Tag - lobbisti

COP30, nessun accordo sulle fossili. Le richieste del Sud Globale rimangono inascoltate
La trentesima Conferenza delle Parti si è conclusa e il risultato sembra il peggiore tra quelli ottenuti finora nelle edizioni precedenti. Il documento, infatti, contiene un gran numero di dichiarazioni d’intenti, ma poche indicazioni pratiche e, di fatto, non nomina in alcun modo i combustibili fossili. Un risultato non auspicato ma atteso, dal momento che, anche quest’anno, la COP è stata dominata dalla presenza di lobbisti delle multinazionali, mentre le popolazioni del Sud globale – il più colpito dai cambiamenti climatici – non hanno avuto pari voce in capitolo. Un’implicita ammissione in questo senso è stata fatta dal presidente della COP, che ha ammesso che le speranze della società civile in merito al risultato dell’evento non sono state soddisfatte. Il segretario generale dell’ONU Guterres, dal canto suo, ha invitato popoli e organizzazioni che lottano per il clima a continuare la mobilitazione. Alla cerimonia inaugurale il presidente brasiliano Lula, il cui Paese ha ospitato l’evento, aveva detto chiaramente che la COP30 sarebbe dovuta servire per tracciare l’abbandono progressivo delle fonti fossili, una scelta alla quale alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, si sono mostrati ostili. Tanto che, nel documento finale (la Mutirao Decision) queste non vengono nemmeno nominate. Tra i risultati raggiunti vi sono il finanziamento di 1.300 miliardi di dollari entro il 2035 per l’azione per il clima, mentre ci si impegna a triplicare i finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici entro il 2035. Obiettivi finanziari decisamente ambiziosi, cui non corrisponde un adeguato piano di attuazione e di iniziative concrete. E’ stato istituito un ciclo di ricostituzione per la mobilitazione delle risorse del Fondo per la risposta alle perdite e ai danni dovuti ai cambiamenti climatici e sono state lanciate le iniziative Global Implementation Accelerator e Belém Mission to 1.5°, entrambe destinate ad aiutare i Paesi a realizzare i loro piani nazionali per il clima e l’adattamento. Una novità è rappresentata dall’impegno a lottare contro la «disinformazione sul clima» attraverso il contrasto alle «false narrazioni». L’assenza di un discorso circa i gas serra, principali responsabili del riscaldamento globale, ha allarmato molti Paesi del Sud Globale e organizzazioni della società civile. Eppure, oltre 80 Paesi avevano sostenuto la proposta del Brasile di stabilire una tabella di marcia per agire in tal senso. Secondo lo scienziato brasiliano Carlos Nobre, che ha tenuto un discorso prima della plenaria finale, è necessario azzerare l’utilizzo di fonti fossili entro il 2040-2045 per evitare che la temperatura aumenti fino a 2.5° entro metà del secolo. Se questo si realizzasse, infatti, si verificherebbero conseguenze catastrofiche sui nostri ecosistemi, con la quasi totale perdita delle barriere coralline, il collasso della foresta pluviale amazzonica e un accelerato scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia. Nel discorso di chiusura dell’evento, il presidente André Corrêa do Lago ha riconosciuto che «alcuni di voi nutrivano ambizioni più grandi per alcune delle questioni in discussione» e che «la società civile ci chiederà di fare di più per combattere il cambiamento climatico», promettendo di cercare di non deludere le aspettative durante la sua presidenza. Per tale ragione, Corrêa do Lago ha annunciato l’intenzione di creare due roadmap in merito: una per arrestare la deforestazione e invertirne la tendenza e una per abbandonare le fonti fossili in modo giusto, ordinato ed equo, mobilitando le risorse necessario in maniera «giusta e pianificata». Un messaggio analogo è arrivato dal segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, che ha ammesso come in un periodo di «divisioni geopolitiche» sia complesso giungere a un accordo comune: «Non posso fingere che la COP30 abbia fornito tutto ciò che è necessario [per affrontare la crisi climatica, ndr]». Anche se la COP è conclusa, «il lavoro non è finito». Guterres ha anche esortato coloro che lottano per il clima a continuare a farlo: «non arrendetevi. La storia e le Nazioni Unite sono dalla vostra parte». L’accordo segna una nuova, profonda sconfitta per i popoli del Sud Globale, che durante il vertice aveano protestato contro la presenza delle lobby delle multinazionali fossili, accusando i governi di essere interessati a tutelare unicamente gli interessi di queste ultime, le quali hanno avuto un peso indubbiamente superiore a quello dei popoli originari durante l’evento. A questi rimangono una nuova serie di promesse e dichiarazioni d’intenti, che verosimilmente cadranno ancora una volta nel vuoto.   L'Indipendente
