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inutile Memoir, lontano dalle polemiche
Riceviamo e diffondiamo: inutile Memoir, lontano dalle polemiche all those beautiful boys/ kings and queens/ and criminal queers/ all those beautiful boys/ tattoos of ships and tattoos of tears If you saw the younger you, what would you say to ‘em? A chi ha occhi per guardarsi intorno sarà evidente, ancora una volta, la marginalità del dibattito in auge nell’ambiente anarchico, resa più grave, stavolta, dall’urgenza della contemporaneità: l’unica cosa che conta è Gaza, temo, e la noiosa ironia così come la rivoltante acrimonia che animano le parti in causa si capiscono meglio in quanto frutto di una frustrazione alimentata innanzitutto proprio dalla marginalità. Ma dato che anch’io all’ultimo atto di un genocidio secolare oppongo evidentemente ben poco oltre alla frustrazione, dato che gli ambienti li capisco sempre meno, e dato che il dibattito in questione per più motivi (ora non interessa quali) mi riguarda, partecipo individualmente alla gara di osservarsi l’ombelico e parto dal mio, facendo aneddotica, e condividendo stadi successivi di rielaborazione di un’esperienza personale maturata in germania una ventina di anni fa. Mi si perdoni quindi la narrazione interna, la favoletta senza morale, lo stile eccentrico e l’argomento collaterale. All’epoca la queerness invadeva le strade della città che percepiva ancora se stessa, nonostante i fasti del ventennio precedente fossero già tramontati, come una delle capitali della conflittualità europea, in virtù appunto di una storia di riappropriazione degli spazi che era proprio ciò che mi aveva portato lì (Meinzer strasse, Kubat dreieck, i wagenplaetze…) con un habitus turistico che è adesso molto facile criticare, e che non costituisce però il tema centrale del racconto. La Humboldt Universitaet offriva da qualche anno un corso di laurea in gender studies, nelle Hausproject si leggevano Solanas, Preciado e Butler, il femminismo della terza ondata imponeva un’agenda trans, lesbica e separatista a tutti gli ambiti che si professassero Autonomen, portando inevitabilmente al confronto su questi temi anche i vari settori punk e insurrezionali, per non parlare di Antifa e Antideutsch. Le etichette, mi sembrava, funzionavano bene in germania, mentre si adattavano molto peggio alle persone che frequentavo in italia, dove era più diffusa la capacità, e la possibilità, di muoversi da un ambiente all’altro senza per forza professarsene adepti. Comunque le queer demo portavano in piazza a Berlino migliaia di persone che si identificavano nell’opposizione alla normatività capitalista e neoliberista, nel rifiuto dell’esistente e in un’utopia rivoluzionaria ancorché confusa e confusionaria (jedenfalls); e io ho partecipato, per poco meno di un anno, con un certo entusiasmo al movimento berlinese per quello che era, per ciò che vi trovavo, sforzandomi di prescindere da ciò che mi sarei aspettato di trovarvi. Durante una delle suddette affollate manifestazioni, l’amica ben inserita che mi faceva da Pigmalione mi spiegò: “vedi come sono tranquilli gli sbirri? sono felici che tutte le occupanti di case, le anarchiche che facevano gli scontri, le violente rivoluzionarie siano sparite dalla piazza, e che la piazza sia ormai piena di queers. Quello che non capiscono è che questi queers sono esattamente le stesse occupanti, anarchiche e rivoluzionarie di prima”; il che non era vero, ma esprimeva un’ambizione. L’affermazione peraltro strideva con la violenta repressione nelle strade ad opera della polizia, che osservavo quasi quotidianamente, in coincidenza con l’esplosione della Gentrifizierung in Friedrichshain e una serie impressionante di sgomberi di spazi definibili a vario titolo “liberi”. Purtroppo il criminal queering espresso nelle strade di Berlino nel 2006 e cantato da Anohny nell’esergo non aveva di per sé molto a che fare con l’autodifesa di un corteo, o di uno spazio occupato, o con i mezzi che attuano le rivoluzioni, cosa in parte confermata dal fatto che la mia amica avrebbe poi fatto carriera accademica, con belle pubblicazioni presso Seuil e il romantico rimpianto di non essere riuscita ad abbattere il capitalismo. Ora immagino che questo possa sdegnare molte di voi: io invece non me ne stupisco, non ci vedo un tradimento, e per questo ritengo di non avervi fatto la morale; anzi, se state ancora leggendo, se mi concederete il margine d’errore che io ho lasciato alla mia sodale berlinese, vorrei calare queste riflessioni e questa attitudine nel momento presente (se non vorrete farlo, beh siete delle persone orribili! perché discutere allora). È chiaro come il sole che nemmeno il “movimento anarchico” (?) è mai stato esente da dinamiche autoritarie, prevaricazioni, violenze di ogni tipo e quindi sì, ci sono, vorrei dire ci sono ancora, omofobia, transfobia, machismo tra le altre cose brutte; è anche chiaro che, a distanza di un decennio almeno dall’arrivo di istanze fortemente critiche e accusatorie rivolte all’interno del movimento stesso riguardo questi temi, le reazioni sono state spesso assenti o inadeguate, quando non del tutto scomposte e ostili, e che questo rende difficile o impossibile ad alcun* anche solo frequentare certi ambienti. Urge quindi una presa in carico del problema, che ad ogni modo non si risolverà facilmente e certo non nello spazio di una generazione. Dovrebbe essere però altrettanto chiaro che l’agire di molta di questa parte critica e accusatoria si è finora rivolto all’interno del movimento con una ferocia e una volontà di nuocere, nelle parole e nei fatti, che la stessa parte non riesce fuor di retorica a indirizzare all’esterno (siamo ancora in attesa di “bruciare tutto” dopo l’ennesimo stupro: e invece parrebbe che si voglia dar fuoco a un’occupazione “sessista” prima, più volentieri e piuttosto che a una questura), e che le modalità adottate in troppi frangenti hanno portato all’inazione o ancor peggio al sabotaggio di iniziative urgenti, in una logica del divide et impera in cui chi imperat, indovina un po’, è il nemico. Ed ecco che infine si pone la questione dirimente, con la quale alla buona ora chiudo queste deboli pagine: siamo, sono, siete, sei ancora in grado di riconoscere il nemico? Al di là delle astrazioni concettuali e, ovviamente, del gioco delle parti e delle egemonie; altrimenti, non resta che augurarsi anche qui una gazificazione diffusa come cura dell’intellettualismo e bagno di realtà storicizzata. We are smarter than they think we are They take us all for idiots, but that’s their problem When we behave like idiots, it becomes our problem Con affetto, amarezza e ancora auspici. V
