Palestina, appoggiamo la denuncia alla Corte Penale InternazionaleDIFFONDIAMO QUESTA INIZIATIVA PORTATA AVANTI DA UN GRUPPO DI GIURISTI CHE
INTENDONO AGIRE DENUNCIANDO LE ISTITUZIONI ITALIANE PER COMPLICITÀ IN GENOCIDIO
Al termine dell’articolo è disponibile un modulo per sostenere la denuncia.
L’adesione è aperta a chiunque, indipendentemente dalla propria professione:
ogni sottoscrizione rappresenta un atto di solidarietà e di vicinanza.
La denuncia sarà trasmessa nei prossimi giorni al Procuratore presso la Corte
Penale Internazionale.
APPOGGIAMO LA DENUNCIA ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
1. PremessaLa presente comunicazione è inviata ai sensi dell’art. 15 dello
Statuto di Roma e ha lo
scopo di sottoporre all’Ufficio del Procuratore elementi di fatto e di
diritto che
integrano la commissione di uno o più crimini rientranti nella giurisdizione
della Corte,
al fine di ottenere l’immediata attivazione di un procedimento di fronte
alla stessa. La
comunicazione ha ad oggetto fatti ed atti concernenti la situazione a Gaza,
della quale
la Corte è stata investita già vari anni fa e della quale essa si è da quel
momento
ininterrottamente occupata, specie di fronte alla tragica escalation dei
crimini
commessi. La denuncia si sofferma su alcune delle complicità internazionali,
in
particolare quelle di membri del governo italiano, che hanno reso
presumibilmente
possibile la commissione dei crimini di guerra e contro l’umanità
dell’indagine sui
quali codesta Corte è da tempo incaricata, come pure l’attuazione del piano
genocida
sul quale è in corso il giudizio della Corte internazionale di giustizia.
Pertanto si
raccomanda a codesta Corte penale internazionale di valutare la possibilità
di inserirne
il trattamento nel dossier già aperto a tale proposito, valorizzando gli
apporti che questa denuncia può dare all’indagine in corso. Al tempo stesso
essa si inserisce nel caso di giurisdizione contenziosa promosso dal
Sudafrica e in seguito da molteplici altri Stati di fronte alla Corte
internazionale di giustizia contro Israele, accusata di genocidio, dato che
verte sulla complicità nello stesso da parte dell’Italia, che si concretizza
nella fornitura di armamenti e in altri comportamenti volti ad agevolare la
commissione del crimine in questione. La responsabilità di Israele, e quindi
dei suoi leader politici e militari, per il genocidio, è stata chiaramente
affermata dalla Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui
territori palestinesi occupati, istituita il 27 maggio 2021 dal Consiglio
dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel suo rapporto del 16 settembre
2025 (a-hrc-60-crp-3.pdf).Va ulteriormente sottolineato, già in questa fase
introduttiva, che senza l’appoggio
sostanziale proveniente da vari Stati occidentali, tra i quali per l’appunto
l’Italia, non
sarebbe stata possibile l’offensiva militare che ha per obiettivo anche e
soprattutto la
popolazione civile, che Israele ha intrapreso a partire dal 7 ottobre 2023,
provocando
un numero di vittime tra la stessa certamente non inferiore alle 60.000, di
cui dalla metà a un terzo bambini, per non parlare di quelli che stanno
morendo di fame e che hanno riportato danni irreparabili. Sosteniamo che vi
sia una presumibile complicità del
governo italiano nei crimini israeliani menzionati e che la relativa
responsabilità sorga
presumibilmente in capo ai principali componenti del governo italiano e cioè
il
presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli esteri nonché
vicepremier
Antonio Tajani, e il ministro della difesa Guido Crosetto, da ritenere
presumibilmente
colpevoli in quanto titolari del potere decisionale in ordine alla
cooperazione militare
e di sicurezza con Israele e all’autorizzazione delle forniture di armi,
senza che possano opporre alcuna immunità di natura personale e funzionale,
dato che le relative attività si sono svolte nel più evidente dispregio
delle normative interne e internazionali. Oltre ai tre componenti del
governo appena indicati, riteniamo si debba ritenere la presumibile
colpevolezza, per complicità nel genocidio e in altri gravi crimini di
guerra e contro l’umanità, dell’amministratore delegato e direttore generale
della principaleazienda di produzione di armamenti italiana Leonardo SpA,
Roberto Cingolani , in quanto titolare del potere decisionale relativo al
trasferimento di armamenti e marchingegni bellici di vario genere contro
Israele, nonché all’attuazione di progetti di cooperazione con tale Stato
che stanno agevolando la commissione di tali crimini.
2. Sintesi dei fattiLo sterminio in atto del popolo palestinese a Gaza è
entrato in una nuova e tragica fase
contrassegnata dalla ripresa di bombardamenti massicci e indiscriminati e
dall’esclusione della popolazione da ogni genere di soccorso umanitario e
dall’accesso
ai beni primari. Secondo quanto espressamente dichiarato dalle principali
autorità
politiche e militari israeliane, lo scopo di tale offensiva è costringere i
Palestinesi ad
abbandonare il loro territorio, dando vita ad un’operazione di vera e
propria pulizia
etnica, ma il suo carattere indiscriminato e il fatto innegabile che ne
siano vittime in
gran numero i civili palestinesi evidenzia allo stesso tempo il suo
carattere genocida,
derivabile dall’evidente applicabilità allo sterminio in corso dell’art. II
della
Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio del 1948, a norma del quale
«Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con
l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale,
etnico, razziale o religioso, come tale:(a) uccisione di membri del gruppo;
(b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
(c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita
intese a
provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
(d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
(e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.»
Tali atti sono stati compiuti nella piena consapevolezza del fine perseguito,
come
emerge da varie dichiarazioni di responsabili politici e militari israeliani,
che postulano
l’eliminazione dei Palestinesi, senza distinguere tra civili e combattenti, come
propria
finalità ultima.
. I crimini internazionali compiuti dal governo israeliano contro la popolazione
palestinese a Gaza e in Cisgiordania non sarebbero possibili senza una vasta
rete di
complicità internazionali, che comporta a sua volta la commissione di vari
crimini.
Tale complicità si manifesta sia mediante azioni che mediante omissioni. Data la
triste
notorietà dei fatti, resi noti in diretta dai media, va presunta la piena
consapevolezza da
parte dei responsabili della complicità delle loro azioni e omissioni.