Oltre 800 organizzazioni invitano gli europarlamentari a trasferire i fondi dalla guerra alla pace
Egregi/e componenti del Parlamento Europeo, la prossima settimana sarete chiamati a votare su una questione cruciale, il bilancio 2026 e altri voti e negoziati importanti sono in programma o già in corso, tra cui il prossimo bilancio a lungo termine dell’UE (QFP 2028-2034) e una serie di “pacchetti omnibus”, ovvero processi di deregolamentazione. Tutte queste proposte prevedono aumenti massicci della spesa militare e regali all’industria degli armamenti. Vi chiediamo con forza di opporvi a queste mosse pericolose e di reindirizzare le risorse verso politiche di pace autentiche. Siamo Stop ReArm Europe, una coalizione di oltre 800 organizzazioni e movimenti della società civile di tutta Europa, che rappresentano una varietà di settori e/o contesti politici e abbiamo qualcosa in comune. Vogliamo una sicurezza autentica, ovvero una sicurezza incentrata sui bisogni umani quali la sicurezza ambientale e climatica, la sicurezza alimentare ed economica, la sicurezza sociale e sanitaria, la sicurezza comunitaria e politica, per gli europei e per tutti i cittadini del mondo. Vogliamo una pace trasformazionale e giusta che includa le condizioni necessarie per il prosperare delle società, quali l’affrontare le cause profonde dei conflitti, il buon governo, la libertà e la promozione del potenziale creativo umano. In breve, una sicurezza comune sia per gli Stati che per i popoli. In qualità di attori della società civile, siamo più determinati che mai a fare tutto ciò che è in nostro potere per realizzare questo obiettivo, ma non possiamo farlo da soli. Abbiamo bisogno del vostro aiuto in qualità di decisori politici; abbiamo bisogno del vostro aiuto per fare dei valori universali dei diritti umani e del diritto internazionale i principi guida delle politiche dell’UE e per porre fine a decenni di pratiche basate su due pesi e due misure, che sono diventate così evidenti negli ultimi anni. La stessa storia dell’integrazione europea la rende particolarmente vulnerabile all’influenza indebita degli interessi delle imprese, come dimostrato da numerose relazioni e le politiche di riarmo non fanno eccezione a questa regola; anzi, è proprio il contrario. La discreta ma potente attività di lobbying dell’industria degli armamenti ha svolto un ruolo decisivo nell’adozione dei primi sussidi dell’UE dieci anni fa e da allora la sua influenza sulle politiche europee sia militari che civili ha continuato a crescere. I budget destinati alle attività di lobbying delle dieci maggiori aziende produttrici di armi sono aumentati del 40% tra il 2022 e il 2023. Solo nel 2025 (fino a ottobre), la Commissione ha incontrato 89 volte i lobbisti dell’industria degli armamenti per discutere di riarmo e geopolitica, e solo 15 volte i sindacati, le ONG o gli scienziati sugli stessi argomenti. Nel frattempo, i membri del Parlamento Europeo hanno incontrato la lobby delle armi 197 volte tra giugno 2024 e giugno 2025, rispetto alle 78 volte dei cinque anni precedenti. Di conseguenza, il cosiddetto piano di “prontezza alla difesa” per la presunta autonomia europea si riduce in ultima analisi a sovvenzionare grandi aziende militari, spesso internazionali, a incrementare la produzione e ad aumentare le vendite di armi, comprese le esportazioni al di fuori dell’Europa. Il pacchetto “difesa omnibus” segue la stessa logica, in quanto deregolamenta ulteriormente le norme sociali e ambientali, nonché gli standard etici e di esportazione di armi, distoglie risorse dai programmi civili come la politica di coesione e stravolge i principi della finanza sostenibile, il tutto nell’interesse del settore degli armamenti. Quando sarà abbastanza per l’industria degli armamenti? Oltre a indebitare l’Europa, e quindi i suoi cittadini, a vantaggio dell’industria degli armamenti e di un modello economico estrattivo e iniquo, i piani di riarmo sottraggono risorse finanziarie, umane e politiche alla sicurezza umana, dalla prevenzione e dalla risoluzione pacifica dei conflitti e dalle grandi sfide che l’umanità deve affrontare, dal cambiamento climatico alla perdita di biodiversità o alla crisi sanitaria, solo per citarne alcune. E la proposta per il prossimo quadro finanziario compie un ulteriore passo in questa direzione, poiché prevede un aumento di cinque volte del bilancio destinato direttamente alle politiche di difesa e spaziali, oltre a programmi civili ampiamente aperti all’industria degli armamenti. Con il bilancio complessivo