Sulla sentenza per il corteo dell’11 febbraio 2023 a Milano. Raccolta di scritti solidali
Riceviamo e diffondiamo questo opuscolo, che raccoglie gli scritti in solidarietà a imputati e imputate per il corteo dell’11 febbraio 2023 a Milano in solidarietà ad Alfredo Cospito e contro 41-bis ed ergastolo ostativo. Il primo grado di questo processo si è concluso con pesanti condanne contro 10 compagni e compagne, a cui mandiamo tutta la nostra solidarietà. Qui l’opuscolo: prova opuscolo 2
Trento: fissata al 28 gennaio 2026 l’udienza preliminare per l’Operazione “Diana”
In questi giorni, a diverse compagne e compagni imputati è stata notificata l’udienza preliminare del processo per l’Operazione “Diana”, che coinvolge in tutto 12 persone. L’udienza è fissata presso il tribunale di Trento alle ore 9. Seguiranno aggiornamenti. Per saperne di più: https://ilrovescio.info/2023/08/04/ennesima-inchiesta-per-270-bis-in-trentino-richieste-e-non-concesse-12-misure-cautelari/ https://ilrovescio.info/2023/09/17/trento-rigettate-ancora-le-misure-richieste-per-linchiesta-diana/ https://ilrovescio.info/2025/06/28/sulloperazione-diana-contro-lanarchismo-in-trentino-cose-utili-da-sapere/
Dichiarazione del Congresso ebraico antisionistico
Mentre anche in Israele si svolgono le prime manifestazioni esplicitamente contro il genocidio del popolo palestinese (Standing Together), e i riservisti israeliani che non rispondono alla chiamata per andare ad uccidere i gazawi stanno diventando decine di migliaia, arriva questa importante dichiarazione da parte del Congresso ebraico antisionista, riunitosi a Vienna dal 13 al 15 giugno scorsi. La forza di questa dichiarazione non sta per noi nei riferimenti al Diritto internazionale e negli appelli all’ONU e agli Stati, ma nell’individuare le cause del genocidio in corso nel progetto coloniale sionista in quanto tale; nello schierarsi in modo netto con la resistenza palestinese («Affermiamo il diritto delle persone che vivono sotto occupazione a difendersi con ogni mezzo») e con il movimento BDS; nel rivendicare per la Palestina la prospettiva della decolonizzazione e della «de-sionizzazione»; nel ribadire a chiare lettere che l’«affermazione secondo cui gli ebrei sostengono intrinsecamente il sionismo e l’abominevole Stato sionista è autentico antisemitismo». DICHIARAZIONE DEL CONGRESSO EBRAICO ANTISIONISTICO Oltre 1.000 ebrei e non ebrei antisionisti si sono riuniti a Vienna per tre giorni di conferenze e workshop nell’ambito del Congresso sull’antisionismo ebraico. Sebbene si sia trattato del primo evento del suo genere in Europa, sono già in corso i preparativi per un secondo congresso nel 2026. Noi, relatori e organizzatori del congresso, pubblichiamo questo appello pubblico, che riflette le posizioni comuni raggiunte nel corso dei tre giorni di deliberazioni. Come ebrei antisionisti e alleati, ci schieriamo al fianco di tutti i palestinesi – in Palestina e in esilio – contro il sionismo e i suoi crimini, tra cui genocidio, apartheid, pulizia etnica e occupazione. Affermiamo il diritto delle persone che vivono sotto occupazione a difendersi con ogni mezzo, come riconosciuto da molteplici disposizioni delle Nazioni Unite. È fondamentale che gli ebrei di coscienza, ovunque nel mondo, si uniscano per opporsi al sionismo in comune e in solidarietà con il movimento globale per la liberazione della Palestina. Ci impegniamo a espandere il nostro movimento oltre le sue radici europee per includere le voci antisioniste di tutto il mondo, incluso il Sud del mondo. Condanniamo senza riserve tutti i crimini di guerra commessi da Israele dal 7 ottobre 2023, tra cui la pulizia etnica, l’apartheid militarizzato, l’urbicidio, lo scolasticidio, il medicidio, la carestia di massa come mezzo per sfollare forzatamente oltre due milioni di abitanti di Gaza e un genocidio in corso che coinvolge centinaia di migliaia di persone, uno dei peggiori crimini di guerra del nostro tempo. Questi atti sono già stati riconosciuti come tali dalla CPI e dalla Corte Internazionale di Giustizia, sebbene lo Stato di Israele abbia respinto categoricamente le richieste di entrambe le corti. Ha inoltre respinto numerose richieste sia dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che del Consiglio di Sicurezza. Di conseguenza, circa due milioni di civili sono attualmente confinati in una piccola area della Striscia di Gaza senza accesso a cibo, acqua, medicine, riparo o assistenza medica. Questi nuovi crimini sono solo gli ultimi di una storia infinita di reati simili che risale al 1948. Nonostante le ripetute violazioni delle risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e gli estesi rapporti dei Relatori Speciali delle Nazioni Unite, non sono mai state imposte sanzioni a Israele. Nessuno di questi crimini di guerra e crimini contro l’umanità avrebbe potuto essere compiuto o sostenuto senza il sostegno attivo ed entusiastico delle potenze occidentali – attraverso aiuti militari, supporto finanziario e copertura politica e diplomatica – guidate da Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Sostenendo e armando uno Stato criminale che commette genocidio, questi governi hanno la responsabilità legale e morale ai sensi della Convenzione sul Genocidio del 1948. Invitiamo tutti gli Stati e le società a rispettare i propri obblighi ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e ad adottare tutte le misure necessarie per porre fine