“Olocausto palestinese”, un libro da leggere per capire e discutere
Autrice di questo saggio, appena pubblicato da Edizioni Al Hikma di Imperia, è
Angela Lano, scrittrice, giornalista professionista, ricercatrice presso
l’Università di Salvador de Bahia in Brasile e direttrice dell’agenzia di stampa
InfoPal.it. Il testo dell’Autrice è anticipato da un’interessante prefazione di
Pino Cabras e arricchito da un’appendice giuridica curata da Falastin Dawoud. Il
volume è composto di 191 pagine, prezzo di copertina 14 euro e il ricavato dalle
vendite finanzierà la campagna “1000 coperte per Gaza”.
Il titolo si rifà a “Olocausto Americano” dello storico David Stannard che
indaga sul genocidio dei nativi americani commesso dai colonizzatori europei.
Questo tema fa da sfondo all’analisi dell’Autrice circa il dramma vissuto dai
palestinesi dal giorno in cui iniziò l’insediamento dei pionieri del progetto
coloniale sionista, basato sul suprematismo “bianco” e avente l’obiettivo di
sostituirsi alla popolazione nativa utilizzando strumentalmente la narrazione
biblica come fonte di un presunto diritto.
La Palestina, si legge, non è solo la fonte di un immenso dolore, ma è anche “il
simbolo attuale di migliaia di anni di ingiustizie, di genocidi, di pulizie
etniche in nome di una superiorità razzista e suprematista” che caratterizza la
“civiltà” europea, la stessa che 500 anni fa iniziò lo sterminio dei nativi
americani, ed è sui resti di oltre 60 milioni di indigeni che si sono formati i
democratici States, principali sostenitori di Israele, esecutore impunito del
genocidio incrementale dei palestinesi .
Il genocidio, afferma l’Autrice ricordando vari genocidi della storia “non è
solo una componente del colonialismo occidentale: ne è il suo fondamento, da
sempre” e oggi Gaza può essere definita “il capolinea dell’umanità e della
legalità internazionale”. Senza l’abile e servile ammortizzatore mediatico non
sarebbe stato possibile occultare l’essenza propria del progetto sionista, delle
sue orripilanti pratiche disumane e della rete di complicità politiche,
governative, finanziarie ed economiche che ne garantiscono l’impunità.
Pagina dopo pagina cresce nel lettore la consapevolezza che gli arresti
arbitrari, le illegali e continue appropriazioni di terre, le stragi di
innocenti, le orrende torture dei prigionieri, il sadismo mostrato con criminale
fierezza dai militari dell’IDF, l’uccisione mirata di centinaia di giornalisti,
sanitari e operatori umanitari, le proposte di legge da Stato nazista, il
disprezzo per la legalità internazionale e le sue massime Istituzioni, tutto
questo “non è un epifenomeno o una conseguenza accidentale dell’oppressione
sionista” ma è la violenza propria, “radicata nell’ideologia del sionismo e una
produzione sistematica delle mentalità colonialiste” e sarebbe un errore,
afferma l’Autrice, considerare le criminali azioni commesse dall’Idf in questi
due anni come reazione all’azione armata del 7 ottobre 2023 denominata Al Aqsa
Flood, l’operazione guidata dall’ala militare di Hamas che viene spiegata
dall’Autrice con pregevole schiettezza, nonostante la più che probabile, quanto
strumentale accusa di antisemitismo. Scrive infatti Angela Lano che “Assaltando
basi militari e kibbutz, i militanti palestinesi miravano a catturare il maggior
numero possibile di soldati e civili israeliani” per liberare attraverso gli
scambi le migliaia di palestinesi di ogni età arrestati e spesso rapiti dall’IDF
in tutta la Palestina, ma spiega anche che “l’azione della Resistenza va intesa
all’interno di un più ampio processo geopolitico internazionale: si tratta di
una battaglia de-coloniale, di una ribellione… del popolo palestinese contro il
suo centenario oppressore… contro il sionismo e i suoi coloni…”.
