Il genocidio riorganizzatore. Israele, il Guatemala e l’internazionalismo autoritarioRiceviamo e diffondiamo:
Qui il pdf: Genocidio riorganizzatore
Il genocidio riorganizzatore e la lunga storia dell’internazionalismo
autoritario
Lo sterminio delle popolazioni maya in Guatemala negli anni Settanta e Ottanta
dimostra come l’internazionalismo autoritario come complicità genocida in chiave
di riorganizzazione territoriale e integrazione di complessi
scientifici-militari-industriail non sia affatto una novità, ma abbia una lunga
ed atroce storia. Sotto le dittature di Lucas Garcia (1978-82) e Ríos Montt
(1982-83), lo Stato guatemalteco, con il supporto tecnico-militare di Israele,
Stati Uniti e Taiwan, perpetrò un atroce genocidio contro le popolazioni
originarie, in particolare i Maya Ixil, con l’uso sistematico di napalm, tortura
e sparizioni. Durante la sanguinosa guerra civile, l’esercito, in risposta al
noto concetto maoista secondo cui “la guerriglia, sostenuta dal popolo, si muove
al suo interno come un pesce nell’acqua”, mise in pratica la strategia del
“togliere l’acqua al pesce”, ovvero distruggere individui e comunità per
annientare il sostegno popolare alla resistenza e spopolare vaste aree di terra
da depredare. È così che lo Stato razzista pianificò eseguì e giustificò uno dei
genocidi più crudeli e impuniti dell’America Latina, provocando 200mila morti,
di cui 130mila nel corso della sola operazione “terra bruciata”, un milione e
mezzo di sfollati, 150mila rifugiati in Messico, 50mila desaparecidos. I maya
come palestinesi ante litteram, potremmo senz’altro dire.
Forse la cifra più significativa della contemporaneità è il fatto che la
categoria di nemico interno si sia estesa a situazioni di bassa conflittualità
reale, per assumere alle nostre latitudini un carattere sostanzialmente
preventivo contro quella “acqua” che non è rappresentata tanto (lo è ancora a
Gaza e altrove) da una tenace resistenza popolare, quanto da quella parte di
popolazione che è “eccedente”, “sovrannumeraria”, rispetto alle logiche della
produzione, del consumo, della valorizzazione finanziaria e dunque, per la sua
semplice esistenza, d’intralcio all’ordine del tecno-capitalismo. Un’umanità
inutile per il capitale, o forse utile semplicemente per sperimentare sulla sua
pelle svariate innovazioni tecnologiche per poi essere eliminata in caso di
problemi, magari con gli stessi strumenti di sterminio automatizzati per il cui
affinamento è stata cavia. Così si può comprendere l’estensione indeterminata
del concetto di terrorismo, in quanto arma del Terrore degli Stati. Un’arma
materiale e culturale applicata per difendere gli interessi di apparati
scientifici-militari-industriali integrati, come dimostra in maniera emblematica
il processo contro la resistenza palestinese, contro Anan, Alì, Mansour, portato
avanti dalla DNAA a l’Aquila su mandato di Israele.
Per questo è utile la lettura di una parte del seguente testo, che descrive il
coinvolgimento di Israele nella politica della “terra bruciata” in Guatemala,
sostenendo che le pratiche di tortura e genocidio attualmente osservate in
Palestina sono parte integrante della guerra tecno-capitalista.
Israele e la terra bruciata in Guatemala
A proposito dell’attuale campagna genocida condotta dal complesso
militare-industrialei israeliano a Gaza, che secondo le parole della relatrice
delle Nazioni Unite Francesca Albanese è destinata a diventare il “più grande
atto di pulizia etnica nella storia di questa terra tormentata” (Democracy Now,
2023), dall’America Latina è doveroso denunciare la razionalità storica del
“genocidio riorganizzatore”ii (Feierstein, 2007) perpetrato dallo Stato sionista
di Israele. Una razionalità che ha segnato momenti atroci della storia recente
della nostra regione e in cui il complesso militare-industriale israeliano ha
avuto un peso significativo, come nel caso dell’esportazione di armi ai governi
militari del Cile (Pérez, Triana, 2023). In questo testo approfondiremo i
profondi legami di Israele con il genocidio più atroce della storia recente del
subcontinente: la politica della terra bruciata in Guatemala, evento in cui
settori dell’estrema destra di quel paese hanno utilizzato espressioni come la
“palestinizzazione dei ribelli indigeni Maya” (Black, 2007; Schivone, 2017).
