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IRLANDA DEL NORD: 50 ANNI FA LA STRAGE DELLA “MIAMI SHOWBAND”. INTERVISTA A STEPHEN TRAVERS
50 anni fa, il 31 luglio 1975, nell’Irlanda del Nord si consumava una delle atrocità più spietate e apparentemente insensate dei Troubles, la strage della Miami Showband. Il furgone dell’orchestra, che tornava a Dublino dopo un concerto a Banbridge, venne fermato nelle prime ore del mattino da un finto posto di blocco poco prima di Newry. Come si scoprirà, il commando che fermò i musicisti della Miami era formato da membri della Glenanne Gang, una banda composta da soldati britannici, agenti della polizia e membri del gruppo paramilitare filobritannico UVF, la stessa che l’anno precedente aveva eseguito l’operazione stragista di Dublino e Monaghan, 34 morti, la più grave atrocità dell’interno conflitto. Dopo avere ordinato ai musicisti di scendere dal furgone, con il pretesto di una perquisizione, gli attentatori cercarono di nascondere un ordigno esplosivo sotto il sedile del conducente. Secondo il piano della banda Glennane, la bomba sarebbe esplosa una volta che il furgone della Miami avesse passato il confine e i membri del gruppo sarebbero stati accusati di trasportare armi ed esplosivi per conto dell’Ira. Tuttavia la bomba esplose prematuramente, uccidendo sul colpo William Wesley Somerville e Harris Boyle, entrambi soldati dell’UDR e membri dell’UVF. Gli altri attentatori, a quel punto, aprirono il fuoco sui musicisti per eliminarli. In questa intervista Stephen Travers, che insieme a Des McAlea si salvò per miracolo dalla mattanza, condivide con noi un racconto da pelle d’oca dei momenti terribili della strage, ricorda gli amici Brian McCoy, Tony Geraghty e Fran O’Toole e spiega il contesto nel quale maturò questo efferato attentato. L’intervista è stata realizzata da Carlo Gianuzzi, ideatore e co-curatore della rubrica “Diario d’Irlanda”, in onda ogni ultimo sabato del mese all’interno de “La polvere della battaglia” (che ritorna in onda sabato 27 settembre 2025).  Ascolta o scarica
GAZA. ARBIA: “APPLICARE SANZIONI VERSO UNO STATO CHE COMMETTE UN GENOCIDIO E’ UN OBBLIGO SECONDO IL DIRITTO INTERNAZIONALE”
Al netto della propaganda sugli – insufficienti – camion di aiuti e delle condanne, al momento solo verbali, della comunità internazionale, continua il genocidio per mano israeliana in Palestina. Massacri senza fine nella Striscia di Gaza. Dall’alba di stamattina i bombardamenti dell’Idf hanno ucciso almeno 62 persone. 30 di queste sono state sterminate da un solo raid che ha colpito l’area di Nuseirat. Altri palestinesi sono stati uccisi dai raid anche in altre aree, come Gaza city e Khan Yunis. Il bilancio ufficiale delle vittime palestinesi a Gaza dal 7 ottobre 2023 a oggi ha superato le 60mila Chi non muore sotto le bombe o le cannonate, muore per la fame, utilizzata da Israele come ulteriore arma di sterminio e pulizia etnica. Tel Aviv, però, continua a dare la colpa ad Hamas, sostenendo che i militanti dell’organizzazione palestinese sottraggano gli aiuti destinati alla popolazione civile. Intanto però l’Integrated Food Security Phase Classification, sistema globale di monitoraggio della fame sostenuto dall’Onu, avverte che a Gaza è in atto lo ‘scenario peggiore di carestia’, con migliaia di bambini malnutriti e morti per fame in aumento tra i più giovani. Secondo il gruppo di organizzazioni, i lanci aerei non saranno sufficienti a scongiurare la ‘catastrofe umanitaria’. L’accesso umanitario ‘immediato e senza ostacoli’ a Gaza è l’unico modo per fermare il rapido aumento di ‘fame e morte’. Senza freni anche la violenza dei coloni israeliani nella Cisgiordania occupata. Ieri a Masafer Yatta, sud di Hebron, dove la popolazione palestinese da anni resiste allo sfollamento forzato, un colono ha sparato al petto a un’attivista palestinese di 31 anni Awda Hataleen, uccidendolo. Lo ha denunciato uno dei registi del documentario No Other Land, dedicato