramica complessiva, al conflitto in nuce (per il momento limitato al livello commerciale e politico) fra la borghesia USA e quelle del vecchio continente, si aggiungono i crescenti compromessi tra Stato statunitense e russo anche in campo economico ed energetico. L’avvio della guerra mondiale dei dazi si caratterizza, oltre che per l’inasprimento degli accordi di Yalta, anche per il rinvigorimento della dottrina Monroe, prendendo di mira direttamente i due stati limitrofi agli States (Canada e Messico), minacciati di essere colpiti nelle loro esportazioni verso Washington. Per il Canada, i dazi rappresentano anche il tassello di una fase espansionistica che culmina con la minaccia dell’annessione agli Stati Uniti. I continui ripensamenti e poi l’abbassamento dei toni stanno caratterizzando l’atteggiamento delle classi sfruttatrici nord-americane verso il vero nemico: il padronato mandarino. La classe dirigente cinese ha ottenuto dagli USA una retromarcia dietro l’altra sui dazi, come dimostrato dall’ultimo accordo raggiunto nel mese di maggio con la sospensione temporanea e parziale degli enormi dazi che i due Stati si erano imposti a vicenda. In base alle condizioni concordate, infatti, gli USA abbasseranno dal 145 al 30% i dazi sulle merci cinesi, mentre lo Stato cinese, che aveva imposto dazi speculari, li abbasserà dal 125 al 10%. Per il padronato statunitense è l’ennesima resa unilaterale, che mostra l’improvvisazione della strategia dello stato nordamericano, che quando impone i dazi dice che serviranno per la reindustrializzazione e quando li toglie dice che serviranno per favorire il commercio. Negli ultimi mesi, alle atrocità inenarrabili che caratterizzano il proseguimento del primo genocidio automatizzato della storia, si aggiungono i conflitti nelle regioni che insistono attorno allo stretto di Hormuz, come la micro-guerra combattuta fra Stato pachistano e indiano, e la guerra dei 12 giorni di Israele e USA contro l’Iran. Utilizzando l’attrezzo analitico-concettuale delle “strozzature”, per quanto riguarda ad esempio il conflitto fra Pakistan e India, evidenziamo che stagliato sullo sfondo c’è il problema del riequilibrio delle relazioni commerciali tra Stato indiano e statunitense. La tendenza al riposizionamento della borghesia indiana nei confronti degli USA è stata dirompente per gli equilibri del sub-continente. Mentre lo Stato pachistano ha la necessità di un ampio confine diretto con il territorio cinese (fondamentale per uno sbocco diretto sull’Oceano Indiano al fine di superare un eventuale blocco navale dello stretto di Malacca), così la borghesia indiana cerca a tutti i costi di interrompere questo canale di traffico commerciale. Attorno alle strozzature contese fra blocchi di Stati e di capitalismi rivali di Hormuz e di Malacca si stanno spalancando contraddizioni sociali e di classe significative. Basti pensare anche solamente alle enormi mobilitazioni e scioperi in aumento negli ultimi anni ad esempio nel territorio indiano, a partire dalle grosse ondate di scioperi iniziate alla fine del 2020 contro l’introduzione di nuove leggi agrarie, e dove la congiuntura fra la crisi climatica e idrica, il revanscismo dell’ideologia nazionalista indiana e il conseguente riposizionamento delle classi sfruttatrici indù sul piano internazionale della Guerra Grande, nonché la liberalizzazione del mercato del carbone assieme all’eliminazione della legge che vincolava l’uso delle terre al consenso obbligatorio delle popolazioni locali, stanno realizzando sconquassi strutturali rilevanti e un forte inasprimento della lotta di classe. Ma torniamo alla situazione che più riguarda da vicino il territorio che abitiamo e che attraversiamo con un focus sulla situazione groenlandese e delle rotte che attraversano il Mar Artico. La Groenlandia è la nuova isola del tesoro dove le borghesie cinesi, statunitensi, russe ed europee si sfidano fra i ghiacci. Frontiera strategica sulle rotte artiche e ricchissima di terre rare, gas e petrolio, ci sono diversi motivi che hanno scatenato negli ultimi anni un’attenzione crescente attorno a questa isola, e quasi tutti i motivi hanno a che fare con un fattore: il cambiamento climatico. Il riscaldamento globale sta provocando lo scioglimento dei ghiacciai in tutto l’Artico, modificandone i contorni, aprendo nuove possibili rotte commerciali e militari, scoperchiando ricchezze nascoste e giacimenti di “terre rare”. La Groenlandia per la sua posizione geografica è considerata strategica dal militarismo statunitense. L’isola è circondata dagli stretti che introducono ai passaggi a nord-ovest e a nord-est dell’Oceano Artico e, con le rotte nel prossimo futuro sempre più navigabili, gli USA non vogliono che le altre potenze rivali ne approfittino. Lo scioglimento dei ghiacci, inoltre, consentirà sempre di più lo sfruttamento delle risorse minerali presenti nell’isola, ricca di minerali e di metalli rari. Una ricerca del 2023 ha confermato la presenza di 25 dei 34 minerali considerati “materie prime critiche” dalla Commissione europea, tra cui grafite e litio. Ma all’interno del meccanismo delle varie economie di guerra, dove la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari ha un ruolo cruciale nel contribuire allo scontro fra capitalismi rivali (come sta avvenendo in Africa nella corsa all’accaparramento e alla predazione dei terreni necessari per la “sovranità alimentare” delle varie potenze in guerra sullo scacchiere mondiale), così i fondali groenlandesi sono necessari per la pesca, visto che diversi stock ittici si spostano sempre più a nord, rinvigorendo le potenzialità del mercato della pesca di Nuuk. La competizione accesa per il controllo dell’isola più grande del mondo, dei suoi stretti e dei suoi mari (lo stesso Macron è volato a Nuuk il 15 giugno scorso per “difendere l’integrità territoriale” di questo territorio colonizzato dalla Danimarca) accende le contraddizioni sociali sull’isola: aumentano le proteste delle comunità Inuit in conseguenza dell’accaparramento dei territori e delle acque limitrofe all’isola, mentre il tasso di disoccupazione e le carenze sanitarie stanno iniziando a creare segnali di insofferenza nel paese. La regione artica sta emergendo come nuova frontiera della competizione strategica e commerciale. Si stima che l’Artico contenga circa il 13% delle riserve mondiali di petrolio, il 30% di quelle di gas e grandi quantità di risorse ittiche e minerali rari. Stato cinese e Stato russo stanno ampliando le loro operazioni nell’Artico, coinvolgendo le isole Svalbard e l’Islanda. Il controllo del cyber-spazio e dei fondali oceanici è una base fondante per la guerra e per la trasformazione della società e del modo di produzione capitalista verso la fase digitale. Tutti questi punti sono ben visibili per quanto riguarda lo spazio artico dove, data la crescente attività del capitalismo russo e cinese inerente alla logistica digitale attraverso i cavi sottomarini, la NATO sta avviando nuovi progetti che «puntano a rendere internet meno vulnerabile ai sabotaggi, reindirizzando il flusso di dati verso lo spazio in caso di danneggiamento delle dorsali sottomarine». La stessa attività estrattiva in acque profonde potrebbe iniziare già quest’anno. Agli inizi di aprile del 2024, i membri dell’Autorità Internazionale dei Fondali marini (ISA) ha revisionato le norme che regolano lo sfruttamento dei fondali. La nuova corsa all’oro degli abissi è iniziata l’anno scorso con una legge dello Stato norvegese che permette l’estrazione mineraria su scala commerciale. L’impatto (anche) ambientale di queste decisioni comporterà la distruzione di interi habitat, oltre al fatto che il 90% del calore in eccesso dovuto al riscaldamento globale viene assorbito dagli oceani, devastando così l’equilibrio che sorregge la vita in questo pianeta. Sostanzialmente, la guerra al vivente procede e si ramifica in ogni sua forma. La guerra è sempre più palesemente il cuore di questo mondo senza cuore. Mentre i nostri padroni proseguono ad attrezzarsi alla guerra mondiale, la domanda (banale) che poniamo è questa: chi pagherà il riarmo degli Stati e delle borghesie nostrane? Già nei mesi scorsi, in un articolo che non lascia adito ad alcun fraintendimento dal titolo: Europe must trim its Welfare State to build a warfare state, il “Financial Times” sostiene che l’Europa deve ridurre le spese per il welfare per assicurarsi la capacità di sostenere un consistente riarmo. L’accordo per aumentare la spesa militare degli Stati aderenti alla NATO al 5% del PIL deciso al vertice dell’Aia va pienamente in questa direzione, assieme all’estrazione e al furto dei piccoli risparmi privati, già presente nei punti che articolano il riarmo europeo. Ribadendo ulteriormente e con forza che fino a quando esisteranno Stati e capitalismi saranno illogiche le speranze di pace duratura poiché la negazione della guerra implica in primo luogo quella dello Stato e del capitale, dinnanzi a questo mondo di conflitti e di miserie generalizzate che corre verso l’oblio e la propria autodistruzione, la resistenza palestinese (vera e propria forza tellurica che ha ridonato speranza alle classi sfruttate di tutto il mondo), la rivolta di Los Angeles e l’accentuarsi delle insurrezioni, delle mobilitazioni sociali, delle lotte e dei gesti di insubordinazione quotidiana in tutto il mondo sono come lampi premonitori che squarciano l’Ancien régime, segnali che un nuovo assalto proletario ai bastioni dell’alienazione e dello sfruttamento può essere alle porte. Non c’è notte tanto lunga da non permettere al sole di risorgere. «Secondo noi le rivalità e gli odi nazionali sono tra i mezzi che le classi dominanti hanno a loro disposizione per perpetuare la schiavitù dei lavoratori. E in quanto al diritto delle piccole nazionalità di conservare, se lo desiderano, la loro lingua e i loro costumi, ciò è semplicemente questione di libertà, che avrà la sua vera finale soluzione solo quando, distrutti gli Stati, ogni gruppo di uomini, o meglio ogni individuo, avrà diritto di unirsi con ogni altro gruppo o separarsi a piacere.» (Errico Malatesta).
Maggio-giugno in Germania. Ondata di azioni antimilitariste
Ringraziando chi le ha fatte, riceviamo e diffondiamo queste traduzioni. Le riflessioni che accompagnano le azioni non sono meno interessanti di queste. E viceversa. Cronologia delle azioni dirette delle ultime settimane Anche la Germania si sta riscaldando Nelle ultime settimane, diverse lotte ed eventi hanno portato a un’ondata di azioni dirette. Alcuni di questi eventi occupano un posto centrale in questa dinamica. Innanzitutto, il 20 aprile, Lorenz, un agente di polizia di 27 anni a Oldenburg, è stato assassinato dalla polizia con cinque colpi alla schiena. Questo ulteriore omicidio razzista da parte della polizia ha innescato un significativo bilancio di solidarietà e, in alcuni casi, grandi proteste. Poi, il 5 giugno, Maja, una compagna di prigionia nel Complesso di Budapest, accusata di aver attaccato direttamente i nazisti, ha iniziato uno sciopero della fame contro le condizioni di detenzione e il processo. Il 15 giugno, la “Giornata Nazionale dei Veterani” è stata celebrata pubblicamente a livello nazionale per la prima volta in Germania. Questo evento fa parte della (ri)militarizzazione attualmente in atto in Germania e nel mondo, in cui la Bundeswehr sta occupando lo spazio pubblico e diffondendo propaganda militarista. La campagna militante “Spegniamo! Il sistema di distruzione” prosegue con ulteriori azioni. Questa campagna attacca da tempo strutture e progetti estrattivi, coloniali e capitalisti in Germania e a livello internazionale. Questa è una cronologia certamente incompleta degli eventi. 22.5 Monaco – nuovo attacco ai mezzi della polizia [ce n’era stato uno il 25 gennaio con 23 auto bruciate] , danneggiati 5 camion e un rimorchio, per un totale di un milione di euro https://de.indymedia.org/node/514644 27.5 Scritta “Lorenz das was Mord” [Lorenz è stato un omicidio] su una stazione di polizia, in seguito all’omicidio, il 19 aprile, di un ventunenne da parte della polizia di Oldenburg https://de.indymedia.org/node/513498 29.5 Berlino – Occupazione temporanea di Meuterei, in memoria di Kyriakos Xymitiris e in solidarietà a Marianna, Dimitra, Dimitris e Nikos https://de.indymedia.org/node/513498 30.5 Appello “Spegnere il regime di Mitsotakis” Switch off the Mitsotakis regime! Mitsotakis è il Primo Ministro della Grecia e, con il suo partito Nuova Democrazia, è responsabile della trasformazione autoritaria del pilastro sudorientale dell’UE e della NATO. La Grecia è in prima linea nella guerra all’immigrazione (massacro di Pylos, 1), pioniera del neoliberismo e della corruzione, salvatrice dagli omicidi della polizia (incidente ferroviario di Tempi, 2), vanta un’impressionante regolarità di omicidi da parte della polizia (3) e merita di essere punita per l’incarcerazione di compagni nel caso di Ambelokipi. Mettere a repentaglio la capacità di azione di questo regime può salvare molte vite. Il personale che commette numerosi omicidi, torture, incarcerazioni e respingimenti per conto del governo greco necessita continuamente di ingenti risorse finanziarie e di legittimità sociale. Queste risorse vengono attaccate. La cooperazione di polizia concordata a dicembre mostra la direzione verso cui si sta muovendo Nuova Democrazia. La seguente citazione non è satirica: “Il Ministro per la Protezione dei Cittadini Michalis Chryssochoidis e il Ministro della Pubblica Sicurezza cinese Wang Xiaohong hanno firmato martedì ad Atene un accordo di cooperazione di polizia, rafforzando i legami tra i due Paesi su questioni chiave di sicurezza. Secondo una dichiarazione del Ministero, l’accordo si concentra sulla lotta alla criminalità organizzata e finanziaria, al traffico di droga e alla gestione dell’immigrazione clandestina. Include anche disposizioni per la condivisione di informazioni, competenze tecniche e formazione degli agenti per migliorare le capacità operative. Chryssochoidis ha proposto di istituire un comitato di coordinamento per dare priorità alle azioni contro la criminalità organizzata, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e l’efficacia dei servizi di polizia di entrambi i Paesi. All’incontro presso il Ministero greco hanno partecipato alti funzionari del Ministero della Pubblica Sicurezza cinese, l’ambasciatore cinese in Grecia, il capo della Polizia ellenica e alti funzionari della polizia greca, nonché il consigliere diplomatico del Ministro. Entrambe le parti hanno ribadito la forte cooperazione tra Grecia e Cina, sottolineando il loro impegno comune nell’affrontare le sfide comuni alla sicurezza e nel promuovere la stabilità sociale.” (dalla stampa di regime https://www.ekathimerini.com/politics/foreign-policy/1255251/greece-and-…) Ciò che “stabilità sociale” nella versione cinese significa per Mitsotakis è evidente nella crescente sorveglianza permanente di diversi distretti tramite droni e negli attacchi alle università, dove ogni opposizione deve essere soffocata per renderle docili come think tank delle vecchie élite. Nello sviluppo dei droni, le università greche stanno collaborando con ELTA Systems di Israel Aerospace Industries (IAI), contro la resistenza studentesca.