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TDOR 2024 – la R non è più solo RICORDO ma anche RABBIA, RESISTENZA e RIVOLTA
La violenza di genere non è un’emergenza ma è strutturale in questo sistema eterocispatriarcale e capitalista basato su gerarchie, potere e dominio. È  parte fondante della guerra contro ogni corpo vivente e contro la stessa terra. Si manifesta con processi di colonizzazione, occupazione, genocidi, estrattivismo, sfruttamento, uso e abuso dei corpi per i profitti. La crisi economica, politica, culturale, sociale determina la necessità di tenere in piedi il sistema, di continuare a produrre incrementando la devastazione e frenando la possibilità di di creare reali alternative di pensiero, pratiche, economie. L’organizzazione sociale è una potente macchina ormai globale, che manipola, impone, reprime e arriva ad uccidere con i suoi eserciti, le polizie ma anche persone individuali o gruppi collettivi che si fanno strumento violento della riproduzione del sistema. Gli assassinii di genere (femminicidi, transcidi, puttanocidi, istigazioni al suicidio) non sono altro che azioni del braccio armato extragiudiziale e non irregimentato istituzionalmente dell’eterocispatriarcato che ci riporta alle origini stesse del capitalismo e del colonialismo quando si usavano roghi, false denunce, lapidazioni di piazza per sconfiggere il “male”, il demonio qualsiasi forma cioè di diversità che si sottraesse, nello spazio pubblico o privato, alle norme del potere. Anche recentemente il fuoco è stato utilizzato in alcuni casi di femminicidio, segno questo che i roghi qui come in altri paesi non sono assolutamente tragica storia del passato. Per questo sosteniamo la campagna mai più roghi che tende a superare quelle rappresentazioni simboliche mascherate da tradizioni popolari che ancora bruciano fantocci di persone femminilizzate, nella maggior parte identificabili come vecchie, streghe o persone razzializzate e che non fanno che normalizzare pratiche violente. Forme di resistenza, di ribellione, di desiderio di profondi scardinamenti di questa società e della sua macchina infernale che ha la sua prima forma regolata e asservita nella famiglia ci sono ma la repressione è fortissima e, con lentezza spietata, ha cambiato nel corso degli anni il valore di parole come rivoluzione, azione diretta, boicottaggio, resistenza, disobbedienza civile, occupazione dello spazio pubblico, risposta alle provocazioni, la legittimità cioè di una narrazione radicale e alternativa. Parole e pratiche sono diventate reato… persino azioni che solo qualche decennio fa sarebbero sembrate di scarso impatto conflittivo. Aprire uno striscione, fare una manifestazione o un corteo, occupare un piazza con i nostri corpi, protestare davanti al palazzo dove si trovano quelle persone che scrivono leggi e dettano norme “in nostro nome” diventa reato. In altre parti del mondo la repressione e la criminalizzazioni sono ancora più gravi con sparizioni e assassinii a sangue freddo. Lavorare nell’Osservatorio è difficile e doloroso ma siamo spintə dal desiderio e dalla rabbia di fare eco alla resistenza di tuttə le persone che oggi non sono più con noi. Persone che hanno lottato per sottrarsi alla violenza del sistema e per affermare la propria libertà e autodeterminazione dalle gabbie reali e virtuali. Segnaliamo il preoccupante aumento dei casi di suicidio tra le persone trans e queer, soprattutto molto giovani. Il suicidio di Cloe è stato un chiaro segnale di quanto la discriminazione, la marginalizzazione e il demansionamento siano stati fattori che hanno contribuito alla sua decisione finale di togliersi la vita. La morte per suicidio delle persone trans è un omicidio sociale, di cui tuttə siamo complici o spettatorə. Per questo nell’osservatorio di NUDM usiamo la perifrasi “suicidatə dallo stato e dall’odio sociale”. Ciò che più ci spinge e motiva a portare avanti il nostro lavoro è la voglia di supportare anche chi resta, chi si è battutə affinché le storie e le denunce fossero credute e raccontate. Siamo al fianco di chi cerca di costruire percorsi di fuoriuscita dalla violenza per persone trans, sempre più ostacolatə dalle istituzioni, che si vestono di pink, red e rainbow nelle giornate di rito. Vogliamo dei Centri Antiviolenza che sappiano accogliere, ascoltare, mettere in protezione le persone trans che spesso non hanno spazi e luoghi