2023. La complicità del governo italiano nei crimini di Israele
Col suo sostegno al governo israeliano, in particolare mediante la
fornitura di
armamenti micidiali, il governo italiano si è reso colpevole di
complicità nel genocidio
in corso e nei gravissimi crimini di guerra e contro l’umanità commessi
ai danni della
popolazione palestinese, sia a Gaza che in Cisgiordania, specie a partire
dal 7 ottobre
2023.A1) Fornitura di armamenti, munizioni e servizi belliciIl governo
italiano in un primo tempo ha negato l’effettuazione di invio di armi ad
Israele, ma in seguito, l’11 aprile 2024, l’ha ammesso in sede
parlamentare con la
risposta del sottosegretario Silli ad un’interrogazione parlamentare. In
tale sede è stato
confermato il dato emerso dalle rilevazioni dell’ISTAT secondo il quale
dopo il 7
ottobre sono state effettuate 212 operazioni di esportazione per un
valore complessivo
di 4,3 milioni di euro. Tale ammissione è stata accompagnata da una
dichiarazione
secondo la quale si tratterebbe di licenze precedenti al 7 ottobre e in
ogni caso le armi
inviate dall’Italia non sarebbero usate per colpire la popolazione civile
palestinese. Non
è chiaro su quali elementi si basi tale dichiarazione. Essa probabilmente
costituisce un
pio desiderio o tutt’al più riflette in modo del tutto acritico una
generica informazione
in tal senso proveniente dalle autorità israeliane. La dichiarazione
appare tuttavia
smentita dai fatti e dalle dinamiche del genocidio in atto. Come
sottolineato dagli
esperti, infatti, fornire manutenzione e pezzi di ricambio a sistemi
d’arma o munizioni
a sostegno di un esercito come quello di Israele che poi effettua un
continuo e massiccio
attacco sulla popolazione non solo di Gaza significa sicuramente avere un
impatto sui
civili. Inoltre, non è chiaro chi e come si possa controllare che questo
non succeda. La
posizione del governo è stata sostanzialmente ribadita dal viceministro
degli Esteri
Edmondo Cirielli in risposta a una nuova interrogazione parlamentare alla
fine del
mese successivo, maggio 2024.
La fallacia delle fragili giustificazioni addotte dal governo italiano
può del resto essere
agevolmente verificata in relazione a quanto si sa delle forniture e
degli aiuti da esso
erogati a quello israeliano, per quanto il pesante velo di segretezza
indebitamente
opposto induca a ritenere che finora sia emersa solo la punta di un
iceberg in larga parte
ancora sommerso.
Di seguito diamo un quadro sommario, e sicuramente incompleto, del
sostegno bellico
fornito dall’Italia a Israele, quale esso si può desumere dalla stampa,
più che altro
italiana e israeliana.
a. Innanzitutto facciamo riferimento alle armi “leggere” fornite dalla
Beretta, che
vengono utilizzate dai coloni israeliani in Cisgiordania per la loro
quotidiana caccia al
palestinese.
b. Bisogna inoltre attirare l’attenzione sulla fornitura di ordigni
esplosivi ad alto
potenziale prodotti sul suolo italiano, nonché sulla concessione del
diritto di passaggio
ad armamenti di vario tipo indubbiamente suscettibili di contribuire in
misura non
trascurabile all’uccisione delle almeno sessantamila vittime, in gran
parte civili, che si
è realizzata a Gaza e in Cisgiordania.
c. Ulteriore elemento interessante è costituito dall’ammissione della
società
pubblica Leonardo che continuerà il suo programma di assistenza tecnica
da remoto,
di riparazione materiali e di fornitura di ricambi per la flotta di
velivoli M-346 per
Israele anche nel corso del 2025. Occorre ricordare che i velivoli M-346
sono utilizzati
per l’addestramento dall’aviazione israeliana, principale protagonista
dei
bombardamenti indiscriminati che costituiscono il tassello principale
della strategia
genocida in atto.
d. Va poi segnalato il ruolo svolto da alcune basi ed aeroporti italiani
ove sono presenti anche truppe statunitensi. Il ruolo è rivelato dai dati
sui voli militari effettuati su Palestina e Libano dall’ottobre 2023
all’ottobre 2024, che hanno permesso ad Israele di ricevere assistenza in
termini di forniture militari che di intelligence. Tali dati evidenziano
infatti il ruolo svolto dalla base di Sigonella e dagli aeroporti
militari di Ancona, Bari, Brindisi, Ciampino e Napoli. Il ruolo delle
infrastrutture militari italiane è risultato cruciale nell’ambito più
vasto della strutturazione di un ponte aereo continuo, con oltre seimila
voli in un anno, che ha consentito ad Israele di ricevere forniture aeree
ed intelligence da parte delle Potenze alleate. 1.900 delle missioni
aeree effettuate in tale contesto riguardavano direttamente la fornitura
di attrezzature militari. Dei seimila voli effettuati nel complesso 631
hanno avuto come origine e destinazione, secondo l’inchiesta pubblicata
dalla giornalista Stefania Maurizi sul Fatto Quotidiano, il territorio
italiano e fra questi 34 voli dell’aereo Shadow 31 dotato di speciali
sensori ed apparati per la raccolta di intelligence utilizzata nel corso
delle operazioni militari israeliane. Particolarmente rilevante il ruolo
della base di Sigonella, dalla quale sono partiti 101 voli militari e 65
dei 73 voli effettuati dal drone MQ-4C Triton, destinato a sorvegliare
l’area delle operazioni militari israeliane. Sempre dalla base di
Sigonella sono partiti almeno 13 voli dell’United States Transportation
Command, addetto al trasporto di personale ed equipaggiamento militare,
perla base israeliana di Nevatim. Va infine accennato al ruolo svolto
dalla base militare di Niscemi, sede di una quarantina di antenne (MUOS)
che forniscono servizi di telecomunicazione agli Stati Uniti e ai loro
alleati, tra i quali Israele.
e. Ancora, si vedano le forniture di cannoni 76/62 Super Rapido MF 76/62
in grado
di sparare fino a 120 colpi al minuto e utilizzati per bombardare Gaza
dal mare, venduti
dalla Oto-Melara alla Marina militare israeliana per un importo di 440
milioni di
dollari.
f. Si aggiungano le recenti rivelazioni della stampa riguardo alla
consegna, da parte
degli stabilimenti della controllata Leonardo Helicopters, con sede negli
Stati Uniti
degli elicotteri AW119Kx alla Flight Training School “Vihiys Latisah”
dell’Aeronautica militare israeliana, ospitata nella base aerea di
Hatzerim, nel deserto
del Negev.
g. Sempre Leonardo ha prestato a Israele, in particolare mediante
l’azienda
israeliana Rada, peraltro acquistata dalla stessa Leonardo, un’assistenza
decisiva per la
trasformazione dei bulldozer in armi micidiali destinate a demolire le
case e a
schiacciare o seppellire sotto le macerie i loro abitanti. Tale
circostanza si evince anche
dal Rapporto della Relatrice speciale sui diritti umani nei Territori
palestinesi occupati,
Francesca Albanese, dal titolo “Dall’economia dell’occupazione
all’economia del
genocidio”, dedicato alle responsabilità delle imprese private nello
sterminio in atto.
h. Sempre dal Rapporto di Francesca Albanese emerge come Leonardo sia
parte
integrante del programma internazionale che ha per obiettivo lo sviluppo
del velivolo
bellico F-35, fornito a Israele, che se ne è avvalso per i bombardamenti
intensi e
indiscriminati avvenuti in particolare a partire dall’8 ottobre 2023.