proprio alla lotta dei residenti palestinesi locali contro l’occupazione. L’assassino è Yinon Levi, colono israeliano già sanzionato dall’Ue e dagli Stati Uniti. Anche le organizzazioni per i diritti umani israeliane, nei loro report, parlano ora esplicitamente di “genocidio” in corso. È il caso di B’Tselem e Phri, che ricordano inoltre come “l’attuale attacco va compreso nel contesto di oltre 70 anni in cui Israele ha imposto un regime violento e discriminatorio ai palestinesi”. Silvana Arbia, giurista, ex procuratrice della Tribunale internazionale dell’Onu  per il genocidio in Rwanda ed ex cancelliera della Corte penale internazionale analizzando il genocidio in atto e le attività della Corte internazionale di giustizia, spiega come secondo il diritto internazionale anche i paesi che vendono armi e aiutano Israele siano complici del genocidio  e come tali potrebbero essere processati  e come le sanzioni ad uno stato accusato di genocidio siano un obbligo per i paesi firmatari della convenzione Ascolta o scarica Sull’omicidio dell’attivista palestinese Awda Hataleen, il commento del regista Nicola Zambelli, che nella zona di Hebron ha girato il film “Sarura – il futuro è un luogo sconosciuto”. Ascolta o scarica Il commento di Elisa Caneve, che aveva lavorato in Palestina con Awda Hataleen. Elisa Caneve è una delle coordinatrici del progetto Mediterranea with Palestine, con il quale aveva lavorato in Palestina. Ascolta o scarica
FREEDOM FLOTILLA: ATTERRATO A FIUMICINO ANTONIO MAZZEO, “DEPORTATO DA ISRAELE”
Antonio Mazzeo – uno due attivisti italiani sequestrati dall’Idf sulla nave Handala della Freedom Flotilla Coalition – è atterrato intorno alle 12 all’aeroporto di Fiumicino. Il nostro collaboratore da Roma Stefano Bertoldi ha raccolto le sue prime parole appena atterrato. Ascolta o scarica Sabato sera a mezzanotte l’esercito israeliano aveva assaltato e sequestrato la nave della Freedom Flottilla e arrestato tutti i membri dell’equipaggio, che nel frattempo erano entrati in sciopero della fame “contro l’assedio israeliano alla Striscia di Gaza”. Tra gli attivisti e le attiviste rapiti illegalmente da Israele in acque internazionali c’erano appunto due cittadini italiani: Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella, di cui non si conoscono ancora i dettagli del rimpatrio, o meglio, della “deportazione”, come sottolinea ai nostri microfoni Michele Borgia del team comunicazione della Freedom Flotilla Coalition, intervistato pochi minuti prima dell’arrivo di Mazzeo a Fiumicino. Gli avvocati del team legale Handala hanno incontrato gli attivisti detenuti presso il porto di Ashdodr nella vicina stazione di polizia israeliana. Secondo le loro dichiarazioni, tutti si trovano in condizioni relativamente buone. Le autorità israeliane stanno gestendo la loro custodia come se avessero fatto ingresso illegale nel Paese, insomma li hanno accusati di immigrazione clandestina, nonostante siano stati rapiti, prelevati con la forza da acque internazionali e condotti in Israele contro la loro volontà. A ciascun attivista sono state presentate due opzioni: accettare la cosiddetta “deportazione volontaria” – come ha fatto Mazzeo – oppure rimanere in detenzione e comparire davanti a un tribunale per la revisione della detenzione, in vista comunque della deportazione entro le 72 ore. L’obiettivo della missione della Handala era quello di raggiungere Gaza, rompere l’assedio illegale israeliano e portare aiuti alla popolazione palestinese. L’aggiornamento con Michele Borgia del team comunicazione della Freedom Flotilla Coalition. Ascolta o scarica Nel frattempo l’agenzia di stampa palestinese Wafa riporta che 13 palestinesi sono stati uccisi e più di 30 sono rimasti feriti oggi a causa dei continui bombardamenti israeliani su varie zone della Striscia di Gaza. Cinque palestinesi sono rimasti uccisi in seguito al bombardamento di un appartamento nella zona di Al-Mawasi, a ovest di Khan Yunis, si legge