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L’offesa
Napoli (Fuorigrotta), Palapartenope, venerdì 14 novembre 2025, Comizio di chiusura della campagna elettorale del centrodestra per le Regionali in Campania con la Presidente del Consiglio, onorevole Giorgia Meloni, e i capi dei partiti della coalizione di governo, in sostegno del candidato sindaco Edmondo Cirielli. Guardo e riguardo l’immagine di Giorgia Meloni ballerina, accompagnata da Maurizio Lupi (Noi moderati), da Matteo Salvini (Lega), da Antonio Tajani (Forza Italia), mentre con piccoli balzi saltella al coretto intonato dai suoi fedelissimi: “Chi non salta comunista è …”. (A che cosa servirebbe controbattere con la domanda: “Ma allora chi salta fascista è?”). È una offesa che fa male, che deprime, che non può essere lasciata cadere nel silenzio. È un’offesa alla storia del nostro Paese che, fino a quando non verrà completamente stravolta per poi essere definitivamente abbandonata si regge sulla Costituzione della Repubblica italiana, firmata il 27 dicembre 1947 dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, a Palazzo Giustiniani e controfirmata dal Presidente dell’Assemblea Costituente, il comunista Umberto Terracini. L’Assemblea Costituente la aveva approvata in via definitiva nella seduta del 22 dicembre. Così promulgata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, la Costituzione entra in vigore il 1° gennaio 1948. È un’offesa a Umberto Terracini, ai comunisti e alle comuniste che hanno contribuito alla caduta del fascismo e alla fondazione della Repubblica. (Chi volesse sinteticamente e asetticamente conoscerne la storia legga la voce Partito Comunista Italiano – Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani riprodotta in appendice a questo articolo). È un’offesa ai milioni e milioni di cittadini e cittadine che hanno votato comunista fino a quando è esistito il Partito Comunista Italiano. È un’offesa alle migliaia e migliaia di cittadine e cittadini che,  pur non essendo comunisti,  hanno votato comunista perché non volevano più che il fascismo tornasse in Italia e nel mondo. Come cantava Giorgio Gaber, la mia generazione, quella che ha votato per la prima volta nel 1975, ha votato comunista “perché non c’era niente di meglio” e “perché Berlinguer era una brava persona”.   Nella mia vita ho avuto la possibilità di ascoltare Enrico Berlinguer a Torino in due occasioni. La prima in piazza San Carlo durante la campagna elettorale che nel giugno 1976 vide la più grande avanzata elettorale del Partito Comunista italiano, la seconda verso la fine degli anni Settanta a una conferenza aperta del Partito sulla fabbrica, la FIAT, la classe operaia. Ricordo come la sua figura emanasse un fascino che catturava l’attenzione, con quel filo di voce che dava sicurezza in contrasto con il corpo esile, fragile eppure di una forza insospettata; lo sguardo serio, quasi sofferente, ma non triste; un’oratoria non da comizio, una conversazione da uomo di studi più che da capo di partito. Berlinguer è stato un capo politico comunista che parlando al suo Partito ha saputo parlare al Paese intero, interpretando l’esigenza diffusa nella parte migliore delle italiane e degli italiani di una rinnovata moralità individuale e pubblica. Quando nel 1975 alle elezioni amministrative e nel 1976 alle elezioni politiche tra gli allora giovani che hanno esercitato per la prima volta il diritto di voto, tanti che hanno scelto il partito di Berlinguer non lo hanno fatto per sostituire il sistema di potere democristiano con un altro sistema di potere comunista: hanno dato la loro fiducia al partito della questione morale. Nel silenzio doloroso degli eredi dei comunisti, da non comunista, mi sento di rivendicare l’onore  di una storia tragica e gloriosa di lotta e di liberazione con i versi del grande cantautore e Poeta, l’autore di Qualcuno era comunista. Gaber, iconoclasta, apocalittico, anarchico, è stato una delle voci più critiche e autocritiche della sinistra a cui rimproverava per l’incapacità di cogliere la realtà e la tendenza a entrare in ogni aspetto della vita in nome di una partecipazione autentica e individuale alla vita pubblica, piuttosto che di un’adesione passiva a un’ideologia. Qualcuno era comunista, di Giorgio Gaber Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà, la mamma no Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa La Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre Qualcuno era comunista perché si sentiva solo Qualcuno era comunista perché aveva avuto un’educazione troppo cattolica Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva La pittura lo esigeva, la letteratura anche: lo esigevano tutti Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto Qualcuno era comunista perché prima, prima, prima, era fascista Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano ma lontano Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai Che voleva essere uno di loro Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio Qualcuno era comunista perché la rivoluzione? Oggi, no Domani forse, ma dopodomani sicuramente Qualcuno era comunista perché “La borghesia, il proletariato, la lotta di classe, cazzo” Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre Qualcuno era comunista perché guardava solo Rai3 Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il materialismo dialettico Per il Vangelo secondo Lenin Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro di sé la classe operaia Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri Qualcuno era comunista perché c’era il Grande Partito Comunista Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il Grande Partito Comunista Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggiore partito socialista d’Europa Qualcuno era comunista perché lo Stato, peggio che da noi, solo l’Uganda Qualcuno era comunista perché non ne poteva più Di quarant’anni di governi democristiani incapaci e mafiosi Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia La stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica, eccetera, eccetera, eccetera Qualcuno era comunista perché chi era contro, era comunista Qualcuno era comunista perché non sopportava più Quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia Qualcuno, qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice Solo se lo erano anche gli altri Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo Perché sentiva la necessità di una morale diversa Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno Era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come Più di se stesso: era come due persone in una Da una parte la personale fatica quotidiana E dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo Per cambiare veramente la vita, no, niente rimpianti Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare Come dei gabbiani ipotetici E ora? Anche ora ci si come sente in due Da una parte l’uomo inserito Che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana E dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo Perché ormai il sogno si è rattrappito Due miserie in un corpo solo Post scriptum – Domenica, 23 novembre 2025 Purtroppo la realtà corre più in fretta delle riflessioni scritte. L’offesa nei confronti dei comunisti è stata ampiamente superata dall’offesa al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che è il garante della nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, combattuta in armi e senz’armi da comunisti, azionisti, socialisti, cattolici, liberali, anarchici, pacifisti e nonviolenti. Pietro Polito