in cui rifugiarsi. Non vogliamo l’inasprimento delle pene ma una giustizia trasformativa, un cambio di sistema che impedisca la morte costante delle persone di cui oggi facciamo memoria. Il TMM, trans murder monitoring, che da anni fa monitoraggio a livello globale e il TGEU (https://tgeu.org/) che lo fa a livello europeo ci danno il dato allucinante di 48 persone trans uccise dal 2008 ad oggi in Italia, il numero più alto tra tutti i paesi dell’Unione Europea. Questi due osservatori raccontano e registrano come crimini di odio tutti i tipi di assassinio delle persone trans perché, affermano, molto spesso sono relazionati alle situazioni specifiche di marginalizzazione nella vita, nell’accesso al lavoro e nel diritto a una casa. Condividiamo come osservatorio di NUDM la loro stessa difficoltà di reperire i dati e di non poter quindi che giudicare parziali quelli che abbiamo per la scarsità di informazioni e l’assenza di specifici sistemi di vigilanza a livello nazionale. In Italia si aggiunge la difficoltà di rilevare i casi a causa di misgenderizzazioni e del continuo tentativo di nasconderli a livello familiare e sociale. Oggi vogliamo fare eco con rabbia alla voce di chi non è più con noi. Sì perché per una persona trans, travesti, puttana, intersex, chiamata “pazza”, disabilizzata o in qualsiasi forma considerata FUORI NORMA la stessa esistenza è un atto di resistenza e noi lo rivendichiamo oggi più che mai. E non dimentichiamo e non perdoniamo * perché a novembre scorso un ragazzo di soli 13 anni si è suicidato in Sicilia a causa dell’odio sociale. Aveva cambiato scuola ma né nella vecchia, né nella nuova probabilmente è mai stato fatto un lavoro di educazione alla diversità e per lo sradicamento reale delle norme eterocis imposte dal sistema (grazie Valditara, Roccella e gli antiscelta complici del sistema per impedire l’educazione alla diversità nelle scuole) E non dimentichiamo e non perdoniamo * perché il 27 maggio 2024 è stato accreditato come suicidio quello di un ragazzo trans di 24 anni arrivato al pronto soccorso per abusi in famiglia e ricoverato nel reparto di ginecologia dell’ospedale. Ha denunciato una violenza subita mentre si trovava sulla barella, è stato trasferito in altro ospedale ma poi riportato nel primo ospedale dove era avvenuto l’abuso. “È stato suicidato” dal quarto piano ed è morto sul colpo. Molti giornali l’hanno chiamato “donna”. A denunciare le responsabilità di quel gesto sono state le persone vicine al ragazzo in un post veicolato dal collettivo milanese Kasciavìt: «Anche dopo una fine tragica i giornalisti non si sono presi la briga di capire chi era lui veramente. Com’è possibile che una tale violenza sia avvenuta “in un luogo protetto come un ospedale”? perché un ragazzo é stato lasciato “solo e senza tutele”? La sua comunità ha tante domande su quello che è successo” e ce le abbiamo anche noi come osservatorio ma sono rimaste senza risposta in questi lunghi 6 mesi! Non si tratta di errori o disattenzioni ma di responsabilità pesanti come macigni E non dimentichiamo e non perdoniamo * perché il 6 luglio 2024 Lucero Valdivia di origine perviana, trans e lavoratrice sessuale è stata ritrovata nella pineta di Casal Fusano. I giornali ancora una volta hanno parlato per giorni di lei al maschile, misgenderizzando come quasi sempre fanno E non dimentichiamo e non perdoniamo * i commenti violenti che accompagnano le nostre pubblicazioni all’8 di ogni mese che abbondano di negazionismo e che sono persino arrivati a mettere in discussione il fatto che inserissimo il suicidio del giovane gay di 33 anni di Palermo del 10 settembre che ha lasciato una lettera dove chiede scusa per non essere riuscito ad amare una donna. Non sei tu a dover chiedere scusa ma la comunità in cui vivi che ti ha costretto a rinunciare a vivere. E non dimentichiamo e non perdoniamo * che Nex Benedict ragazzu non binariu sia statx suicidato dall’odio sociale l’8 febbraio negli Stati Uniti in Oklaoma. La madre ha dichiarato che Nex è stat bullizzato per oltre un anno nella sua scuola. Nel 2022 l’Oklahoma si è distinto per essere il primo stato negli USA a proibire l’uso del genere non binario nei certificati di nascita. Allu studentx è proibito usare un bagno che non corrisponda al genere assegnato alla nascita e alle persone minori vengono vietati percorsi di affermazione di genere. La nuova legge presentata