(4) Industrie che finanziano lo Stato greco (e sono quindi indispensabili per il funzionamento della polizia, della magistratura e della guardia costiera). La Grecia vuole produrre idrogeno verde. Tra i pionieri ci sono le compagnie energetiche greche Motor Oil e PPC, che hanno fondato la joint venture Hellenic Hydrogen all’inizio del 2023 per implementare progetti sull’idrogeno a livello locale. Il primo progetto pianificato, North-1, dovrebbe produrre fino a 200 megawatt di idrogeno. I fornitori di macchinari tedeschi potrebbero fornire le attrezzature per l’impianto. Anche l’espansione della rete del gas naturale e la costruzione della rete dell’idrogeno offrono opportunità per i produttori tedeschi. Inoltre, la società elettrica greca Admie sta espandendo la capacità della rete elettrica greca, principalmente verso i paesi confinanti nel nord del paese. All’inizio del 2025, Admie ha deciso come sarebbe stato costruito il cavo sottomarino da Cipro alla Grecia, il Great Sea Interconnector. Sono previsti ulteriori interconnettori internazionali. La Germania è di gran lunga il fornitore più importante di macchinari per la generazione di energia. Nei primi nove mesi del 2024, le importazioni sono aumentate del 120% rispetto all’anno precedente. Con una quota di circa il 10,5% delle importazioni totali greche, la Germania rimane il fornitore più importante. Ampliamento delle infrastrutture turistiche: i visitatori tedeschi sono la seconda fonte di reddito più importante L’ampliamento e il miglioramento dei servizi, nonché il prolungamento della stagione turistica, si tradurranno in un aumento delle entrate. Questo è particolarmente importante per la Grecia, soprattutto perché il turismo contribuisce per circa un quarto al prodotto interno lordo. Lo scorso anno, è stato soprattutto grazie ai ricavi del settore che il Paese ha evitato la recessione, nonostante l’elevata inflazione e la crisi energetica. I visitatori provenienti dalla Germania hanno speso quasi il 50% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tecnologie verdi, servizi digitali, strutture moderne e nuove forme di turismo saranno disponibili per gli ospiti in Grecia a partire dal 2025. Per la loro attuazione sono previsti finanziamenti dell’UE. La Grecia sta investendo molto nella modernizzazione del suo settore turistico. “Le aziende turistiche del Paese devono soddisfare le aspettative sempre più elevate degli ospiti”, ha dichiarato a Germany Trade & Invest Olympia Anastasopoulou, Segretario Generale per le Politiche e lo Sviluppo del Turismo presso il Ministero del Turismo greco. Il progetto più importante, in termini di finanziamenti, è la modernizzazione di circa 50 porti turistici, porti turistici e ancoraggi per promuovere il turismo nautico. I porti puntano a ottenere la certificazione ecologica attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili, l’acquisto di veicoli elettrici e l’installazione di stazioni di ricarica elettriche. Le istituzioni pubbliche prevedono inoltre di utilizzare i finanziamenti per costruire nuovi centri commerciali e parcheggi. Il progetto prevede anche la digitalizzazione di tutti i servizi portuali. “La domanda di servizi digitali da parte dei turisti in tutti i settori è in aumento”, conferma Anastasopoulou, aggiungendo: “Ciò significa che le aziende turistiche devono introdurre sistemi IT moderni e valutare e utilizzare i dati”. Perché: “Gli ospiti si aspettano servizi personalizzati a prezzi competitivi”, descrive Anastasopoulou la tendenza attuale. Il cosiddetto turismo “intelligente” permea tutti i settori turistici. I finanziamenti del Fondo europeo per la ripresa saranno utilizzati per promuovere il turismo agricolo, montano e invernale, nonché il turismo subacqueo, sanitario e gastronomico. Strutture moderne come stazioni sciistiche e sorgenti termali saranno a disposizione degli ospiti entro il 2025. Il Ministero del Turismo prevede che numerose aziende coglieranno l’opportunità di modernizzare i propri prodotti e servizi. Affinché ciò abbia successo, aziende, enti regionali e pubblici e il governo devono collaborare strettamente. Attualmente, l’industria del cemento esercita un’influenza significativa sulle politiche. Le fasce costiere, così come le piazze e i parchi urbani, vengono sigillate con cemento su larga scala.(5) La Grecia mira a generare circa l’80% del suo fabbisogno elettrico da energia solare, eolica e idroelettrica entro il 2030. Per questo motivo, ogni anno vengono appiccati migliaia di incendi boschivi (9.500 nel 2024) per far spazio a turbine eoliche e pannelli solari. La stagione degli incendi boschivi, precedentemente da maggio a settembre, è stata estesa da aprile a novembre. Si sospetta che dietro a tutto questo ci siano piromani che operano per conto delle industrie beneficiarie. Sono previsti ingenti investimenti per l’espansione delle reti elettriche e la semplificazione delle procedure di autorizzazione. Il governo greco ha affrontato entrambi gli aspetti: il piano greco per l’utilizzo del fondo di ripresa dell’Unione Europea prevede l’espansione della rete. La legge 4951/2022 accelera il processo di autorizzazione. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi entro il 2030, saranno installate turbine eoliche onshore e offshore con una capacità di 9,3 gigawatt e impianti fotovoltaici con una capacità di 14,1 gigawatt. Ciò corrisponde a quasi il triplo della capacità attualmente installata. Secondo il nuovo piano energetico e climatico del governo greco, entro il 2030 saranno installati complessivamente 28,7 gigawatt di energia rinnovabile. Sono già in fase di pianificazione progetti su larga scala: ad esempio, la società energetica tedesca RWE, insieme al suo partner greco PPC Renewables, una filiale dell’ex società elettrica statale PPC, prevede di installare impianti fotovoltaici con una capacità di circa 2 gigawatt. Le filiali dello sviluppatore di progetti tedesco Abo Wind sono molto attive sul mercato greco. Anche BayWa r.e. Solar Systems Single Member prevede di offrire soluzioni personalizzate per impianti fotovoltaici nel prossimo futuro, inclusi moduli, inverter, il sistema di montaggio novotegra e sistemi di accumulo. Le opportunità per sviluppatori e investitori tedeschi rimangono buone, soprattutto per quanto riguarda l’acquisizione di licenze sul mercato secondario. Principali progetti selezionati in Grecia – Autostrada Creta Settentrionale; Impresa appaltatrice per il tratto Neapoli-Agios Nikolaos: Aktor; Inizio lavori: 2023; Appaltatore per la tratta Chersonissos-Neapoli: Consorzio GEK Terna, Aktor, Intrakat. Le società coinvolte sono responsabili della costruzione della controversa nuova linea metropolitana di Atene, inclusa la stazione di Exarchia. Aktor e GEK Terna sono state spesso attaccate in passato e sono anche coinvolte nella costruzione di nuove carceri.(6) Il 31 ottobre, GEK Terna ha donato al Primo Ministro Mitsotakis una donazione per la ristrutturazione degli appartamenti danneggiati ad Ambelokipi. – Studio, finanziamento, gestione, manutenzione e utilizzo della strada sottomarina tra l’isola di Salamina e la terraferma; lo studio ambientale è in fase di approvazione. Tre potenziali investitori: Terna, Metka e Vinci Concessions, Aktor Parachoriseis. Vinci non è coinvolta solo nella costruzione di carceri francesi, ma gestisce anche le autostrade in Grecia. – Autostrada Patrasso-Pirgos; Appaltatori: Terna S.A., Aktor S.A.; Cofinanziamento dall’Accordo di Partenariato dell’UE; Completamento entro il 2025 Importante progetto Ellinikon di particolare rilevanza L’interesse degli investitori stranieri per il mercato immobiliare greco continua. Gli stranieri acquistano case per le vacanze o immobili adibiti a uso turistico. L’importante progetto “Ellinikon” è di interesse per produttori e fornitori tedeschi. Sul sito del vecchio aeroporto di Atene, sorgerà l’edificio più alto della Grecia, la Riviera Tower, hotel, circa 9.000 appartamenti e ville di lusso, centri commerciali e congressuali, impianti sportivi e un porto turistico. La maggior parte degli edifici residenziali previsti è già stata affittata. Il consorzio composto dall’impresa di costruzioni greca Intrakat e dal gruppo edile francese Bouygues si è aggiudicato l’appalto per la consulenza agli studi di architettura per la “Riviera Tower”. La costruzione e la gestione del resort casinò integrato sono state intraprese nell’ambito di un contratto di concessione trentennale da Ekaz Ellinikou, una controllata del gruppo edile greco GEK Terna. Il progetto ha un valore di circa 1 miliardo di euro. GEK Terna collabora con l’operatore di casinò Hard Rock International per la realizzazione del casinò. L’infrastruttura sarà inoltre resa più attraente per i turisti in tutta la Grecia. La Hellenic Corporation of Assets and Participations S.A. (HCAP), il fondo statale per lo sviluppo, prevede di modernizzare altri 22 aeroporti statali. Potenziali investitori per l’aeroporto di Kalamata: – Il gestore aeroportuale francese Egis Airport Operation – L’impresa di costruzioni greca Aktor – La società aeroportuale francese Aéroports de la Cote d’Azur – La società tedesca Fraport AG, società madre di Fraport Greece, che ha già acquisito e modernizzato quattordici aeroporti regionali greci – La società greca Pileas SA, parte del gruppo Konstantakopoulos, proprietaria del resort di lusso Costa Navarino a Pylos, vicino a Kalamata – L’impresa di costruzioni greca GEK Terna – Il conglomerato indiano GMR Airports, che sta costruendo insieme il nuovo aeroporto di Kastelli a Creta – Il gruppo greco di costruzioni ed energia Mytilineos Il Ministro del Turismo prevede un’ulteriore crescita record nel 2025, a dimostrazione del successo dell’approccio strategico del governo. In un discorso al Parlamento, Kefalogianni ha sottolineato che il turismo distribuito geograficamente e temporalmente ha contribuito in modo significativo al successo. L’obiettivo è espandere le attività turistiche in tutte le regioni della Grecia e durante tutto l’anno. Questo approccio non solo sostiene l’economia, ma contribuisce anche a ridurre la disoccupazione e il debito pubblico, mentre il Paese torna a un avanzo di bilancio primario. Per il 2025, il Ministro ha presentato diverse iniziative chiave per rafforzare ulteriormente la competitività della Grecia come destinazione turistica globale. Tra queste: – Utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA) per migliorare l’esperienza di viaggio attraverso piattaforme moderne e offerte turistiche innovative. – Nuove normative per gli affitti a breve termine per migliorare la qualità dell’ospitalità. Kefalogianni ha anche sottolineato il crescente interesse dei gruppi alberghieri internazionali, che stanno investendo sempre più nelle regioni meno sviluppate della Grecia. Allo stesso tempo, il ricco patrimonio culturale e la varietà del paesaggio naturale del Paese dovrebbero ricevere maggiore attenzione al fine di rafforzare l’immagine turistica della Grecia. Il Ministro ha chiesto una maggiore cooperazione tra governo, settore privato e lavoratori per salvaguardare i progressi compiuti e affermare il turismo come motore a lungo termine dell’economia greca. Le imprese edili greche dominano il mercato. Le aziende straniere partecipano alle gare d’appalto in consorzi con le imprese nazionali per aumentare le loro possibilità. Solo sei imprese edili greche appartengono alla classe di edilizia più elevata, il che significa che possono presentare offerte per tutti i progetti pubblici, indipendentemente dal budget di investimento. Queste imprese edili sono quindi presenti in tutti i principali progetti infrastrutturali. Una delle imprese edili più importanti in Grecia è AKTOR S.A., con una filiale in Germania: Herhof GmbH, Kalkgraben 2, 35606 Solms e Wendenstr. 29, 20097 Amburgo-Hammerbrook Solo poche imprese edili straniere sono rappresentate in Grecia, ad esempio il gruppo tedesco Hochtief PPP Solutions GmbH e la società francese Vinci Concessions. Anche il gruppo edile francese Bouygues vuole operare in Grecia. Bouygues è sotto attacco in Francia per il suo coinvolgimento nella costruzione di carceri. Le lunghe procedure di approvazione e i problemi a livello regionale e locale complicano l’attuazione dei progetti. Gli ostacoli burocratici e le resistenze locali ritardano l’attuazione dei progetti. L’accelerazione del processo di approvazione, grazie alle riforme introdotte da Nuova Democrazia nel 2020 (tra cui l’estensione della stagione degli incendi boschivi), indica la strada per rimuovere gli ostacoli nel mercato del fotovoltaico nell’interesse degli oligarchi. La burocrazia dilagante è un peso per sviluppatori di progetti e investitori: “Sebbene il governo sia positivo nei confronti degli investitori stranieri e delle energie rinnovabili, gli obblighi burocratici dell’autorità di regolamentazione dell’energia e del gestore della rete sono enormi”, conferma Panos Sarris di Abo Wind. “A complicare ulteriormente la situazione ci sono l’atteggiamento esitante o addirittura parzialmente ostile delle autorità regionali, nonché la resistenza delle comunità locali, che in molti casi hanno interessi personali”, aggiunge. “Esitante” e “ostile” sono, tuttavia, eufemismi per descrivere lo stato d’animo delle regioni colpite da incendi e successive alluvioni negli ultimi anni. “Il nostro programma di investimenti sta subendo ritardi di oltre due anni”, afferma Sarris, descrivendo le conseguenze degli ostacoli burocratici. “Speriamo che il governo adotti tutte le misure necessarie per cambiare questa situazione, il che andrà naturalmente a beneficio dell’intero mercato”, riassume le speranze dell’intero settore. Se la catastrofe climatica prevista – il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato in Grecia – porterà presto a uno scontro di interessi con l’industria turistica è una domanda affascinante. Studi dell’Università di Atene prevedono allarmanti cambiamenti climatici per la Grecia nei prossimi anni.