al genocidio in corso a Gaza. Le sanzioni devono includere anche la sospensione di Israele dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, come accadde al Sudafrica nel 1974 per le sue politiche di apartheid. I crimini di Israele sono chiaramente ancora più orribili. Sebbene l’ONU abbia schierato truppe internazionali per decenni per separare le parti in conflitto tra Israele ed Egitto e Israele e Libano, non ha mai istituito una forza di protezione per proteggere la vita dei palestinesi dall’oppressione sistematica e dal terrore perpetrati dallo Stato israeliano. Siamo d’accordo che sia giunto il momento di adottare una simile misura umanitaria. Senza di essa, Israele continuerà a commettere omicidi di massa contro i palestinesi. Chiediamo inoltre che l’Unione Europea segua le proprie leggi e rispetti l’articolo 2 dell’accordo di associazione UE-Israele , che le impone di cessare i rapporti commerciali con Israele e di porre fine al suo status di associazione nei programmi finanziati dall’UE. Invitiamo tutte le società, le associazioni e le organizzazioni internazionali a espellere Israele dalle proprie fila finché non rispetterà tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite e dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, non porrà fine al genocidio in corso a Gaza e non ritirerà le sue forze armate da tutti i territori conquistati con la forza nel 1948 e nel 1967, nonché da tutti i territori siriani e libanesi occupati dal 1967. Israele deve ritirare immediatamente e completamente le sue forze armate dalla Striscia di Gaza, revocare il blocco in vigore dal 2006 e garantire a tutte le organizzazioni umanitarie accesso illimitato per operare liberamente. Invitiamo tutti gli stati, le istituzioni e le organizzazioni della società civile a implementare e sostenere le richieste del Comitato Nazionale Palestinese per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS). Ciò include la cessazione di tutti i legami finanziari, accademici, militari, culturali e diplomatici con lo stato genocida fino a quando non soddisferà le condizioni di cui sopra e garantirà il diritto dei rifugiati palestinesi a tornare alle loro case e proprietà, in conformità con la Risoluzione ONU 194. Invitiamo inoltre le Nazioni Unite a imporre sanzioni immediate e globali in risposta agli attacchi immotivati e illegali di Israele contro Teheran e altre città iraniane, nonché alle sue uccisioni di massa di civili. Queste sanzioni devono essere estese anche ai governi occidentali che incoraggiano e favoriscono i crimini internazionali in corso di Israele attraverso il sostegno militare e politico. Le armi nucleari illegali di Israele devono essere smantellate attraverso un processo trasparente supervisionato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Rifiutiamo categoricamente l’affermazione che Israele agisca per conto degli ebrei o che le sue attività criminali siano sostenute da tutti gli ebrei. Invitiamo gli ebrei di tutto il mondo a opporsi allo Stato sionista, a negarne la legittimità e a chiedere la cessazione immediata delle sue azioni criminali e riprovevoli. Ciò include il sostegno alla campagna BDS e la recisione dei legami culturali, politici e istituzionali con Israele finché non soddisferà le condizioni di cui sopra. Israele e il sionismo agiscono illegalmente e immoralmente, pur insistendo di farlo per conto degli ebrei, mettendo così in pericolo tutti gli ebrei ovunque. Questa affermazione secondo cui gli ebrei sostengono intrinsecamente il sionismo e l’abominevole Stato sionista è autentico antisemitismo.  Rendiamo omaggio a tutti gli oppositori israeliani del sionismo e invitiamo gli ebrei israeliani a riconsiderare la loro lealtà a un regime che ha negato i diritti dei palestinesi per oltre otto decenni. Onorando l’eredità storica degli ebrei e i principi dell’ebraismo stesso, invitiamo tutti gli ebrei di coscienza ovunque a schierarsi fianco a fianco con i palestinesi contro l’ideologia razzista del sionismo e la sua intrinseca supremazia. Invece, ovunque ci troviamo, lavoreremo con il movimento globale per la decolonizzazione e la liberazione della Palestina. Restiamo uniti e facciamo tutto ciò che è in nostro potere per creare un futuro di uguaglianza, giustizia e dignità per tutto il popolo palestinese, una terra dove la vita condivisa e il rispetto reciproco possano rifiorire. Decolonizzazione e de-sionizzazione. Libertà per la Palestina e il suo popolo.  Firmato, (le Firme sono leggibili nel Link) Bitte teilen:  https://www.juedisch-antizionistisch.at/deklaration
Sullo sciopero della fame di Maja (appena terminato)
Rammaricandoci di non aver seguito per tempo questa vicenda, apprendiamo che Maja (una delle persone coinvolte nella vicenda degli “antifascisti di Budapest”) ha terminato lo sciopero della fame. Di seguito le righe di chi ci ha inviato la traduzione di questi comunicati, utili a contestualizzare la vicenda, quindi il comunicato di Maja sul suo sciopero e quello sulla sospensione dello sciopero stesso. Solidarietà a Maja! “Questa dichiarazione è stata pubblicata il 19 giugno su https://de.indymedia.org/node/516278 ma era stata scritta evidentemente il 4 giugno, il giorno prima che Maja entrasse in sciopero della fame. Al momento Maja si trova in un ospedale carcerario a 2 chilometri e mezzo da Budapest e sta iniziando a stare molto male. Hanno detto a Maja che per curarl* dovrebbe andare in un ospedale civile, ma in quel caso verrebbe legat* al letto 24 ore su 24 e Maja si è rifiutat*. ! Dichiarazione di Maja in sciopero della fame Mi chiamo Maja. Quasi un anno fa sono stat* estradat* illegalmente in Ungheria. Da allora, sono trattenut* qui in un isolamento disumano e prolungato. Ieri, 4 giugno 2025, si sarebbe dovuta prendere una decisione sulla mia richiesta di trasferimento agli arresti domiciliari. Questa decisione è stata rinviata. Le precedenti richieste di trasferimento agli arresti domiciliari sono state respinte. Non sono più dispost* a sopportare questa situazione intollerabile e ad attendere le