Rosi, il tazebao, la libertà e la pace
In occasione della presentazione a Palermo della “Carta dell’impegno per un
mondo disarmato”, elaborata dalla rete “10,100,1000 piazze di donne per la
pace”, il 2 dicembre 2025, Sandra Rizza ha proposto questo Breve ricordo di Rosi
Castellese che desideriamo condividere
Vi ringrazio per avermi dato l’opportunità, oggi, mentre lanciamo la Carta
dell’impegno per un mondo disarmato, di ricordare la testimonianza politica e
civile della nostra compagna Rosi Castellese, che ha combattuto tutta la vita
per la libertà e per le libertà, precondizione essenziale per costruire un mondo
di pace.
Forse vi chiederete: ma che c’entra Rosi con la pace internazionale? Che c’entra
la militanza di una femminista, attivista storica del movimento LGBTQ+ , che si
è sempre battuta per i diritti civili/umani, con i negoziati di pace, con la
diplomazia per un mondo disarmato, con il movimento per la pace?
C’entra, eccome. Perché la pace, secondo me, non è solo un’idea o un’utopia
irrealizzabile: è un impegno quotidiano, che deve partire da ciascuno e ciascuna
di noi, nelle nostre comunità, nelle nostre scelte quotidiane, nei percorsi
individuali e collettivi delle nostre vite.
Per questo, forse, oggi, nel secondo anniversario della scomparsa di Rosi, è
importante ricordare come la sua militanza e la sua continua lotta contro tutte
le forme di oppressione e di violenza siano interconnesse intimamente, ma
soprattutto politicamente, con l’impegno per un mondo disarmato. L’intera vita
di Rosi e tutto il suo attivismo politico incarnano infatti i principi
fondamentali di una pace intesa non solo come assenza di guerra, ma come
giustizia sociale e rispetto per i diritti umani.
Vogliamo vedere come?
La pace è innanzitutto ascolto, dialogo, riconoscimento: e la lotta del
movimento LGBTQ+ è, in essenza, una lotta per il diritto di esistere, di amare e
di essere se stessi in pace, senza paura, discriminazione o violenza. Rosi si è
battuta affinché Palermo, e la società in generale, fossero un luogo più
accogliente per tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale o
dall’identità di genere.
La pace è il superamento dell’odio. E l’omofobia e la transfobia sono forme di
violenza e odio. L’attivismo di Rosi è stato un baluardo contro tutte le forme
di sopruso e coercizione, promuovendo una cultura del rispetto che è l’antidoto
naturale alla violenza e al conflitto.
La pace, ancora, è costruire ponti, non muri: e Rosi ha lavorato per creare
comunità e solidarietà, costruendo ponti tra le persone, facendosi in quattro
per tessere reti tra compagni e compagne, per fabbricare relazioni politiche e
civili tra uomini e donne desiderosi di costruire un mondo più giusto. L’impegno
per la pace e per un mondo disarmato ha lo stesso obiettivo: superare le
divisioni, i confini e i muri ideologici che portano al conflitto, in favore
della cooperazione e della comprensione reciproca.
Poi c’è il coraggio della testimonianza: vivere apertamente la propria identità,
come ha fatto Rosi in tempi e contesti a volte difficili, richiede coraggio.
Questo coraggio è lo stesso che serve per opporsi alla guerra e promuovere il
dialogo in tempi di tensione.
Ecco perché la storia di Rosi, a due anni dalla sua scomparsa, ci ricorda che la
pace non si costruisce solo nei palazzi del potere o nelle conferenze
internazionali, ma nelle piazze delle nostre città, nelle nostre relazioni
quotidiane e nel nostro impegno a lottare per un mondo in cui la dignità di ogni
persona sia sacra e inalienabile.
Ecco perchè la immagino qui, Rosi, oggi, in prima fila insieme a noi: con la sua
forza e la sua determinazione gentile, con i suoi ricci pazzi e i suoi occhioni
azzurri, e la sua ferrea volontà di credere in un futuro migliore. La immagino
qui a darci fiducia e speranza. Come chi sa, nel profondo del suo cuore, che non
c’è Golia che possa resistere alla fionda tenace, persistente e inesorabile di
Davide.
E che nonostante l’America di Trump, gli appelli guerrafondai di Kaja Kallas e
dei cosiddetti Volenterosi, le bugie di Meloni e Tajani, la corsa al riarmo e
tutta la propaganda bellicista che pervade il discorso pubblico, ci sarà sempre
una Rosi, da qualche parte nel mondo, con la sua febbrile determinazione, a
rimboccarsi le maniche per inventare uno slogan, accendere un megafono o
disegnare un tazebao, inseguendo l’utopia possibile di un mondo senza guerre,
bombe e genocidi.
Redazione Palermo