La lunga guerra civile guatemalteca scatenata da una serie di colpi di Stato
militari di destra sostenuti dalla Central Intelligence Agency (CIA) ha vissuto
i suoi anni più crudeli alla fine degli anni ’70 e nella prima metà degli anni
’80. I livelli di crudeltà umana portarono persino alla congestione del governo
statunitense, che portò l’amministrazione Carter a cessare formalmente gli aiuti
militari al Guatemala nel 1977 (Carmon, 2012). Questo lavarsi le mani da parte
degli Stati Uniti non limitò in realtà il sostegno militare alle dittature
guatemalteche. I funzionari statunitensi che sostenevano le dottrine
“anticomuniste” e le campagne dittatoriali della strategia continentale di
“sicurezza nazionale” erano contrari alla cessazione degli aiuti militari al
Guatemala e cercarono di colmare questo vuoto “incoraggiando le attività
israeliane come mezzo per integrare l’assistenza statunitense ai governi amici
in materia di sicurezza” (Taubman, 1983). Sfruttando le buone relazioni
diplomatiche esistenti tra Guatemala e Israele, derivanti dal fatto che “il
Paese centroamericano è stato il secondo al mondo, dopo gli Stati Uniti, a
riconoscere l’esistenza di uno Stato ebraico nel territorio di quella che
all’epoca era conosciuta come Palestina, il 14 maggio 1948” (Wallace, 2017), si
favorì un coinvolgimento militare israeliano in America Centrale, proprio a
partire dal 1977, anno in cui “i presidenti Laugerud García del Guatemala ed
Ephraim Katzir di Israele hanno firmato un accordo di supporto militare”
(Movimento BDS, 2020).
Il supporto militare israeliano allo Stato dittatoriale guatemalteco comportò
“principalmente la vendita di armi, l’addestramento militare e la consulenza
nelle operazioni di intelligence” (Taubman, 1983), per cui vennero forniti
all’esercito guatemalteco i famosi fucili automatici UZI, “11 aerei IAI Arawa,
10 blindati RBY-MK, 15mila fucili Galil, centinaia di mortai da 81 mm, bazooka,
lanciagranate, tre guardacoste Dabur, un sistema di trasmissioni tattiche, un
circuito radar e 120 tonnellate di munizioni” (Movimento BDS, 2020); venne
costruita una fabbrica di armi nella provincia di Alta Verapaz da parte
dell’azienda israeliana Eagle Military Gear Overseas (EMGO); si implementò
l’addestramento operativo, sia in Israele che in Guatemala, con la fondazione
della Scuola di Trasmissioni ed Elettronica dell’Esercito “progettata e
finanziata da Israele in Guatemala e inaugurata da Benedicto Lucas García, per
addestrare i militari guatemaltechi all’uso delle cosiddette tecnologie di
controinsurrezione” (Ibid, 2020).
Israele giustificò la propria presenza in Guatemala con la scusa
dell’anticomunismo e dell’espansione del proprio mercato di armi (Carmon, 2012).
Tra le aziende militari israeliane legate al terrorismo di Stato in Guatemala,
possiamo citare la società di sicurezza Sistemas Internacionales de Seguridad y
Defensa (ISDS), che ha venduto al governo del Paese centroamericano corsi di
“terrorismo selettivo” (Cortés-Gálan et al., 2019). Cortés Galán, Mantovani e
Santa Cruz sottolineano che:
“(…) l’ISDS si è specializzata negli interrogatori e nella sorveglianza dei
prigionieri in America Latina. Nel contesto delle dittature in cui ha operato
l’ISDS, l’azienda israeliana è collegata alle pratiche diffuse di tortura e
detenzione illegale. (…) Secondo Carl Fehlandt, ex trafficante d’armi dell’ISDS
in Guatemala tra il 1982 e il 1986, ‘il governo israeliano controlla l’ISDS e
chi comanda è il Ministro della Difesa’.” (Cortés- Galán et al., 2019).
L’addestramento israeliano era così approfondito che nel 1982 il militare
golpista Efraín Ríos Montt dichiarò in un’intervista alla ABC News che “i
soldati israeliani sono il modello dei nostri soldati”, sottolineando che il
loro successo militare era dovuto al fatto che “i nostri soldati sono stati
addestrati dagli israeliani” (Carmon, 2012). Esistono persino prove che i
consulenti militari israeliani abbiano influenzato il colpo di Stato militare
che portò Ríos Montt alla presidenza nel 1982 (Movimento BDS, 2020).
In questo contesto, nel 1974 è stato creato il corpo d’élite antisovversivo
Kaibil, caratterizzato da crudeltà e perdita di ogni umanità, che descrive i
propri membri come “macchine per uccidere”. Queste forze, secondo il documento
“Memoria del silenzio” (elaborato dalla Commissione per il chiarimento storico
guatemalteca), hanno commesso il 93% dei crimini durante gli ultimi 20 anni di
guerra (Hernández, 2023) e oggi, secondo le rivelazioni di Guacamaya Leaks,
addestrano gruppi di sicari della criminalità organizzata in Messico (Camacho,
2022; Pachico, 2012).
