Caso D’Orsi e Barbero: Contro la censura di guerra martedì sit it a Torino
La capitale sabauda, nell’ultimo mese, è stata teatro di un deciso salto di
qualità sul piano dell’impedimento della libera circolazione delle idee. E’ bene
comprenderlo a fondo per poterlo fermare, prima che sia troppo tardi.
Nel mese di novembre è stata impedita una conferenza del Professor Angelo
D’Orsi, contro la russofobia, al Polo del 900. La censura è stata sollecitata
dagli onorevoli Calenda e Picerno ed è transitata dal sindaco di Torino, il
piddino Lorusso.
Nei giorni scorsi, i salesiani di Torino hanno ritirato la disponibilità
all’utilizzo del Teatro Grande Valdocco – che era stato regolarmente concesso e
affittato – impedendo in questo modo la conferenza dei professori Alessandro
Barbero e Angelo D’Orsi su “ La democrazia in tempo di guerra. Non sappiamo chi,
questa volta, abbia fatto pressioni per far saltare tutto ma certo debbono aver
portato argomenti molto convincenti… Interessante notare che il giornale “la
repubblica”, nel dare la notizia della censura, ha titolato: “Democrazia in
tempo di guerra, annullato l’incontro filorusso con gli storici D’Orsi e
Barbero”.
Questo titolo, che riassume la calunnia di cui viene fatto oggetto chiunque si
opponga alla guerra, ci dice tre cose :
– Parlare di democrazia in tempo di guerra viene oggi etichettato come posizione
filo russa. Si tratta palesemente di una calunnia, di una fake news in quanto il
dibattito verteva sull’Italia e non sui rapporti tra questa e la Russia. Siamo
quindi nel regno della disinformazione gestita dai media main stream.
– La seconda è che l’essere considerati filorussi viene considerato illegittimo
se non ancora illegale. Ora, si può pensare quello che si vuole sulla Russia ma
non risulta che ad oggi l’Italia sia in guerra con la Russia e quindi questa
accusa, come se si trattasse di intelligenza con il nemico, corrisponde
all’applicazione di una preventiva censura di guerra prima che questa sia stata
dichiarata. Le classi dominanti italiane che comandano sulla politica e sui
giornali, hanno quindi deciso la guerra e stanno cercando di criminalizzare chi
si oppone.
– La terza considerazione è che le classi dominanti italiane, di centro destra
come di centro sinistra, che si muovano sul terreno politico come su quello
giornalistico, sono portatori di una stessa ideologia, finemente sintetizzata
dal loro vero riferimento ideologico: “Taci che il nemico ti ascolta!”.
Si tratta di una situazione che in Italia non ha precedenti da dopo la
liberazione dal nazifascismo e la nascita della Repubblica (quella fondata sulla
Costituzione, non quella cartacea emula del Popolo d’Italia del 1914).
Si tratta quindi di capire bene perché questo avviene. Innanzitutto ovviamente
non è un fatto unicamente torinese: il linciaggio a cui viene sottoposta
Francesca Albanese ogni qual volta si esprime pubblicamente è indicativo del
clima di caccia alle streghe. Il tentativo di distruggere il patrimonio
simbolico e morale che rappresenta Francesca, il tentativo di screditarla e di
dipingerla come una pericolosa estremista è palese e fa parte della stessa
strategia posta in essere a Torino contro D’Orsi e Barbero. Ad oggi le
aggressioni sono mediatiche e non fisiche ma certo non per questo sono un bagno
di salute per chi le subisce. Colpirne uno per educarne cento pare essere la
massima a cui si ispirano i novelli manganellatori mediatici di casa nostra.
Tre considerazioni mi sorgono spontanee.
La prima considerazione riguarda la debolezza dei guerrafondai: nonostante una
asfissiante campagna bellicista condotta a reti unificate da oltre 3 anni, la
maggioranza della popolazione italiana continua a rimanere contro la guerra e
contro l’aumento delle spese militari. Non riuscendo ad avere ragione delle
coscienze delle persone debbono impedire che si levino voci contrarie alla
guerra che autorevolmente possano fornire punti di riferimento, se non politici
culturali e morali, per la maggioranza silenziosa ma dissidente. La loro
debolezza è quindi all’origine delle loro azioni che contraddicono completamente
la retorica democratica che caratterizza i nostri guerrafondai.