per il 2024 per i curricoli delle scuole pubbliche descrive il genere come un carattere biologicamente immutabile e vieta il cambio di genere nei certificati di nascita, il divieto di usare nomi e pronomi di elezione. E non dimentichiamo e non perdoniamo * che Kesaria Abramidze, 37enne modella e attivista transgender, il 18 settembre è stata lasciata a morire nel cuore della notte da una persona di cui si fidava. La comunità LGBTQIAP+ georgiana perde uno dei volti più noti dell’attivismo trans, una donna che aveva scelto di vivere apertamente la sua identità nonostante l’ostilità e il pregiudizio dilagante. Abramidze si era fatta portavoce delle battaglie contro la discriminazione transodiante e per i diritti civili in talk show e trasmissioni televisive di rilevanza nazionale. Le sue esperienze personali di violenza e oppressione erano strettamente intrecciate con il suo impegno pubblico. E anche in questo caso la sua morte arriva immediatamente dopo l’approvazione di una legge fortemente discriminatoria contro la cosiddetta “propaganda gay”. Un provvedimento, voluto da frange conservatrici e religiose, che limita ulteriormente i diritti della comunità, vietando manifestazioni pubbliche di sostegno e istituzionalizzando lo stesso clima di odio e oppressione che ha ucciso Kesaria. Perché abbiamo voluto raccontare queste storie? Perché fare memoria è importante come è importante scendere nelle piazze con amore e rabbia contro ogni discriminazione e violenza di genere di fronte all’inadempienza delle nostre istituzioni nel garantire percorsi di autodeterminazione e alla crescente ondata d’odio e di intolleranza propagandata dal governo Meloni e dalle destre fasciste che lo compongono. Un odio che si concretizza nelle azioni e politiche stesse portate avanti dal governo e dai suoi rappresentanti. Ne sono un esempio i continui attacchi alla carriera alias e all’infanzia trans, il mantenimento di percorsi di affermazione di genere fondati su patologizzazione e psichiatrizzazione che vedono nei tribunali la decisione sulle vite, le narrazioni contorte e stigmatizzanti, la difficoltà per le persone della nostra comunità di trovare casa e lavoro. Vogliamo ricordare chi non c’è più per averci insegnato il cammino di resistenza che dobbiamo continuare a percorrere, per stare al fianco di chi resta, per continuare a lottare per il riconoscimento del danno e degli errori che sono stati compiuti contro tutte queste persone. Assumiamo la necessità di garantire percorsi di affermazione di genere accessibili e gratuiti all’interno del servizio sanitario pubblico e non più subordinati all’approvazione, viziata da canoni e stereotipi binari di psico e giudici cisgender. Vogliamo si viva l’euforia e l’autodeterminazione, delle relazioni, delle vite senza invisibilizzare le soggettività non binarie, ma che considerino e valorizzino la complessità di tutte le identità. Vogliamo che ci si impegni a rispettare e si smetta di misgenderare con la scusa della fatica ad assumere linguaggi appropriati perché sappiamo quanto sia più faticoso e doloroso non essere riconosciutx. Vogliamo che le case di accoglienza e le case rifugio non discriminino le persone trans che stanno vivendo situazioni di violenza. Vogliamo accesso ai lavori, ai servizi, a un reddito di autodeterminazione quando tutto questo diventa difficile. Vogliamo finalmente che sia riconosciuto il diritto ad una legge scritta dal basso come quella che è stata elaborata dal laboratorio di autodeterminazione trans di Stati Genderali, basata su autodeterminazione e consenso informato perché la 164 è obsoleta, inadeguata, superata dai fatti e va abrogata. Vogliamo che le elaborazioni della comunità siano accolte, assunte e non strumentalizzate per pulire le coscienze: le identità di genere non sono beni di consumo, né tanto meno pubblicità gratuita o emblemi per la propaganda capitalista, egemone e coloniale. Autodeterminazione e liberazione per i corpi tutti! Ci vogliamo viv3 e vogliamo tutto! TGEU-Trans Europe and Central Asia pubblica l’aggiornamento annuale del progetto globale Trans Murder Monitoring per il 2024 a questo link: https://tgeu.org/will-the-cycle-of-violence-ever-end-tgeus-trans-murder-monitoring-project-crosses-5000-cases/ Share Post Share L'articolo TDOR 2024 – la R non è più solo RICORDO ma anche RABBIA, RESISTENZA e RIVOLTA proviene da Osservatorio nazionale NUDM.
