La vicenda di Maha, architetta di Gaza: una vittoria della stampa e del diritto umanitario
Abbiamo parlato diverse volte di studentesse e studenti a Gaza sotto le bombe e
oggi sotto tende che spesso galleggiano per le bombe d’acqua che in questa
stagione imperversano anche da quelle parti. Questa volta dobbiamo registrare un
granello di positività in tanta distruzione scellerata che è riuscito ad
inceppare il cinismo della macchina burocratica che gestisce gli ingressi nella
“Fortezza-Europa”: parliamo della vicenda di Maha, architetta a Gaza che grazie
alla mobilitazione di giornalisti, avvocati e solidali ha avuto la conclusione
che tutti speravano.
Maha ora è in Italia per usufruire legittimamente della borsa di studio IUPALS
presso Università degli Studi Roma TRE, in compagnia del figlio che in un primo
momento, per le pastoie burocratiche che non hanno né occhi né cuore, sarebbe
dovuto rimanere in Palestina col padre. La Conferenza dei rettori delle
università italiane (CRUI) il 7 maggio 2025 dà notizia sul suo sito del progetto
di borse di studio IUPALS destinate espressamente a studenti e studentesse
palestinesi, elencando tutte le paradossali peripezie da seguire per ottenerle e
il 27 ottobre, vista la situazione di 10 su 150 che esprimevano la volontà di
non lasciare all’inferno i loro familiari, decide di ricorrere al burocratese
per riaffermare che il cinismo non conosce eccezioni: (…) si ricorda che il
Progetto IUPALS, per cui è attivata l’evacuazione da Gaza con l’assistenza del
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, prevede
esclusivamente borse di studio deliberate e gestite dagli atenei aderenti e non
si occupa di ricongiungimenti familiari. Come segnalato dalle autorità
competenti, gli interessati potranno attivare le richieste di ricongiungimento
familiare una volta regolarizzata la propria posizione in Italia con permesso di
soggiorno e presentando domanda presso le Prefetture del luogo di residenza (…).
Per un governo che appoggia da sempre il governo sionista di Tel Aviv sia
politicamente – anche attraverso “minacce di legge” come il DDL Gasparri che di
fatto equipara l’antisionismo e la critica ad Israele all’antisemitismo o
l’assenza assoluta di sanzioni – che sul piano commerciale, il via libera al
visto congiunto madre-figlio appare il minimo sindacale.
Trascriviamo qui l’ultima lettera da cui traspare, al tempo stesso, la gioia
infinita di stare col proprio figlio al sicuro e l’angoscia per il marito che
rimane in quella prigione a cielo aperto e ora rasa al suolo che è Gaza:
Si può dire che dopo più di un mese dalla prima telefonata dell’ambasciata, in
cui mi è stato comunicato che mi sarebbe stato permesso di viaggiare da sola,
senza mio figlio, mi sono rifiutata di accettare questa situazione. Sapevo di
avere pieno diritto alla borsa di studio che mi ero guadagnato con grande
impegno, frutto di molti anni di studio, lavoro e risultati continui. Così ho
contattato l’ambasciata, diversi avvocati e numerosi giornalisti che lavorano
per diversi media. È stato solo un mese, ma mi è sembrato un anno: ogni giorno
era una battaglia, una vera e propria guerra all’interno di Gaza e una seconda
guerra con il mondo esterno per sostenermi.
Diversi avvocati e giornalisti, e anche l’università, hanno gentilmente creduto
nel mio caso e mi hanno sostenuta. Senza la loro fiducia, non sarei arrivata a
questo punto. Mi hanno fornito consulenza legale, supporto tecnico e mi hanno
aiutata a diffondere i miei articoli al più ampio pubblico possibile. Tutti
questi sforzi hanno portato l’ambasciata italiana ad accettare la mia richiesta
di viaggiare con mio figlio. Sono stata informata dell’approvazione solo pochi
giorni prima del viaggio e il volo è stato confermato solo 36 ore prima. Gli
ultimi giorni mi sono sembrati un sogno. Sono molto felice di questo risultato,
ma la mia felicità è mista a preoccupazione, perché gran parte della mia
famiglia è ancora a Gaza, in particolare il mio amato marito, che mi ha
sostenuto in ogni momento. Ora sono qui e spero che anche lui arrivi presto,
così potremo essere di nuovo insieme come una famiglia completa, senza paura né
ansia.
Stefano Bertoldi