(7) Nell’ambito del 4° Forum dell’Innovazione, la Camera di Commercio e Industria greco-tedesca organizza una cena di networking il 12 novembre 2024, in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania. Questo evento non è stato solo un’opportunità per i partecipanti di fare networking, ma ha anche segnato la conclusione solenne delle celebrazioni per il centenario della Camera di Commercio e Industria greco-tedesca. Ha rappresentato un tributo alla lunga cooperazione e agli sforzi congiunti profusi per contrastare il saccheggio della società greca. All’evento hanno partecipato noti personaggi politici, nonché importanti rappresentanti del mondo imprenditoriale, della ricerca e della scienza, nonché rappresentanti di start-up. Platinum Partner per il centenario di AHK è stato: COSMOTE, alias Deutsche Telekom. Gold Partner: BASF, Bayer, Boehringer Ingelheim, DEL e Veridos Matsoukis. Silver Partner: ABO Wind, Aeroporto Internazionale di Atene, LIDL e Siemens. Golden Sponsor dell’evento: Robert Bosch, Jungheinrich e Merck. Sponsor dell’evento: IPTO, iQnovus (Quest Group Innovation Center), Raycap e Schüco. In questo contesto, ha senso seguire più da vicino le tracce delle aziende e dei settori economici che stanno traendo profitto dalla tragedia greca. Ci troveremo di fronte a volti noti: aziende coinvolte anche altrove nella distruzione ambientale e nella costruzione di carceri. Industrie che stanno rendendo la vita inaccessibile in città come Berlino, Barcellona o le Isole Canarie. Gentrificazione/turismo, industria del cemento (ad esempio, Lafarge), smartification/sorveglianza e militarizzazione, sia interna che esterna, vanno di pari passo. I compagni di Salonicco hanno trovato le seguenti parole per l’attacco alla compagnia di autonoleggio Avance: “Sabotiamo la “macchina del turismo con tutti i mezzi”. Distruggiamo l’immagine del “bel paese-destinazione turistica” con propaganda pratica e provocazioni che danneggiano l’apparato statale.” (8) Mitsotakis ha bisogno di molti soldi per portare avanti il suo programma contro il nemico interno – gli anarchici e gli sfruttati – e ha bisogno di un nemico esterno – i migranti, nella speranza di distogliere la società dai responsabili della crisi imminente. Che le limitate forze di resistenza radicale possano accelerare o meno una perdita di potere è irrilevante. Né lo è se un governo diverso in Grecia sarebbe “meno male”. Come afferma un testo sui disordini in Turchia: “Non importa che la maggioranza dei manifestanti voglia che il dittatore Erdoğan se ne vada e venga sostituito dal nazionalista Imamoğlu. Oggi possiamo lottare fianco a fianco per la caduta di Erdoğan, e domani potremo fare campagna per la rimozione di Imamoğlu. Se distruggiamo la più grande potenza esistente, combatteremo per distruggere la seconda, e poi la terza, finché non ci sarà più alcuna potenza al di sopra di noi. Questa prospettiva anarchica richiede il sostegno a tutte le minacce contro Erdoğan, il suo Stato, la sua polizia e la sua magistratura.” (9) Senza voler speculare sugli sviluppi legali del caso Ambelokipi, potrebbe essere consigliabile per il movimento di solidarietà internazionale non aspettare il momento in cui l’escalation sarà imperativa. Sulla base delle esperienze degli scioperi della fame degli ultimi anni, quelli di Dimitris Koufontinas, Alfredo Cospito e Giannis Michailidis, ha senso avere obiettivi pronti e non legare l’attuazione delle azioni alle condizioni di salute dei detenuti. La resistenza contro il sistema tecno-industriale e il patriarcato coltivato dalla Nuova Democrazia greca, la resistenza alla devastazione della natura e alla conseguente miseria sociale, la lotta contro la Fortezza Europa, la ricerca di una vita più libera: tutte queste sono ragioni per attaccare aziende e strutture al servizio di chi amministra la fossa comune che è il Mediterraneo. Uno stato che tiene in ostaggio i compagni Marianna, Dimitra, Dimitris, Nikos e A.K. nella guerra di classe. (1) https://borderviolencelesvos.noblogs.org/files/2023/08/Pylos_Final_Ge.pdf (2) https://darknights.noblogs.org/post/2025/03/15/athens-greece-direct-acti… (3) https://griechenlandsoli.com/2024/09/27/polizisten-schlagen-pakistani-ta… (4) https://www.zougla.gr/greece/kentavros-tilemachos-kai-yperion-i-elliniki… (5) https://www.ekathimerini.com/news/environment/1263091/satellite-data-rev… (6) https://darknights.noblogs.org/post/2025/02/18/heraklion-greece-incendia… (7) https://www.ekathimerini.com/news/environment/1265041/athens-university-… (8) https://actforfree.noblogs.org/2025/04/28/greece-incendiary-attack-thess… https://de.indymedia.org/node/513935 fine maggio Langedeld, Erkath e Hilden – sabotate tre antenne radio, ecco la rivendicazione: Spegnete tutto – Sabotate le antenne radio Rivendicazione n. 5 Negli ultimi 200 anni, la società industriale ha acquisito capacità senza precedenti. Ha dimostrato senza ombra di dubbio la sua assoluta incapacità di affrontare questa responsabilità dando inizio alla sesta estinzione di massa, un processo che potrebbe potenzialmente eclissare tutti gli altri eventi di estinzione nella storia della vita. Questo potenziale distruttivo apocalittico si manifesta nel cambiamento climatico, nella minaccia nucleare e in molti altri orrori i cui effetti possiamo solo intuire. Ingegneria genetica, nanotecnologia, intelligenza artificiale, sorveglianza totale e geoingegneria sono solo alcuni di essi. Si basa sulla combinazione di capacità tecnologiche e sulla pressione competitiva che ne impone l’applicazione. Le varie correnti dello spettro politico consolidato si sono, per loro stessa natura, orientate verso questa combinazione. Sebbene i loro atteggiamenti possano essere qui caratterizzati solo in modo molto ampio, si tenterà comunque di distinguerli. La competizione ha un posto fisso nella visione del mondo di destra. È esagerata tra conservatori e liberali a causa delle sue qualità che promuovono l’innovazione. Alcuni estremisti di destra parlano addirittura apertamente di selezione. La strategia di destra consiste quindi essenzialmente nell’unirsi nel gruppo più forte possibile (“nazione”, “razza”, ecc.). Solo la competizione all’interno del proprio gruppo dovrebbe essere limitata al minimo indispensabile (“comunità nazionale”). Ne consegue naturalmente che gli esponenti della destra devono, contro ogni ragionevolezza, negare le conseguenze della tecnologia come il cambiamento climatico. In definitiva, solo coloro che usano spietatamente la tecnologia possono sopravvivere nel conflitto tra stati moderni. Il fatto che i conservatori autoproclamati piangano la scomparsa dei valori e degli stili di vita tradizionali, pur investendo diligentemente nella tecnologia per il bene della competitività e della difesa, rivela la loro miopia. Quando la progressiva distruzione ambientale viene riconosciuta ai margini dello spettro di destra, serve solo da pretesto per un comportamento competitivo intensificato di fronte a un declino inarrestabile. Nello spettro di sinistra, tutti gli effetti negativi della tecnologia vengono sommariamente attribuiti al capitalismo, che si dice sia la causa della competizione. Alcuni identificano persino il neoliberismo, molto più recente, come colpevole. Affermano di essere ottimisti nella convinzione di poter porre fine alle lotte competitive sulla Terra e poi utilizzare pacificamente le meraviglie della tecnologia, persino “scatenando” le forze produttive. No, grazie! Una rapida occhiata a un libro di testo di biologia rivela che la competizione non ha 40 o 400 anni, ma oltre 3 miliardi di anni. Ce ne sono prove evidenti almeno dall’esplosione cambriana, 540 milioni di anni fa. Senza cadere nel volgare darwinismo sociale, bisogna riconoscere che è parte integrante della vita stessa. Questa componente, vecchia di milioni di anni e presente in tutti gli esseri viventi, deve ora essere abolita, sia attraverso un cambiamento nella proprietà dei mezzi di produzione, sia attraverso un linguaggio più amichevole (!). La nostra critica alla sinistra non è che stia cercando di sostituire la competizione con la solidarietà! Il problema è che anche piccole rivalità alla fine spingono i soggetti coinvolti a sfruttare ed espandere il potere tecnologico, entrando così in un circolo vizioso sempre più esasperato. Qualsiasi sforzo in questa direzione sarà quindi coronato solo da un successo di breve durata, finché la questione tecnologica rimarrà irrisolta. Con la stessa rapidità con cui questi patetici tentativi falliscono al contatto con la realtà, si scopre anche il colpevole: la colpa è dell’umanità. Abbiamo bisogno di una “nuova umanità”, l’umanità del futuro! Su questo, in ogni caso, tutti sono d’accordo: da sinistra a destra, dai sognatori ai cinici, dagli esoteristi New Age agli scienziati, dagli ingenui woke ai tech bro, dagli eugenetisti nazisti alle Guardie Rosse della Rivoluzione Culturale, da Nietzsche a Skinner, da Harari a Kurzweil. In definitiva, si tratta di adattare l’umanità alle esigenze della macchina sociale, in altre parole di addomesticamento. Si tratta di un’esistenza degradante come ingranaggi di una macchina. E in effetti, la nostra psiche attuale (e i nostri corpi!) sono anche il risultato di violenti adattamenti del passato. I radicali cambiamenti nel nostro rapporto con il tempo a seguito della diffusione degli orologi e della luce elettrica, e lo stress che ne deriva, ne sono solo un esempio. Chi non riesce ad adattarsi rapidamente finisce in un ospedale psichiatrico. Poiché la crescente competizione tra gli Stati li spingerà ad apportare tagli sempre maggiori al sistema sociale nel prossimo futuro, è prevedibile che coloro che non saranno disposti o non saranno in grado di adattarsi se la passeranno sempre peggio. Nel contesto di crescente freddezza sociale, il destino che minaccia gli “inutili” è chiaro. Diciamo: lasciate le persone come sono sempre state, ma liberatele dai meccanismi sui quali hanno perso il controllo da tempo! Come piccolo contributo simbolico, alla fine di maggio abbiamo piazzato ordigni incendiari su tre antenne radio a Langenfeld, Erkrath e tra le zone industriali “Auf dem Sand” e “Hülsen” a Hilden. A differenza delle nostre azioni di gennaio di quest’anno e dell’anno scorso, non c’è stata alcuna copertura mediatica. Poiché la stampa locale riporta con grande interesse ogni settimana i casi di bidoni della spazzatura in fiamme e pneumatici d’auto forati, la mancanza di copertura è chiaramente attribuibile a considerazioni tattiche della polizia. Grazie di cuore a tutti coloro che distribuiscono e traducono i nostri testi! Significa molto per noi. Kommando Angry Birds https://de.indymedia.org/node/514277 2.6 Nierstein-Schwabsburg – gettato dell’acido butirrico contro l’ufficio dell’AFD https://de.indymedia.org/node/514783 2.6 Kiel – imbrattamento e scritta “Guerra alla guerra” contro l’Istituto per le politiche di sicurezza, ecco la rivendicazione: Attaccate le fabbriche di idee del militarismo e della guerra marittima! Nella notte tra il 2 e il 3 giugno, abbiamo contrassegnato il Kiel Institute for Security Policy con la scritta “Krieg dem Krieg”, vernice e una cassetta postale resa inutilizzabile. L’ISPK (Kiel Institute for Security Policy), insieme al suo think tank affiliato “Center for Maritime Strategy & Security” (CMSS), è leader europeo nello sviluppo di strategie di guerra marittima e ospita annualmente il “Kiel International Seapower Symposium” (KISS), il principale forum europeo in questo campo. In tale occasione, vengono elaborati scenari secondo i quali entro il 2040 nel mondo ci saranno troppe persone e troppo poche risorse. Una delle conclusioni tratte dai responsabili dell’ISPK è che le potenze leader (ovvero Germania e NATO) dovrebbero prepararsi a tali scenari fin da ora, rendendo più efficace la loro guerra marittima. In altre parole, si sta pianificando e persino concettualizzando la guerra. Il futuro della ricerca sulla guerra marittima è garantito dal forum di ricerca junior “Dreizack des CMSS” (CMSS Trident), istituito in collaborazione con l’Associazione Navale Tedesca. La guerra futura nel Mar Baltico viene pianificata congiuntamente con Svezia e Danimarca. Il CMSS partecipa anche a podcast, pubblica articoli sul Marineforum e ospita regolarmente contributi come ospite sulla rivista “Leinen Los” dell’Associazione Navale Tedesca. Il think tank per la guerra è quindi in pieno svolgimento, e non è iniziato ieri. Già nel 2013, l’ISPK (Servizio Internazionale di Assistenza alla Sicurezza) commentò la clausola civile, definendola “una strategia di sinistra ed estremisti di sinistra per isolare la Bundeswehr”. La ricerca e il finanziamento della guerra sono il loro credo. Ma non con noi! Mentre loro pianificano la guerra, noi progettiamo di impedirla. Maggiore è il loro entusiasmo per la guerra, più necessaria è la loro resistenza! Veniamo indirizzati contro nemici esterni con frasi, menzogne e la ragion di stato tedesca. Ma il nostro nemico è qui: alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, nel consiglio di sorveglianza della Rheinmetall, negli uffici ministeriali o persino nel centro di Kiel. La guerra si avvicina e politici e pezzi grossi non sono mai stati affidabili, quindi prendiamo in mano la situazione! Combattiamo il militarismo! Guerra alla guerra! https://de.indymedia.org/node/515274 5.6 Soltau – incendiati 5 mezzi pesanti dell’esercito che si trovavano in un’officina, ecco la rivendicazione: Fuoco contro la Bundeswehr! Attacco incendiario contro veicoli della Bundeswehr a Soltau Guerra e genocidio sono i mezzi più brutali nella lotta per il controllo di risorse, territori e persone. Sono sempre accompagnati dalla presunzione di giustificare la distruzione di massa di vite umane, gli sfollamenti, i traumi collettivi e la distruzione senza freni. Questa presunzione è al centro della logica locale della guerra e della crescente militarizzazione, chiaramente evidente nella partecipazione attiva della Germania a diverse guerre, ad esempio come uno dei maggiori esportatori di armi al mondo. È alla base della “ragion di Stato” della Germania sostenere il genocidio a Gaza e le politiche disumane dello Stato israeliano contro la popolazione palestinese. È anche palesemente evidente nell'”Operazione Guardiano della Prosperità”: la NATO sta bombardando le rotte commerciali occidentali nello Yemen. Nella sanguinosa guerra per procura in Sudan, dove decine di migliaia di persone muoiono e milioni fuggono, in gran parte inosservate al mondo occidentale. Ed è radicata nella propaganda della “prontezza alla guerra” che ha prevalso qui dall’invasione russa dell’Ucraina. Stiamo assistendo a una sorprendente rinascita della retorica della Guerra Fredda. Questa propaganda sta portando a un massiccio rafforzamento militare in brevissimo tempo, nonché alla militarizzazione e all’appropriazione di un’ampia varietà di strutture civili e sociali da parte della Bundeswehr. Prima o poi, porterà al ritorno del servizio militare (obbligatorio). Fuoco contro il freddo liberale! Il prerequisito per un clima sociale in cui tutte queste crudeltà possano essere accettate come inevitabili, come senza alternative, è la disumanizzazione di coloro che devono soffrire a causa della guerra, del genocidio e dell’esodo. Questo non è solo un meccanismo psicologico per impedire alla mente di perdere il controllo di fronte a tutti questi orrori. La svalutazione e la disumanizzazione di gran parte della popolazione mondiale dimostrano la continuità del pensiero e dell’azione coloniale. Questo, attraverso la guerra e la sottomissione, ha dato origine alla supremazia del cosiddetto mondo occidentale e della società borghese. Guerra e sottomissione continuano a essere i mezzi con cui questa supremazia viene assicurata. L’ignoranza riguardo all’omicidio e al dominio delle persone è diffusa in ogni ambito della società tedesca. Stiamo osservando una variante della “ragione” che, in modo freddo e indifferente, ci permette di svalutare la vita umana come “altra” e di separarla dalla nostra stessa esistenza. Questo mantiene lo status quo di una società in cui le persone calpestano cadaveri per garantire la propria prosperità. La brutalizzazione militarista è in pieno svolgimento! Fuoco di solidarietà! Queste fiamme sono per coloro che lottano contro la loro disumanizzazione e per la loro sopravvivenza. Queste fiamme sono anche per coloro che dubitano, che non riescono a mantenere la calma di fronte alle circostanze, che non vogliono partecipare, obbedire e agire. Per coloro che sognano e vogliono lottare per un mondo diverso, basato sulla solidarietà, senza stati, confini e forze militari. Queste fiamme sono per Maja, in sciopero della fame nel carcere di Budapest dal 5 giugno, accusata di antifascismo persistente: la tua determinazione e solidarietà sono la nostra motivazione e ispirazione! Non sei sola! Queste fiamme sono per Daniela Klette, incarcerata e attualmente sotto processo per la sua storia, la sua posizione e la sua pratica rivoluzionaria: la vostra storia è parte del nostro futuro comune! Queste fiamme sono per coloro che sfuggono al controllo statale e alla persecuzione e continuano il nostro cammino comune: amore e forza! Ci troviamo nel mezzo, siamo parte del cuore della bestia. E tutti noi dobbiamo decidere ancora e ancora quale ruolo vogliamo svolgere in questo ciclo sanguinoso. Abbiamo scelto di