i. Ancora Leonardo fa parte insieme ad altre note aziende del settore,
quali la britannica AE Systems e la francese Airbus, del raggruppamento
europeo MBDA, che produce la micidiale bomba GBU-39, impiegata nei
micidiali bombardamenti a tappeto che hanno costituito il principale
strumento del genocidio.
j. Il fitto intreccio esistente a livello internazionale tra le aziende
che fanno parte
del complesso militare-industriale, consente peraltro a Israele non solo
di acquistare
armamenti ma di produrne ed esportarne a sua volta, col significativo
valore aggiunto
dell’avvenuta sperimentazione degli stessi sui Palestinesi. Il rapporto
Milex sui
fornitori stranieri di armi all’Italia evidenzia l’incremento degli
acquisti proprio da
aziende israeliane, con un impegno finanziario pluriennale di almeno
mezzo miliardo
e in realtà tra 600 e 700 milioni di euro. Dalla verifica incrociata dei
dati presenti in
tale Rapporto con quelli contenuti in quello di Francesca Albanese appena
citato,
emerge come Israele sia attualmente l’ottavo esportatore di armi al mondo
che da un
lato vende armamenti di avanguardia, testati sul terreno appunto sulla
pelle dei
Palestinesi a vari Stati, tra cui l’Italia e dall’altra produce, grazie a
questa fitta rete di
cooperazione tecnica internazionale, armamenti specificamente dedicati
all’attuazione
del genocidio in corso.
k. Ulteriori elementi sono emersi da ultimo a seguito della mobilitazione
dei
lavoratori portuali in Italia, Francia ed altri Paesi europei, che hanno
temporaneamente
bloccato il trasferimento di materiale militare verso Israele. Recenti
mobilitazioni
avvenute in città portuali come Genova, Livorno e Ravenna hanno
consentito di
smascherare e in qualche caso anche bloccare l’invio a Israele degli
armamenti,
munizioni, esplosivi e altri strumenti del genocidio.
l. Un’analisi effettuata dall’Istituto IRIAD dell’Archivio Disarmo,
inoltre, ha
stabilito incrociando dati provenienti da varie fonti italiane e
internazionali (Sipri, Istat
(portale Coeweb per le statistiche sul commercio estero) Relazione del
governo
sull’export di armamenti) e smentendo le dichiarazioni dei ministri
Crosetto e Tajani,
che nel 2024 l’Italia ha esportato armi e munizioni (cat. 93) per circa
5,8 milioni di
euro, dei quali esplicita solo l’11% come appartenenti alle
sottocategorie “armi non
letali” (cat. 9304), “parti e accessori” 8cat. 9305) e “bombe, granate e
siluri” (cat. 9306)
e, solo nei primi due mesi del 2025, sotto la categoria generica di
“armi, munizioni e
loro parti e accessori” sono partite dall’Italia armi dirette a Israele
per oltre 128mila
euro di cui solo 47.249 rilevate dall’ISTAT. Il documento mette in fila
non solo le
autorizzazioni all’esportazione di grandi sistemi d’arma a Israele tra il
2019 e il 2023
per 26,7 milioni di dollari(23,4 milioni di euro) – nel dettaglio si
tratta di 12 elicotteri
AW 119 Koala della Leonardo SpA e 44 cannoni navali da 76 mm Super Rapid,
prodotti rispettivamente a Vergiate (VA) e La Spezia, cui si aggiunge una
cooperazione
stabile nel programma degli aerei F-35, con componentistica prodotta in
Italia e
destinata ai velivoli israeliani- ma evidenzia anche le esportazioni più
recenti, che
“mostrano una cooperazione ancora più strutturata tra Italia e Israele”.
Particolarmente
rilevante è il capitolo delle tecnologie per “navigazione aerea e
spaziale” (cat. 88), che
comprende aerei, droni, radar per un valore di 34 milioni di euro. Di
questi ben 31
milioni non sono inseriti in sottocategorie dal Coeweb, rendendone
difficile la
tracciabilità. Rientra probabilmente in questa categoria anche la vendita
del jet M346
Master, impiegato per l’addestramento militare avanzato, ma suscettibile,
con lievi
modifiche, di essere utilizzato anche per bombardamenti e per il quale la
stessa
Leonardo ha preannunciato la trasformazione in aerei da combattimento con
la sigla
M-346 FA, con l’installazione di un cannone Nexter da 20 mm.
m. Va sottolineata poi l’esportazione di macchine per l’elaborazione
automatica
dell’informazione (cat. 8471). Come si legge nel Coeweb, nel 2024
l’Italia ha esportato
in Israele 2,7 milioni di euro in computer industriali, lettori ottici e
dispositivi per
l’inserimento e l’elaborazione codificata delle informazioni, strumenti
fondamentali
per le infrastrutture militari, la logistica e l’intelligenza
artificiale. Tecnologie che
possono essere utilizzate per funzioni dual use quali il controllo dei
droni, il targeting
automatizzato e il comando delle operazioni militari.
n. Nel 2024 l’Italia autorizzava, secondo i dati Coeweb, esportazioni di
“armi,
munizioni e loro parti ed accessori” per circa 5,8 milioni di euro, dei
quali solo l’11%
classificati. Il resto, “cioè la quasi totalità dell’export” di armi e
munizioni avviene
“senza dettaglio pubblico”. Vale a dire, spesso sotto le clausole di
segretezza consentite
dalla legge 185/990 che disciplina le autorizzazioni al traffico di armi
ed armamenti
verso Paesi in guerra.
o. Dall’elaborazione compiuta dall’istituto IRIAD emerge che la voce più
significativa tra le spedizioni è quella di “navigazione aerea e
spaziale”, vale a dire
aeromobili, droni, radar e componenti per uso bellico, proprio quegli
armamenti cioè
di cui il governo aveva escluso la spedizione verso Israele. In questa
categoria l’Italia
ha inviato pezzi per oltre 34 milioni di euro, anche se solo 3 milioni
sono classificati
dal Coeweb con precisione. Si tratta di motori per droni, elicotteri
leggeri, componenti
radar, mentre ben 31 milioni di euro risultano inseriti in sottocategorie
generiche e non
specificate. E’ in questa categoria che secondo IRIAD si colloca la
vendita del jet per
addestramento avanzato M-34 Master.
p. Rilevanti anche le rivelazioni del deputato di opposizione, capogruppo
dei
Cinquestelle in Commissione Difesa, Bruno Marton, che ha accusato il
ministro degli
Esteri Antonio Tajani di aver mentito riguardo all’esportazione di
materiali bellici ad
Israele. Marton ha preso spunto dal sequestro, da parte della Procura di
Ravenna, di
oltre tredici tonnellate di “lavori in ferro e fucinati”, destinate ad
Israele. Marton ha
fatto riferimento anche all’esportazione verso Israele di “cordoni
detonanti”, di
quantitativi senza precedenti di nitrato d’ammonio, utile per la
produzione di esplosivi,
e perfino di ingenti quantitativi di trizio, utile per la produzione di
bombe nucleari. A
tale riguardo va segnalato anche il sequestro effettuato dall’Agenzia
delle dogane e dei
monopoli su mandato della Procura di Ravenna. Dall’inchiesta è emersa
l’effettuazione
di consistenti esportazioni avvenute in precedenza nei confronti di
Israele.