Giustizia per Pamela, Roxana e Andrea, assassinate crudelmente per essere lesbiche
Il movimento Ni una menos in Argentina si è ritrovato in piazza per la manifestazione del 3 giugno, una manifestazione che dal 2015 porta in piazza il movimento per ricordare femminicidi e transcidi. Quest’anno la chiamata era rafforzata dalla lotta contro il governo fascista, omolesbotransodiante e razzista che promuove politiche di fame e di povertà. Un governo che ha attaccato in forma esplicita il movimento transfemminista eliminando il ministero delle politiche di genere e  accentuando i discorsi di odio verso le diversità e la dissidenza di genere. I femminicidi, i transcidi, i lesbicidi e i travesticidi sono la punta dell’iceberg di multiple forme di violenza che sono radicate in una società con grandi disparità di genere. I diritti conquistati con le leggi approvate e le scelte istituzionali degli anni e governi precedenti sono ora minacciati e sono stati sicuramente più avanzati rispetto a quello che succede nelle case dove le persone socializzate come donne lavorano ancora il doppio degli uomini nel lavoro di cura. L’Argentina è l’ultimo paese in america per numero di permessi di paternità: solo due giorni a fligliu. Ma quello che grave è che il governo di Milei continui a negare l’esistenza di un problema e metta in discussione tutto il cammino fatto fino ad ora in questo paese che ha le leggi più avanzate a livello mondiale rispetto a percorsi di affermazione di genere, aborto, cambi di nome anagrafici, diritto di famiglia, etc. Milei era fra gli ospiti del megaincontro organizzato da Vox il 18 maggio scorso in Spagna insieme ai peggiori rappresentanti della destra europea. Non mancava infatti Giorgia Meloni, che è intervenuta in videoconferenza, la leader del partito francese Rassemblement National, Marine Le Pen, André Ventura presidente del partito portoghese Chega che significa “Basta”, l’ex primo ministro polacco di Diritto e Giustizia Mateusz Morawiecki, il primo ministro ungherese Viktor Orbán. I discorsi di odio legittimati dai governi e amplificati dai media ci uccidono in ogni parte del mondo! E le violenze continuano a crescere in un contesto di crescente precarietà. I femminicidi non sono diminuiti in Argentina. Se ne registra 1 ogni 35 ore. 2500 negli ultimi 10 anni e tutti per mano di ex, o di mariti, amanti, conviventi. “Ammazzano uomini come ammazzano donne”, ha detto la deputata Lilia Lemoine in una intervista per sminuire la forza delle affermazioni del movimento femminista. La prima manifestazione di Ni una menos fu per l’assassinio di Chiara Páez uccisa dal fidanzato a soli 14 anni. Quest’anno il caso che più ha risuonato nella marcia è stato il triplice femminicidio di Pamela Cobbas, Roxana Figueroa e Andrea Amarante.  La mattina di lunedì 6 maggio nel quartiere Barracas di Buenos Aires un “conventillo” è stato lo scenario di un episodio di LESBodio per mano di un uomo che abitava nello stesso edificio: ha lanciato due bombe  molotov contro la stanza delle sue vicine lesbiche, che aveva già precedentemente molestato. Nell’abitazione c’erano quattro donne, una di queste incinta, che sono state ricoverate con ustioni gravissime. Pamela Cobos ha perso la vita nello stesso giorno mentre Roxana e Andrea Amarante sono morte nei giorni successivi. “Vogliamo giustizia per Pamela, Roxana y Andrea, assassinate crudelmente per essere lesbiche” hanno scritto le associazioni che hanno convocato la marcia del 3 giugno in un comunicato che è stato letto davanti alla sede del governo a Buenos Aires. “Affermiamo che i discorsi di odio promossi dal massimo rappresentante del governo – continua il comunicato – portano a una società che attua di conseguenza. Indichiamo quindi il presidente come responsabile del fatto che gli attacchi alla comunità LGBTIQ+ sono aumentati fino a raggiungere la loro massima espressione”. Le persone hanno chiesto un intervento urgente di riparazione per Sofía Castro Riglos, l’unica sopravvissuta a quello che è conosciuto come il massacro