Tag - Permesso di soggiorno per motivi umanitari (art. 5, co. 6, D.lgs. N. 286/98)

La Corte di Cassazione conferma che il d.l. n. 20/2023 non ha abrogato la protezione complementare e non poteva farlo
AVV. NICOLA DATENA E AVV. GIULIA VICINI 1. IL D.L. N. 20/2023 E L’ULTIMA MODIFICA ALL’ART. 19 DEL T.U. SULL’IMMIGRAZIONE Il decreto-legge 20 marzo 2023, n. 20, convertito nella legge 18 maggio 2023, n. 50, ha soppresso il terzo e il quarto periodo del comma 1.1 dell’art. 19 del d.lgs. 286/1998, che – introdotti dal d.l. n. 130/2020 – prevedevano espressamente il divieto di allontanamento ed il diritto al rilascio di un titolo di soggiorno per “protezione speciale” nei casi in cui: “vi siano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, di cui all’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, tenuto conto della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine”. Nonostante questa rimozione testuale, nel comma 1.1 dell’art. 19 è rimasto invariato il rinvio all’art. 5, comma 6, del medesimo T.U., il quale vieta il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno nei casi in cui “ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”. Sebbene il legislatore, con la riforma immediatamente successiva alla strage di Steccato di Cutro, abbia eliminato dall’art.19 del testo unico immigrazione l’esplicito riferimento al diritto al rispetto della vita privata e al diritto al rispetto della vita familiare, il rinvio all’art. 5 comma 6 del medesimo testo unico e, in ogni caso, la cogenza delle disposizione della Carta Costituzionale, della Carta Europea dei Diritti dell’uomo e delle altre convenzioni internazionali a cui ha aderito l’Italia , hanno fatto affermare a molti interpreti e giudici di merito che, nella sostanza, nulla era cambiato e nulla poteva cambiare. L’obiettivo alla base della modifica normativa è noto e oggetto di esplicite dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che il 14 aprile 2023 ha riferito alla stampa: «Io mi do come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di una protezione ulteriore rispetto a quello che accade nel resto d’Europa». Nonostante i rilievi di cui sopra circa l’effetto cogente delle norme costituzionali e sovranazionali, il dichiarato ed inequivocabile intento del legislatore di voler abrogare la protezione speciale “all’italiana” ha generato alcuni dubbi interpretativi circa la possibilità di rilasciare un titolo di soggiorno per protezione speciale a protezione del diritto della vita privata e familiare. Con l’intento di risolvere tali dubbi, il Tribunale di Venezia, in un procedimento di impugnazione di una decisione di diniego della protezione internazionale e della protezione speciale, ha sottoposto la questione alla Corte di Cassazione. 2. IL CASO CONCRETO E LE QUATTRO TESI INTERPRETATIVE INDIVIDUATE DAL TRIBUNALE DI VENEZIA NEL RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI CASSAZIONE. Il rinvio pregiudiziale del Tribunale di Venezia nasce da un ricorso promosso da A.A., cittadino senegalese, avverso la decisione della Commissione territoriale di Verona – sezione di Padova, che aveva rigettato per manifesta infondatezza la sua domanda di protezione internazionale. Il ricorrente aveva invocato la conversione al cristianesimo come motivo di persecuzione, ma la Commissione ha ritenuto non credibile il racconto e, pertanto, ha rigettato l’istanza di protezione internazionale. Richiamando l’art. 19 d.lgs. 286/1998 nella sua nuova formulazione, la Commissione Territoriale aveva altresì ritenuto insussistenti i presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale protezione speciale. Giurisprudenza italiana LA “PROTEZIONE UMANITARIA” RESISTE AL DECRETO CUTRO Corte di Cassazione, sentenza n. 29593 del 10 novembre 2025 19 Novembre 2025 Nel giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia, A.A. ha prodotto documentazione inerente alla sua stabile attività lavorativa, nonché attestati di formazione attestanti la sussistenza di un radicamento sul territorio nazionale e, invocando il rispetto del diritto alla vita privata e familiare, ha