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Don Nandino Capovilla: obiettore di coscienza, in Israele e in Italia
Dopo l’arresto all’aeroporto di Tel Aviv e l’espulsione da Israele, subito dopo il ritorno in Italia il sacerdote ha convocato una conferenza stampa. Nel messaggio divulgato appena era stato rilasciato, aveva chiesto ai giornalisti di non parlare di lui e della vicenda che lo ha reso un protagonista delle cronache omettendo di riferire corrette informazioni sul genocidio dei palestinesi. «Non puntate riflettori e microfoni su di me, guardate il motivo per il quale stavo andando in Palestina – ha sollecitato don Nandino Capovilla – Poniamo l’attenzione su ciò che sta accadendo lì». L’incontro con lui nella sua comunità, la parrocchia della Resurrezione a Maghera, e insieme a Betta Tusset, coordinatrice della campagna “Ponti e non muri” e con don Nandino Capovilla autrice di Sotto il cielo di Gaza pubblicato il marzo scorso e una serie di libri editi dal 2005, inoltre al consigliere nazionale di Pax Christi, don Renato Sacco, e a monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente del movimento dei cristiani pacifisti che è intervenuto in collegamento dalla Cisgiordania, si è svolto in modalità telematica coinvolgendo molte persone, non solo giornalisti. «Ovviamente tutti mi stanno chiedendo di raccontare i fatti accaduti – ha esordito don Nandino Capovilla – Ebbene, è successo che mentre io venivo fermato e arrestato, trattenuto in detenzione amministrativa, intanto a Gaza morivano tante persone e molti bambini…». Don Nandino Capovilla ha spiegato che, come cita l’atto di espulsione, è stato allontanato dal paese perché ritenuto “un pericolo per lo Stato di Israele” e commentato: «Eppure invece Benjamin Netanyahu, per cui il 21 novembre 2024 la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto, può risiedere e muoversi in Israele e persino viaggiare all’estero senza impedimenti…». Delle 7 ore trascorse all’aeroporto di Tel Aviv don Nandino Capovilla ha riferito: «Con me c’erano altre due persone, di altri paesi, e insieme eravamo controllate dagli agenti israeliani. Non ci veniva data risposta alle nostre richieste di informazioni su cosa ci stesse accadendo e perché. Quando chiedevamo il permesso di andare in bagno ci veniva detto: “Non adesso, dopo”. Infine mi è stato perentoriamente ordinato di firmare un documento…». Il sacerdote italiano ha soffermato l’attenzione sulla reazione dell’agente della polizia israeliana al suo rifiuto di firmare un documento: «Ha veementente protestato asserendo che io fossi obbligato a firmare quell’atto, così mostrando che in un sistema autoritario la libertà di scelta non è ammessa e, oltre a venire ostacolata o impedita, non è nemmeno pensata possibile dalle persone sottomesse ai potenti». E ha concluso proclamando: «Dichiaro la mia obiezione di coscienza qualora al Parlamento italiano sia varato il disegno di legge in base al quale verranno proibite le riunioni e manifestazioni di solidarietà con i palestinesi». Betta Tusset ha ricordato che il titolo della campagna Ponti non muri avviata il 9 ottobre 2004 è ispirato alla frase di papa Giovanni XXIII, “Non di muri, ma di ponti ha bisogno la Terra Santa” e che i pellegrinaggi organizzati da Pax Christi in Palestina sono realizzati per incontrare il popolo perseguitato e dare voce alle persone oppresse nel rispetto del loro dolore, della loro storia e della loro cultura. Don Renato Sacco ha focalizzato l’attenzione sull’ipocrisia dei governanti italiani: «L’Italia è il terzo maggiore fornitore di armi a Israele, e il ministro Crosetto lo sa bene… A giugno scorso avevamo chiesto che l’accordo commerciale per i trasferimenti d’armi e tecnologie militari con Israele fosse annullato, invece è stato rinnovato… L’UE, con 72 miliardi di euro investiti, molti più degli USA, è il maggiore partner di Israele…». E, ricordando gli attacchi che hanno colpito Taybeh, don Sacco ha rammentato che questa comunità palestinese è cristiana, “non un covo di estremisti fondamentalisti terroristi musulmani” e affermato: «La guerra si nutre di bugie e la verità è l’arma più forte con cui debellare la guerra». Citando Hannah Arendt, il coordinatore nazionale di Pax Christi, Antonio De Lellis, ha osservato che i regimi oppressivi si reggono su cecità, complicità e obbedienza e affermato che per non esser ciechi e complici delle atrocità commesse dal governo israeliano in Palestina si devono applicare le sanzioni e si possono fare azioni pacifiche, come boicottare il commercio di prodotti ‘made in Israele’ che viene promosso dalla campagna di BDS e sostenere le lotte dei lavoratori che, come i portuali di Genova, denunciano e impediscono il trasporto di armi in Israele. Riprendendo gli accenni di don Nandino Capovilla e Antonio De Lellis, il presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso, Filippo Landi, ha messo in evidenza il parallelismo tra l’espulsione da Israele ingiunta al sacerdote italiano e a dei funzionari del presidio a Gerusalemme dell’OCHA. Nandino Capovilla e Betta Tusset: “Continuiamo a dare voce al popolo palestinese oppresso” / FAMIGLIA CRISTIANA – 13 AGOSTO 2025 Maddalena Brunasti