q. La reticenza del ministro Tajani si inserisce quindi in un quadro
molto propizio
all’occultamento dei trasferimenti di armi, munizioni e servizi di vario
tipo a favore di
Israele. Occorre ricordare al riguardo che su molti di tali trasferimenti
grava il segreto
politico, diplomatico e militare che rende oltremodo arduo l’accertamento
della loro
effettiva natura e che è in sostanza preordinato a impedire
l’accertamento dell’effettiva
compatibilità di tali trasferimenti col diritto, sia interno che
internazionale. Tale
segretezza risulta tanto più inaccettabile nell’attuale situazione di
violazione quotidiana
del diritto alla vita della popolazione palestinese della quale
costituisce a ben vedere
un meccanismo essenziale che opera nella piena consapevolezza delle
autorità
governative competenti.
r. Il Memorandum d’intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il
Governo
dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e
della difesa,
sottoscritto a Parigi il 16 giugno 2003, rappresenta al riguardo una vera
e propria pistola
fumante, dato che fra l’altro non era stato possibile venire a conoscenza
del suo
contenuto, data l’esistenza di un Accordo segreto tra Italia e Israele.
L’istanza di
accesso agli atti amministrativi presentata da alcuni giuristi ha alfine
consentito di
venire a conoscenza del contenuto di tale Accordo, che in sostanza
consiste nella
previsione dell’apposizione del segreto sui contenuti concreti della
cooperazione in
atto, su richiesta di una o entrambe le Parti, riproponendo un
insormontabile velo di
inconoscibilità su tali contenuti.
s. Ribadendo in sede parlamentare, a nome del governo italiano, il suo
diniego a
porre in essere le procedure necessarie a impedire il rinnovo automatico
di tale
Memorandum, il ministro per i rapporti col Parlamento Luca Ciriani ha
confermato
l’esistenza di una folta rete di complicità nel settore militare,
attinente alla ricerca,
produzione e distribuzione di ordigni a fini bellici, assistenza nel
settore della
formazione del personale militare, fornitura di informazioni utili per
l’intelligence che
costituiscono tutti parte sostanziale del meccanismo genocida in atto,
imperniato sul
governo israeliano, consentendo inoltre a quest’ultimo il compimento dei
crimini di
guerra e contro l’umanità di cui suoi importanti esponenti sono accusati
di fronte a
questa Corte.
t. Anche il citato Rapporto della Relatrice speciale delle Nazioni Unite
sulla
situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati,
Francesca Albanese, mette
bene in luce il ruolo svolto da Leonardo, che non è solo la principale
azienda italiana
nel settore delle armi, ma anche un’impresa privata con preponderante
partecipazione
pubblica e quindi controllata dalle autorità governative italiane. Nel
Rapporto, dedicato
com’è noto al ruolo delle aziende nel genocidio, viene stigmatizzato il
contributo di
Leonardo alla fornitura degli aerei da combattimento: “Israele beneficia
del più grande
programma di approvvigionamento della difesa mai realizzato, quello per
il jet da
combattimento F-35, guidato dalla statunitense Lockheed Martin], insieme
ad almeno
altre 1600 aziende, tra cui il produttore italiano Leonardo S.p.A, e otto
Stati”. Il
Rapporto sottolinea al riguardo come, dopo l’ottobre 2023, gli F-35 e gli
F-16 sono stati
fondamentali per dotare Israele di una potenza aerea senza precedenti, in
grado di
sganciare circa 85.000 tonnellate di bombe uccidere e ferire più di
179.411 palestinesi
e distruggere Gaza.
u. Di particolare rilievo, date le caratteristiche particolarmente
avanzate dal punto
di vista tecnologico delle operazioni militari israeliane in corso e dei
connessi crimini
di guerra, contro l’umanità e di genocidio, sono poi le rigogliose
attività di
cooperazione nel settore informatico ed elettronico aventi per oggetto
diretto o indiretto
la messa a punto di attrezzature suscettibili di essere usate in questo
contesto.
All’interno di tali attività assume ruolo determinante la maggiore
istituzione finanziaria
italiana, direttamente dipendente dal governo, la Cassa Depositi e
Prestiti. Infatti la
Cassa Depositi e Prestiti, attraverso CdP Venture Capital, ha partecipato
a un round di
finanziamento per la società tecnologica israeliana Classiq, una delle
aziende leader
nelle piattaforme software quantistiche, nella quale peraltro la Cassa
depositi aveva già
messo soldi tramite Neva, il fondo di Venture Capital di Banca Intesa. La
notizia,
diffusa lunedì 11 agosto 2025 dal quotidiano finanziario israeliano
Globes, è però che
la pubblica CdP – con la benedizione del governo- ha intenzione di
investire decine di
milioni di euro nelle aziende tech israeliane, a partire da quelle che si
occupano di
intelligenza artificiale. “ Giorgia Meloni è ben consapevole
dell’attività del fondo, che
è considerato un importante strumento di politica governativa e un mezzo
per
promuovere i suoi obiettivi, come un programma da miliardi di euro a
favore dell’IA”,
ha spiegato una esperta fonte israeliana al giornale di Tel Aviv….Va
detto che questo
non è il primo investimento di CdP in aziende israeliane i cui prodotti
orbitano nell’area
della sicurezza. Anche attraverso Neva, ad esempio, l’ente che gestisce
il risparmio
postale degli Italiani, ha messo soldi in Cyberint, che si occupa di
cybersicurezza. E
ancora: investimenti in Israele sono nel portafoglio di Indaco Bio,
partecipato da CdP
Venture Capital, attraverso Terra Venture Partners, un fondo basato a Tel
Aviv e
specializzato nel finanziamento di aziende tecnologiche israeliane.
v. Nel suo recente Rapporto contenuto nel numero luglio-agosto 2025, la
rivista
Altreconomia pubblica una serie di dati inediti che attestano fra l’altro
l’invio ad Israele
dall’Italia, a partire dal 2024 di cordoni detonanti (140 tonnellate per
un valore di 2.078.