decisioni di una magistratura che ha sistematicamente violato i miei diritti negli ultimi mesi. Pertanto, oggi, 5 giugno 2025, inizio uno sciopero della fame. Chiedo di essere estradat* di nuovo in Germania, che mi sia consentito di tornare dalla mia famiglia e di partecipare ai procedimenti in Ungheria da casa. Non posso più tollerare le condizioni di detenzione in Ungheria. La mia cella è stata videosorvegliata 24 ore su 24 per oltre tre mesi. Per oltre sette mesi, ho dovuto indossare le manette sempre fuori dalla mia cella, e a volte anche dentro, mentre facevo la spesa, facevo chiamate Skype o durante le visite. Gli agenti effettuano ispezioni visive della mia cella ogni ora, anche di notte, e lasciano sempre le luci accese. Devo sottopormi a perquisizioni intime, durante le quali devo spogliarmi completamente. Le visite si svolgevano in stanze separate, dove er* separat* dai miei familiari, avvocati e rappresentanti ufficiali da un tramezzo. Durante le ispezioni, gli agenti lasciavano la mia cella nel caos più totale. Le condizioni strutturali mi impediscono di vedere la luce del giorno a sufficienza. Il piccolo cortile è di cemento e coperto da una grata. La temperatura dell’acqua della doccia non può essere regolata. La mia cella è permanentemente infestata da cimici e scarafaggi. Non c’è un’adeguata fornitura di cibo fresco ed equilibrato. Sono anche in isolamento a lungo termine. Per quasi sei mesi non ho avuto contatti con altri detenuti. Ad oggi, vedo o sento altre persone per meno di un’ora al giorno. Questa privazione permanente del contatto umano è intesa a causare deliberatamente danni psicologici e fisici. Ecco perché le Regole Penitenziarie Europee del Consiglio d’Europa stabiliscono “almeno due ore di contatto umano significativo al giorno”. Ecco perché l'”isolamento prolungato”, ovvero l’isolamento di un detenuto per almeno 22 ore al giorno per più di 15 giorni, è considerato trattamento disumano o tortura ai sensi delle Regole Nelson Mandela delle Nazioni Unite. Qui in Ungheria, sono sepolt* viv* in una cella di prigione e questa custodia cautelare può durare fino a tre anni in Ungheria. Per questi motivi, non avrei mai dovuto essere estradat* in Ungheria. La Corte d’Appello di Berlino e la commissione speciale “Linx” dell’Ufficio di Polizia Criminale dello Stato della Sassonia hanno pianificato e perseguito l’estradizione, aggirando deliberatamente i miei avvocati e la Corte Costituzionale Federale. Il 28 giugno 2024, poche ore dopo la mia estradizione lampo, la Corte Costituzionale Federale ha stabilito che non potevo essere estradat* per il momento. Il 6 febbraio 2025, la Corte Suprema ha stabilito che la mia estradizione era illegale. Da allora, nessuno dei responsabili è stato ritenuto responsabile. Finora non ho ricevuto alcun risarcimento. Con il mio sciopero della fame, desidero anche richiamare l’attenzione sul fatto che nessuna persona dovrebbe essere estradata in Ungheria. Zaid di Norimberga, che è seriamente minacciato di estradizione in Ungheria, ha attualmente bisogno di questa attenzione. Dichiaro la mia solidarietà a tutti gli antifascisti processati nel processo di Budapest. Maja termina lo sciopero della fame Oggi, 14 luglio 2025, Maja ha terminato il suo sciopero della fame dopo 40 giorni. Maja è gravemente indebolit*. La sua frequenza cardiaca è scesa a 30 a tratti. Si sono considerati possibili svenimenti e persino arresti cardiaci, e si temevano danni irreversibili agli organi. Fino all’ultimo, le autorità ungheresi hanno ignorato la richiesta di Maja di tornare a casa. Anche il trasferimento agli arresti domiciliari è stato respinto. Persino nell’ospedale del carcere, Maja è rimast* in completo isolamento 24 ore su 24. Il padre di Maja, Wolfram Jarosch, afferma: “La Corte Costituzionale Federale ha stabilito che l’estradizione viola il diritto fondamentale sancito dall’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (divieto di tortura). Questa violazione dei diritti fondamentali dura da oltre un anno. Da allora, mi* figli* è stata torturat* psicologicamente attraverso l’isolamento. In Ungheria non esiste un giusto processo, ma piuttosto una sorta di processo farsa. Francia e Italia non hanno estradato verso l’Ungheria. Georgia Meloni si è personalmente spesa per Ilaria Salis in un caso simile. Il signor Wadephul afferma di voler finalmente difendere anche Maja. Ora attendiamo i risultati. Lo stato di diritto deve essere ripristinato; Maja deve tornare in Germania!” Dopo quasi sei settimane di digiuno, Maja deve ricominciare a mangiare lentamente e con attenzione per evitare i sintomi potenzialmente letali della sindrome da rialimentazione. Come Comitato di Solidarietà, famiglia di Maja e sostenitori, siamo orgogliosi di Maja. Con incredibile forza, spirito combattivo e determinazione, nonostante fosse tenut* in isolamento in un paese straniero, Maja ha perseverato e attirato l’attenzione sia a livello nazionale che europeo. La lotta per la giustizia continuerà. Non abbandoneremo Maja e non ci fermeremo finché non sarà di nuovo con noi. Maja e noi vorremmo esprimere la nostra sincera gratitudine a tutti coloro che ci hanno sostenuto – emotivamente e moralmente, politicamente e concretamente. Questa solidarietà in azione è ciò che ci dà forza. Comitato di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja
Il Senato di Berlino pianifica la videosorveglianza degli spazi pubblici con analisi IA in tempo reale