di Barracas. Prima aveva poco, ma ora ha solo la solidarietà e il sostegno collettivo. Ha perso le sue amiche Pamela, Roxana e Andrea e tutte le sue cose nello stesso momento, nello stesso attacco assassino. Il percorso sarà lungo e per questo è stata aperta una raccolta fondi per accompagnare Sofia. Non possiamo che aiutarla a ricostruire un luogo dove vivere e ricostruire relazioni. Per trasparenza la comunità di “lesbiche autoconvocate” ha deciso di utilizzare il conto corrente di Ni UNA MENOS CBU 1910027855002701341732 numero di conto 191027013417/3  intestato a ACIVIL.NIUNA.MENOS CAUSALE “lesbianas” ¡BASTA DE LGBTIQODIO! #EstoNoEsLibertad #JusticiaporRoxana #JusticiaporPamela #JusticiaporAndrea  #EstadoesResponsable Share Post Share L'articolo Giustizia per Pamela, Roxana e Andrea, assassinate crudelmente per essere lesbiche proviene da Osservatorio nazionale NUDM.
Violenza nel mondo del lavoro – INFORTUNI E FEMMINICIDI
Perché accostare morti sul lavoro e femminicidi? Oltre ad essere fenomeni tristemente sempre più emergenti, sono fenomeni che vedono implicati rapporti di debolezza e subalternità. Si muore a casa per mano di chi ti sta accanto. Ma in genere un femminicidio, lesbicidio, transcidio è sempre l’ultimo di una sequenza di atti, l’esito della sottomissione psicologica ed economica della donna, l’episodio terminale di ripetute sopraffazioni fisiche attestate spesso da regolari denunce che non producono effetti. Troppo spesso una donna che lascia o minaccia di farlo è percepita dall’uomo come una proprietà, da uccidere prima di perderne il controllo e di accettarne l’autonomia. Intorno alle vittime, l’esiguità dei servizi sociali territoriali esistenti, e dei Centri Antiviolenza (CAV) che non riescono a rispondere a tutte le richieste di supporto e protezione a causa dei pochi finanziamenti disponibili. Ci sono lavoratrici o lavoratori che muoiono svolgendo mansioni la cui contropartita sarà un salario spesso non adeguato e dignitoso, magari manovrando macchinari o misurandosi con processi produttivi i cui “ingranaggi” e dispositivi di sicurezza non funzionano o funzionano male. Si muore di lavoro per l’inadeguatezza o la totale mancanza delle misure di sicurezza, per lo “stato di necessità” che rende disposti a tutto pur di avere un reddito. La causa delle morti sul lavoro, o meglio degli omicidi sul lavoro è la cultura capitalista che considera il diritto alla salute e alla vita come un ostacolo al profitto, sempre di più indifferente rispetto a quelle vite, le vite di operai che continuano a essere sottoposte alla roulette russa del destino e del lavoro precario. Non solo una cabala di numeri (3 omicidi sul lavoro al giorno, ogni 3 giorni una donna uccisa) ma la necessità di sovvertire questa società che accomuna femminicidi e omicidi sul lavoro con un radicale cambio culturale. Numeri che ottengono visibilità quando sono casi eclatanti come è successo il 17 febbraio scorso a Firenze, o come quando a dicembre 2007 alla ThyssenKrupp di Torino morirono 8 operai . Nei femminicidi la donna uccisa ha una visibilità diversa se si tratta di una donna bianca, sposata e incinta, molto meno se è una persona LGBTQIA+ e se è sex-worker! E dietro a ogni persona vittima degli omicidi sul posto di lavoro causati da mancata sicurezza, dietro a ogni donna uccisa perché ha detto “no” ci sono affetti, progetti mancati, altre vite distrutte, figli rimasti orfani di cui pochi si fanno carico. Violenza economica che vede la connessione tra un lavoro produttivo fatto di bassi salari, lavoro intermittente, precario, sfruttato, sottopagato e povero, e un lavoro di cura gratuito che pesa, per oltre il 75%, sulle donne. Violenza economica sono i ricatti nell’accesso e per il mantenimento del posto di lavoro, il part time involontario, il disconoscimento delle norme sulla maternità (congedi, allattamento), il ricatto di turnazioni che rendono inconciliabile la funzione genitoriale e di cura, fino alle molestie sessuali vere e proprie che, una volta portate allo