458 euro), nitrato d’ammonio (5.980 tonnellate), trizio ed altri
materiali chiave per
esplosivi e armi nucleari.
w. Date le caratteristiche delle operazioni di sterminio condotte da
Israele contro la
popolazione palestinese di Gaza, che vedono un ruolo di enorme importanza
della
tecnologia e delle attrezzature informatiche, va dato il dovuto rilievo,
infine,
all’Accordo tra Italia e Israele sulla cosiddetta cybersecurity, che ha
dato il via a
numerose collaborazioni nel campo della ricerca e dello sviluppo
tecnologico con vari
enti accademici e di ricerca italiana, che concernono anche tecnologie
suscettibili di
uso militare.
x. Le recenti aggressioni alla Flottilla condotte con droni
sembrerebbero, secondo
alcuni rapporti, aver coinvolto anche il territorio italiano e le acque
sulle quali lo Stato
italiano esercita diritti di sovranità e di controllo. In particolare un
dossier elaborato dal
Global movement su Gaza, organizzatore della spedizione umanitaria
afferma che
almeno taluni di tali droni sarebbero partiti dalla Sicilia.
y. Ultimo ma non meno importante, occorre fare riferimento alla
cosiddetta “decompressione”, ovvero al periodo di vacanze trascorse da
gruppi di militari israeliani, presumibilmente coinvolti nel genocidio e
nei crimini di guerra, in amene località italiane, quali ad esempio Porto
San Giorgio, il Conero e le grotte di Frasassi nelle Marche e varie altre
in Sardegna. Che non si sia trattato di iniziative spontanee è dimostrato
dal fatto che le comitive di militari in questione erano costantemente
vigilate dalle unità della Polizia di Stato italiano addette alle
questioni politiche (Direzioni generali informazioni generali e
operazioni speciali-DIGOS), il che lascia presumere l’esistenza di
accordi quadro o anche più specifici tra Stato italiano e autorità
israeliane. La letteratura scientifica e tecnica in materia afferma
peraltro senza mezzi termini come tali operazioni “di decompressione”
siano parte integrante della strategia e dell’attività bellica, e quindi,
in un caso come questo, della strategia e dell’attività del genocidio
z. Siamo quindi di fronte a un’impressionante mole di dati che dimostrano
il diretto
coinvolgimento dello Stato italiano nelle strategie e attività di
genocidio condotte dal
regime israeliano a Gaza e in Cisgiordania. Giova ribadire come la
segretezza degli
accordi relativi alla cooperazione militare e di “sicurezza” fra Italia e
Israele impedisca
di cogliere a pieno la portata di tale coinvolgimento, ma gli elementi
che emergono
sono nondimeno estremamente significativi e il loro esame induce a
ritenere
chiaramente la responsabilità dell’Italia e quindi di coloro che
presiedono alla sua
politica estera e di difesa.
A2) Ruolo dell’Italia nell’interruzione del soccorso umanitario alla popolazione
palestinese e prese di posizioni sui mandati di cattura della Corte penale
internazionale
Il piano israeliano di pulizia etnica e genocidio si avvale anche del blocco di
ogni
fornitura di beni essenziali, che ha già determinato la morte per inedia di
migliaia di
Palestinesi, soprattutto bambini. Per realizzare tale piano Israele ha tolto di
mezzo le
agenzie umanitarie internazionali, in particolare quelle facenti capo alle
Nazioni Unite.
Su tale piano va evidenziata la cessazione dei finanziamenti italiani all’UNRWA,
che
non è ripresa, al contrario che per altri Stati. La liquidazione delle attività
svolte da tale
agenzia delle Nazioni Unite rappresenta infatti un fattore importante della
crisi
alimentare in corso che vede oggi, secondo i dati dell’Integrated food security
phase
classification, il 22 per cento dei 2,4 milioni di abitanti di Gaza in una
situazione di
catastrofe umanitaria, mentre l’intera popolazione rischia una crisi alimentare
o peggio.
Dall’insieme degli elementi indicati risulta presumibile certezza del notevole
contributo italiano al genocidio in atto, nonché alla commissione dei crimini di
guerra
e contro l’umanità che sono attualmente all’attenzione di codesta Corte, che ha
emesso
al riguardo due mandati di cattura contro il primo ministro israeliano Netanyahu
e l’ex
ministro della difesa Gallant. Ulteriore elemento probatorio della presumibile
complicità del governo italiano rispetto a tali misfatti può peraltro desumersi
proprio
dall’intenzione, esternata da vari componenti del governo stesso, di non dare
esecuzione a tali mandati di cattura. Tali dichiarazioni, oltre a tradursi in un
inammissibile insulto a un’istituzione come la Corte penale internazionale,
istituita
proprio a Roma ventisette anni fa, si inseriscono in un contesto di forte ed
omertosa
solidarietà politica col governo israeliano, confermata tra l’altro dai voti
effettuati negli
organismi principali delle Nazioni Unite, come pure dalla continua opposizione
dell’Italia alla richiesta, formulata dalla grande maggioranza degli Stati
dell’Unione
Europea, di rivedere gli accordi commerciali con Israele. Ma inoltre, se letta
nel
contesto dei rapporti esistenti tra Italia e Israele, tale ingiustificata
ritrosia a dare
attuazione a quanto stabilito da codesta Corte, si atteggia a ulteriore pesante
indizio di
colpevolezza nella complicità con Israele nei crimini di cui quest’ultimo Stato
e i suoi
governanti sono accusati.
Giova ricordare che questi ed altri elementi giustificativi dell’accusa nei
confronti del
governo italiano per complicità nel genocidio del popolo palestinese ad opera
del
governo israeliano sono stati da tempo presentati alla Procura di Roma, organo
giurisdizionale competente, con un formale esposto-denuncia che però non ha
ricevuto
finora alcuna risposta. I comportamenti incriminati cui si fa riferimento in
tale
denuncia, che è focalizzata sulla violazione dell’art. III lett. E della
Convenzione delle
Nazioni Unite sul genocidio, che punisce la complicità nel genocidio, possono
peraltro
risultare costitutivi di complicità anche nella commissione di altri crimini
previsti nello
Statuto di codesta Corte, in particolare crimini contro l’umanità e crimini di
guerra.
1. Qualificazione giuridica dei fattia. I crimini di IsraeleLe condotte
criminali realizzate negli ultimi anni dallo Stato di Israele, che hanno
portato alla soppressione violenta o alla morte per inedia, secondo le stime
più
prudenti, di oltre sessantamila Palestinesi, in buona parte bambini, sono
punibili ai
sensi di vari articoli dello Statuto di codesta Corte. Facciamo in
particolare riferimento
specifico all’art. 6 – Genocidio, all’art. 7 – Crimini contro l’umanità e
all’art. 8 –
Crimini di guerra. Le giurisdizioni internazionali sono intervenute in
merito con
significative pronunce nel corso degli ultimi anni, specie dopo il 7 ottobre
2023.
La Corte internazionale di giustizia ha affrontato il tema delle conseguenze
dell’illegittima occupazione dei Territori palestinesi da parte di Israele
nel Parere
dettato su richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19
luglio 2024. Tale
Parere si conclude affermando tra l’altro che le politiche e pratiche
israeliane nei
territori palestinesi costituiscono una violazione del diritto
internazionale e che la
continuazione della presenza di Israele in tali territori è illegale.