Ringraziando chi l’ha fatta, riceviamo e diffondiamo questa traduzione da https://de.indymedia.org/node/520023   Se il Senato di Berlino avrà la meglio, la cosiddetta “Legge sulla Sicurezza e l’Ordine” (ASOG) verrà presto inasprita. Oltre alla videosorveglianza permanente degli spazi pubblici, sono previste ulteriori misure drastiche. Gli incontri finali tra CDU e SPD sono previsti per questo fine settimana, in modo che l’inasprimento dell’ASOG a Berlino possa essere deciso tempestivamente. A quanto pare, i piani sono promossi dal senatore degli Interni Spranger, esponente di destra della SPD. Videosorveglianza negli spazi pubblici Finora, alla polizia di Berlino era vietato monitorare costantemente gli spazi pubblici con telecamere. Ora la situazione è destinata a cambiare. La nuova ASOG (Associazione della Polizia di Berlino-Brandeburgo) consentirà l’installazione di telecamere fisse ad alta tecnologia – inizialmente nelle cosiddette “aree a forte criminalità” come Kotti, Görlitzer Park, Alexanderplatz o Leopoldplatz – per filmare chiunque 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Inoltre, le telecamere saranno collegate all’intelligenza artificiale, che rileverà in tempo reale i cosiddetti “comportamenti devianti” e li segnalerà alle autorità di polizia competenti. Non è noto se e per quanto tempo i dati saranno archiviati. I luoghi di Berlino che in futuro saranno soggetti a videosorveglianza 24 ore su 24 includono non solo incroci importanti come Kottbusser Tor e Alexanderplatz, frequentati ogni giorno da decine di migliaia di persone, ma anche aree ricreative e ricreative come Görlitzer Park, dove, secondo la volontà del Senato, potremo prendere il sole, leggere un libro o rilassarci con gli amici sotto l’occhio indiscreto delle telecamere. Luoghi come Kotti, Alex, Leo o Görli sono anche importanti sedi di organizzazione politica e proteste. Già oggi, ad esempio, manifestazioni o raduni politici non possono essere semplicemente ripresi dalla polizia. Come si evolverà la situazione in futuro con le proteste politiche in luoghi videosorvegliati in modo permanente non è del tutto chiaro. Secondo il Senato, finora non è previsto alcun riconoscimento facciale. Tuttavia, possiamo supporre che, con le moderne telecamere ad alta tecnologia e l’intelligenza artificiale appropriata a supporto, un sistema del genere sarebbe facilmente implementabile e probabilmente lo sarà nel prossimo futuro. Non a caso le autorità repressive hanno già sperimentato ampiamente il riconoscimento facciale automatico negli spazi pubblici, ad esempio alla stazione di Südkreuz. L’intera vicenda è, ovviamente, un classico progetto da Grande Fratello. Mentre la disuguaglianza sociale, la povertà e la mancanza di una casa aumentano e sempre più persone sono costrette a vivere in condizioni estremamente precarie, lo Stato sta intensificando il controllo e la sorveglianza su larga scala. Ulteriori insidie nel previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Sicurezza Pubblica e la Sicurezza) Oltre alla videosorveglianza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, degli spazi pubblici, il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Sicurezza Pubblica e la Sicurezza) contiene ulteriori insidie: – La cosiddetta sorveglianza delle comunicazioni alla fonte, ovvero l’infezione da parte dello Stato, ad esempio, dei telefoni cellulari tramite spyware, diventerà uno strumento abituale delle forze dell’ordine – Il periodo di archiviazione per la videosorveglianza sui mezzi pubblici verrà raddoppiato da 48 a 96 ore Nel complesso, il previsto inasprimento dell’ASOG (Associazione per la Salute Pubblica e i Servizi Sociali) è una classica restrizione delle libertà individuali e collettive da parte di uno Stato sempre più autoritario, incarnato qui dal reazionario Senato di Berlino. Lo troviamo disgustoso, ovviamente. Vogliamo ancora, e ora più che mai, giustizia sociale invece della sorveglianza, riduzione della povertà invece di esclusione e controllo, alloggio, assistenza sanitaria e una vita dignitosa per tutti!
Breve aggiornamento sul processo ad Anan, Alì e Mansour
Riceviamo e diffondiamo: Mercoledì 6 luglio si è tenuta la più recente udienza del processo ai tre palestinesi. Si è trattato di un udienza burrascosa, che ha visto lo scontro tra accusa e difesa. La PM ha tentato di screditare il teste della difesa – un docente di lingua araba dell’università Ca’ Foscari di Venezia – mentre la difesa ha richiesto alla corte di rigettare l’acquisizione di nuovi documenti presentati dall’accusa all’ultimo minuto. In questa udienza l’accusa ha rinunciato all’audizione di un testimone che avrebbe dovuto relazionare in merito a documenti redatti dai servizi segreti. Le prossime udienze si terranno il 19 ed il 26 settembre. Nella prima data data si dibatterà in merito all’ammissione dei nuovi documenti presentati dall’accusa, tra cui una rogatoria internazionale verso gli Stati Uniti e riguardante membri della resistenza palestinese e inoltre si concluderà l’istruttoria. Nella seconda data dovrebbero tenersi le arringhe dei difensori e le dichiarazioni spontanee degli accusati. Complici e solidali
Napoli: cariche, ferimenti e arresti contro i disoccupati organizzati
Rilanciamo da https://pungolorosso.com/2025/07/10/napoli-arresti-e-feriti-la-rabbia-dei-disoccupati-contro-il-click-day-truffa-del-comune/ Solidarietà! Napoli: arresti e feriti. La rabbia dei disoccupati contro il click-day truffa del Comune Abbiamo ancora notizie provvisorie, ma le mettiamo immediatamente in rete in solidarietà con il movimento dei disoccupati organizzati di Napoli, 7 Novembre e Cantiere 167 Scampia. Ciò che è accaduto e sta accadendo è gravissimo. Oggi doveva essere, per accordi presi, il click-day in cui partiva il passaggio finale per l’avviamento al lavoro di molte centinaia di disoccupati e disoccupate che per anni e anni si sono battuti con grande tenacia e dignità, e ancor più grandi sacrifici, per conquistare un posto di lavoro senza sottostare al padrinaggio di varie camorre, politiche e comuni. Ebbene il click-day si è rivelato una truffa perché il sistema era in crash. Questa la scusa ufficiale. Dietro questa scusa, però, c’è un chiaro disegno politico delle istituzioni, con in prima fila i fascisti di Fratelli d’Italia, che hanno fatto di tutto per far fallire questo progetto: prima tentando di inquinare le acque con la repressione, poi violando gli impegni presi e azzerando i criteri di gestione del bando, ignorando le competenze acquisite in questi anni dalle platee 7 novembre e 167 Scampia, le quali erano state appositamente formate attraverso tirocini e stage