scoperto, sfociano in vero e proprio mobbing ai danni di chi denuncia. Problemi per avere congedi, permessi, e lo smartworking considerato una facilitazione per le lavoratrici che devono lavorare due volte a casa, usando le proprie utenze e facendo anche la casalinga Nei posti di lavoro pubblici e privati discriminazioni, molestie e ricatti contro le donne e violenza di genere avvengono quotidianamente e non dimentichiamoci che le molestie valgono anche se sei apprendista, precaria. Va denunciato e preteso che sia lui a lasciare il posto di lavoro. Gli uomini, in genere, occupano posti più importanti. Le donne sono più numerose nei lavori ad orario ridotto. Vi sono altre differenze dovute al genere nelle condizioni di lavoro che si ripercuotono anche sulla sicurezza e salute sul lavoro. Per esempio, si trovano più donne in attività precarie e mal retribuite, il che si ripercuote sulle loro condizioni di lavoro e sui rischi a cui sono esposte. In Italia l’esercito è schierato nelle principali città, mezzi da guerra presidiano musei e strade del centro delle grandi città, ai grandi eventi le persone vengono perquisite per fare prevenzione verso eventuali atti di terrorismo. Incutere la paura del delinquente comune o del migrante questo è quello che quotidianamente i media e il governo/ i vari governi ci propinano. I vari Governi e il Parlamento non varano alcuna legge speciale, non inviano eserciti di ispettori nelle officine, nei cantieri, nelle ditte manifatturiere e non “arringano” la popolazione sulla difesa della vita di chi lavora. Non vengono incrementati i finanziamenti ai CAV per i percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Vengono invece incrementate le spese per le armi e per le guerre. D’altronde questa società si basa sullo sfruttamento, anche fino alla morte, per avere profitto. ABORTIAMO IL PATRIARCATO E IL CAPITALISMO #8marzo #lottomarzo #scioperoperché NUDM Livorno Share Post Share L'articolo Violenza nel mondo del lavoro – INFORTUNI E FEMMINICIDI proviene da Osservatorio nazionale NUDM.
Intervento dell’Osservatorio all’Assemblea Nazionale NUDM a Bologna
Intervento durante la plenaria dell’Assemblea Nazionale di Non Una di Meno a Bologna, sabato 3 febbraio 2024 ETÀ DELLE PERSONE UCCISE Sebbene la stampa dia risalto, nella cronaca, ai femminicidi di giovani donne dai 20 ai 30 anni, la fascia di età più esposta ai femminicidi è tra i 40/60 anni o over 80. I 120 casi del 2023 ci offrono un quadro impressionante: nonostante i casi mediatici di Giulia Tramontano (29 anni), Giulia Cecchettin (22 anni) e Vanessa Ballan (27 anni), notiamo che le donne più grandi sono maggiormente esposte alla violenza e quindi future vittime di femminicidio. Non possiamo poi ignorare le vergognose strumentalizzazioni della destra in concomitanza con i due femminicidi di donne gestanti per imporre, per esempio, il riconoscemento della “persona in vita” dal momento del concepimento.  PERSONE DISABILIZZATE E CASI ARCHIVIATI Aumentano anche i casi di persone disabilizzate di cui il sistema continua a non farsi carico, uccise da uomini incapaci di gestire il ruolo di cura: un ruolo per cui non sono stati educati e non sono socialmente destinati. I percorsi di autonomia e liberazione non possono che essere colpiti violentemente perché il sistema familistico e capitalista si riproduca senza possibilità di cambiamento.  Quest’anno abbiamo anche rilevato casi archiviati come suicidi e riconosciuti, a distanza di troppo tempo, come femminicidi. A volte la vittima era riuscita a impiccarsi rimanendo coi piedi appoggiati, annodando il laccio al collo in una posizione altamente improbabile a seguito di un incontro con un cliente poi sparito. Ci chiediamo quindi quanti siano i casi tutt’oggi non riconosciuti e di cui non abbiamo traccia. Ad uccidere sono sempre persone che incarnano il patriarcato: uomini, mariti, padri, fratelli, ex, i chiamati “amici” o addirittura “compagni”, per imporre il dominio e punire l’autodeterminazione della persona con cui si relazionano. Persona che va bene solo fino a quando sta resta nei ruoli e nei binari previsti dalle norme imposte dal sistema. BRACCIALETTO ELETTRONICO Denunce e braccialetti elettronici: sono queste le soluzioni adottate dal/dai governi.  