sul suto dell’agenzia. Altri cinque sono stati uccisi e più di 30 sono rimasti feriti a causa del bombardamento di una casa di tre piani nel quartiere giapponese a ovest di Khan Yunis. Altri tre palestinesi sono morti e diversi altri sono rimasti feriti quando le forze israeliane hanno bombardato un’abitazione nel campo profughi di Maghazi, nella Striscia di Gaza centrale. Un massacro a cui si aggiungono le 100 persone uccise ieri mentre cercavano aiuti a Gaza. Il resocondo di Farid Adly di Anbamed. Ascolta o scarica Ieri è stata una giornata di cosiddetta “tregua umanitaria” a Gaza per l’arrivo di aiuti dal cielo e da terra, celebrata da tutti i TG del mondo: apice del TG1 che ha parlato di tonnellate di cibo ferme al confine perche’ nessuna organizzazione umanitaria si prende l’incarico di distribuirle. Un neonato della Striscia di Gaza, Muhammad Ibrahim Adas, è morto a causa della malnutrizione e della carenza di latte artificiale, secondo quanto riferito da una fonte dell’ospedale Al-Shifa di Gaza City ai giornalisti di Al Jazeera Arabic. Ieri sei persone sono decedute per fame nelle ultime 24 ore, di cui due bambini, altri 24 sono morti per gli attacchi nelle zone designate alla distribuzione di aiuti. A fronte di tutto ciò, manifestazioni ieri sera in tutta Italia: al grido di “facciamo rumore per Gaza”, con battiture e cacerolazi, centinaia in Piazza anche a Brescia in Largo Formentone. Ci ha raccontato la piazza bresciana Gloria Baraldi di RestiamoUmani Brescia Ascolta o scarica
L’ESERCITO ISRAELIANO ASSALTA HANDALA IN ACQUE INTERNAZIONALI: EQUIPAGGIO RAPITO, NAVE SEQUESTRATA. ATTIVISTE E ATTIVISTI IN SCIOPERO DELLA FAME
Poco prima della mezzanotte (orario palestinese) di sabato 26 luglio 2025, l’Idf ha assaltato la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition. I militari israeliani hanno sequestrato l’imbarcazione e rapito i membri dell’equipaggio, che nel frattempo sono entrati in sciopero della fame “contro l’assedio israeliano alla Striscia di Gaza”. Tra gli attivisti e le attiviste rapiti illegalmente da Israele in acque internazionali ci sono anche due cittadini italiani: Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella. Al momento dell’arrembaggio militare israeliano, la Handala si trovava a sole 40 miglia nautiche dalla costa di Gaza. L’8 giugno scorso, la nave Madleen di Freedom Flotilla era stata assaltata dall’Idf a oltre 100 miglia nautiche dalle coste palestinesi. Questa volta, l’imbarcazione diretta verso la Striscia con il suo carico di aiuti umanitari per la popolazione civile è stata sorvolata a lungo da droni militari israeliani; poi, è stata circondata da imbarcazioni della marina israeliana che prima l’hanno dirottata verso le coste egiziane e, infine, l’hanno abbordata con i mezzi dai quali i soldati di Tel Aviv sono saliti a bordo. I militari israeliani hanno interrotto le comunicazioni della Handala con il resto del mondo. Un video delle telecamere di bordo, che diffondevano in diretta quanto avveniva sull’imbarcazione, mostra un soldato mentre la distrugge. Com’era accaduto nel caso della Madleen poco più di un mese prima, anche l’equipaggio della nave Handala è stato sequestrato, preso in ostaggio dalle autorità israeliane. Stessa sorte per quanto riguarda la barca. Attiviste e attivisti, che prima di essere intercettati avevano diffuso dei video messaggi personali, sono entrati in sciopero della fame per richiamare ancora una volta l’attenzione non su se stessi, ma sul genocidio in corso a Gaza, sui crimini di guerra, sulla fame indotta e imposta, sull’assedio con blocco degli aiuti umanitari, sulla condizione disumana cui Israele costringe due milioni di persone nella Striscia nella totale impunità. L’obiettivo della missione della Handala era quello di raggiungere Gaza, rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. L’aggiornamento sulle frequenze di Radio Onda d’Urto con Simone Zambrin, di Freedom Flotilla Italia. Ascolta o scarica.