presso cooperative qualificate. Lo schiavismo è la religione delle istituzioni. Se sei disoccupato, se sei una disoccupata, devi bussare, pregare, inchinarti, strisciare alle porte di “chi può”, giurare fedeltà, altrimenti non hai alcun diritto a dare da mangiare ai tuoi. Senonché l’esperienza di questi anni ha dimostrato che con l’organizzazione e la lotta i disoccupati napoletani sono stati capaci di far valere le proprie necessità, di saper percorrere una via alternativa a quella della umiliazione e della sottomissione, respingendo sia le minacce che le lusinghe individuali. E’ evidente, quindi, che ci troviamo di fronte ad un attacco politico diretto non solo alla massa dei disoccupati e delle disoccupate, ma alla sua direzione sindacale e politica, “rea” di avere rifiutato sempre ogni forma di consociativismo e di avere sempre marcato la propria totale autonomia da clientele e carrozzoni elettorali-istituzionali. Inevitabile, perciò, che stamattina reagissero con rabbia a questo autentico agguato dei poteri costituiti, centrali e locali. Una rabbia sacrosanta a cui gli apparati istituzionali stanno rispondendo con la repressione violenta. Ad ora sappiamo che la compagna Mimì Ercolano, una delle portavoce del movimento, è stata arrestata, e che Giuseppe D’Alesio, coordinatore provinciale del SI Cobas, è stato ferito e sta raggiungendo l’ospedale. Aggiorneremo le notizie, man mano che ci arrivano, ma è evidente che deve partire subito la più ampia solidarietà, nazionale e internazionale, verso questo coraggioso, tenacissimo movimento di lotta, che in questi anni ha dato la solidarietà concreta a tutte le lotte e a tutti i repressi, per imporre un passo indietro alle istituzioni, la liberazione degli arrestati e il pieno rispetto degli impegni assunti. Non si tratta solo dei disoccupati napoletani del Movimento 7 novembre e del Cantiere 167 Scampia! E’ un test sociale e politico: il governo della guerra e del decreto “sicurezza” vuole inaugurare sulla pelle dei disoccupati in lotta la sua guerra interna all’intera classe lavoratrice. Impediamogli di raggiungere questo obiettivo! Facciamo sentire dappertutto la nostra rabbia e la nostra solidarietà: chi tocca uno, tocca tutti!
Il loro sangue ricadrà su di voi. Aggiornamento sul processo ad Anan, Alì e Mansour (prossime udienze il 9 e 10 luglio)
Riceviamo e diffondiamo. Di seguito all’aggiornamento un intervento dei Giovani Palestinesi al corteo de L’Aquila dello scorso 25 giugno: Il loro sangue ricadrà su di voi Aggiornamenti di Luglio sul processo ad Anan, Alì e Mansour. I prossimi 9 e 10 luglio si terranno al tribunale dell’Aquila due udienze consecutive del processo ad Anan, Alì e Mansour, accusati di proselitismo e finanziamento del terrorismo. Nel corso di queste udienze verranno ascoltati gli unici tre testimoni accettati, su quarantasette presentati dalla difesa, e gli imputati. Se le intenzioni dei giudici precedentemente erano quelle di chiudere il processo entro l’estate fissando molte udienze a distanza ravvicinata, nei fatti la corte non riuscirà a terminare l’istruttoria nei tempi prefissati e la conclusione del processo è già rimandata a dopo l’estate. Questo processo è sempre stato seguito da un pubblico solidale ed accompagnato da un presidio all’esterno del palazzo di giustizia. In occasione delle tre udienze consecutive del 25, 26 e 27 giugno scorso all’Aquila si sono tenute iniziative informative e mercoledì 25 un corteo vitale ha attraversato le strade della città. La presenza solidale è rinnovata per le prossime udienze. Nelle scorse udienze sono stati ascoltati i testi dell’accusa (agenti e dirigenti di DIGOS, Dipartimento Centrale della Polizia di Prevenzione e Guardia di Finanza). L’ enorme mole di dati presentata dagli inquirenti ci fa supporre che questi vogliano sostituire con la quantità l’assenza di qualità, cioè di contenuti significativi. Effettivamente non abbiamo avuto modo di capire su quali basi si giustifichi tanto questo processo quanto la detenzione di una persona nel carcere speciale di Terni da oltre un anno. Il fatto che i tre simpatizzino per la resistenza palestinese in Cisgiordania, loro terra d’origine, è ovvio. L’ulteriore fatto che uno di loro abbia fatto parte della prima linea della resistenza è dichiarato con orgoglio da lui stesso ed è ritenuto legittimo perfino dal diritto borghese. Invece che i tre abbiano organizzato azioni in Italia è escluso e che abbiano organizzato dall’Italia azioni in Cisgiordania che prendessero di mira cosiddetti civili (cioè coloni) israeliani non è emerso dall’istruttoria, e questi sarebbero stati gli elementi accusatori su i quali sembrava improntato questo processo. Al di fuori del codice penale, di cui ci interessa relativamente,a noi sembra semplicemente disumano e abbietto perseguire delle persone perché sostengono il proprio popolo mentre subisce l’apice di soprusi e violenze che perdurano ininterrottamente dal 1948. La mancanza di argomenti emersa dalle deposizioni dei dirigenti delle forze dell’ordine ha spinto la PM a richiedere l’audizione di un ulteriore testimone, cioè di Vincenzo di Peso dirigente della DCPP, questa testimonianza dovrebbe avere come oggetto annotazioni pervenute al PM di recente dai servizi segreti. Si tratta di una richiesta irrituale e che potrà essere discussa solo alla fine dell’istruttoria. Questa richiesta ci conferma quella che ormai è più di un’ipotesi, cioè che questo processo abbia preso origine da una catena di comando che parte dai servizi segreti israeliani, passa per quelli italiani, per la DCCP ed arriva alla Digos ed alla magistratura antimafia dell’Aquila. Le tracce di questa direttrice emergono dal precedente rifiuto dello Stato Italiano di estradare Anan in Israele, dal tentativo fallito di portare a processo documenti prodotti dallo Shin Bet e che contenevano testimonianze raccolte in centri di detenzione in cui si fa ricorso sistematico alla tortura, dalla vaghezza degli inquirenti sull’origine delle fonti utilizzate. Le relazioni dei servizi potrebbero essere quindi