dell’UE che rimane praticamente stabile, ciò comporta necessariamente una diversione delle risorse finanziarie precedentemente destinate alle politiche civili, anche se la profonda ristrutturazione del QFP (Quadro Finanziario Pluriennale) rende molto difficile identificare trasferimenti specifici. Nel complesso, il piano ReArm Europe del marzo 2025, insieme a tutte le politiche precedenti e successive ad esso correlate, è destinato al fallimento perché rafforzerà essenzialmente l’insicurezza europea e globale, alimenterà la corsa globale agli armamenti – che a sua volta alimenta i conflitti armati – ed esacerberà il cambiamento climatico e il danno ambientale, data l’impronta di carbonio e ambientale delle forze armate. È questo il futuro che voi e noi desideriamo per la prossima generazione? Noi no e siamo convinti che nemmeno voi lo desideriate. Vi esortiamo quindi a trasferire i fondi dalla guerra alla pace, al fine di creare le condizioni ambientali, economiche, sociali, politiche e diplomatiche per una pace positiva, la sicurezza umana e la sicurezza comune. Ci sono una serie di misure concrete e decisioni che potete adottare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi per iniziare a preparare un futuro migliore. In particolare, vi esortiamo a: 1. Respingere il bilancio 2026 nella votazione plenaria della prossima settimana e chiedere: * di riavviare con urgenza i negoziati per ridurre i sussidi all’industria degli armamenti e aumentare gli stanziamenti destinati alla diplomazia e alla prevenzione e risoluzione pacifica dei conflitti * la fine di tutte le clausole di esenzione che impediscono il normale controllo parlamentare su tutti i programmi relativi al settore militare 1. Difendere le norme sociali e ambientali nonché gli standard etici, opponendosi alle diverse proposte dell’«omnibus per la difesa», in particolare: * impedire che il Fondo europeo per la difesa inizi a finanziare attività di sperimentazione al di fuori dell’Europa, poiché ciò consentirebbe di utilizzare il denaro dei contribuenti dell’UE per testare armi e tecnologie militari in qualsiasi zona di guerra, come Gaza e l’Ucraina; * opporsi entro il 29 novembre alla proposta di limitare la definizione di armi controverse alle armi proibite, fintantoché l’UE finanzia lo sviluppo di armi dirompenti; * respingere l’allentamento dei trasferimenti di armi all’interno dell’UE, che è in contraddizione con gli obblighi dei Paesi dell’UE ai sensi del diritto internazionale; * respingere l’estensione delle esenzioni e delle deroghe alle norme in materia di lavoro, sostanze chimiche, ambiente e altre norme a favore dell’industria degli armamenti; * respingere l’allentamento degli obblighi di rendicontazione dell’industria degli armamenti nell’ambito dei quadri esistenti in materia di responsabilità delle imprese e sostenibilità. 1. Respingere l’attuale proposta del prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP 2028-2034) per quanto riguarda i seguenti aspetti: * respingere il Fondo per la competitività che stanzia 130 miliardi di euro per le armi e lo spazio militarizzato * respingere la diversione di programmi civili, in particolare la ricerca civile come Horizon, nonché i programmi digitali, di mobilità, di coesione e altri, per scopi militari * riassegnare tali fondi al rafforzamento della diplomazia e degli aiuti esterni, con una chiara attenzione alla lotta contro il cambiamento climatico, la povertà e la disuguaglianza, nonché alla tutela dei diritti umani e dell’ambiente e un sostegno risoluto e coerente alla risoluzione pacifica dei conflitti con il coinvolgimento delle donne, dei giovani e delle comunità emarginate 1. Opporsi con forza alle attuali pressioni volte a limitare in modo significativo la capacità e la legittimità degli attori della società civile di controbilanciare l’influenza delle imprese a livello dell’UE; l’attuale equilibrio di potere è già fortemente sbilanciato a favore degli interessi delle imprese e un’ulteriore emarginazione delle voci della società civile rappresenta una minaccia diretta al dibattito democratico nell’interesse pubblico. Se desiderate interagire e discutere con noi delle questioni sollevate in questa lettera, vi preghiamo di contattarci all’indirizzo contact@stoprearm.org. Saremo lieti di organizzare incontri online in cui potrete scambiare con molti di noi le vostre opinioni, speranze e progetti per la pace. Vi ringraziamo per l’attenzione e restiamo in attesa di un vostro riscontro. A nome della campagna Stop ReArm Europe Il team di coordinamento di StopReArm Europe Scarica la lettera e gli indirizzi email dei parlamentari italiani     STOP ReArm Europe