CORRISPONDENZA DALLA NAVE HANDALA SU RADIO ONDA D’URTO. ANTONIO MAZZEO: “SIAMO A 8-10 ORE DI NAVIGAZIONE DAL PUNTO DELL’ASSALTO ALLA MADLEEN”
Su Radio Onda d’Urto il collegamento telefonico con la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition, in viaggio nel Mar Mediterraneo verso le coste palestinesi per rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza. È la tarda mattinata di venerdì 25 luglio e con noi, dall’altra parte del telefono, c’è Antonio Mazzeo, saggista e attivista anti-militarista che ha deciso di unirsi all’equipaggio della nave Handala e salpare verso la Palestina. Antonio Mazzeo riferisce che il viaggio procede tranquillo, a eccezione delle notti – in particolare quella appena trascorsa – durante le quali l’imbarcazione è stata sorvolata da numerosi droni militari. La Handala, spiega Antonio Mazzeo nel collegamento, si trova attualmente (le 12.35, circa, di venerdì 25 luglio 2025) all’altezza dei territori tra il confine tra la Libia e l’Egitto e il fiume Nilo. Questo significa, spiega l’attivista ai nostri microfoni, che l’imbarcazione è a 8 – 10 ore di navigazione dal punto in cui l’imbarcazione Madleen, durante la precedente missione di Freedom Flotilla Coalition, era stata assaltata dai militari israeliani lo scorso 8 giugno 2025. Per questo, racconta Mazzeo, “oggi siamo particolarmente pronti, in stato di allerta e di attenzione”. L’obiettivo politico della Handala di Freedom Flotilla è quello di rompere l’assedio israeliano su Gaza, ma la barca sta anche trasportando effettivamente aiuti umanitari per la popolazione della Striscia. Non solo, nel collegamento Antonio Mazzeo racconta come nei giorni precedenti la partenza, a Siracusa e a Gallipoli molti bambini e bambine abbiano portato all’equipaggio doni per le bambine e i bambini di Gaza. “La Handala è piena di orsacchiotti, bambolotti e giochi”, racconta nella corrispondenza. La corrispondenza di Antonio Mazzeo per Radio Onda d’Urto dalla nave Handala di Freedom Flotilla Coalition, in viaggio verso Gaza. Ascolta o scarica.