contribuire all’infarto. La Bundeswehr interverrà onnipresentemente nelle nostre vite nei prossimi anni e tornerà a essere un attore rilevante nella formazione autoritaria e patriarcale della società. Attacchiamola a tutti i livelli! “ Nella notte tra il 5 e il 6 giugno abbiamo incendiato cinque mezzi pesanti della Bundeswehr nei locali di un’officina in Carl-Benz-Straße a Soltau. https://de.indymedia.org/node/516457 6.6 Lünen – incendiati i cavi elettrici della centrale elettrica Trianel, che brucia anche carbone https://de.indymedia.org/node/516226 6.6 Lipsia – attaccata la sede della banca Sparkasse di Lößnig in solidarietà con Maja, che aveva iniziato uno sciopero della fame contro la propria detenzione in Ungheria e contro l’estradizione delle altre persone arrestate su mandato di Budapest https://de.indymedia.org/node/516268 6.6 Meinz – Bruciato un mezzo a sei posti della polizia contro la politica migratoria del Ministro dell’Interno https://de.indymedia.org/node/517017 10.6 Brema – attacco al Centro Carriere dell’esercito, ecco la rivendicazione: Brema: Contro ogni servizio militare! Contro il Giorno dei Veterani! Attaccato il Centro Carriere della Bundeswehr Pochi giorni prima del primo “Giorno dei Veterani della Bundeswehr” ufficiale, ci siamo recati al Centro Carriere della Bundeswehr nella notte tra il 10 e l’11 giugno 2025. Eravamo in molti e ci siamo lasciati alle spalle una facciata colorata e distrutta e barricate in fiamme. I piani inferiori dell’edificio ospitano gli uffici doganali, dove probabilmente si è verificata la maggior parte dei vetri rotti. Consideriamo questo un gradito effetto collaterale del nostro attacco. La dogana, in quanto agenzia quasi-polizia con il compito principale di riscuotere le tasse, è un attore della cosiddetta sicurezza interna, il cui armamento è attualmente oggetto di discussione da parte di chi detiene il potere, anche in occasione della Conferenza dei Ministri degli Interni che si terrà a Brema nei prossimi giorni. I segnali indicano la guerra. Alcuni degli stati più potenti del mondo sono governati da leader autocratici e fascisti. Mentre la catastrofe climatica plasma pessime aspettative per il futuro in tutto il mondo e il capitalismo non offre più nemmeno una promessa di felicità, sempre più società si stanno rivolgendo a pseudo-soluzioni autoritarie. All’interno, c’è discriminazione, sorveglianza e la ricchezza di pochi è messa al sicuro. All’esterno, i confini sono militarizzati, le persone vengono deportate, le risorse vengono sfruttate aggressivamente e i conflitti interstatali si intensificano. La Conferenza dei Ministri degli Interni, che si tiene quest’anno dall’11 al 13 giugno a Brema, è la forza trainante delle politiche razziste di migrazione e deportazione in nome della (di chi?) sicurezza. Questa politica va di pari passo con la militarizzazione della polizia, il riarmo della Bundeswehr e il servizio militare pianificato. Schiacciate l’IMK! Il militarismo sta diventando la norma. Ovunque si combattano guerre e si uccidano vite umane, una resistenza che vada oltre il livello militare sembra quasi impossibile. Tutti gli attori sembrano inevitabilmente soggetti alla logica del bene e del male, dell’amico e del nemico, della sopravvivenza e dell’annientamento. Un movimento antimilitarista deve quindi avere successo prima che la legge marziale venga dichiarata nel proprio Paese. E come stiamo vedendo attualmente, questo è un processo graduale. Sia materialmente che ideologicamente, la militarizzazione della società si sta gradualmente affermando: Materialmente: le aziende armatrici stanno incassando ingenti profitti e sono felici di poter finalmente abbandonare i loro squallidi angoli. Questo crea posti di lavoro e qui a Brema, il dipartimento di economia della Die Linke [partito di sinistra NdT] sta generosamente corteggiando l’espansione di Rheinmetall, Lürssen e OHB. Ideologicamente: il militarismo non è solo guerra, comando, obbedienza e uniformi. È la forma intensificata di una struttura sociale autoritaria e patriarcale. Il militarismo sopprime la discussione e il discorso, pone l’immagine del forte guerriero al vertice della società, svaluta la debolezza percepita e la associa ad altri generi, orientamenti sessuali o origini etniche, che devono essere protetti o distrutti. Vengono promosse gerarchie e un pensiero sovrumano razzista. Un’urgenza autocreata fa sembrare soluzioni rapide ed efficienza l’unica alternativa. Questa ideologia non cambierà, nemmeno se le donne* venissero ammesse nell’esercito, come recentemente fortemente raccomandato dal politico del Partito Verde Joschka Fischer. Il militarismo è normalizzato. Ciò include, tra le altre cose, giuramenti pubblici, viaggi gratuiti in treno in uniforme e, non da ultimo, l’onorare coloro che celebrano questa ideologia e difendono o hanno difeso il “nostro” Paese, ad esempio attraverso l’istituzione del “Giorno dei Veterani”. All’interno dell’UE, la Repubblica Federale di Germania sta promuovendo significativamente la militarizzazione e il riarmo. Ciò è legittimato dall’incrollabile convinzione di essere sempre dalla parte giusta delle trincee nelle guerre in corso: per l’Ucraina, contro Putin, per la democrazia, per i diritti umani e per la libertà di espressione. Il sostegno (militare) della Germania alle fantasie di grande potenza di Erdoğan, alla guerra di Israele contro la Palestina e alle forniture di armi a decine di regimi autoritari in tutto il mondo chiariscono che questi valori non hanno mai alcun significato al di là del loro immediato beneficio strategico. Le continuità razziste (neo)coloniali vengono mantenute e ampliate per trarre ulteriore profitto da rapporti di potere di sfruttamento. La favola della propria superiorità morale viene diligentemente inventata affinché i tedeschi possano tornare a marciare e addestrarsi con orgoglio, ora anche in occasione dell’annuale “Giornata dei Veterani”. Ma i giovani in questo paese non sono convinti del servizio militare. Nonostante le ripetute campagne pubblicitarie, da anni arrivano “troppo poche” nuove reclute. Presumibilmente anche perché tutti sono consapevoli che un effettivo impiego in prima linea sta diventando sempre più probabile. Il nuovo governo federale guidato dal cancelliere Merz – multimilionario, razzista e porco a tutti i livelli – vuole risolvere il problema del reclutamento di giovani soldati. https://de.indymedia.org/node/516991 10.6 Berlino – attaccata Micro Resist Technology, azienda produttrice di prodotti chimici fondamentali per la produzione di microchip, ecco la rivendicazione: Spegnere il cuore della megamacchina: incendio nella produzione di microchip Ieri sera abbiamo incendiato scatole di fusibili, cavi di alimentazione e un sistema di ventilazione di proprietà dell’azienda Micro Resist Technology presso il Parco dell’Innovazione di Wuhlheide. Mentre la Germania, con i suoi tempi che cambiano, i fondi speciali e la coscrizione obbligatoria, si mobilita ancora una volta senza freni per ottenere forza militare e capacità di combattimento, noi prendiamo di mira il cuore della megamacchina tecnologica con il nostro sabotaggio e colpiamo la produzione di microchip, uno dei settori più sensibili della cooperazione civile-militare. Questo attacco vuole essere un contributo alle proteste contro la Giornata Nazionale dei Veterani di domenica prossima: fuoco e fiamme invece di gloria e onore per il militarismo, la soldataglia e la patria! Piccoli giganti all’incrocio tra tecnologia e guerra La rete del dominio capitalista si sta stringendo sempre di più intorno a noi. Il progresso tecnologico è il motore che alimenta la megamacchina distruttiva e le permette di penetrare sempre più profondamente nelle aree più intime della nostra esistenza. Oggetti inanimati di plastica e metallo, dotati di sensori, microfoni, lenti, microchip, ecc., stanno diventando sempre più protesi per l’interazione sociale. Stanno sostituendo relazioni autentiche ed empatiche e causando una crescente atrofia delle nostre capacità cognitive. Allo stesso tempo, siamo tracciati a ogni passo da social media, assistenti vocali, intelligenza artificiale, dispositivi “intelligenti”, riconoscimento facciale e molti altri strumenti di sorveglianza, per cui tutte le nostre azioni sono sempre più integrate nella catena del valore capitalista. I big data stanno diventando un vero e proprio patrimonio. L’implementazione di tali tecnologie nella nostra vita quotidiana plasma la nostra esistenza e i calcoli algoritmici che ne derivano decidono e determinano sempre di più il nostro futuro. Una volta che ci siamo abituati, questi meccanismi hanno un effetto così totalizzante che oggi è quasi impossibile per la maggior parte delle persone sottrarsi all’accesso digitale. Per molti, il solo pensiero scatena l’ansia. Ciò che rimane è un esercito di schiavi della macchina, dipendenti, controllati e controllati da altri, e spesso nemmeno consapevoli di questa relazione. Tuttavia, questo è solo un lato dell’attacco tecnologico. La tecnologia può e deve non solo manipolare i nostri pensieri e le nostre azioni, ma anche uccidere. Quasi tutte le tecnologie rilevanti sono il risultato di ricerca e sviluppo militare, progettate per ottenere vantaggi sul campo di battaglia. Non solo contro le nazioni nemiche, ma anche nella guerra sociale contro le fasce sfruttate, superflue e precarie della popolazione. Dall’energia nucleare a internet, dalla cibernetica all’intelligenza artificiale, la nostra vita quotidiana è permeata da elementi che, in fondo, derivano da una logica militare. In casi estremi, questo può significare che app che ci accompagnano giocosamente nelle nostre giornate di oggi alimentano e addestrano le stesse macchine che un drone controllato dall’intelligenza artificiale userà domani per determinare e distruggere il suo bersaglio. Una pratica che a volte viene utilizzata principalmente dall’esercito israeliano attraverso programmi di intelligenza artificiale come “Lavender” nella sua scatenata campagna di annientamento contro la popolazione palestinese di Gaza, con il supporto amichevole dei suoi complici occidentali. Quello che sembra un episodio di un film di fantascienza distopica è la triste realtà delle “conquiste” tecnologiche, riassunte sotto il termine “duplice uso” e insite nella maggior parte delle tecnologie. Aziende come Google, Amazon, Microsoft, IBM, Siemens, Telekom e Tesla sono solo alcune delle più note che operano all’interfaccia tra applicazioni civili e militari. Molto meno note sono le aziende che producono tecnologie chiave altamente specializzate come microchip e semiconduttori, senza le quali nessuno dei dispositivi tecnologici odierni funzionerebbe: smartphone, computer e automobili, così come carri armati, missili guidati e droni da guerra. A lungo più o meno ignorato, questo settore produttivo sta diventando sempre più al centro dell’attenzione globale, con l’aumento delle tensioni geopolitiche tra Cina e Taiwan. Oltre la metà di tutti i microchip viene prodotta a Taiwan e, in alcuni settori della produzione di chip complessi ad alte prestazioni, la quota dell’azienda taiwanese TSMC supera il 90%. L’UE e gli Stati Uniti vogliono cambiare questa situazione il più rapidamente possibile, poiché l’accesso a microchip di alta qualità è cruciale in caso di emergenza e l’economia globale dipende direttamente da esso. Inoltre, a causa dell’elevato grado di specializzazione e della fragilità delle catene di approvvigionamento globali, la produzione è estremamente vulnerabile a interruzioni e disagi, il che ha già causato colli di bottiglia negli approvvigionamenti durante la pandemia di coronavirus, con centinaia di fabbriche in tutto il mondo, soprattutto quelle delle case automobilistiche, bloccate. Pertanto, diverse fabbriche di microchip sono attualmente in costruzione nell’UE e negli Stati Uniti. Tuttavia, esistono dipendenze a 360 gradi e il settore è caratterizzato da sanzioni reciproche e politiche protezionistiche, motivo per cui si parla anche di una “guerra dei chip”. I sistemi di esposizione per chip ad alte prestazioni, ad esempio, possono attualmente essere prodotti solo dall’azienda olandese ASML, che ha localizzato una parte significativa della sua produzione a Berlino, rendendo la città un centro importante per l’industria dei chip. ASML, come tutti gli altri produttori di semiconduttori, dipende da una moltitudine di fornitori specializzati. Uno di questi fornitori è Micro Resist Technology, un’azienda di ricerca e high-tech con sede a Köpenick, che produce e controlla prodotti chimici speciali per la produzione di chip, con i quali i chip vengono poi fabbricati. Poiché questa tecnologia è essenziale per il potenziale economico e la potenza militare, e la capacità di combattimento sembra comunque essere la massima della nostra epoca, l’industria dei microchip sta attualmente vivendo un vero e proprio boom in Europa. L’azienda che stiamo attaccando è quindi considerata un “campione nascosto”, il che la dice lunga. Ma la produzione di chip è anche una catastrofe ecologica sotto molti aspetti. Per le regioni in cui si trovano le fabbriche, così come ovunque le rare materie prime per la loro produzione vengano saccheggiate. Se, come previsto dall’UE, in futuro il 20% dei microchip mondiali dovesse essere prodotto in Europa, le emissioni del settore potrebbero persino superare quelle delle industrie chimiche e siderurgiche europee. Inoltre, si prevede che l’attuale clamore dell’intelligenza artificiale porterà a una crescita esponenziale della domanda di microchip, che aumenterà inevitabilmente anche l’entità del degrado ambientale. Ma molti altri prodotti che rendono questo mostro tecnologico sempre più potente e la cui applicazione ha conseguenze di vasta portata per tutte le nostre vite provengono anche da Micro Resist. Questi vengono utilizzati in tutti i tipi di tecnologie chiave, come la tecnologia dei microsistemi, la microelettronica, l’optoelettronica, la micro e nanofotonica, la micro e nanotecnologia e le scienze della vita. Inoltre, Micro Resist sta attualmente ricercando e sviluppando una nuova versione di occhiali virtuali in collaborazione con Google, che trasmetteranno dati e informazioni nel campo visivo. Anche questa è una tecnologia nata in ambito militare, che trasforma i soldati in cyborg infallibili e robot da combattimento attraverso interazioni uomo-macchina. Resta da vedere se un altro esperimento sul campo per normalizzare tali strumenti di sorveglianza e controllo nel settore civile fallirà di nuovo a causa delle solide argomentazioni dei suoi oppositori di fronte agli yuppie tecnologici. Anche se in generale nutriamo poca speranza in questi tempi, resta da sperare. Per tutto il resto, consideriamo ancora il sabotaggio, con la sua tradizione secolare, una risposta contemporanea al comportamento bellico, all’attacco tecnologico e alla distruzione del pianeta. Spegnere la megamacchina! Fuoco e fiamme invece di gloria e onore per il militarismo, la soldataglia e la patria! Attaccare i profittatori di guerra – sabotare il Giorno dei Veterani! Felicità e forza nella clandestinità e in prigione – libertà per tutti! Mucchio anarchico M.R.M.D (micro resistenza – mega danno) https://de.indymedia.org/node/517004 11.6 Lipsia – Danneggiata a martellate e imbrattata la sede della Sparkasse in Connewitzer Kreuz in solidarietà a Maja in sciopero della fame https://de.indymedia.org/node/516920 11.6 Berlino – Presidio allo showroom dell’esercito, murato simbolicamente l’ingresso e tracciata la scritta “Giorno dei veterani? Non celebriamo le vostre guerre! 