all’origine di questo procedimento. Al loro utilizzo si oppone la difesa in quanto ritiene questi elementi inammissibili per l’impossibilità di verificarne la fonte e considerando che i servizi segreti non svolgono attività di polizia giudiziaria. Capiremo a breve se la corte chiuderà il processo sul nulla probatorio o l’accusa tenterà di condizionare la giuria popolare con qualche sorpresa dell’ultimo minuto. Il tentativo delle autorità israeliane di perseguire noti esponenti della resistenza, quale è Anan Yaeesh che risiede e lavora in Italia da anni e gode di protezione umanitaria, risponde a precisi principi: il popolo palestinese non solo deve essere espulso dai territori controllati dagli israeliani, ma va attaccato e cancellato nella sua stessa esistenza ovunque risieda. Questo perché finché esiste la coscienza dell’esistenza del popolo palestinese – e la resistenza la incarna a pieno – la persistenza dell’entità coloniale di Israele è messa radicalmente in discussione. Ne consegue che la persecuzione della resistenza, della sua memoria e dei suoi simboli è parte integrante del programma di genocidio del popolo palestinese attualmente in corso. Ne consegue ulteriormente che chi collabora con questo programma è esso stesso responsabile del genocidio, lo sono quindi anche le autorità italiane che, in questo come in altri ambiti, ubbidiscono agli ordini dei sionisti. Questo processo ha scopo di disperdere e punire la diaspora palestinese, mandare il messaggio intimidatorio che Israele la può perseguitare in ogni dove e che può costantemente ribaltare la realtà accusando di terrorismo chi ne è vittima. Il sangue dei palestinesi ricadrà su chi sta compiendo, supportando, tollerando questo massacro. Non è possibile voltarsi dall’altra parte per non vedere, chi non vuole essere complice è chiamato da questo sangue a fare sentire la propria voce. complici e solidali Qui il pdf: anan aggiornamenti luglio def. -------------------------------------------------------------------------------- INTERVENTO DI GPI AL MEGAFONO DURANTE IL CORTEO DELL’AQUILA DEL 25 GIUGNO 2025 Anan da gennaio si trova nel carcere di Terni, è detenuto ed è accusato di terrorismo. Adesso voi vi chiederete perché viene arrestato in questa città un palestinese, un palestinese che vive qua, lavora qua, viene arrestato per terrorismo? Voleva fare un attacco terroristico in questa città secondo voi? Questo direbbe la teoria, no? Che all’interno dello Stato italiano, un cittadino che vive nello Stato italiano vuole compiere un attacco, verso magari un bar come questo? Questo direbbe la teoria, ma poi la pratica in realtà è che Anan è stato arrestato in questa città, è sotto processo in questa città, perché quando stava in Palestina, il nostro paese dal quale noi siamo stati cacciati dagli israeliani, lui si è difeso ed ha resistito contro l’occupazione israeliana, ed è per questo motivo che Anan oggi sta in un carcere italiano, perché è arrivata la richiesta di Israele al vostro Stato di arrestare Anan. E a questo punto io vi chiedo, se questo Stato, questo Paese è il vostro Paese? Perché la risposta è che non è neanche il vostro paese, perché è un paese che è servo, che esegue gli ordini di un paese straniero e fa i compiti di un paese straniero qua. Il diritto internazionale dice che la resistenza di un popolo occupato contro il suo occupante non è reato, è legittima, ma questo a quanto pare non vale per Israele, non vale neanche per l’Italia che oggi tiene in carcere un palestinese che è responsabile solamente di aver difeso casa sua e la sua terra. Voi pensate che a noi palestinesi ci piace vivere nella terra di qualcun altro? Ci piace vivere qua in Italia? A noi palestinesi, se la nostra terra non fosse stata distrutta, bruciata, devastata dall’occupazione israeliana saremmo nella nostra terra, a costruire sulla nostra terra e a costruire il nostro futuro sulla nostra terra. E allora do un consiglio anche a tutti coloro ai quali non piacciono gli immigrati…no? Vi do un consiglio, visto che non vi piace che io sto in questo paese, lavorate affinché il vostro paese non sostenga chi la mia terra me l’ha rubata. Lavorate affinché il vostro paese non sia schiavo di un paese straniero… fate i nazionalisti davvero e non fatelo solo quando vi conviene! Anan, Ali e Mansour devono essere liberati, devono essere liberati perché loro non hanno fatto niente contro il popolo italiano, e non hanno fatto niente contro di voi. E allora al processo del 9 e del 10 luglio ci dovete essere tutti. Oggi la Palestina è sulla bocca di tutti, ed è sulla bocca di tutti perché c’è chi non ha accettato di stare con la testa piegata, ha alzato la testa contro l’occupazione e ha sfondato la prigione di Gaza, è uscito fuori ed è tornato sulle nostre terre, le terre che ci sono state rubate. Anan era all’interno delle brigate di resistenza, e come dice lui anche nelle sue dichiarazioni, questo non è un motivo per doversi difendere in un tribunale, perché non si difenderà per quello che ha fatto. Anzi, a testa alta dice: “è un onore essere stati la prima linea di difesa contro l’occupazione”. Libertà per Anan, libertà per Ali, libertà per Mansour. Perché anche chi oggi, come Ali e Mansour, si trova fuori dalla cella di un carcere ma ancora è costretto a venire a vedere, ad assistere allo Stato italiano che prova a condannarlo. Questo è un trauma, questo però è il destino di noi palestinesi e lo conosciamo bene, e sappiamo che per la nostra terra pagheremo e saremo sempre a testa alta e pagheremo con onore. Perciò non diciamo solo libertà per Anan ma diciamo anche libertà per Ali e Mansour che ancora oggi non sanno quale sarà il loro futuro. Mansour giusto per dire alla “madre cristiana”, è padre di famiglia. È stato carcerato ed è stato per dei mesi lontano da sua moglie e dai suoi figli, perché lo Stato italiano non ha una spina dorsale, perché lo Stato italiano è schiavo, perché lo Stato italiano è una colonia. Perciò libertà per Anan, libertà per Ali e libertà per Mansour e una grossa libertà per tutti quanti!