PALESTINA: PER ISRAELE E USA I NEGOZIATI SU GAZA SONO “FALLITI”. RITIRATE LE DELEGAZIONI A DOHA
A Gaza un quarto dei bambini e delle donne è malnutrito. A dirlo è Medici Senza Frontiere che gestisce una clinica a Gaza City, per il momento sfuggita alla devastazione scatenata dall’esercito israeliano. Il numero delle persone colpite dalla fame è quadruplicato da maggio, continua Msf, e ogni giorno ci sono 25 nuovi pazienti ammessi. La fame colpisce la popolazione palestinese, ma anche lo staff sanitario inizia a soffrire la carenza di cibo. “Non è solo fame”, denuncia Msf, “ma una fame deliberata, provocata dalle autorità israeliane”. “Non ho mai visto niente del genere, ogni giorno è sempre peggio”, ha detto al Corriere della Sera Stefano Piziali, direttore della ong Cesvi, anch’essa attiva a Gaza. Nella Striscia uccide la fame e continuano a uccidere i colpi dell’esercito israeliano. Sale ancora il bilancio dei giornalisti uccisi dagli attacchi di Israele, sono 232 dopo l’uccisione del fotoreporter Adam Abu Harbid. Lo fa sapere Al Jazeera. L’agenzia palestinese Wafa riferisce invece di nuovi attachi aerei contro i rifugi di sfollati a Gaza City e Khan Younis, con due vittime e decine di feriti. Un palestinese di 14 anni è invece morto questa mattina (venerdì 25 luglio 2025) a causa delle ferite riportate all’inizio della settimana, durante un raid israeliano sul campo profughi di Al-Ain. Di fronte a questo scenario sono ufficialmente “fallite” le trattative di Doha, Qatar, per il cessate il fuoco. Stati Uniti e Israele hanno abbandonato il tavolo scaricando la responsabilità del fallimento sulle spalle di Hamas e delle altre fazioni palestinesi. Per Washington e Tel Aviv le condizioni poste dal movimento islamico palestinese sono “inaccettabili”, in particolare la richiesta di liberazione di duecento palestinesi condannati all’ergastolo dallo stato israeliano e la garanzia che, una volta entrato in vigore il cessate il fuoco, l’esercito israeliano non riprenda con gli attacchi militari via aria e via terra contro la Striscia. Sul fronte internazionale, tengono banco le dichiarazioni di Macron sul riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia alle Nazioni Unite all’assemblea di settembre. “Un premio al terrore” lo ha definito il premier israeliano Nethanyau; “decisione sconsiderata” secondo il segretario di Stato americano Rubio. Londra potrebbe però seguire Parigi. Oggi è previsto un incontro tra i governi francese, inglese e tedesco. È ancora presto per capire se quello di Macron sia un bluff finalizzato a fare pressione su Israele affinché smetta di bombardare la Striscia di Gaza, oppure se l’intenzione politica sia effettivamente quella di giungere a un riconoscimento della Palestina da parte della Francia. Su Radio Onda d’Urto abbiamo fatto il punto sulla cronaca con Michele Giorgio, corrispondente de Il Manifesto da Gerusalemme e direttore di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.  
PALESTINA: “DA QUI AD OTTOBRE GAZA POTREBBE NON ESISTERE PIÙ”. L’INTERVISTA A MARTINA MARCHIÒ, APPENA RIENTRATA DALLA STRISCIA
Martina Marchiò è infermiera torinese, classe 1991. La prima volta che è partita in missione con Medici Senza Frontiere era il 2017. Da poco è rientrata da Gaza, dove era stata anche un anno fa. Ha così avuto modo di vedere il rapido deterioramento delle condizioni di vita delle persone. Ha rischiato la vita, dato che a Gaza non esiste un luogo sicuro neanche per gli operatori umanitari. Nell’intervista che vi proponiamo abbiamo chiesto a Martina di dipingere il quadro del genocidio al quale ha assistito. Si tratta di uno spaccato estremamente duro e desolante, nel quale tuttavia si cerca con difficoltà di restare umani. Martina Marchiò è responsabile delle attività mediche per l’ONG francese, vi proponiamo la sua testimonianza (23 minuti).Ascolta o scarica Martina Marchiò è anche autrice di diversi libri. Lo scorso anno Infinito edizioni ha pubblicato la sua ultima opera intitolata: “Brucia anche l’umanità. Diario di un’infermiera a Gaza”.  