Il 26 gennaio 2024 tale Corte ha adottato un’Ordinanza che stabilisce misure
provvisorie d’urgenza in materia, affermando in linea di massima (prima
facie) la
propria giurisdizione in materia e obbligando Israele a prendere tutte le
misure che
rientrino nella sua potestà per prevenire la commissione degli atti di cui
all’art. II della
Convenzione sul genocidio sopracitata e in particolare l’uccisione di membri
del
gruppo, l’inflizione di seri danni fisici e mentali ai suoi membri, la
deliberata inflizione
al gruppo di condizioni di vita tali da determinarne la distruzione totale o
parziale, e
l’imposizione di misure volte a prevenire le nascite al suo interno. A tale
fine Israele
avrebbe dovuto assicurare, con effetto immediato, che le sue Forze armate
non
commettessero atti del genere. Israele avrebbe dovuto inoltre adottare tutte
le misure nella sua potestà per prevenire e punire l’istigazione diretta e
pubblica al genocidio, allestire i servizi essenziali d’urgenza e
l’assistenza umanitaria per affrontare le condizioni di vita improbe in cui
si trovano i Palestinesi nella Striscia di Gaza, nonché adottare misure
efficaci per prevenire la distruzione e assicurare la conservazione delle
prove relative agli atti previsti dagli artt. II e III della Convenzione sul
genocidio. Israele si è finora ben guardata dall’ottemperare a tali
richieste e il complice sostegno di altri Stati, tra cui l’Italia, è
risultato determinante in tale senso.
Come ricorda la Corte in tale Ordinanza, citando testualmente la Risoluzione
dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 96/1 dell’11 dicembre 1946,
“Il
genocidio è la negazione del diritto all’esistenza di interi gruppi umani,
come l’omicidio
è la negazione del diritto alla vita dei singoli esseri umani; tale
negazione del diritto
all’esistenza scuote la coscienza dell’umanità, si traduce in grandi perdite
per l’umanità sotto forma di contributi culturali e di altro tipo
rappresentati da questi gruppi umani, ed è contraria alla legge morale e
allo spirito e agli scopi delle Nazioni Unite”.
Il 28 marzo 2024 la Corte ha ribadito che la situazione pericolosa esistente
nella Striscia, alla luce degli sviluppi più recenti, richiede l’attuazione
immediata ed effettiva delle misure indicate nell’Ordinanza del 26 gennaio.
Nessuna delle misure richieste è stata finora adottata.
L’esistenza di un genocidio condotto mediante ricorso ai mezzi richiamati
dalla
Convenzione internazionale è stata da ultimo ribadita dall’accennato
rapporto della
Commissione internazionale indipendente di esperti sui territori palestinesi
occupati
del 16 settembre 2025, che ha ravvisato nel paragrafo 242, la violazione da
parte di
Israele di quattro delle ipotesi criminose previste dalla Convenzione delle
Nazioni
Unite del 1948 e in particolare
“(i) killing members of the group; (ii) causing serious bodily or mental
harm to
members of the group; (iii) deliberately inflicting on the group conditions
of life
calculated to bring about its physical destruction in whole or in part; and
(iv) imposing
measures intended to prevent births within the group”.
La Corte penale internazionale dal canto suo ha emesso, il 21 novembre 2024,
due
mandati di cattura aventi per destinatari il primo ministro israeliano
Benjamin
Netanyahu e il ministro della Difesa protempore Yoav Gallant, unitamente a
tre
dirigenti di Hamas, tutti nel frattempo uccisi da Israele. Il testo del
mandato di cattura
per Netanyahu e Gallant è al momento coperto da segreto. Notizie relative al
suo
contenuto possono peraltro desumersi dalla risposta data dalla Camera per le
indagini
preliminari di codesta Corte al reclamo presentato al riguardo da Israele.
Da tale testo
si evince che l’accusa è quella di “crimini di guerra e in particolare
dell’uso della fame
e della sete (starvation) come metodi di guerra, e di indirizzare
intenzionalmente
l’attacco contro la popolazione civile, nonché di crimini contro l’umanità,
di assassinii,
persecuzioni ed altri atti”.
1. La presumibile complicità dell’Italia nei crimini di IsraeleIl tema della
partecipazione di altri Stati ai crimini commessi è coerentemente
affrontato dai vari testi giuridici fondamentali applicabili a tali
crimini.Dato il carattere fondamentale della norma relativa al divieto di
genocidio, che riveste
indubbiamente la natura di norma di jus cogens, diritto imperativo da cui
non è
possibile alcuna deroga e che si impone in quanto tale in modo generale e
incondizionato, senza se e senza ma, a tutti gli Stati, i soggetti
internazionali diversi
dagli Stati e qualsiasi altra entità giuridica, il citato art. III della
Convenzione in materia
ha previsto in modo puntuale e articolato una serie di divieti collegati a
quello
principale. Sì tratta come affermato del divieto della cospirazione per
commettere
genocidio, dell’istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio; del
tentativo di
commettere genocidio; della complicità nel genocidio.
Grava inoltre su tutti gli Stati firmatari di tale Convenzione, ma occorre
ritenere che si
tratti anche di obbligo consuetudinario dotato dei requisiti di imperatività
e cogenza
propri dello jus cogens, l’obbligo di prevenire e punire il genocidio di cui
all’art. ! della
Convenzione in materia. Al riguardo giova riprendere brevemente le
conclusioni
raggiunte dal Comitato consultivo sul diritto internazionale pubblico del
governo
olandese il quale ha stabilito che:
1. Every third state that is a party to the Genocide Convention has an
individual
obligation to prevent genocide, wherever in the world there is a serious
risk that
genocide will be committed.
2. A third state has a duty to act, even if, on its own, it does not have the
capacity
to prevent genocide from taking place.
3. A third state may be held responsible for breaching the obligation to
prevent
genocide only if genocide actually takes place. The state incurs
responsibility if
it manifestly fails to take measures to prevent genocide.
4. The obligation to prevent genocide arises at the instant that the third
state learns
of, or should normally have learned of, the existence of a serious risk that
genocide will be committed. If the ICJ determines that there is a real and
imminent risk that rights under the Genocide Convention will be irreparably
prejudiced, it may be assumed that a ‘serious risk of genocide’ exists.
5. The obligation to prevent genocide has a certain ‘gravity’. This has
implications
for how the obligation to prevent genocide is fulfilled and for
accountability for
the measures taken. The third state can be expected to publicly render
account
for the way in which it has discharged its obligation to prevent genocide.
6. The duty that rests on the third state is a due diligence obligation and is
dependent on its capacity to exert influence on persons likely to commit, or
already committing, genocide. The state is required to employ all means
reasonably available to it to prevent genocide. This will vary from state to
state
and from case to case.
7. Third states are required to take measures that are likely to have a
deterrent effect
on those suspected of committing or preparing to commit genocide. The
capacity
to exert influence depends on multiple factors. An assessment in concreto
must
be made in each case. As a rule, more can be expected of a third state that
has
strong ties and a good relationship with the state that is the source of the
risk of
genocide.