insistito per l’accertamento del diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale anche sulla base della nuova norma e in applicazione dell’art. 8 CEDU. Il Tribunale di Venezia, valutata l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di una delle forma di protezione internazionale, accertato il radicamento sul territorio nazionale di A.A., rilevato che la giurisprudenza di merito nel corso degli ultimi mesi ha adottato decisioni diverse e divergenti in merito ai presupposti per il riconoscimento della protezione speciale, ha ritenuto di dover chiedere l’intervento interpretativo della Corte di Cassazione. Il Giudice veneto ha rilevato che, di fronte alla soppressione dei due periodi dell’art. 19, comma 1.1, sono emerse quattro diverse tesi ermeneutiche, passate in rassegna le quali il Tribunale di Venezia, ha posto alla Corte di Cassazione, il seguente quesito interpretativo. “Se, per effetto dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 20 del 2023 […] si debba ritenere che la tutela della vita privata e familiare dello straniero a) è esclusa dall’ambito della protezione complementare e non è più garantita dall’ordinamento; b) è assicurata […] secondo i presupposti e i limiti individuati dalla Convenzione europea […] conformemente all’interpretazione che di essa ha dato la Corte europea dei diritti dell’uomo; c) è garantita secondo l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità […] in particolare dalla sentenza della Corte di cassazione, a Sezioni Unite, n. 24413 del 2021; d) è assicurata dall’applicazione diretta dell’art. 10 Cost.” 3. LE ARGOMENTAZIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte con la Sentenza in commento, pubblicata il 10 novembre 2025 in risposta alla sollecitazione del Tribunale di Venezia, riafferma i principi di diritto già emersi nella giurisprudenza di merito.e Invero, secondo la prima tesi interpretativa individuata dal Tribunale di Venezia, a seguito dell’abrogazione dei due specifici riferimenti contenuti nell’art. 19 d.lgs. 286/1998 la protezione della vita privata e familiare è stata esclusa dall’ordinamento. La Corte respinge questa tesi, ricordando che: “È ancora presente, nel tessuto dell’art. 19 del testo unico, pur dopo le modifiche del 2023, il riferimento agli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano quale limite ad ogni forma di allontanamento della persona straniera, attraverso il richiamo espresso all’art. 5, comma 6” (§ 4). Tra tali obblighi rientra senza dubbio la tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all’art. 8 Cedu, nonché l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e gli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost. Pertanto: “Deve, pertanto, escludersi che il decreto-legge n. 20 del 2023 abbia la forza e rivesta il significato di precludere l’applicazione di norme e principi di valore sovraordinato […] e quindi di limitare l’incondizionata osservanza, nel diritto interno, degli obblighi nascenti dall’art. 8 della Cedu” (§ 4). La seconda tesi che il Tribunale di Venezia ritrova nella recente giurisprudenza italiana afferma che la tutela dei diritti previsti e disciplinati dall’art. 8 Cedu sia oggi garantita solo secondo l’interpretazione e la giurisprudenza della Corte EDU e cioè con una distinzione rigida tra settled migrants e non-settled migrants. La Corte rigetta questa prospettazione “rigidamente alternativa”, affermando: “Il Collegio non ritiene condivisibile la prospettazione […] tra una tutela, asseritamente più ristretta, derivante dall’applicazione dei criteri giurisprudenziali elaborati dalla Corte di Strasburgo […] e una tutela secondo il diritto vivente nazionale” (§ 13). E ancora: “Il giudice deve cogliere, nel congiunto operare degli obblighi convenzionali e costituzionali e nell’osmosi tra gli stessi, […] un completamento e un arricchimento delle posizioni soggettive coinvolte in vista di una tutela più intensa nel singolo caso” (§ 13). La terza tesi chiede se la tutela “è garantita secondo l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità […] in particolare dalla