15 giugno, ore 14:00 Manifestazione in Friedrichstraße” https://de.indymedia.org/node/517039 11.6 Amburgo – imbrattata la casa del candidato AfD per le elezioni di Amburgo, in solidarietà a Maja https://de.indymedia.org/node/517575 12.6 Lipsia – Corteo spontaneo in solidarietà a Maja, contro le galere e per smascherare la finta politica “femminista” del Ministro degli Esteri dei Verdi, scritte e vetrine andate in frantumi https://de.indymedia.org/node/517124 12.6 Berlino – Incendiata una macchina della ditta Stölting, che fornisce servizi per il carcere, in solidarietà a Maja e a tutti i prigionieri https://de.indymedia.org/node/518136 12.6 Kassel – Imbrattato l’ufficio dell’assistenza sociale per protestare contro la carta di pagamento per i migranti, che ha sostituito i contanti [quindi può essere usata solo nei negozi e i pagamenti sono tracciati NdT]. Lasciata la scritta “No alla carta di pagamento – Contanti per tutti” https://de.indymedia.org/node/518155 12.6 Wuppertal – Pietre e vernice contro la compagnia European Logistic Partners (ELP), che produce sistemi aerei a pilotaggio remoto per l’esercito, ecco la rivendicazione: Wuppertal: pietre e vernice in solidarietà con Maja e contro il Giorno dei Veterani! Segnato l’approfittatore di guerra European Logistic Partners (ELP) È attualmente in corso un massiccio riarmo e una massiccia militarizzazione. La Germania dovrebbe essere “pronta alla guerra”. Ciò richiede non solo miliardi di dollari in equipaggiamento militare, ma anche soldati. La Bundeswehr cerca da anni di attrarre nuove reclute con campagne pubblicitarie in spazi pubblici, presenze a fiere dell’istruzione e nelle scuole. Per far fronte alla carenza di personale nella Bundeswehr, si sta persino discutendo la reintroduzione della coscrizione obbligatoria. Un altro tentativo di normalizzare la militarizzazione della società è la “Giornata Nazionale dei Veterani”, che si terrà per la prima volta il 15 giugno 2025. Uno dei beneficiari di questo massiccio riarmo è il partner tedesco di Teledyne FLIR, European Logistic Partners (ELP) GmbH, con sede a Wuppertal. Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, abbiamo contrassegnato l’area di ingresso con vernice e pietre. Alla fine del 2024, l’Ufficio Acquisti delle Forze Armate Tedesche (BAAINBw) ha firmato un contratto biennale del valore di 15 milioni di dollari con ELP GmbH per la “produzione e la consegna di sistemi aerei a pilotaggio remoto (UAS) NANO della serie di prodotti Teledyne FLIR Black Hornet 3 e 4”. La consegna dei nano-droni da 70 g è già in corso e il completamento è previsto entro febbraio 2026. Teledyne FLIR Defense ha già consegnato oltre 33.000 droni Black Hornet ad agenzie militari e di sicurezza in oltre 45 paesi. In Germania, il Comando delle Forze Speciali Tedesche (KSK) e il GSG 9 della Polizia Federale stanno già utilizzando i piccoli droni da ricognizione. Nel 2022, European Logistic Partners (ELP) ha consegnato 127 robot mobili (UGV) Teledyne FLIR PackBot 525 alle Forze Armate Tedesche. All’epoca, Simon Weiss, Amministratore Delegato di ELP, commentò l’accordo: “Siamo lieti di offrire alle forze armate tedesche, insieme a Teledyne FLIR, le migliori soluzioni per veicoli terrestri senza pilota. Comunicazione, coordinamento e lavoro di squadra sono stati cruciali per il successo dell’intero programma. I robot terrestri saranno fondamentali per l’adempimento dei futuri compiti di sicurezza, sia all’interno che all’esterno della Germania”. Tuttavia, non contrastaremo la vera militarizzazione e la conseguente crescente minaccia di guerra con un’ulteriore militarizzazione, ma con un movimento sociale antimilitarista in tutti i paesi. Non abbiamo bisogno di inventare nuovi modi, mezzi o strategie per farlo. Recentemente sono state avanzate numerose proposte. Dal sabotaggio dell’industria e delle infrastrutture belliche all’organizzazione di interventi e manifestazioni contro eventi come l’imminente “Giornata Nazionale dei Veterani”, fino all’interruzione o al confronto durante eventi pubblici di reclutamento o contro ufficiali nelle scuole, così come durante il reclutamento nell’esercito: ogni piccola e grande azione conta e contribuirà a qualcosa che ha il potenziale per diventare un movimento di massa, come abbiamo visto molte volte in passato. Come anarchici, sosteniamo una rivoluzione sociale che miri a porre fine al dominio e all’oppressione globali. Questo include la distruzione delle armi, l’incendio di ogni uniforme, lo smantellamento di ogni catena di comando e gerarchia e la smilitarizzazione delle nostre menti. Consideriamo questa azione parte della campagna di sostegno militante allo sciopero della fame di Maja. Siamo solidali con tutti coloro che uniscono le forze per resistere al militarismo e al fascismo. Liberate Maja! Liberate tutti gli antifascisti! L’antifascismo è necessario. Il 14 giugno andiamo a Jena. Liberate N. e M. da Monaco e tutti gli altri prigionieri. Amore e forza nella clandestinità e in prigione! Libertà per tutti! Sabotate la macchina da guerra. Disarmate il Rheinmetall. 26-31 agosto: Campeggio a Colonia. Rendiamo omaggio all’Az Gathe. Difendete i centri autonomi! 5-7 settembre: Giornate d’azione a Wuppertal. https://de.indymedia.org/node/518274 13.6 Amburgo – Scritte e schiuma espansa contro la casa del capogruppo dell’AfD di Amburgo, Bernd Nockemann, in solidarietà a Maja e agli antifascisti https://de.indymedia.org/node/518399 13.6 Amburgo – Incendiate due auto di Karl Gernandt, scagnozzo del miliardario Klaus Michael Kühne, uno dei principali attori della gentrificazione e proveniente da una famiglia fortemente collaboratrice con i nazisti, in solidarietà a Maja e ai prigionieri della sinistra rivoluzionaria. La rivendicazione fa riferimento anche alla campagna Switch off the system of distruction! https://de.indymedia.org/node/518646 primi giorni di giugno Lipsia – Danneggiati una cinquantina di spazi pubblicitari del gruppo mediatico Ströer, che aveva messo a disposizione i suoi spazi alla Polizia Federale per la ricerca di alcuni compagni e una compagna. In solidarietà a Maja in sciopero della fame e a tutti i compagni nascosti e incarcerati https://de.indymedia.org/node/518262 15.6 Amburgo – Attacco incendiario contro l’automobile dell’amministratore delegato della ditta Vincorion, che produce tecnologie installate su diversi veicoli blindati, ecco la rivendicazione: Switch off l’industria bellica! Attacco alla Vincorion ad Amburgo! “We power your mission” è lo slogan pubblicitario dell’azienda di difesa Vincorion. La nostra risposta: switch off l’industria della difesa! Ieri abbiamo reso inadatta alla guerra un’auto privata di proprietà dell’amministratore delegato di Vincorion, Kajetan von Mentzingen, situata in Newmans Park 16 ad Amburgo-Nienstedten, con un ordigno incendiario. Vincorion sviluppa, produce e vende generatori, sistemi di alimentazione, componenti elettronici, sistemi ottici, tecnologie di acquisizione bersagli e sistemi di stabilizzazione delle armi. Tutti questi sistemi sono installati sul carro armato da combattimento Leopard 2, sul veicolo da combattimento per la fanteria Puma, sul veicolo blindato ruotato Boxer e sul Panzerhaubitze 2000, nonché sull’elicottero NH90, sul sistema missilistico Iris-T e sul sistema missilistico Patriot. Vincorion riceve ordini principalmente dalla Bundeswehr, ma anche da altri paesi europei e dagli Stati Uniti. Nel 2024 è stato raggiunto il traguardo dei 200 milioni di euro di fatturato e l’amministratore delegato Kajetan von Menzingen punta già a 500 milioni, con le vendite di sola tecnologia missilistica destinate a quadruplicarsi. Secondo Vincorion, l’azienda è attualmente sulla soglia della produzione di massa. 550 dei suoi 900 dipendenti lavorano a Wedel, vicino ad Amburgo, con altre sedi Vincorion in Renania Settentrionale-Vestfalia e Baviera. Kajetan von Menzingen non è timido nel chiedere ai politici: “L’attuale fondo speciale è stato un primo passo importante. Ora dobbiamo valutare l’aumento della spesa per la difesa al 2,5-3% del PIL per raggiungere i nostri obiettivi”. Siamo stati molto soddisfatti delle numerose attività in vista del Giorno dei Veterani del 2025! Non abbiamo nulla da aggiungere alle dichiarazioni di Brema, Soltau e Berlino. Consideriamo particolarmente positivo il fatto che i vari attacchi degli ultimi giorni abbiano toccato in modo esemplare molti ambiti chiave dell’antimilitarismo militante: il reclutamento e la pubblicità per l’esercito, l’infrastruttura della Bundeswehr, la produzione di armi e i suoi responsabili. Ma esistono, naturalmente, molti altri modi per sabotare la macchina militare: la ricerca militare, la logistica civile, il supporto ai disertori, ecc. L’amministrazione comunale rosso-verde di Amburgo ha preso in considerazione l’idea di organizzare uno degli eventi pubblici più rilevanti a livello mediatico per il primo Giorno dei Veterani in assoluto. Oggi, alla presenza del Ministro della Guerra Boris Pistorius, diverse centinaia di Bundi saranno solennemente promossi a ufficiali durante una “cerimonia” in piazza Rathausmarkt. Nel prossimo futuro, dovremo affrontare la reintroduzione forzata della coscrizione obbligatoria. Il progetto per preparare la società alla guerra sta prendendo piede ed è urgentemente necessario ricostruire e ampliare la resistenza antimilitarista e sostenerla militarmente. Per contrastare la follia della guerra e la distruzione di questo pianeta nel suo complesso, dobbiamo lottare insieme: contro Amazon, Facebook, Google e Open AI, contro Tesla, BMW e Porsche, contro RWE ed E-ON, contro la Bundeswehr e l’industria bellica, contro il patriarcato, il razzismo e l’antisemitismo. Niente dei, niente stati, niente patrie! Switch off the system of distruction! La guerra inizia da qui. Portiamola a casa! Attaccare la produzione di armi e la logistica bellica – sabotare il Giorno dei Veterani! Felicità e forza nella clandestinità e in prigione! Liberate tutti gli Antifa! Sostenete Maja, in sciopero della fame dal 5 giugno! Libertà per Daniela! Libertà per i due anarchici imprigionati a M.! https://de.indymedia.org/node/518645 15.6 Offenburg – Interrotte le celebrazioni per il Giorno dei Veterani, striscioni antimilitaristi e in solidarietà alla Palestina https://de.indymedia.org/node/518705 15.6 Lipsia – Danneggiamenti e scritte contro due filiali della Sparkasse e della Deutsche Volksbank, in solidarietà a Maja https://de.indymedia.org/node/518814 15.6 Lipsia – Attaccato il Centro per l’impiego di Möckern, in solidarietà a Maja e a tutti i prigionieri, contro ogni autorità repressiva https://de.indymedia.org/node/518815 15.6 Berlino – Vernice e acido butirrico contro la Vienna House Andel’s, dove il giorno dopo si è tenuta una giornata di formazione per gli alunni dalla terza media alla seconda superiore a cui hanno partecipato esercito, polizia e servizi segreti. Nello stesso hotel, il 18 e il 19 novembre, si terrò la Conferenza sulla Sicurezza di Berlino, con la partecipazione di aziende come Taurus e Elbit. In solidarietà a Maja, ai prigionieri delle indagini di Budapest e Antifa-Ost, ai due anarchici di Monaco, a Daniela Klette, a Marianna, Dimitra e gli altri prigionieri del caso Ampelokipi, ai ricercati https://de.indymedia.org/node/518856 16.6 Berlino – 1200 persone al corteo contro il Giorno dei Veterani e in solidarietà alla Palestina, il giorno precedente era stata coperta la pubblicità dell’esercito in centinaia di spazi pubblicitari. Il comunicato parla anche di altre proteste, in particolare a Vechta, contro la cerimonia di giuramento di fedeltà dell’esercito https://de.indymedia.org/node/518753 16.6 Berlino – Attacco incendiario a veicoli Amazon e Telekom, ecco la rivendicazione: Attacco antimilitarista ai collaboratori militari Amazon e Telekom Ieri sera sono scoppiati incendi su diversi furgoni di Amazon e Telekom a sud (Britz) e a est (Lichtenberg) di Berlino. Recinzioni e telecamere non sono riuscite a impedire agli antimilitaristi di attaccare questi due collaboratori militari. Entrambe le aziende traggono immensi profitti dalla militarizzazione globale e dall’escalation delle guerre. Pertanto, sabotarle è la cosa giusta da fare. Invece di un ricevimento con champagne, festeggeremo l’inaugurazione dell’Amazon Tower con rottami d’auto carbonizzati. Ma troviamo disgustosi non solo questo brutto grattacielo e le sue conseguenze per il quartiere, ma anche tutte le altre macchinazioni del gigante della tecnologia, in particolare il suo coinvolgimento attivo in guerre e genocidi. I server e i servizi cloud di Amazon vengono utilizzati dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) per archiviare le enormi quantità di dati ottenuti dalla sorveglianza di massa della popolazione palestinese. Amazon, tramite la sua controllata Amazon Web Systems (AWS), è un partner contrattuale dell’IDF. Nel 2021, AWS, Google e Microsoft hanno firmato contratti con l’IDF per l’utilizzo dei loro server (Progetto Nimbus). Dall’invasione israeliana e dalla conseguente completa distruzione della Striscia di Gaza, l’IDF ha richiesto una potenza di calcolo molto maggiore per gestire i suoi programmi di intelligenza artificiale militare (Lavender, Where’s Daddy?). I server AWS vengono utilizzati principalmente a questo scopo. L’IDF e AWS collaborano strettamente e si tengono consultazioni in merito ai singoli attacchi aerei. Ciò significa che la distruzione e la carestia a Gaza che si stanno svolgendo sotto i nostri occhi, il pianificato trasferimento completo della popolazione e il massacro e la mutilazione di centinaia di migliaia di persone, inclusi molti bambini, basati sull’IA, vengono calcolati e archiviati sui server di Amazon Web Services. Amazon è anche militarmente attiva in diversi altri settori: ad esempio, come appaltatore chiave dell’esercito statunitense e, più recentemente, come generoso sponsor della parata militare di Re Trump di sabato scorso a Washington. Stato e capitale sono in rotta di collisione verso il fascismo. Guerra, militarizzazione, genocidio e politiche imperialiste e genocide sono tutte basate oggi sull’alta tecnologia. Per il funzionamento del sistema statale e militare globale, è necessaria un’infrastruttura tecnologica altamente complessa. In Germania, questa è gestita e ampliata dalla statale Telekom. Nessuna guerra può funzionare senza tecnologia e Telekom trae enormi profitti dalla militarizzazione globale. Telekom supporta la Bundeswehr nella difesa informatica e addestra i soldati nell’informatica. Aziende come Telekom traggono profitto dal riarmo, dal pacchetto governativo da 400 miliardi di euro per la “prontezza bellica” e dalla reintroduzione del servizio militare. Allo stesso modo, Telekom, in qualità di fornitore IT delle autorità di frontiera, della polizia e dei servizi segreti, trae profitto dalla guerra contro i rifugiati alle frontiere esterne dell’Europa e dalla crescente militarizzazione al suo interno. Ma non abbiamo dimenticato che Telekom, uno dei maggiori fornitori di telecomunicazioni al mondo, è uscita dalla crisi greca beneficiando della massiccia ondata di privatizzazioni attraverso l’acquisizione della compagnia telefonica greca OTE nell’ambito delle misure della Troika. Ecco perché l’azienda ha spesso suscitato rabbia lì, come qui, ed è stata bersaglio di attacchi. Inoltre, tramite T-Systems, Deutsche Telekom sta facendo grandi affari con Starlink, la società del fascista tecnologico Elon Musk. T-Systems offre un