Il messaggio di don Nandino Capovilla, testimone del genocidio dei palestinesi
Ieri, 11 agosto, il sacerdote veneziano che è stato un coordinatore di Pax Christi Italia veniva bloccato all’aeroporto di Tel Aviv e, dopo 7 ore di arresto, espulso da Israele. Immediatamente dopo il rilascio don Nandino Capovilla ha pubblicato sulla propria pagina Facebook questo messaggio, collegato a due immagini, qui riportato integralmente, senza correggere i refusi del testo originale: > SONO LIBERO! Mi hanno fatto uscire ora. Restituito cellulare e valigia. Tutto > bene. aspetto che se ne vadano le ultime mie due guardie per scrivervi queste > righe. Volo per la Grecia stanotte. G > Questi alcuni dei miei numerosissimi di guardia in queste 7 ore. MA PER > PIACERE: DITE A CHIUNQUE SCRIVA CHE BASTA UNA RIGA PER DIRE VHE STO BENE > MENTRE LE ALTRE VANNO USATE PER CHIEDERE SANZIONI ALLO STATO CHE tra i suoi > “errori” bombarda moschee e chiese mentre i suoi ORRORI si continua a fingere > che siano solo esagerazioni. NON AUTORIZZO NESSUN GIORNALISTA A INTERVISTARMI > SULLE MIE SETTE ORE DI DETENZIONE SE NON SVRIVONO DEL POPOLO CHE DA > SETTANT’ANNI È PROGINOERO SILLA SUS TERRA > QUESTA IMMAGINE RIPORTA L’ULTIMO MESSAGGIO CHE STAVO SCRIVENDO PRIMA VHE MI > SEQUESTRASSERO IL FELL. ERA LA PREGHIERA DEL GIORNK DEL PATRIARCA DABBAH https://www.facebook.com/nandinocapovilla/posts/pfbid035S9NmffCqFTctuHg41umZLLfYkac9UUqxFAP5rMDip6uMPAK3tGLaW7tTbaYD3Jhl Don Nandino Capovilla si era recato in Israele insieme a un gruppo, composto da una quindicina di persone, partito dall’Italia per un pellegrinaggio di giustizia in terra santa. Guidata dal presidente di Pax Christi, don Giovanni Ricchiuti, la missione a Gerusalemme, Betlemme e in Cisgiordania è stata organizzata e realizzata nell’ambito delle attività di solidarietà del movimento pacifista cristiano con la popolazione palestinese. Inoltre, è intesa anche come testimonianza della partecipazione del movimento pacifista cristiano alla mobilitazione promossa dalla Rete Pace e Disarmo insieme ai firmatari della dichiarazione Basta dichiarazioni rituali: di fronte a ipotesi di occupazione di Gaza servono azioni concrete proclamata il 9 agosto. Pax Christi Italia lo annuncia nella pagina del proprio sito intitolata Uscire dall’ambiguità ed evindenziando di aver aderito all’appello con cui la società civile italiana sollecita il governo affinchè “esca finalmente dall’ormai insopportabile ambiguità e prenda decisamente posizione in favore del DIRITTO INTERNAZIONALE e dei DIRITTI UMANI”. Appena ha potuto avvisare di star bene ed essere stato liberato, don Nandino Capovilla ha anche reso noto di non voler rilasciare dichiarazioni e interviste pubblicate in notizie sulla vicenda della propria detenzione all’aeroporto di Tel Aviv che non riferiscano correttamente le informazioni sul motivo della sua missione in Terra Santa e, quindi, sulla necessità di ogni intervento efficace a far cessare la sofferenza della popolazione palestinese da 70 anni prigioneria in patria perché vive, subendo abusi e violenze, segregata nei territori controllati e assediati dallo stato israeliano. E, sebbene le abbia scritte nella concitazione del frangente, tutte le parole che don Nandino Capovilla ha usato per esprimersi mostrano che fosse lucidamente consapevole del significato di ciascuna. Infatti si è espressamente rivolto ai giornalisti esplicitamente esortandoli a non tacere la verità, ovvero a parlare delle atrocità inflitte alla popolazione palestinese senza omissioni e senza accreditare le versioni dei fatti fornite dal governo e dall’esercito di Israele, narrazioni che falsificano la realtà definendo “errori” le conseguenze delle azioni militari ed “esagerazioni” le testimonianze che documentano gli orrori di una carneficina, il genocidio che invece documentato dalle vittime, come il giovane reporter Anas Al-Sharif della cui morte don Nandino Capovilla ha appreso proprio mentre era detenuto all’aeroporto di Tel Aviv leggendo la preghiera, la supplica “La giustizia si affacci dal cielo. Presto, oggi stesso, Sognore”, composta in quella giornata dal patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbah. Maddalena Brunasti