8. International law has no clear or fixed rules prescribing which measures
should
be taken to prevent genocide. Third states must assess on a case-by-case
basis
the adequacy and effectiveness of the measures to be taken. Measures of
increasing severity can be taken, ranging from mild (diplomatic measures) to
severe (retorsion and reprisals). If certain measures appear to lack a
deterrent
effect, the state concerned is required to take more far-reaching measures,
provided it has the capability to do so.
9. Third states, when faced with comparable situations involving a serious risk
of
genocide, must be consistent in speaking out and taking measures”.Il tema
del ruolo degli Stati terzi è stato ripetutamente affrontato dai competenti
organi internazionali. Facciamo qui riferimento a quanto affermato dal
Parere
della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 (paragrafi
273-279) e
da quello più volte menzionato della Commissione internazionale indipendente
di esperti sui territori palestinesi occupati, di cui riprendiamo le
raccomandazioni
finali rivolte a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite:The Commission
recommends that all Member States: (a) Employ all means
reasonably available to them to prevent the commission of genocide in the
Gaza
Strip; (b) Cease the transfer of arms and other equipment or items,
including jet
fuel, to the State of Israel or third States where there is reason to
suspect their
use in military operations that have involved or could involve the
commission
of genocide; (c) Ensure individuals and corporations in their territories
and
within their jurisdiction are not involved in the commission of genocide,
aiding
and assisting the commission of genocide or incitement to commit genocide
and
investigate and prosecute those who may be implicated in these crimes under
international law; (d) Facilitate the investigations and domestic
proceedings and
take action (including imposing sanctions) against the State of Israel and
against
individuals or corporations that are involved in or facilitating the
commission of
genocide or incitement to commit genocide; (e) Cooperate with the
investigation
of the Office of the Prosecutor of the International Criminal Court. 258.
The
Commission recommends that the Prosecutor of the International Criminal
Court: (a) Examine, within its continuing investigation in the Situation in
the
State of Palestine, the crime of genocide for amendment to existing arrest
warrants and addition to future application for arrest warrants; (b) Examine
the
involvement of officials mentioned in this report for inclusion as those
most
responsible for international crimes committed in the occupied Palestinian
territory.
Il governo italiano non solo non ha adempiuto agli obblighi internazionali in
questione
ma, pur essendo indubbiamente e pienamente in condizione di influire sul
genocidio in
atto, dato che da essa dipende, come argomentato, parte non trascurabile dello
strumentario bellico a disposizione di Israele, non solo si è finora totalmente
astenuto
dall’adottare ogni misura preventiva del genocidio, ma anzi ha ostinatamente
continuato ad alimentarlo. Tale innegabile circostanza costituisce a nostro
avviso
presumibilmente l’altrettanto innegabile base di una responsabilità penale
personale di
coloro che dispongono del relativo potere decisionale, in quanto membri del
governo
italiano o alti dirigenti di aziende presumibilmente direttamente coinvolte nei
crimini
di cui si parla.
Lo Statuto della Corte penale internazionale, al suo Art. 25,3, lettera c
afferma che sono
perseguibili coloro che, allo scopo di agevolare la commissione di un reato
rientrante
nella giurisdizione della Corte, aiuta, è complice o comunque favorisce la
commissione
o il tentativo di commissione di tale reato, ivi compresa la fornitura dei mezzi
per la
sua commissione. E alla successiva lettera d aggiunge che sono perseguibili
coloro che
contribuiscono in ogni altro modo alla commissione o al tentativo di commissione
del
crimine da parte di un gruppo di persone che agiscono per uno scopo comune.
La prassi internazionale in genere e in particolare la giurisprudenza di codesta
Corte
offrono numerosi casi e precedenti per i quali è stata considerata sufficiente,
al fine di
ritenere la corresponsabilità nella commissione di crimini internazionali, la
prestazione
di contributi causali quali ad esempio la fornitura di armi e munizioni. Si veda
il caso
di Charles Taylor, all’epoca presidente della Liberia, condannato dalla Corte
penale
internazionale a cinquant’anni di reclusione per il sostegno fornito al
Revolutionary
United Front della Sierra Leone, per aver consapevolmente agevolato quest’ultimo
nella commissione dei suoi crimini.
La consapevolezza da parte del governo italiano del carattere criminale e
genocida
delle operazioni militari avviate da Israele contro la popolazione palestinese,
sia a Gaza
che in Cisgiordania, deriva ipso facto dalla notorietà generale degli eventi in
questione.
Le recenti ammissioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul
carattere
illecito delle azioni intraprese da Israele, peraltro molto tardive, confermano
l’esistenza
di tale consapevolezza e, per altri versi, non rappresentano alcun ravvedimento
effettivo, dato che non sono state accompagnate da alcuna decisione effettiva
riguardo
al trasferimento di materiali bellici verso Israele o all’interruzione della
cooperazione
militare con tale Stato.
Sia la fornitura di armi, munizioni ed altri materiali e servizi a carattere
militare ad
Israele che l’interruzione del sostegno all’agenzia umanitaria delle Nazioni
Unite
UNRWA, rientrano chiaramente in entrambe tali fattispecie e costituiscono quindi
violazione evidente sia dell’art. III lett. e della Convenzione sul genocidio
sia dell’art.
25, comma 3, dello Statuto di codesta Corte.
Importanti chiarimenti relativi agli obblighi degli Stati terzi sono inoltre
forniti dal
Parere della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024,
summenzionato, ai
sensi del quale gli Stati sono tenuti a cooperare con le Nazioni Unite al fine
di ottenere
il ristabilimento del diritto internazionale violato da Israele e a non
cooperare con
quest’ultima, specie in relazione alle attività illegittime poste in essere nei
Territori
occupati.
Nell’ordinanza del 30 aprile 2024 relativa al caso Nicaragua c. Germania, la
Corte
internazionale di giustizia ha ribadito, a punto 23, che, in base all’art.1
delle
Convenzioni di Ginevra, tutti gli Stati parte sono obbligati a rispettare e far
rispettare tali Convenzioni in ogni circostanza. Al punto 24 la Corte ha
precisato che
ritiene di particolare importanza ricordare agli Stati i loro obblighi
relativamente al
trasferimento di armi a Stati che siano parti di conflitti internazionali, al
fine di evitare
il rischio che le armi possano essere usate per violare le Convenzioni in
questione.
In termini generali, d’altronde, la responsabilità di uno Stato per complicità
in crimini
commessi da altri Stati è chiaramente affermata dall’art. 16 del Progetto di
articoli
approvato nel 2001 dalla Commissione di diritto internazionale delle Nazioni
Unite
secondo il quale
“Uno Stato che aiuti o assista un altro Stato nella commissione di un atto
internazionalmente illecito da parte di quest’ultimo è internazionalmente
responsabile
per siffatto comportamento se: a) quello Stato agisce così con la consapevolezza
delle
circostanze dell’atto internazionalmente illecito; e b) l’atto sarebbe
internazionalmente
illecito se commesso da quello Stato”.