Segue la documentazione circa l’andamento dei fatti di quelle drammatiche ore
che i nostri media hanno definito “pogrom” contro gli ebrei arricchendo le loro
narrazioni di orrori mai avvenuti, come dimostrato dalle stesse inchieste
israeliane. La scelta di definire pogrom un’azione indubbiamente violenta, ma di
rivolta contro l’oppressore e non di natura razzista, rivela il cedimento al
razzismo, questo sì, dei sostenitori del suprematismo bianco di cui Israele è
parte a pieno titolo.
L’Autrice nota che i nostri media non hanno rettificato o smentito le loro
precedenti accuse basate su menzogne ormai conclamate, perché lo stereotipo che
vuole arabi e musulmani generalmente ignoranti e violenti consolida la
percezione negativa nei loro confronti e rafforza “l’idea di inferiorità”
disumanizzando e collocando “queste popolazioni … in posizioni subordinate e
oggetto di campagne diffamatorie difficili da decostruire”. Sostanzialmente,
scrive, “ci troviamo di fronte a forme neocoloniali… al suprematismo bianco e
alla visione orientalista del mondo islamico…”. Pertanto l’opinione pubblica va
tenuta in una bolla che le impedisca la comprensione d’insieme della disumanità
razzista insita nel colonialismo d’insediamento e, quindi, di capire che è
indispensabile “un processo di decolonizzazione che smantelli l’ideologia e la
struttura coloniale… che smantelli il ‘Progetto Israele’.”
L’autrice afferma che Hamas, insieme ad altri movimenti minori, rappresenta il
rifiuto della colonizzazione della Palestina e rivendica il diritto del suo
popolo all’autodeterminazione, se necessario anche con la resistenza armata,
come ammesso dallo stesso Diritto internazionale.
Spiega quindi al lettore che “La nascita di Hamas, a fine anni ’80, e la sua
vittoria in elezioni democratiche nel 2006, il suo approccio politico e pratico
verso la liberazione della Palestina” e infine l’operazione del 7 ottobre 2023,
hanno riportato la questione palestinese sullo scenario globale… (sulla)
necessità/diritto di ricorrere alla resistenza”. Aggiunge poi che “chi ancora
sostiene che Hamas, anziché essere una genuina espressione del popolo
palestinese che lotta, sia una ‘creatura/creazione di Israele’… o è in malafede
o è semplicemente un prodotto umano del colonialismo occidentale duro a morire”.
Paradossalmente, scrive ancora Angela Lano, l’olocausto di Gaza sta sterminando
proprio i discendenti di quegli ebrei che circa 2500 anni fa avevano occupato la
terra di Canaan, quelli che rimasero o tornarono in Palestina e che in parte
mantennero la loro religione, in parte si convertirono al cristianesimo e,
successivamente, in parte si convertirono all’Islam. Praticamente un olocausto
di semiti commesso da sionisti in nome della difesa dall’antisemitismo! Del
resto, la combinazione di interessi tra l’impero coloniale britannico e il
progetto sionista di inizio “900 non si curava di questo, visto che “Il sionismo
si definiva chiaramente come ‘ un movimento ebraico per la colonizzazione
dell’Oriente’.”
Olocausti e pulizia etnica, come mostra questo libro, sono una costante storica
della cosiddetta civiltà occidentale e con pochi esempi, dalle leggi razziali
USA prese a modello da Hitler, all’eugenetica USA, ancora utile esempio per il
nazismo, ai campi di concentramento africani e al conseguente genocidio tedesco
di Herero e Nama trent’anni prima che il nazismo si affermasse, all’apartheid
statunitense vigente fino alla metà del secolo scorso, l’Autrice espone una poco
indagata e molto amara verità: il nazismo non fu un male esterno dell’Occidente
ma un suo prodotto, una filiazione del colonialismo. È “nato nel suo grembo e
ancora vi alberga”: il genocidio in corso in Palestina, supportato dai suoi
complici e tollerato dai loro vassalli ne è una prova, e il potere del sistema
informativo di guidare ad hoc la percezione e di scegliere “un lessico che
anestetizza l’orrore” ne è il sostegno ancillare.
In conclusione, questo libro apre alla discussione con coraggio e onestà
intellettuale e questo è uno dei motivi per cui merita di essere letto. Le prime
presentazioni si avranno il 6 dicembre a Ladispoli (provincia di Roma) e il 13 a
Rovato (provincia di Brescia).
Patrizia Cecconi