servizio negli Stati Uniti e in altri paesi che utilizza le migliaia di satelliti Starlink nello spazio per inviare messaggi di testo anche nelle zone morte. Elon Musk non è solo un fascista puro, è l’uomo più ricco del mondo e, con i suoi progetti megalomani, vuole colonizzare non solo la Terra, ma anche lo spazio e Marte. Nella corsa a chi ha più satelliti e più potere, il CEO di Amazon Jeff Bezos si sta contendendo il suo posto con il suo progetto satellitare Project Kuiper (che presto avrà 3.200 satelliti). Queste due società ora assomigliano a imperi non statali, la cui importanza sta acquisendo sempre maggiore importanza anche dal punto di vista militare: Starlink non solo supporta Ucraina e Israele con i dati nei loro attacchi militari, ma Musk ha anche il potere di prevenire quegli stessi attacchi non fornendo i dati di Starlink. Musk e Bezos, con le loro reti aziendali, sono quindi tecnocrati che non solo traggono profitto dalle guerre, ma ora possono anche influenzarne il corso. Crediamo che l’attacco ai collaborazionisti militari sia giusto tanto quanto quello di ieri. Ciò che sorprende non è che le persone siano profondamente colpite dal genocidio e dalla guerra di annientamento a Gaza e dall’espulsione della popolazione palestinese dalla Cisgiordania, ma che metà del mondo sembri essersi abituata a vedere un governo di estrema destra commettere un genocidio. Ciò che sorprende non è che le persone stiano cercando di fermare questo genocidio, ma che così poche cerchino di bruciare case, aziende, magazzini e infrastrutture che traggono profitto e rendono possibile questo spietato bagno di sangue. Che si tratti di Palestina, Congo, Sudan, Ucraina o Myanmar, sono i governanti a trarre profitto dalle guerre. Sabotaggio e rivolta sono giusti; rivendicare la vita contro il militarismo e le tecnologie di morte è giusto, così come è giusto rivendicare e difendere l’antimilitarismo contro il nazionalismo. È giusto liberare la vita da ogni militarismo e guerra, dallo Stato e dal patriarcato. Contro ogni guerra, contro tutte le forze militari. Amore e forza per Maya in sciopero della fame e per tutti gli altri prigionieri del processo di Budapest, per Nanuk, Daniela e gli anarchici N e M. Un abbraccio e un saluto ardente ad Atene, dove Marianna, Dimitra, Dimitris, Nikos e AK sono detenuti nel carcere di Korydallos. In ricordo combattente di Kyriakos Ximitri https://de.indymedia.org/node/518981 16.6 Göttingen – Murato l’ingresso della sede della CDU, contro il militarismo, la fascistizzazione della società, la complicità del governo tedesco con il genocidio in Palestina e il controllo delle frontiere europee https://de.indymedia.org/node/518855 In questo articolo https://de.indymedia.org/node/519382 c’è un’elenco fatto da Antimilitaristisches Aktionsnetzwerk [Rete d’azione antimilitarista] di iniziative avvenute per il Giorno del Veterano e in questo https://de.indymedia.org/node/519469 un bilancio del Consiglio Provvisorio Anarchico Anti-Guerra di Berlino 19.6 Wuppertal – Imbrattate le sedi di CDU e AfD in occasione dell’anniversario dei moti di Stonewall, in solidarietà a Maja, per l’azione rivoluzionaria LGBTI+, per la lotta di classe https://de.indymedia.org/node/519478 21.6 Essen – Imbrattate le sedi della CDU, in solidarietà a Maja e agli antifascisti e contro la guerra https://de.indymedia.org/node/519786 21.6 Düsseldorf – Striscione “Libertà per Maja” al consolato ungherese https://de.indymedia.org/node/519905 21.6 Stuttgart – Corteo di 500 persone contro la guerra in Iran e in solidarietà con la Palestina https://de.indymedia.org/node/519954 21.6 Tübinger – Corteo in solidarietà agli abitanti di Lu15 [progetto abitativo di sinistra, perquisito nei giorni precedenti NdT] e a Maja https://de.indymedia.org/node/521159 25.6 Freiburg – Scritte in solidarietà a Maja sul municipio https://de.indymedia.org/node/521079 25.6 Dresda – Interrotta una seduta del Parlamento regionale in solidarietà a Maja https://de.indymedia.org/node/521095 26.6 Aquisgrana – Imbrattata la sede della Polizia Federale presso la stazione centrale, in solidarietà alle persone perquisite in città e a Berlino e a Maja, contro la gentrificazione e i controlli delle frontiere https://de.indymedia.org/node/522679
Udine, 18 luglio: “Altro che eccellenza…” Iniziativa contro la fabbrica di morte di Leonardo a Ronchi dei Legionari (in preparazione di una manifestazione per il 13 settembre)
Riceviamo e diffondiamo: Venerdì 18 luglio h 20.30 Spazio autogestito via de Rubeis 43 UDINE presentazione dell’opuscolo Altro che eccellenza… a proposito della fabbrica di droni armati di Ronchi dei Legionari (Gorizia) Leonardo, colosso italiano della difesa, ha recentemente stretto un accordo per una joint-venture con l’equivalente turca Baykar per produrre, nell’immediato, nello stabilimento di Ronchi, droni-caccia per la marina militare turca. A quest’ultimo colpo di scena si affiancano le tradizionali produzioni militari della famiglia Falco e Mirach. Questa fabbrica NON è un’eccellenza locale come ci viene spacciata, ma una realtà dove si progettano e realizzano dispositivi, macchine e algoritmi che servono a ucciderci uno con l’altro, che sanno di morte. Leonardo È stato italiano e per chi come noi crede che lo stato difende gli interessi di chi ci sfrutta, avvelena, affama, questa fabbrica deve essere fermata. Di fronte alle stragi immani che funestano l’umanità, moltiplichiamo i blocchi, gli scioperi, le occupazioni! Non restiamo complici di questi progetti di potere! Assemblea No Leonardo INIZIATIVA DI MOBILITAZIONE IN VISTA DELLA MANIFESTAZIONE DI SABATO 13 SETTEMBRE A RONCHI DEI LEGIONARI CONTRO LA LEONARDO
Il loro sangue ricadrà su di voi. Aggiornamento sul processo ad Anan, Alì e Mansour (prossime udienze il 9 e 10 luglio)
Riceviamo e diffondiamo. Di seguito all’aggiornamento un intervento dei Giovani Palestinesi al corteo de L’Aquila dello scorso 25 giugno: Il loro sangue ricadrà su di voi Aggiornamenti di Luglio sul processo ad Anan, Alì e Mansour. I prossimi 9 e 10 luglio si terranno al tribunale dell’Aquila due udienze consecutive del processo ad Anan, Alì e Mansour, accusati di proselitismo e finanziamento del terrorismo. Nel corso di queste udienze verranno ascoltati gli unici tre testimoni accettati, su quarantasette presentati dalla difesa, e gli imputati. Se le intenzioni dei giudici precedentemente erano quelle di chiudere il processo entro l’estate fissando molte udienze a distanza ravvicinata, nei fatti la corte non riuscirà a terminare l’istruttoria nei tempi prefissati e la conclusione del processo è già rimandata a dopo l’estate. Questo processo è sempre stato seguito da un pubblico solidale ed accompagnato da un presidio all’esterno del palazzo di giustizia. In occasione delle tre udienze consecutive del 25, 26 e 27 giugno scorso all’Aquila si sono tenute iniziative informative e mercoledì 25 un corteo vitale ha attraversato le strade della città. La presenza solidale è rinnovata per le prossime udienze. Nelle scorse udienze sono stati ascoltati i testi dell’accusa (agenti e dirigenti di DIGOS, Dipartimento Centrale della Polizia di Prevenzione e Guardia di Finanza). L’ enorme mole di dati presentata dagli inquirenti ci fa supporre che questi vogliano sostituire con la quantità l’assenza di qualità, cioè di contenuti significativi. Effettivamente non abbiamo avuto modo di capire su quali basi si giustifichi tanto questo processo quanto la detenzione di una persona nel carcere speciale di Terni da oltre un anno. Il fatto che i tre simpatizzino per la resistenza palestinese in Cisgiordania, loro terra d’origine, è ovvio. L’ulteriore fatto che uno di loro abbia fatto parte della prima linea della resistenza è dichiarato con orgoglio da lui stesso ed è ritenuto legittimo perfino dal diritto borghese. Invece che i tre abbiano organizzato azioni in Italia è escluso e che abbiano organizzato dall’Italia azioni in Cisgiordania che prendessero di mira cosiddetti civili (cioè coloni) israeliani non è emerso dall’istruttoria, e questi sarebbero stati gli elementi accusatori su i quali sembrava improntato questo processo. Al di fuori del codice penale, di cui ci interessa relativamente,a noi sembra semplicemente disumano e abbietto perseguire delle persone perché sostengono il proprio popolo mentre subisce l’apice di soprusi e violenze che perdurano ininterrottamente dal 1948. La mancanza di argomenti emersa dalle deposizioni dei dirigenti delle forze dell’ordine ha spinto la PM a richiedere l’audizione di un ulteriore testimone, cioè di Vincenzo di Peso dirigente della DCPP, questa testimonianza dovrebbe avere come oggetto annotazioni pervenute al PM di recente dai servizi segreti. Si tratta di una richiesta irrituale e che potrà essere discussa solo alla fine dell’istruttoria. Questa richiesta ci conferma quella che ormai è più di un’ipotesi, cioè che questo processo abbia preso origine da una catena di comando che parte dai servizi segreti israeliani, passa per quelli italiani, per la DCCP ed arriva alla Digos ed alla magistratura antimafia dell’Aquila. Le tracce di questa direttrice emergono dal precedente rifiuto dello Stato Italiano di estradare Anan in Israele, dal tentativo fallito di portare a processo documenti prodotti dallo Shin Bet e che contenevano testimonianze raccolte in centri di detenzione in cui si fa ricorso sistematico alla tortura, dalla vaghezza degli inquirenti sull’origine delle fonti utilizzate. Le relazioni dei servizi potrebbero essere quindi all’origine di questo procedimento. Al loro utilizzo si oppone la difesa in quanto ritiene questi elementi inammissibili per l’impossibilità di verificarne la fonte e considerando che i servizi segreti non svolgono attività di polizia giudiziaria. Capiremo a breve se la corte chiuderà il processo sul nulla probatorio o l’accusa tenterà di condizionare la giuria popolare con qualche sorpresa dell’ultimo minuto. Il tentativo delle autorità israeliane di perseguire noti esponenti della resistenza, quale è Anan Yaeesh che risiede e lavora in Italia da anni e gode di protezione umanitaria, risponde a precisi principi: il popolo palestinese non solo deve essere espulso dai territori controllati dagli israeliani, ma va attaccato e cancellato nella sua stessa esistenza ovunque risieda. Questo perché finché esiste la coscienza dell’esistenza del popolo palestinese – e la resistenza la incarna a pieno – la persistenza dell’entità coloniale di Israele è messa radicalmente in discussione. Ne consegue che la persecuzione della resistenza, della sua memoria e dei suoi simboli è parte integrante del programma di genocidio del popolo palestinese attualmente in corso. Ne consegue ulteriormente che chi collabora con questo programma è esso stesso responsabile del genocidio, lo sono quindi anche le autorità italiane che, in questo come in altri ambiti, ubbidiscono agli ordini dei sionisti. Questo processo ha scopo di disperdere e punire la diaspora palestinese, mandare il messaggio intimidatorio che Israele la può perseguitare in ogni dove e che può costantemente ribaltare la realtà accusando di terrorismo chi ne è vittima. Il sangue dei palestinesi ricadrà su chi sta compiendo, supportando, tollerando questo massacro. Non è possibile voltarsi dall’altra parte per non vedere, chi non vuole essere complice è chiamato da questo sangue a fare sentire la propria voce. complici e solidali Qui il pdf: anan aggiornamenti luglio def. -------------------------------------------------------------------------------- INTERVENTO DI GPI AL MEGAFONO DURANTE IL CORTEO DELL’AQUILA DEL 25 GIUGNO 2025 Anan da gennaio si trova nel carcere di Terni, è detenuto ed è accusato di terrorismo. Adesso voi vi chiederete perché viene arrestato in questa città un palestinese, un palestinese che vive qua, lavora qua, viene arrestato per terrorismo? Voleva fare un attacco terroristico in questa città secondo voi? Questo direbbe la teoria, no? Che all’interno dello Stato italiano, un cittadino che vive nello Stato italiano vuole compiere un attacco, verso magari un bar come questo? Questo direbbe la teoria, ma poi la pratica in realtà è che Anan è stato arrestato in questa città, è sotto processo in questa città, perché quando stava in Palestina, il nostro paese dal quale noi siamo stati cacciati dagli israeliani, lui si è difeso ed ha resistito contro l’occupazione israeliana, ed è per questo motivo che Anan oggi sta in un carcere italiano, perché è arrivata la richiesta di Israele al vostro Stato di arrestare Anan. E a questo punto io vi chiedo, se questo Stato, questo Paese è il vostro Paese? Perché la risposta è che non è neanche il vostro paese, perché è un paese che è servo, che esegue gli ordini di un paese straniero e fa i compiti di un paese straniero qua. Il diritto internazionale dice che la resistenza di un popolo occupato contro il suo occupante non è reato, è legittima, ma questo a quanto pare non vale per Israele, non vale neanche per l’Italia che oggi tiene in carcere un palestinese che è responsabile solamente di aver difeso casa sua e la sua terra. Voi pensate che a noi palestinesi ci piace vivere nella terra di qualcun altro? Ci piace vivere qua in Italia? A noi palestinesi, se la nostra terra non fosse stata distrutta, bruciata, devastata dall’occupazione israeliana saremmo nella nostra terra, a costruire sulla nostra terra e a costruire il nostro futuro sulla nostra terra. E allora do un consiglio anche a tutti coloro ai quali non piacciono gli immigrati…no? Vi do un consiglio, visto che non vi piace che io sto in questo paese, lavorate affinché il vostro paese non sostenga chi la mia terra me l’ha rubata. Lavorate affinché il vostro paese non sia schiavo di un paese straniero… fate i nazionalisti davvero e non fatelo solo quando vi conviene! Anan, Ali e Mansour devono essere liberati, devono essere liberati perché loro non hanno fatto niente contro il popolo italiano, e non hanno fatto niente contro di voi. E allora al processo del 9 e del 10 luglio ci dovete essere tutti. Oggi la Palestina è sulla bocca di tutti, ed è sulla bocca di tutti perché c’è chi non ha accettato di stare con la testa piegata, ha alzato la testa contro l’occupazione e ha sfondato la prigione di Gaza, è uscito fuori ed è tornato sulle nostre terre, le terre che ci sono state rubate. Anan era all’interno delle brigate di resistenza, e come dice lui anche nelle sue dichiarazioni, questo non è un motivo per doversi difendere in un tribunale, perché non si difenderà per quello che ha fatto. Anzi, a testa alta dice: “è un onore essere stati la prima linea di difesa contro l’occupazione”. Libertà per Anan, libertà per Ali, libertà per Mansour. Perché anche chi oggi, come Ali e Mansour, si trova fuori dalla cella di un carcere ma ancora è costretto a venire a vedere, ad assistere allo Stato italiano che prova a condannarlo. Questo è un trauma, questo però è il destino di noi palestinesi e lo conosciamo bene, e sappiamo che per la nostra terra pagheremo e saremo sempre a testa alta e pagheremo con onore. Perciò non diciamo solo libertà per Anan ma diciamo anche libertà per Ali e Mansour che ancora oggi non sanno quale sarà il loro futuro. Mansour giusto per dire alla “madre cristiana”, è padre di famiglia. È stato carcerato ed è stato per dei mesi lontano da sua moglie e dai suoi figli, perché lo Stato italiano non ha una spina dorsale, perché lo Stato italiano è schiavo, perché lo Stato italiano è una colonia. Perciò libertà per Anan, libertà per Ali e libertà per Mansour e una grossa libertà per tutti quanti!