26-27 Luglio. Due giorni contro il carcere in Sicilia
Riceviamo e diffondiamo: Scarica le locandine in pdf: ManifPolizzi 26 luglio giallo-1  ManifPolizzi 26 luglio BN Ha senso oggi, con un piede dentro la terza guerra mondiale, una iniziativa specifica contro il carcere? C’è ancora tempo per tenere insieme l’attenzione alle condizioni di chi è rinchiuso/a con il pensiero agli occhi affamati dei bambini di Gaza? Pensiamo di sì, per diverse e importanti ragioni. Perché lo sciopero della fame di Alfredo Cospito, Paolo Todde e di molte/i altre/i, sono gesti individuali che richiamano la resistenza di un intero popolo posto al 41 bis dallo stato sionista. Perché rompere l’aura di sacralità dell’Antimafia in Sicilia, parlando di DNAA, è un colpo al più potente apparato ideologico/morale e militare di spoliazione, controllo e repressione della “nostra” storia nazionale. Perché non disperdere la memoria delle lotte di oggi e di chi ci ha preceduto è parte della nostra liberazione. Perché rimpinguare le casse anti-repressione significa continuare a tessere solidarietà rivoluzionaria. ———— La DNAA ( Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) è il fiore all’occhiello del sistema repressivo dello Stato italiano. Nata nel 1992 come Direzione Nazionale Antimafia, dal 2015 inizia ad occuparsi anche di reati riguardanti il terrorismo aggiungendo una “A” al proprio nome. La riunificazione dei fenomeni mafioso e terroristico sotto uno stesso corpo repressivo rende evidenti le commistioni e gli sconfinamenti nella costruzione di queste figure simbolico-spettacolari da parte dello Stato. Mafia e terrorismo sono infatti sempre più “idee senza parole”, contenitori astratti utili a terrorizzare la popolazione, ad ergere lo Stato e i suoi servi a protettori dal Male assoluto e a mantenere in piedi uffici e cariche per magistrati che costruiscono le proprie carriere sulla pelle di sfruttate e oppressi. La nascita della DNA nel 1992 aveva provocato molte perplessità anche in alcuni giuristi e osservatori democratici, ma dopo gli attentati di Capaci e di via D’Amelio, approfittando del panico morale da essi generati, lo Stato italiano aveva ormai le risorse simboliche per rendere intoccabile la sua nuova superprocura e per dar vita a quella barbarie che risponde al nome di 41bis( ordinamento che è figlio dell’articolo 70 del codice penitenziario e che nel 2002 è stato esteso anche ai reati di terrorismo). La posizione geografica e psicogeografica di frontiera fra Europa e Africa della Sicilia permette di mobilitare tutto l’armamentario spettacolare che può trattare un fenomeno strutturalmente funzionale al dominio di merce e autorità, come un male estremo a cui lo Stato non può che opporre l’estremo rimedio della violenza e della tortura. Criticare l’operato delle procure antimafia diventa impossibile e le varie inchieste messe in piedi da queste rendono sempre più larghe le maglie di regimi detentivi come Alta Sicurezza e 41bis. Si è quindi venuta a creare una retorica che squalifica come mostruoso chiunque non accetti la sacralità delle Leggi dello Stato e rifiuti l’identificazione di giusto e legale. Per quanto riguarda il terrorismo crediamo sia utile partire dall’articolo 270sexies del codice penale. Tale articolo, infatti, definisce “condotte con finalità di terrorismo” tutti quegli atti che “costringono i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un qualsiasi atto”, estendendo tale categoria a chiunque non si limiti alla protesta legale e democratica e dunque completamente gestibile e riassorbibile da Stato e padroni. Con la nascita della DNAA, lo Stato può utilizzare facilmente la legittimità simbolica e le capacità investigative accumulate contro chiunque non accetti i progetti del potere, comprendere ciò si fa sempre più necessario e fondamentale per rispondere al salto di qualità introdotto dalla controparte nel campo della repressione. A maggior ragione adesso che, con gli scenari di guerra che si profilano all’orizzonte, le fila dei nemici interni si vanno ingrossando sempre più. Ma, come ogni spettacolo, anche l’antimafia e l’antiterrorismo non sono qualcosa di inscalfibile: lo sciopero della fame del compagno anarchico Alfredo Cospito sottoposto al regime del 41bis e le azioni diurne e notturne che si sono sviluppate in Italia e nel mondo in sua solidarietà hanno aperto una breccia che non potrà essere richiusa facilmente. La lotta può dissacrare la religione della legalità e dissolvere la cortina fumogena eretta a difesa dello Stato. Di questo vorremmo parlare a partire dall’opuscolo Ruolo e strategie repressive della DNAA con la presenza di alcuni/e curatori/trici della cassa di solidarietà La Lima il 26 luglio alle 15:30 ad Alavò in via Duca Lancia di Brolo, Polizzi Generosa (PA)