Antonella Lattanzi / Nel mezzo del buio
Con Chiara, Antonella Lattanzi ci consegna un romanzo grave eppure dolce,
un’opera che tesse un arazzo di sensazioni e segreti, dove il dolore abita in
ogni piega del racconto, ostinato, talvolta latente, per sempre indelebile.
Attraverso gli occhi di Marianna, narratrice e compagna di vita sin
dall’infanzia di Chiara, Lattanzi ci trasporta nella Bari popolare degli anni
Novanta, in un quartiere che sembra protettivo nei gesti più semplici — feste di
compleanno in salotto, panini divisi a metà, la mano stretta di un’amica — ma è
al contempo attraversato da un’ombra lunga, quella delle famiglie “in apparenza
diversissime” ma uguali nella violenza che sanno infliggere.
Fin dalle prime pagine, l’adolescenza emerge non come una stagione spensierata,
ma come un’età scolpita: una materia fragile e resistente, che si plasma sotto
il peso di ferite antiche e parole non dette. Marianna e Chiara non sono solo
amiche: sono rifugio l’una per l’altra, un patto silenzioso di protezione contro
qualcosa che non osa chiamarsi per nome ma che si avverte come un pericolo
costante. In quel nido di complicità, l’intimità cresce: l’affetto diventa
amore, l’innocenza si mescola con il desiderio, il bisogno di salvezza si fa
promessa.
Ma in quel fragile equilibrio, la violenza domestica minaccia sempre di
esplodere — non in maniera sensazionalistica, ma con la forza spaventosa della
quotidianità: padri che (si) feriscono, madri che sfuggono, muri che non
tengono. Il senso di colpa, invisibile ma affilato, scava ferite nell’anima
delle protagoniste; un senso di colpa che è anche silenzio, che è “non detto”,
che è la paura di essere amate fino in fondo se davvero conosci chi sei.
Lattanzi dipinge questi temi con una delicatezza gelida, raccontando quanto i
mostri più terribili abitino nelle stanze che dovrebbero proteggere, e quanto
siano reali — molto più spaventosi di quelli che si immaginano nei più sfrenati
incubi infantili.
Leggere Chiara significa accettare di non respirare: ogni pagina trasmette una
tensione sottile, quella paura che il peggio stia per arrivare. E il peggio, in
effetti, arriva: non come colpo teatrale, ma come conseguenza inevitabile, come
frattura che era in agguato fin dall’inizio. Quando il patto tra le due ragazze
sembra incrinarsi sotto i colpi della vita adulta, il lettore avverte la
fragilità di quel rifugio che sembrava invincibile.
E tuttavia, in mezzo a tutta questa oscurità, Lattanzi non rinuncia a offrire
una speranza: l’amore ha scolpito la carne delle due protagoniste, così come il
dolore. E la carne non dimentica. È proprio in quel tessuto umano, segnato ma
vivo, che germoglia una possibilità di salvezza, non trionfale ma ferma: la
promessa di esserci per l’altra, nonostante tutto, nonostante il Terrore.
Il ritmo del romanzo è incalzante, magnetico; la scrittura concisa ma ricca di
echi, capace di alternare la tenerezza dell’infanzia, la scoperta erotica e
l’ombra di minaccia che incombe tra le mura domestiche. Lattanzi maneggia il
tempo narrativo con perizia, saltando avanti e indietro, scavando nei ricordi e
nei silenzi in modo sapiente. In definitiva, Chiara non è solo un romanzo di
amicizia o di amore: è una storia di sopravvivenza, di cicatrici invisibili e
parole non dette, di mostri che esistono davvero — ma anche di un bene “ostinato
e splendente” che può disarmare il cuore, se solo ci concediamo di restare. Una
lettura potente e commovente, che scuote senza urlare, che morde piano ma resta
dentro.
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