TOGLIAMO LE FABBRICHE ALLA GUERRA! Bolzano, 10 luglio: Presidio contro Iveco DV e Leonardo, complici di guerre e genocidi
Riceviamo e diffondiamo: Giovedì 10 luglio dalle ore 16 (fino alle 19 circa) a BOLZANO Presidio contro Iveco DV e Leonardo, complici di guerre e genocidi Contro la corsa al riarmo europeo. Denunciamo le complicità italiane nel genocidio del popolo palestinese   TOGLIAMO LE FABBRICHE ALLA GUERRA   IVECO DV E LEONARDO COMPLICI DI GUERRE E GENOCIDI   Israele sta facendo il lavoro sporco per tutti noi   Friedrich Merz, Cancelliere federale della Germania   Il genocidio del popolo palestinese continua grazie alle armi dell’apparato militare industriale di Stati Uniti e Unione Europea, ma soprattutto grazie alla scorta mediatica che distorce la realtà, giustifica e legittima ogni orrore, se compiuto per difendere gli interessi delle élite occidentali al potere. Da oltre 21 mesi nessuna violenza è risparmiata a Gaza, ormai un campo di sterminio in cui l’uso della fame come arma non può essere compreso se non come parte del più grande esperimento di ingegneria sociale violenta condotto su un intero popolo, attraverso fasi precise e pianificate. In questo scenario, che ricorda il film distopico Hunger Games, la distribuzione degli aiuti è funzionale alle continue stragi di civili palestinesi con l’IDF che spara sulla folla ammassata per qualche chilo di farina. Anche la distruzione degli edifici è appaltata a privati che, con l’appoggio di compagnie di sicurezza, si muovono lungo tutto la Striscia incassando 1500 euro per ogni casa distrutta. Perfino il genocidio è un’occasione per fare business.   In questo quadro l’aggressione sionista-statunitense all’Iran rientra nel progetto colonialista di ridisegnare il Medio Oriente secondo i loro insaziabili interessi, con i popoli dell’area sfruttati e definitivamente schiacciati sotto il loro tallone di ferro. Un’aggressione imperialista che si aggiunge a quelle contro il Libano, lo Yemen, la Siria e alla decennale pulizia etnica della Cisgiordania occupata. Un attacco che, dopo qualche finto tentennamento di fronte all´orrore assoluto di Gaza, ha visto un sostanziale riallineamento di tutta la borghesia occidentale a difesa dell´alleato sionista, unita nel partito unico degli affari e della guerra.   In Europa i venti di guerra soffiano sempre più forte. Dopo oltre tre anni di guerra fra NATO e Russia in Ucraina, con il recente vertice a L’Aja Trump ha raggiunto tutti i suoi obiettivi, ossia far pagare all’UE i costi delle forniture belliche a Kiev, rilanciare il complesso militare industriale statunitense e allo stesso tempo tenere la Russia impegnata in un conflitto senza fine, mentre il Pentagono si prepara alla fase finale della guerra mondiale a pezzi: l’attacco al suo vero rivale strategico, la Cina.   Come tutti i membri della NATO anche il Governo Meloni ha approvato l’impegno a destinare il 5% del PIL alla spesa bellica entro il 2035. Un balzo mostruoso: per l’Italia saranno 400 miliardi in più di oggi nell’arco di 10 anni, 40 miliardi in più l’anno. Una corsa al riarmo costruita su falsità colossali, come la presunta minaccia di un’invasione russa, rafforzata dalle dichiarazioni di Ursula von der Leyen con il programma Rearm Europe/Readiness 2030 che prevede una spesa bellica europea di 800 miliardi di euro.   L’Italia è sempre più la retrovia di un fronte di guerra che va dall’Ucraina al Medio Oriente fino al circolo polare Artico, dove da tempo le grandi potenze stanno affilando i coltelli (da anni in Alto Adige si tengono esercitazioni militari in montagna e nei laboratori del NOI Techpark per simulare la guerra in ambiente artico). Per creare un clima funzionale al riarmo e imporre così ai proletari le deprivazioni di un’economia di guerra, i Governi europei e l´apparato propagandistico rilanciano notizie allarmistiche e pubblicano editoriali in cui giornalisti prezzolati costruiscono nemici immaginari, alimentano la paranoia, denunciano le carenze negli arsenali e nei sistemi di difesa e quindi la necessitá di giustificare spese sempre più ingenti per l´acquisto di armi, carriarmati, cacciabombardieri e missili. Oltre a sottrarre enormi finanziamenti alla spesa per scuola, sanità e servizi sociali, questa produzione dovrà essere “consumata”, altrimenti ingombrerà solo le caserme ed i depositi di armi. Appare chiaro quindi che siamo in un piano inclinato in cui i padroni ci stanno portando al macello, verso la guerra. Il dibattito sul possibile ripristino della leva obbligatoria in Germania, come in Italia e altri paesi europei, lo conferma. Anche il decreto sicurezza approvato dal Governo Meloni si delinea come uno strumento di guerra preventiva sul fronte interno, contro ogni possibile dissenso nei confronti di queste politiche guerrafondaie.   Chi invece gioisce per gli osceni profitti legati a guerre e genocidio del popolo palestinese sono le industrie dell´apparato militare-industriale. I cannoni delle corvette di Israele sono prodotti da Oto Melara, una società controllata da Leonardo e che collabora con Iveco DV. I tentacoli del colosso delle armi Leonardo sono sempre più estesi, anche in Alto Adige: dal 2023 possiede infatti il 10% della Start-up sudtirolese Flyingbasket mentre nel maggio scorso ha presentato, insieme alla tedesca Rheinmetall (anche essa complice del genocidio palestinese e perno del programma di riarmo europeo), un’offerta per acquisire Iveco DV con cui già collaborano per la costruzione di mezzi corazzati da destinare agli Eserciti europei.   Sabbia non olio negli ingranaggi della guerra e del genocidio! La guerra inizia qui! No al riarmo!   Assemblea solidale con il popolo palestinese – Bolzano   freepalestinebz@inventati.org – Telegram “Free Palestine BZ” – Instagram: gazaiscalli
Dall’Iran. “Contro i due mostri capitalisti, formare i Consigli operai!”
Mentre quella che già viene chiamata “la guerra dei 12 giorni” è congelata da una fragile tregua, un nostro amico ha scovato in rete la traduzione di questo comunicato di alcuni Lavoratori anticapitalisti iraniani, già apparso su un blog ispanico (https://barbaria.net/2025/06/22/dos-comunicados-internacionalistas-desde-iran-contra-las-guerras-en-oriente-medio-por-la-lucha-de-clases-contra-todos-los-capitalistas/). A questi compagni il nostro augurio di realizzazione dei loro propositi sovversivi, e a tutto il popolo iraniano, e agli sfruttati di tutto il mondo. Solo un’insurrezione operaia anticapitalista, può schiacciare queste due piovre capitaliste assassine e guerrafondaie  1 I lavoratori vengono impiegati in tutti i settori: nelle fabbriche, nelle scuole, negli ospedali, nei servizi comunali, nell’agricoltura, nell’industria, nei trasporti terrestri, marittimi e aerei, nell’energia e nei servizi pubblici, nell’edilizia, nella silvicoltura e altro ancora. Che si sia disoccupati, pensionati o gravati da un lavoro domestico non retribuito, apparteniamo tutti alla stessa classe operaia, unita dalla nostra esistenza sociale e dal nostro sfruttamento. Sopportiamo tutto il peso della dominazione capitalista: schiavitù salariata, repressione, privazione, genocidio, incarcerazione, tortura, violenza di genere, oppressione etnica, distruzione ambientale e tutte le calamità che questo sistema genera. 2 Fino a poco tempo fa, in Iran, questa violenza ci veniva imposta direttamente solo dalla classe capitalista e dal regime islamico. Ora, con la guerra in corso, ci troviamo di fronte a due mostri capitalistici: la borghesia iraniana e il suo regime da un lato, e i governi di Israele, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea dall’altro. Nonostante il loro conflitto interno, entrambe le parti impongono la stessa brutalità genocida. Sia dall’alto che dal basso – in quelli che sono tutti gli aspetti della vita – veniamo schiacciati dalla violenta macchina del capitale, che sia iraniano, israeliano, americano o europeo. 3 Questa guerra non viene condotta tra “Stati”, essa viene condotta contro di noi. Decine di milioni di lavoratori ne sopportano il peso: sfollamento, senzatetto, fame, carestia, mancanza di acqua, di medicine, di cure, e morte di massa. Le nostre case vengono bombardate, i nostri cari giacciono insepolti, e il futuro dei nostri figli è incerto. A Teheran, Kermanshah, Isfahan e altrove, il costo della guerra è immenso. Tutte queste condizioni ci impongono di agire collettivamente, a livello nazionale e con un’organizzazione cosciente e consiliare. Questo non è uno slogan. È una questione di sopravvivenza. Dobbiamo unirci dove viviamo e dove lavoriamo – fabbriche, scuole, ospedali, porti, quartieri – per formare consigli. Questi consigli non dovrebbero essere isolati o locali; ma devono crescere in un movimento nazionale, capace di mobilitare tutte le risorse per poter soddisfare i bisogni urgenti: cibo, sicurezza, assistenza sanitaria, alloggio, istruzione. Questi consigli devono riunirsi, evolversi fino a diventare una forza anticapitalista unificata, e strappare  dalle mani della classe capitalista e del suo Stato il controllo della produzione, della ricchezza e delle infrastrutture. Proclamiamo al mondo che: noi vediamo tutte le classi dominanti – israeliane, islamiche, americane, europee – come i nemici genocidi della classe operaia. Chiediamo ai lavoratori di tutto il mondo solidarietà e sostegno.      Lavoratori anticapitalisti (Iran)  17 Giugno 2025
Una lettera di Luca sulla resistenza palestinese
Riceviamo e diffondiamo: Per me la resistenza palestinese non ha il solo merito di non demordere anche davanti alla più brutale delle oppressioni, svelandoci la forza di un popolo fiero che si oppone alle cause della sua miseria, ma ha anche quello di aver contagiato centinaia di migliaia di persone in tutto il pianeta, dando vita ad una mobilitazione internazionale dalle varie forme ed espressioni. Per chi, come me, è cresciuto nel nuovo millennio, gli esempi simili scarseggiano. A fianco, una situazione geopolitica angosciante, tra conflitti aperti, continui sconvolgimenti e l’opzione di una guerra nucleare dietro l’angolo. E così inizia a scricchiolare anche il nostro privilegio europeo, gradualmente fiaccato da un costo della vita sempre più proibitivo, mentre ci si consola con l’idea, sbiadita anch’essa, che “tanto qui le bombe non arriveranno mai”. Anche qui, nello Stato italiano (sotto il quale siamo costretti a vivere pur essendo sardi) il quadro non è meno preoccupante. Se da un lato le condizioni della vita peggiorano e i nostri territori sono sempre più esposti alla predazione delle multinazionali (energetiche, di estrazione di materiali e così via) dall’altro le porte del carcere si aprono sempre più facilmente per chi decide di organizzarsi ed opporsi. La Sardegna ne è esempio lampante: alta disoccupazione, stipendi da fame, scarsa assistenza sanitaria. Ad aumentare sono solo i progetti di estrattivismo energetico, gli aerei militari sulle nostre teste e le sezioni speciali nelle prigioni. E non dimentichiamoci che cosa significa, in un periodo di conflitto come quello che stiamo attraversando, vivere circondati da basi militari. Non solo per l’intensificarsi delle attività, e questi ultimi giorni ne sono una conferma, ma anche per la consapevolezza di essere sempre un “buon bersaglio”. Io, che attualmente mi trovo agli arresti domiciliari per aver partecipato ad un corteo a Cagliari in solidarietà al popolo palestinese e contro l’occupazione militare in Sardegna, sono accusato proprio di alcuni dei reati (resistenza, lesioni e minacce a pubblico ufficiale) per i quali il decreto sicurezza prevede un aumento delle pene. Una sorte che temo toccherà a tanti e tante. Una sorte inevitabile per chi decide di non tacere davanti ai soprusi e alle imposizioni. Mando un saluto a Tarek, con il quale ho orgogliosamente condiviso la piazza del 5 ottobre a Roma, ad Anan, Alì e Mansour, che sulla loro pelle pagano il prezzo del servilismo italiano nei confronti dello Stato d’Israele e a tutti i giovani e le giovani che in giro per il mondo rischiano la propria libertà, per la libertà del popolo palestinese e per una vita diversa. E un abbraccio fraterno a Paolo Todde, rinchiuso nel carcere di Uta (Cagliari), in sciopero della fame dall’8 maggio per protestare contro le condizioni detentive.Sempri ainnantis Sardinnia libera Palestina libera Casteddu, 23 giugno 2025 Luca
Finché ci sarà uno Stato… Presa di posizione sulla guerra Israele-Iran