PALESTINA: CRESCE IL MOVIMENTO BDS IN ITALIA “SERVE UN AZIONE URGENTE PER FERMARE IL GENOCIDIO A GAZA”
Mentre a Gaza continua il genocidio per mano israeliana, in Italia si intensificano le iniziative della campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) contro l’apartheid israeliana. Dall’appello per chiudere i porti italiani al transito di armi, alle adesioni in costante aumento alla rete degli Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana (SPLAI), la mobilitazione dal basso si ferma. Negli ultimi mesi, la campagna ha registrato un coinvolgimento crescente da parte di collettivi, associazioni, realtà culturali e cittadini comuni, sempre più decisi a chiedere la fine della complicità dell’Italia. La richiesta è chiara: fermare ogni forma di sostegno, diretto o indiretto, al regime israeliano e agire subito. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Raffaele Spiga di BDS Italia. Ascolta o scarica.
“SIRIA DIVISA, VERITÀ OSCURATE: SUWAYDA E IL RITORNO DEI MASSACRI”: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE NEL PAESE CON DAVIDE GRASSO
Per commentare i fatti recenti che riguardano la Siria e il Medio oriente abbiamo intervistato Davide Grasso, ricercatore in Sociologia politica al dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino e nostro collaboratore. Nei giorni scorsi, ha pubblicato un articolo su MicroMega a commento degli scontri e dei massacri a Suwayda, città a maggioranza drusa nel sud della Siria, e dei bombardamenti israeliani che hanno colpito a due passi dai palazzi governativi a Damasco. “I fatti di Suwayda – scrive Davide Grasso – sono tanto più gravi, se osservati da occidente, poiché si inseriscono in un contesto di piena legittimazione statunitense ed europea alle forze che continuano a commettere questi crimini in Siria. Rappresentano l’ennesimo monito ai mezzi d’informazione e al pubblico italiani a non occuparsi di Siria unicamente in presenza di episodi di violenza, poiché questi ultimi risultano incomprensibili se l’informazione non segue l’evoluzione del paese in modo costante”. Proprio per questo gli abbiamo chiesto innanzitutto di inquadrare la situazione generale attuale nel Paese, prima di addentrarci in diverse questioni particolari. Tra le questioni specifiche che abbiamo approfondito insieme al nostro collaboratore, siamo partiti dalle divisioni interne all’arcipelago islamista di cui fa parte Hayat Tahrir al Sham, il gruppo guidato da colui che a dicembre 2024 si è proclamato presidente, Ahmad Al-Sharaa. All’interno del fronte jihadista ci sono visioni diverse sulla Siria che verrà. Al-Sharaa ha dato dei segnali piuttosto chiari su quale sia la sua: Davide Grasso, nell’articolo e nell’intervista su Radio Onda d’Urto, ricorda la partecipazione di Al Sharaa al World Economic Forum di Davos, gli accordi per la ricostruzione o la costruzione di infrastrutture già siglati con diverse imprese turche, del Golfo, europee e statunitensi, la stretta di mano con Donald Trump. Una parte dei militanti jihadisti di Hts ha già dato vita a una scissione, passando all’opposizione. Anche in questo contesto si sono sviluppati gli scontri e i massacri sulla costa siriana a dicembre e in primavera, nelle aree popolate dalla popolazione alawita, e nel sud, nella città drusa di Suwayda, in queste settimane. Durante gli scontri e le violenze a Suwayda, l’esercito israeliano ha bombardato la stessa città a maggioranza drusa, la città di Dar’a e il cuore della capitale siriana Damasco. In contemporanea, a Baku, Azerbaigian, si stavano però tenendo colloqui tra il governo siriano e quello israeliano. Usa, Turchia e monarchie del Golfo, Arabia Saudita in particolare, cercano una mediazione che – di fatto – porti anche la “nuova Siria” nell’orbita degli “accordi di Abramo”. A Davide Grasso abbiamo chiesto perché – a suo avviso – Israele bombarda la Siria mentre sta discutendo con Damasco di questa “normalizzazione” dei rapporti. Nell’intervista, guardiamo infine all’altra sponda dell’Eufrate: l’Amministrazione autonoma democratica della Siria del nord e dell’est ha celebrato nei giorni scorsi, il 19 luglio, il 13esimo anniversario della rivoluzione e l’inizio dell’autogoverno secondo il modello del confederalismo democratico. In questa fase sembra godere di una certa stabilità interna e soltanto pochi mesi fa ha dato prova della propria capacità di autodifesa, di difendersi dagli attacchi e tentativi di invasione, con la resistenza alla Diga di Tishreen, vicino Kobane. Anche l’Amministrazione autonoma, così come le altre organizzazioni che fanno riferimento alle idee del leader del Pkk Abdullah Ocalan, ha deciso di aderire all’Appello per la pace e la società democratica e relativo processo di pace. Lo scorso marzo, ha firmato un cessate il fuoco con Damasco, un memorandum d’intesa in diversi punti sui quali trovare un accordo tramite il negoziato tuttora in corso. Nelle ultime settimane ci sono stati diversi incontri, con la mediazione in particolare di inviati statunitensi e francesi. La nostra intervista a Davide Grasso, ricercatore in Sociologia politica al dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino e nostro collaboratore. Ascolta o scarica.