sentenza […] n. 24413/2021”. La Corte conferma esplicitamente questa prospettiva: “Lasentenza delle Sezioni Unite n. 24413 del 2021, significativamente protesa alla elaborazione di principi di diritto ancorati alla Costituzione e al sistema Cedu, continua tuttora a orientare il giudice nell’interpretazione del complesso delle disposizioni che disciplinano la materia a seguito del decreto-legge n. 20 del 2023” (§ 15). La SU n. 24413/2021 ha definito la protezione complementare come un “catalogo aperto”, fondato su obblighi costituzionali e internazionali, e ha introdotto il metodo del “giudizio comparativo” tra la situazione in Italia e quella nel Paese d’origine. Elementi come contratti di lavoro a tempo determinato, frequenza scolastica, conoscenza della lingua, partecipazione a reti sociali e legami familiari – anche con partner non convivente – rimangono rilevanti. Infine, la quarta tesi chiede se la tutela “è assicurata dall’applicazione diretta dell’art. 10 Cost.”. La Corte accolta pienamente questa prospettiva, ricorda che: “La protezione complementare nel nostro ordinamento rappresenta il ‘necessario completamento del diritto d’asilo costituzionale’” (§ 7.2). L’art. 10, terzo comma, Cost. non si esaurisce nello status di rifugiato: esso comprende ogni forma di tutela necessaria a garantire la dignità della persona, anche attraverso un titolo di soggiorno corrispondente. 4. IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO DALLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte conclude enunciando il seguente principio di diritto: “La rivisitazione, a opera del decreto-legge n. 20 del 2023, convertito nella legge n. 50 del 2023, dell’istituto della protezione complementare non ha determinato il venir meno della tutela della vita privata e familiare dello straniero che si trova in Italia, tanto più che il tessuto normativo continua a richiedere il rispetto degli obblighi costituzionali e convenzionali. Ne deriva che la protezione complementare può essere accordata in presenza di un radicamento del cittadino straniero sul territorio nazionale sufficientemente forte da far ritenere che un suo allontanamento, che non sia imposto da prevalenti ragioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, determini una violazione del suo diritto alla vita familiare o alla vita privata. Nessun rilievo ostativo assume il fatto che tale radicamento sia avvenuto nel tempo necessario ad esaminare le domande del cittadino straniero di accesso alle protezioni maggiori. La tutela della vita privata e familiare esige una valutazione di proporzionalità e di bilanciamento nel caso concreto, secondo i criteri elaborati dalla Corte Edu e dalla pronuncia a Sezioni Unite 9 settembre 2021, n. 24413, tenendo conto dei legami familiari sviluppati in Italia, della durata della presenza della persona sul territorio nazionale, delle relazioni sociali intessute, del grado di integrazione lavorativa realizzato e del legame con la comunità anche sotto il profilo del necessario rispetto delle sue regole” (§ 17). La sentenza n. 29593/2025 si colloca in un andamento ciclico che richiama i “corsi e ricorsi” storici di Giambattista Vico: ogniqualvolta il legislatore, in nome di emergenze politiche o securitarie, abroga o restringe la protezione “nazionale” – dal d.l. n. 113/2018 al d.l. n. 20/2023 – la Corte di Cassazione interviene per ribadire lo stesso principio giuridico fondamentale, già espresso con chiarezza nelle sentenze n. 4455/2018, n. 24413/2021 e in numerose altre pronunce. Questo principio è chiaro e irrinunciabile: il diritto al rispetto della vita privata e familiare non può essere abrogato perché radicato in obblighi costituzionali e internazionali che vincolano lo Stato a prescindere dalla volontà del legislatore ordinario. Che la si chiami speciale, umanitaria, o in altro modo, la tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare è necessaria, garantisce la piena attuazione dell’asilo costituzionale, ed è quindi inabrogabile. Rilasciare il relativo permesso di soggiorno non è una concessione discrezionale, ma un obbligo giuridico.