Quattordici le donne di cui sappiamo con certezza che avevano esposto denuncia, nessuna di loro è stata ascoltata e spesso queste informazioni non vengono nemmeno riportate negli articoli. Il braccialetto elettronico viene trattato dallo stato come se fosse l’unico mezzo per la prevenzione. Sono stati investiti 5 milioni su un dispositivo che toglie fondi ai CAV, “spacciandolo” come unico mezzo per la prevenzione alla violenza di genere.  I dati emersi sull’utilizzo del braccialetto dimostrano che spesso non funziona.  Quando non si ritiene di applicare il carcere o gli arresti domiciliari, viene ordinato il divieto di avvicinamento alla vittima applicando il braccialetto alla caviglia della persona abusante. A questo, si sommano altri due dispositivi: uno nella casa della persona minacciata e uno nella casa del minacciante. Alla vittima inoltre, viene dato un telefonino collegato alla sala operativa della società che applica i braccialetti. Quando lo stalker viola la distanza e si avvicina, se c’è copertura della linea internet, scatta l’allarme al fine di un pronto intervento. La società incaricata avvisa in tempo reale i carabinieri/polizia che intervengono. Nel caso di Concetta, infermiera di 53 anni uccisa con 42 coltellate sferrate dall’uomo che aveva nei suoi confronti un divieto di avvicinamento e che indossava un braccialetto elettronico, non ha funzionato. Come non hanno funzionato né il dispositivo in possesso della vittima che quello in possesso del figlio. Di tre dispositivi, solo uno ha funzionato ma l’assassino era già entrato nella casa della vittima. Il braccialetto risulta poco affidabile quindi, a volte suona ripetutamente nonostante il potenziale assassino non sia nelle vicinanze, altre può essere rotto, come è successo con una persona agli arresti domiciliari per reati vari. Queste misure oltre ad avere un costo elevato non fermano i femminicidi né limitano la violenza. COSA VOGLIAMO Non chiediamo il controllo delle persone potenzialmente abusanti ma interventi diversi, che vadano alla radice dei problemi: l’aumento dei centri anti-violenza aperti a tuttu, programmi educativi che promuovano la cultura del consenso, che parlino di diversità, di relazioni e di affettività ma soprattutto che mettano in discussione i capisaldi del sistema patriarcale di dominio, di possesso e di potere gerarchico.  I media scandagliano le vite delle vittime ma non quelle di chi agisce il danno costantemente giustificato da motivazioni che ci riportano al delitto d’onore scomparso dalla nostra legislazione solo nel ’95.  Per uno Stato che non muove un dito per modificare la cultura dominante, siamo soltanto numeri.  Per noi raccogliere i dati, non fermarci alle statistiche, leggere le storie è importante per rilevare i cambiamenti e gli errori del sistema che sempre più evidenzia l’inesistenza di un lavoro di prevenzione efficace. La violenza di genere è strutturale, strutturale a questo sistema patriarcale e capitalista, basato su gerarchia, potere e sudditanza.  Vogliamo ribaltare un sistema che conta le morti, gli stupri, le violenze, ma non vuole riconoscere la radice da cui provengono e risponde con la giustizia punitiva e carceraria anziché con risposte collettive e di comunità che possano realmente de-costruire il patriarcato.  Vogliamo ribaltare un sistema che strumentalizza le morti, gli stupri e la violenza per far passare il riconoscimento della vita dal concepimento, per criminalizzare le persone razzializzate e per imporre in nome di sicurezza e decoro la militarizzazione ulteriore delle nostre strade e l’aumento delle pene.  Vogliamo contarci vivə, per fare delle nostre vite ciò che desideriamo.  Share Post Share L'articolo Intervento dell’Osservatorio all’Assemblea Nazionale NUDM a Bologna proviene da Osservatorio nazionale NUDM.