GAZA: PROSEGUONO LE STRAGI PER MANO ISRAELIANA, ANCHE NELLA ZONA DI DEIR AL-BALAH
Anche stamatina stragi di palestinesi per mano israeliana a Gaza. Le autorità sanitarie affermano che nelle prime ore di oggi almeno 31 palestinesi sono stati uccisi e decine sono rimasti feriti. Tra le vittime ci sono 7 persone uccise mentre attendevano aiuti umanitari nei pressi del corridoio di Netzarim, mentre a Gaza City i carri armati dell’Idf hanno aperto il fuoco sulle tende che ospitavano gli sfollati nel campo di al-Shati, nella parte occidentale della città, facendo almeno 16 morti. Queste ultime vittime si aggiungono alle 60 di ieri, mentre gli aiuti alimentari disperatamente necessari per fermare la carestia continuano a non giungere: sono 25 le persone morte per la fame a Gaza, inclusi diversi bambini, solo da domenica. Lo scrive l’agenzia palestinese Wafa dopo l’annuncio della morte oggi di un bambino di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, e di un neonato di 40 giorni nel nord del territorio. Intanto Israele ha lanciato un attacco aereo e soprattutto terrestre a Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza. Due i morti anche questa mattina in un ennesimo raid, mentre ieri è stata colpita per tre volte anche una residenza del personale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, costringendo il personale ad evacuare ed arrestando 4 persone. Nella zona, dove ci sono migliaia di sfollati sotto le bombe, sono attive diverse Ong tra cui quelle che si occupano specificatamente di aiuto medico, come Medici senza frontiere ed Emergency. Sentiamo Alessandro Manno, responsabile per i Territori Palestinesi Occupati di Emergency. Ascolta o scarica “L’uccisione di civili in cerca di aiuti a Gaza è indifendibile. Ho parlato di nuovo con il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar per ricordare il nostro accordo sul flusso di aiuti e ho chiarito che le IDF devono smettere di uccidere le persone nei punti di distribuzione” scrive l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas, avvertendo che “tutte le opzioni restano sul tavolo se Israele non mantiene le sue promesse”.Questo dopo che ieri altri 28 Paesi, tra i quali Regno Unito, Francia, Australia, Canada, oltre all’Unione Europea, hanno chiesto a Israele di fermarsi. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha replicato oggi ribadendo che Israele manterrà il controllo di tutta Gaza una volta terminato l’assalto militare ed aggiungendo che sarà pronto a una potenziale sospensione, ma solo “temporanea” per il tempo necessario a liberare i prigionieri israeliani ancora nelle mani di Hamas. A Gaza rimangono ancora cinquanta prigionieri, ma si ritiene che meno della metà siano vivi. Tel Aviv lamenta oggi l’uccisione di un suo militare a Khan Younis, nel sud.