Così l’Europa smantella il diritto d’asilo
A BRUXELLES L’ALLEANZA TRA DESTRE E ESTREME DESTRE VARA DUE REGOLAMENTI CHE
AVRANNO PESANTI CONSEGUENZE SULLA VITA DEI RIFUGIATI
La commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo
(Libe) ha approvato due testi centrali del Patto su migrazione e asilo: la prima
lista UE di “Paesi di origine sicuri” e il mandato negoziale per applicare le
norme sui cosiddetti “Paesi terzi sicuri”. Il voto passa grazie a una
maggioranza costruita tra il Partito Popolare Europeo e i gruppi della destra
radicale, mentre i Socialisti votano contro. È un passaggio politico decisivo:
consolida un’alleanza strutturale tra conservatori e ultradestra che da mesi, e
in realtà da anni, lavora per inasprire la gestione europea delle migrazioni e
per normalizzare l’esternalizzazione dell’asilo. «Si smantella così il diritto
d’asilo in Europa, ponendo le basi per un piano di deportazione di massa sul
modello Trump. La traiettoria dei fascisti è chiara – commenta l’eurodeputata
Avs, Ilaria Salis, relatrice ombra in commissione per il gruppo The Left – da un
secolo all’altro, da una parte all’altra dell’Oceano». Non è un caso che una
rivendicazione giunga dal governo a trazione FDI che vi legge «conferma di ciò
che il Presidente Meloni e il Governo sostengono da tempo: per gestire
l’immigrazione servono realismo, fermezza e cooperazione internazionale.
L’ampliamento dell’elenco dei Paesi sicuri approvato rappresenta un passo
fondamentale per rendere i rimpatri più rapidi ed efficaci», recita infatti una
nota del sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco per il quale «si tratta di
una svolta importante: saranno possibili trasferimenti non solo verso i Paesi
di origine e di transito degli immigrati irregolari, ma anche verso quelli con
cui esistono accordi di cooperazione. È un cambio di visione che rafforza anche
la sicurezza nelle nostre città e restituisce credibilità alle politiche
migratorie europee. Ancora una volta l’Europa si muove nella direzione indicata
dall’Italia: gestione dei confini, lotta ai trafficanti, rimpatri più veloci e
cooperazione internazionale. Mancano ancora alcuni passaggi per l’approvazione
definitiva, ma finalmente la direzione, anche europea, è chiara».
L’impianto dei testi approvati serve a rendere più semplice il rimpatrio e il
trasferimento dei richiedenti asilo fuori dall’UE. Il primo elenco consente di
dichiarare “sicuro” il Paese d’origine e quindi respingere più facilmente le
domande di protezione. Il secondo elenca Paesi terzi dove l’UE ritiene possibile
inviare persone esiliate anche se non hanno alcun legame con quelle destinazioni
— pratica già sperimentata dal Regno Unito con il Ruanda e dall’Italia con
l’Albania. L’effetto politico è pesante: si legittima l’outsourcing della
gestione migratoria verso Paesi dove la repressione dei diritti umani è
documentata. L’inclusione di Marocco, Tunisia, Egitto e Bangladesh nella lista
dei “Paesi d’origine sicuri”, nonostante persecuzioni sistematiche di attivisti,
avvocati e giornalisti, mostra con chiarezza la natura ideologica
dell’operazione.
Le ONG per i diritti umani avevano avvertito che questa classificazione è
incompatibile con la Convenzione di Ginevra, che impone valutazioni individuali
dei rischi. Ma la destra ha tirato dritto. Il 3 dicembre, il PPE e i gruppi
dell’estrema destra ottengono 40 voti contro 32 sul dossier Paesi terzi sicuri;
39 contro 25 su quello dei Paesi d’origine. Renew, decisiva in molte votazioni,
sceglie l’astensione sulla seconda lista, facilitandone l’approvazione. Non è un
incidente isolato: simili combinazioni tra destre e ultradestra avevano già
ribaltato il voto sul dovere di vigilanza delle imprese il 13 novembre.