Il ruolo storico dell’amministrazione di Ríos Montt passerà alla storia per aver
perpetrato un genocidio e crimini contro l’umanità con la sua politica della
“terra bruciata” attuata attraverso i piani “Operazione Sofia”, “Victoria 82” e
“Fucili e fagioli”. Tramite queste strategie, la popolazione maya del Paese
iniziò ad essere classificata come “nemico interno sospetto”iii dello Stato
dittatoriale. Queste strategie venivano apertamente descritte con l’espressione
“palestinizzazione della popolazione maya ribelle” (Black, 2007; Schivone,
2017).
L’attuazione di tali piani “ha provocato morti, violenze, sfollamenti,
persecuzioni, bombardamenti e sottomissione distruzione del gruppo etnico Maya
Ixil”iv (Azevedo, 2016). In modo sistematico, sono stati commessi massacri nei
villaggi delle popolazioni indigene, giustificati con la logica
controinsurrezionale del “togliere l’acqua al pesce”v, durante i quali sono
state trovate prove del sostegno israeliano, come nel caso del massacro di Dos
Erres nel Petén, in cui durante un’esumazione ordinata dal tribunale, gli
investigatori che lavoravano per la Commissione per la Verità del 1999 hanno
citato quanto segue nella loro relazione forense: “Tutte le prove balistiche
recuperate corrispondevano a frammenti di proiettili di armi da fuoco e capsule
di fucili Galil, fabbricati in Israele” (Movimento BDS, 2020).
Secondo le stime del rapporto della Commissione per il Chiarimento Storico del
Guatemala (CEH), questa politica ha causato la morte di 200.000 esseri umani, di
cui circa l’83% erano Maya, motivo per cui è stata classificata come genocidio.
Al contempo, i sopravvissuti sono fuggiti in Messico o sono stati trasferiti in
villaggi strategici chiamati “villaggi modello”, dove sono stati indottrinati
con un’ideologia anticomunista e predicazioni evangelichevi. Alcuni territori
svuotati dalla terra bruciata sono diventati zone di concessioni petrolifere,
dove i militari esercitano un grande potere decisionale. Aviva Chomsky
sottolinea che la distribuzione delle terre tra generali e compagnie petrolifere
è talmente rilevante che un distretto dell’Alta Verapaz, destinato
all’estrazione di petrolio, è persino denominato “l’area dei generali” (Chosmky,
2021), il che permette di inferire un legame tra anticomunismo, razzismo e
l’attuazione di un modello capitalista militarista alimentato dal terrore, dal
genocidio riorganizzatore.
Oggi, le relazioni diplomatiche del Guatemala con lo Stato di Israele sono molto
solide, con la firma dell’accordo di libero scambio tra i due paesi nel 2022 e
il trasferimento dell’ambasciata guatemalteca a Gerusalemme nel 2018 (due giorni
dopo gli Stati Uniti). La promozione del mercato degli armamenti israeliano
continua a destare preoccupazione con la firma di questi accordi di libero
mercato, così come la sua presenza simbolica nella “guerra culturale” che si sta
combattendo contro le cosmovisioni Maya in questo paese. […]
Alberto Hidalgo
[2023]
iSistema o insieme di organizzazioni, imprese ed enti correlati che attuano
produzione, sviluppo e gestione in ambito militare, il che include la
fabbricazione di armi, attrezzature militari, tecniche di guerra, nonché la
ricerca e lo sviluppo nel campo della difesa e della sicurezza nazionale.
iiFeierstein utilizza il concetto di genocidio riorganizzatore poiché sostiene
che esso non ha solo lo scopo di distruggere i corpi di una comunità definita
come “l’altro – il nemico”, ma cerca anche di distruggere le relazioni sociali e
spaziali per imporre un nuovo ordine o modello di territorialità secondo gli
obiettivi del perpetratore, in questo caso l’occupazione illegale del territorio
palestinese.
iiiAlfred Kaltschmitt, ex funzionario pubblico durante l’amministrazione Montt,
in un’intervista per il film “El buen cristiano” sottolinea che “le cellule
(guerrigliere) composte da famiglie trasformavano giovani e bambini in
combattenti, quindi non si faceva distinzione tra combattenti e non
combattenti”, un concetto che ha scatenato l’uccisione indiscriminata. (Acevedo,
2016)
ivTestimonianza del procuratore per i diritti umani del Ministero pubblico del
Guatemala Orlando López durante il processo per genocidio contro il generale
Ríos Montt. (Acevedo, 2016)
vMetafora utilizzata dalla controinsurrezione per alludere al fatto che
consideravano i guerriglieri come pesci e le popolazioni indigene come l’acqua
in cui si rifugiavano.
vi La Prensa Comunitaria Km 169 sottolinea che in questi villaggi costruiti
dall’esercito «ad ogni angolo c’era un palo con altoparlanti attraverso i quali,
24 ore su 24, si ascoltavano prediche e inni evangelici cristiani“, perché i
villaggi erano stati costruiti con denaro dello Stato e delle chiese evangeliche
statunitensi, con le quali l’allora dittatore Efraín Ríos Montt intratteneva
stretti rapporti” (2019).