Riceviamo e diffondiamo: Qui il pdf: iran israele definitivo-1 FIN QUANDO CI SARA’ UNO STATO NON CI SARA’ MAI PACE Presa di posizione dell’assemblea “Sabotiamo la guerra” sulla guerra Israele-Iran L’attacco sferrato da Israele all’Iran la notte tra il 12 e il 13 giugno rappresenta una svolta drammatica verso la mondializzazione della guerra. Dopo oltre tre anni di guerra tra NATO e Federazione Russia in Ucraina, dopo due anni di genocidio in corso a Gaza, le forti tensioni in Asia Occidentale sfociano in una nuova guerra fra potenze regionali, entrambe in possesso di armi altamente tecnologiche, entrambe dotate di una industria nucleare, e che si è immediatamente aperta con uno spregiudicato quanto criminale attacco proprio contro le strutture nucleari iraniane. Da una parte, vi è l’Iran che non dispone di armi atomiche né esistono prove che le stia costruendo e che si sottopone ai controlli delle agenzie internazionali. Dall’altra, Israele, che possiede armi atomiche senza dichiararle, non rispetta trattati né accetta controlli e compie abitualmente attacchi militari senza porsi alcun limite etico. Se il diritto internazionale e le organizzazioni che lo rappresentano hanno avuto la funzione di garantire l’ordine mondiale, cioè precisi rapporti di forza e di dominio tra gli Stati, oggi, il fatto che vengano messi in discussione, in primis da Israele e dagli Stati uniti, è un chiaro segnale della crisi globale, della rottura dei precedenti equilibri e di ritorno alla guerra come mezzo di risoluzione delle rivalità interstatali. L’Iran è stato attaccato poco dopo essersi sottoposto a controlli dei suoi impianti nucleari e durante le trattative con gli Stati Uniti in merito all’arricchimento dell’uranio. Risulta evidente l’intento di Israele di fare fallire le trattative e ogni ipotesi di risoluzione politica dei dissidi. I Paesi alleati hanno immediatamente operato per respingere il contrattacco iraniano, abbattendo decine di razzi e droni, mentre si corre il serio pericolo di una partecipazione diretta dei Paesi occidentali (a partire dagli USA) nei bombardamenti. Il che rappresenterebbe un’ulteriore drammatica precipitazione della crisi. Gli Stati Uniti negli ultimi trent’anni hanno condotto la cosiddetta “guerra infinita”, una serie ininterrotta di guerre, attacchi militari e operazioni di destabilizzazione (dall’attacco all’Iraq al cambio di regime in Siria). Attualmente i loro obiettivi si espandono su diversi fronti: quello Russo, quello dell’intera Asia Occidentale e, in prospettiva, quello dell’Indo-Pacifico. I conflitti in corso si stanno estendendo e ne nascono di nuovi, in una tendenza verso la guerra mondiale che allo stato dell’arte appare inarrestabile. Sullo sfondo si profilano tensioni sia politiche che militari fra gli Stati Uniti e la Cina. Nel mentre, all’interno dei Paesi occidentali e in particolar modo proprio all’interno della potenza dominante nordamericana, sono in corso gravissime crisi sociali che talvolta sembrano assumere i connotati della guerra civile. Sappiamo che storicamente gli Stati risolvono le loro più gravi crisi interne con la guerra. Tornando alle vicende di questi giorni. La responsabilità di questa nuova e gravissima esclation risiede nell’iniziativa criminale dello Stato di Israele. Un’entità fondata sul colonialismo di insediamento, sul suprematismo razzista, sul fanatismo religioso, sulla militarizzazione della società, avanguardia nelle tecnologie di controllo e nella sua sperimentazione sulla popolazione palestinese colonizzata, deportata e sterminata. Nell’azione del 7 ottobre 2023, fra le varie contraddizioni che ha aperto, c’è sicuramente quella di aver smascherato il vero volto di questa entità. Israele sta mettendo in atto un genocidio, ma non riesce a sconfiggere la resistenza di un popolo, contraddizione che prova a sublimare rilanciando con sempre nuove avventure: dall’invasione del Libano alle innumerevoli provocazioni anche a carattere terroristico, fino agli eventi di venerdì notte. Bisogna quindi ribadire con forza che a Gaza è in corso un genocidio: dobbiamo fare in modo che questa nuova guerra non serva a nasconderne il compimento. Israele è, da un lato, la punta di lancia dell’imperialismo occidentale e l’attore che da decenni svolge il lavoro sporco per conto degli Stati Uniti e dell’Europa; contemporaneamente, però, la sua leadership politica fuori controllo è in grado di condizionare a suo vantaggio le politiche delle potenze occidentali. I nostri governanti sono pienamente corresponsabili delle atrocità commesse da Israele, senza il sostegno di queste potenze Israele non potrebbe condurre le proprie avventure militari e forse nemmeno sopravvivere. L’opposizione intransigente al progetto sionista non ci porta però a sostenere la repubblica islamica dell’Iran. Una potenza regionale, con una oligarchia di petrolieri e un’industria, anche militare, molto sviluppata. Non parliamo “semplicemente” di un’odiosa teocrazia, che tortura e impicca gli oppositori e opprime in particolar modo le donne, elemento che ama sottolineare la propaganda liberale occidentale. Parliamo di un regime che mette il suo potere oscurantista al servizio della propria borghesia per reprimere nel terrore le lavoratrici e i lavoratori. Si pensi, per fare un esempio fra i tantissimi che potremmo citare – che in qualche modo ci parla tanto della misoginia quanto del classismo all’interno del regime – al caso della sindacalista Sharifeh Mohammadi, condannata a morte per la sua attività di coordinamento con gli scioperi radicali che sempre più spesso negli ultimi anni hanno attraversato il Paese. Dal 2005 oltre 500 sindacalisti sono stati arrestati, imprigionati, o in alcuni casi condannati a morte ed espulsi per aver creato un’organizzazione sindacale indipendente e per aver svolto attività sindacali nel quadro degli accordi e degli standard internazionali sul lavoro. In una guerra fra tali odiosi regimi, gli unici eroi sono i disertori. Come anarchici e rivoluzionari ci auguriamo la caduta del governo teocratico iraniano, un regime oppressivo che è sorto soffocando nel sangue una generazione di compagni rivoluzionari. Allo stesso tempo sappiamo che un regime deve cadere sotto i colpi dell’insurrezione autenticamente popolare, mentre i cambi di regime progettati e attuati dai capitalisti occidentali, come la storia recente insegna, non fanno che sostituire un oppressore con un oppressore ancora più feroce e asservito alle potenze straniere, trasformando interi paesi in inferni sulla terra. Tenendo presente tutto ciò, invitiamo tutti i rivoluzionari e le persone di buona volontà a guardare con gli occhi ben aperti a un possibile sommovimento in Iran (che è al momento il principale obiettivo strategico di Israele), stando ben attenti a distinguere il grano dal loglio e a non abboccare a quelle false flag che sono da oltre un decennio le principali armi del soft power occidentale per corrompere e cooptare il dissenso, portandolo sul terreno altamente compatibile dei “diritti” liberali. In ogni caso, se anche si producesse un autentico moto di classe (non impossibile in un Paese in cui gli ayatollah sono andati al potere incarcerando e impiccando i rivoluzionari), questo non dovrebbe spostare di un millimetro la nostra opposizione intransigente al Sistema-Israele e a tutto l’imperialismo occidentale che lo nutre. In generale, in una guerra tra Stati, tanto più se questi sono potenze regionali con importanti alleati internazionali, gli oppressi non hanno alleati né amici tra i governanti, ma sono solo carne da cannone per le loro sporche guerre. Convinti che fin quando ci sarà uno Stato non ci sarà mai pace, la nostra posizione rimane quella internazionalista: contro ogni Stato, a partire dal nostro. Quindi, dal nostro lato del fronte, non vogliamo sottacere le responsabilità del governo e dei padroni italiani, che hanno le mani sporche del sangue palestinese. Non possiamo dimenticare che la marina militare italiana dirige l’operazione Aspide, coordinando una coalizione a cui partecipano sette Paesi dell’Unione Europea: il compito di questa missione è contrastare l’azione yemenita che, attaccando le navi, è riuscita a lungo a bloccare un’importante via di comunicazione commerciale e a recare un fortissimo danno all’economia mondiale, mettendo in atto una delle più efficaci forme di sostegno e solidarietà alla popolazione di Gaza. Il governo italiano offre a Israele un appoggio politico incondizionato. L’esercito italiano e quello israeliano sono sempre più integrati, i militari si addestrano reciprocamente, l’industria bellica italiana è il terzo esportatore verso Israele (dopo Stati Uniti e Germania), mentre l’Italia compra dall’alleato sionista sistemi d’arma ad alta tecnologia. Finanche le amenità del Bel Paese sono uno dei luoghi prescelti da Israele per la “decompressione” dei propri militari dopo i combattimenti. I servizi segreti italiani condividono informazioni e tecnologie con gli apparati israeliani, come dimostra da ultimo il caso Paragon. Non dimentichiamo peraltro come la magistratura italiana sia schierata a supporto della repressione israeliana. Come dimostra lo scandaloso processo in corso all’Aquila contro Annan Yaeesh che vorrebbe far passare la resistenza armata palestinese, legittima anche per il diritto internazionale, per terrorismo. L’Italia supporta la logistica militare di Israele, come avviene con l’approdo nei porti italiani, ad esempio delle navi ZIM, e la ricerca tecnologica finalizzata alla supremazia militare, come avviene in numerosi atenei. Ormai nei mezzi di comunicazione di massa italiani è quasi impossibile ricevere informazioni che non siano sfacciata propaganda di guerra. Questi mezzi di comunicazione sono parte integrante della macchina bellica, affermazione che è rafforzata dalla considerazione che nell’attuale strategia di guerra occidentale sempre più frequentemente lo spettacolo determina le scelte sul campo. Nonostante una propaganda martellante gli sfruttati sono generalmente contrari alla guerra, in particolare il genocidio di Gaza ha profondamente scosso l’opinione pubblica; ma non basta una ribellione delle coscienze. Peraltro la classi più povere delle società occidentali stanno già pagando a caro prezzo il costo della guerra: dall’inflazione alla repressione. Di recente, il capo della NATO Rutte ha affermato che se gli europei non vogliono tagliare la loro spesa sanitaria a favore di quella militare (l’obiettivo dichiarato è di raggiungere il 5% del PIL!) allora dovranno imparare a parlare russo. D’altro canto, le politiche repressive sempre più efferate dei nostri governanti, di cui il pacchetto sicurezza di recente approvazione (dove si reprimono i blocchi stradali, i picchetti sindacali, le proteste in carcere, anche in forma pacifica, e si introduce il cosiddetto “terrorismo della parola”) è soltanto il più recente e probabilmente non definitivo approdo, vanno lette a tutti gli effetti come delle vere e proprie politiche di guerra, anche alla luce di quelle tensioni sociali di cui si faceva cenno. Nei prossimi mesi sarà importante per anarchici e solidali saper collegare la resistenza contro questa offensiva (così come la solidarietà con i nostri compagni in varie forme perseguitati) alla lotta complessiva contro la guerra, di cui queste operazioni sono la manifestazione sul fronte interno. La propaganda sempre più faziosa e pervasiva, il cablaggio tecnologico delle facoltà critiche, le sconfitte storiche del movimento operaio, una certa predilezione per l’autoisolamento da parte delle minoranze agenti, al momento pesano sul senso di impotenza e rassegnazione. Lo stesso livello tecnologico della guerra guerreggiata – si pensi al confronto aeronautico e balistico tra Israele e Iran, per non parlare delle tecnologie messe in campo da NATO e Russia in Ucraina – spinge verso un sentimento di ineluttabilità, nell’impossibilità per le umane forze degli sfruttati di fare qualcosa per fermarli. Eppure la variante umana e di classe è determinante. Sono le braccia dei portuali a caricare le armi sulle navi dirette a Israele: quelle braccia, come ci hanno mostrato in Marocco, a Marsiglia, a Genova, possono decidere di fermarsi. Sono i corpi dei proletari russi e ucraini a venire gettati nelle trincee, a massacrarsi vicendevolmente per gli interessi delle classi dirigenti russe e statunitensi (mentre Putin e Trump dialogano amabilmente al telefono); eppure quei corpi possono disertare, e lo fanno a decine di migliaia. La resistenza armata del popolo palestinese, che non ha amici tra le grandi potenze, riesce con la propria volontà e la propria azione ad opporsi ad una delle più terribili e avanzate macchine belliche presenti sula terra. Israele ha un dominio tecnologico esorbitante, eppure vediamo come i combattenti palestinesi riciclano le bombe inesplose del nemico per farne degli ordigni artigianali. La fantasia degli oppressi non conosce confini. E gli oppressi, come diceva Errico Malatesta, sono sempre in condizione di legittima difesa, i mezzi da adoperare, purché coerenti con i fini dell’uguaglianza e della libertà per tutti gli esseri umani, sono solo una questione d’opportunità. Dal nostro lato dei molteplici fronti, lottiamo per la disfatta del nostro campo: per la sconfitta della NATO, per la distruzione del sionismo. Trasformiamo la guerra dei padroni in guerra contro i padroni! Assemblea “Sabotiamo la guerra”