La procedura scelta evita anche un passaggio in plenaria, accelerando l’ingresso
dei testi nel trilogo con Commissione e Consiglio: un segnale dei nuovi
equilibri dell’Europarlamento dopo il voto del 2024, con l’avanzata delle destre
radicali e la porosità crescente del PPE verso la retorica securitaria. Per la
deputata ecologista Mélissa Camara, questa alleanza “vergognosa” mette a rischio
diritti fondamentali e dignità degli esiliati; Damien Carême parla apertamente
della fine del diritto d’asilo europeo, ridotto a pura finzione procedurale. E
avverte: parte della destra voleva inserire perfino Sudan, Etiopia e Senegal
nella lista dei Paesi terzi sicuri.
La linea dura non riguarda solo l’elenco dei Paesi. È in corso un inasprimento
più ampio: la Commissione propone sanzioni commerciali contro gli Stati che non
accettano il rientro dei propri cittadini espellibili, collegando riammissioni e
privilegi commerciali. Se i visti non bastano, si immagina la sospensione dei
benefici del sistema preferenziale. Un meccanismo che — come riconosce Carême —
di fatto già esiste informalmente: l’UE finanzia da anni Paesi terzi affinché
fungano da barriera esterna.
L’attacco al diritto d’asilo passa anche attraverso una modifica cruciale al
concetto di “Paese terzo sicuro”. Oggi, per trasferire una persona fuori
dall’UE, deve esistere un “criterio di connessione”, un legame con il Paese
ricevente: transito, famiglia, qualche relazione concreta. Questo principio,
centrale nell’accordo UE-Turchia del 2016, viene ora reso opzionale. Basterà un
accordo politico tra uno Stato membro e un Paese extra-UE per trasferire
richiedenti asilo verso luoghi dove non hanno alcun legame. È lo stesso modello
“Ruanda” promosso da Johnson nel Regno Unito, bocciato dalla Corte Suprema ma
ormai diventato riferimento culturale per le destre europee.
La versione del Parlamento introduce un elemento ancora più controverso: anche i
minori potranno essere trasferiti se considerati un rischio per la sicurezza o
l’ordine pubblico. I ricorsi contro i trasferimenti non avranno più effetto
sospensivo: le persone saranno allontanate comunque e solo dopo, in caso di
vittoria del ricorso, riportate nell’UE.
Per i giuristi, il rischio è evidente: trasferimenti arbitrari, scarsa tutela,
contesti ostili e possibili cause davanti alla Corte di giustizia. Ma il quadro
complessivo — spiega la ricercatrice Andreina De Leo — probabilmente reggerà,
perché la Convenzione di Ginevra non menziona esplicitamente il criterio di
connessione.
Il governo Meloni gioca un ruolo di primo piano: il relatore della lista dei
Paesi d’origine sicuri è l’eurodeputato di FdI Alessandro Ciriani. La misura ha
un valore operativo: consente l’applicazione accelerata delle procedure di
rimpatrio previste per i centri in Albania.
L’evoluzione politica è favorita dall’assetto istituzionale dell’UE. Tutte le
principali istituzioni remano nella stessa direzione: la Commissione von der
Leyen, il Consiglio dominato da governi di centro-destra e destra radicale, e un
Parlamento europeo spostato nettamente a destra. Ursula von der Leyen ha
affidato il dossier migrazioni a Magnus Brunner, ex ministro delle Finanze
austriaco, un profilo rassicurante e opaco, incaricato di disinnescare il
conflitto pubblico e di far passare misure drastiche in modalità quasi
silenziosa. Non a caso molte iniziative sono state annunciate in date e orari
strategici per minimizzare l’attenzione mediatica.
Nel complesso, dunque, l’UE sta consolidando un sistema che rende l’asilo un
diritto sempre più formale e sempre meno reale. L’allineamento politico tra
popolari, destre e ultradestra, un tempo impensabile, è oggi il motore di un
cambio di paradigma che sposta la frontiera dell’Europa sempre più lontano da sé
— e i diritti delle persone sempre più lontano dagli standard internazionali.
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