Occorre aggiungere che il silenzio finora mantenuto dalla giurisdizione penale
italiana
competente rende a sua volta applicabile l’art. 17 dello Statuto di codesta
Corte,
rendendo necessaria l’applicazione del principio di sussidiarietà nei rapporti
tra Corte
penale internazionale e giurisdizioni nazionali, nel senso che tale fin de non
recevoir
evidenzia l’assenza di ogni volontà da parte dello Stato italiano di “svolgere
veramente
le indagini o l’azione penale”.
1. ResponsabiliLe varie attività di sostegno ad Israele nell’attuazione del suo
disegno criminoso volto
alla violazione dei diritti della popolazione palestinese fino alla sua
soppressione totale
e parziale implicano indubbiamente il ruolo decisionale del governo italiano
che
presiede all’ effettuazione delle scelte di politica estera e alla loro
applicazione
esecutiva. Affermare che tale sfera decisionale sia sottratta allo scrutinio
giudiziario in
quanto espressione di poteri sovrani indiscutibili equivarrebbe a decretare
l’assoluta
inutilità di codesta Corte come anche di qualsiasi altro meccanismo
giudiziario di
controllo.In termini più generali, ciò equivarrebbe ad affermare l’esistenza
di una sfera politica
libera e discrezionale esente da qualsiasi condizionamento ed obbligo, anche
qualora,
come nella tragica vicenda in esame, siano gravemente colpiti e violati in
modo
massiccio i diritti umani delle popolazioni coinvolte e quindi minerebbe in
modo
irrimediabile alla radice l’idea stessa di un ordinamento giuridico
internazionale
In particolare ciò vale per quanto riguarda le scelte relative
all’autorizzazione del
trasferimento di armamenti, che la legge italiana riserva alla presidenza
del Consiglio
dei ministri e ai ministri della Difesa e degli Esteri, nonché
dell’Economia. La legge
italiana in materia di trasferimento di armamenti, n. 185 del 1990,
attribuisce infatti le
relative attribuzioni al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri
della Difesa
e degli Esteri, la cui responsabilità si presenta quindi come assolutamente
fondamentale. Si aggiungano le competenze relative al controllo di aziende
pubbliche
come Leonardo, la quale, pur costituendo una Società per azioni, vede al
proprio
interno una presenza decisiva della partecipazione pubblica. Con riferimento
a
Leonardo vanno peraltro sottolineate anche le presumibili responsabilità,
concorrenti
con quelle dei membri del governo, dell’amministratore delegato e direttore
generale
Roberto Cingolani, il quale assomma nella sua persona importanti poteri
decisionali
attinenti alle scelte qui messe sotto accusa.
Occorre ricordare, inoltre, che, nell’autorizzare il trasferimento di
armamenti ad Israele
il governo italiano ha violato, oltre al diritto internazionale, la sua
stessa legge
nazionale e in particolare la legislazione relativa al trasferimento delle
armi, che ne
esclude a chiare lettere la legittimità qualora gli Stati destinatari siano
implicati in
conflitti o si rendano colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani.
Tale violazione di precise disposizioni di legge, nonché quella, se
possibile più grave
delle norme di diritto internazionale di carattere consuetudinario o
pattizio che
definiscono i crimini internazionali, tra le quali quelle contenute nello
Statuto di
codesta Corte, determina tra l’altro l’impossibilità di invocare, per
escludere la
responsabilità personale dei ministri coinvolti, l’immedesimazione tra le
persone
fisiche e gli organi alla cui attività esse sono preposte.
Tra le figure istituzionali da perseguire occorre senz’altro includere
quelle apicali che
intervengono in sede di autorizzazione al trasferimento dei materiali
bellici e delle altre
attività che costituiscono un contributo concreto ed effettivo ai massacri
in corso,
compresa la decisione di interrompere i finanziamenti all’UNRWA. Facciamo
quindi
riferimento alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al ministro degli
Esteri,
Antonio Tajani, e a quello della Difesa Guido Crosetto. I primi due in
quanto
responsabili in solido delle scelte internazionali compiute dal governo, il
terzo per le
sue specifiche competenze in materia di esportazione di armamenti e di
cooperazione
militare in genere.
La qualifica da essi rivestita non impedisce ovviamente che sia avviata
l’azione penale
nei loro confronti, dato l’espresso disposto dell’art. 27 dello Statuto di
questa Corte,
secondo il quale “1. Il presente Statuto si applica a tutti in modo uguale
senza
qualsivoglia distinzione basata sulla qualifica ufficiale. In particolare,
la qualifica
ufficiale di Capo di Stato o di governo, di membro di un governo o di un
parlamento,
di rappresentante eletto o di agente di uno Stato non esime in alcun caso
una persona
dalla sua responsabilità penale per quanto concerne il presente Statuto e
non costituisce di per sé motivo di riduzione della pena.
1. Le immunità o le regole di procedura speciali eventualmente inerenti alla
qualifica
ufficiale di una persona in forza del diritto interno o del diritto
internazionale non
impediscono alla Corte di esercitare la propria giurisdizione nei confronti
di tale
persona”.Ricordiamo anche come l’art. IV della Convenzione sul genocidio
affermi
perentoriamente che “Le persone che commettono il genocidio o uno degli atti
elencati
nell’articolo III (tra cui per l’appunto gli atti di complicità) saranno
punite, sia che
rivestano la qualità di governanti costituzionalmente responsabili o che
siano
funzionari pubblici o individui privati”.Né alcuna impunità si può arguire
dalla pretesa “natura politica” degli atti compiuti,
dato che in uno Stato e in un ordinamento internazionale di diritto tale
natura non
consente il compimento di atti contrari a principi fondamentali e che
violano norme di
importanza assolutamente primaria, quali quelle che vietano e puniscono i
crimini di
guerra, contro l’umanità e il genocidio. Sostenere il contrario equivarrebbe
infatti ipso
facto a porre nel nulla ogni normativa internazionale volta a prevenire e
reprimere i
crimini più gravi.
Nulla quaestio si pone ovviamente, in tale ambito, rispetto a Roberto
Cingolani, che
dirige un’impresa privata, sia pure a partecipazione pubblica.
1. Elementi di provaGli elementi di prova di quanto affermato in questa
denuncia sono contenuti in atti e
rapporti delle Nazioni Unite, Rapporti di organizzazioni specializzate
nell’analisi del
commercio e traffico di armamenti, dichiarazioni di autorità governative
italiane,
interrogazioni parlamentari, e articoli di stampa, contenuti o indicati
nell’allegato alla
denuncia stessa insieme alla denuncia a suo tempo presentata alla Procura di
Roma e
dall’integrazione alla denuncia stessa.
2. Conclusioni e richiestaAlla luce di quanto sopra esposto, si chiede
all’Ufficio del Procuratore della Corte
Penale Internazionale di:Avviare un esame preliminare ai sensi dell’art. 15
dello Statuto di Roma.
3. Procedere a una valutazione circa la possibilità di aprire un’indagine
formale.
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DELL’ARTICOLO
Appoggiamo la denuncia alla Corte Penale Internazionale
Redazione Italia