Per questo oggi vengono presi di mira intellettuali blasonati, fatto certamente
non usuale. In genere il potere cerca di neutralizzare gli intellettuali, cerca
di blandirli e di cooptarli, non di renderseli avversari. Evidentemente anche
solo il dissenso verbale, intellettuale viene considerato intollerabile: Dopo
aver normalizzato i partiti con le leggi elettorali maggioritarie e con gli
sbarramenti, dopo aver messo mano sulla quasi totalità dell’universo
informativo, stanno adesso cercando di intimorire e quindi di tacitare le voci
intellettuali che osano dissentire dal coro mortifero della propaganda
bellicista. E’ un significativo salto di qualità anche perché l’attacco a
intellettuali molto conosciuto parla agli intellettuali meno conosciuti, a chi
ha bisogno di passare il concorso, a chi vuole uscire dalla condizione di
precarietà per diventare ordinario, a chi ha bisogno di pubblicare…
Questo spiega perché ci troviamo dinnanzi ad un ulteriore giro di vite sugli
spazi democratici in molti paesi europei – basti pensare alla Francia, la
Germania e l’Inghilterra – ed anche in Italia: Non riuscendo ad impedire “con le
buone” che la maggioranza del popolo italiano abbia un orientamento pacifista,
vogliono impedire “con le cattive” che questa maggioranza possa trovare delle
forme per esprimere il proprio convincimento in forma collettiva, come ad un
certo punto è successo contro il genocidio di Gaza. Per questo stanno agendo
preventivamente – e lo faranno ancora di più – affinché il dissenso dalle
politiche di guerra venga completamente individualizzato e privatizzato, in modo
da non essere più riconosciuto come una possibile alternativa nemmeno da parte
di coloro che ne sono fermamente convinti.
La censura imbavaglia gli intellettuali per impedire che la maggioranza della
popolazione italiana, che è contro la guerra e il riarmo, possa far valere le
sue ragioni e fermare le sciagurate scelte politiche dei governanti italiani ed
europei.
Se questo è vero quattro mi paiono le principali piste su cui dobbiamo muoverci
noi, che – al contrario del generale Cavo Dragone – vogliamo muoverci in
sintonia e osservanza con la Costituzione italiana la quale recita: “L’Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ”.
La prima è la difesa concreta di ogni spazio democratico, a tutti i livelli,
contro la piovra guerrafondaia bipolare che ha occupato quasi per intero lo
spazio della politica, dell’informazione e adesso vuole occupare quello della
produzione delle idee.
Anche per questo abbiamo organizzato per martedì 9 dicembre alle ore 18 un sit
in Piazza Palazzo di città a Torino per protestare contro la censura, la guerra,
le spese militari.
La seconda scelta è quella di rispondere al restringimento degli spazi
democratici con l’allargamento della partecipazione popolare dal basso. La
nostra forza risiede nel convincimento popolare contro la guerra. All’escalation
militare e repressiva dei nostri avversari noi dobbiamo rispondere con una
escalation democratica e partecipativa. Anche per questo stiamo operando al fine
di riorganizzare la conferenza censurata a Torino in uno spazio pubblico più
grande di quello negato, per far partecipare più gente. La scelta di attuare
forme di lotta radicalmente nonviolente e limpidamente comunicabili alla
maggioranza della popolazione, non è quindi una scelta morale ma un obbligo
politico per porsi l’obiettivo di sconfiggere i nostri criminali avversari.
La terza scelta è quella di tenere unita la lotta per la difesa degli spazi
democratici e per la pace con la lotta contro l’aumento delle spese militari e
per la difesa del welfare, dei diritti sociali. Le bombe non fanno danni solo
quando esplodono ma anche quando vengono costruite perché implicano uno
spostamento di risorse che distruggendo la sanità pubblica, la previdenza
pubblica, l’assistenza pubblica, abolisce ogni conquista sociale e favorisce la
guerra tra i poveri. La lotta per la difesa del welfare e contro le spese
militari sono i punti principali da cui partire per sconfiggere l’offensiva di
chi vuole condannarci alla guerra.
La quarta, ovviamente, è la costruzione di una coalizione politica contro la
guerra e il liberismo, che proponga esplicitamente una alternativa a questi poli
politici di centro destra e centro sinistra che rappresentano due facce della
stessa medaglia guerrafondaia e liberista come ampiamente documentato in questo
video
https://www.youtube.com/live/BAr5hp91cNI?si=fU5uoetNEMl1MD7U
La nostra risposta a chi ci vuole arruolare e farci mettere l’elmetto non può
che essere la diserzione di massa! Vediamoci tutte e tutti a Torino martedì 9
alle ore 18 in Piazza Palazzo di città.
Paolo Ferrero