Verso il People’s Peace Summit di Gerusalemme, 8-9 maggio. In tantissimi per la ventesima Cerimonia Congiunta dei Combattenti per la Pace
Una bella, condivisa e partecipatissima anticipazione di cosa sarà l’ormai
imminente People’s Peace Summit l’abbiamo già avuta ieri sera con la ventesima
edizione della Joint Memorial Ceremony israelo-palestinese, come sempre
organizzata dai Combattenti per la Pace in collaborazione con il Parents Circle
Families Forum: quest’anno l’evento si è tenuto in un teatro di Giaffa, in
collegamento streaming con una piazza di Beit Jala e con ben 160 altre
postazioni, sparse tra Israele, Cisgiordania, Stati Uniti e varie città in
Europa: una risposta senza precedenti.
Importante la data, che come per tutte le altre edizioni ha coinciso con il
giorno del Yom Hazikarom, in cui Israele ricorda i suoi morti da quando esiste
come Stato. Anche quest’anno, quasi in coincidenza con l’inizio della Memorial
Ceremony, le sirene hanno risuonato per tutta Israele, l’intera nazione si è
fermata e tutti tutti tutti hanno smesso qualsiasi cosa stessero facendo per
mettersi fermi immobili sull’attenti per un minuto. Un minuto che ha inaugurato
l’inizio della celebrazione più solenne dell’anno, persino più solenne del
Giorno della Memoria, la Yom Ha Shoah che si è celebrato pochi giorni fa. In
effetti dal 1948 ad oggi di morti e feriti in terra d’Israele se ne contano a
decine di migliaia, come qualche giorno fa quantificava con puntigliosa
precisione un articolo del Jerusalem Post che potete leggere qui. Una
celebrazione che come tutti gli anni è proseguita più solenne che mai anche il
giorno dopo, con le processioni ai vari cimiteri militari, le bandierine listate
a lutto, le manifestazioni di corale cordoglio. E domani il tutto culminerà con
la Festa dell’Indipendenza, momento dell’anno quanto mai carico di valori
militari.
E dunque immaginiamo cosa possa essere stato per un’organizzazione come i
Combattenti per la Pace decidere di inaugurare vent’anni fa il loro progetto di
congiunto attivismo di pace tra ex militari israeliani ed ex detenuti/militanti
palestinesi, proprio in coincidenza con una simile scadenza: consapevolmente
sfidando quella narrazione unilaterale del dolore che era da sempre la cifra del
Yom Hazikaron e arrivando addirittura a proporre una solidarietà o come minimo
un rispecchiamento nel dolore del fronte nemico, non meno colpito dalla stessa
spirale di violenza.
La prima edizione li vide infatti in pochi, come uno dei fondatori, Sulaiman
Khatib, ama spesso ricordare. Le polemiche e persino i presidi di protesta non
sono mai mancati man mano che questa Joint Ceremony guadagnava adesioni, fino a
raggiungere le 15 mila presenze in un parco centralissimo di Tel Aviv,
nell’edizione precedente al 7 ottobre, disturbatissima dagli oppositori.
La situazione di particolare tensione di quest’anno, come già per l’anno scorso,
ha di nuovo imposto agli organizzatori la scelta di uno spazio chiuso, in un
teatro di Giaffa appunto, e solo per inviti e però fruibile anche in streaming,
registrandosi sia individualmente che come “sedi ospitanti”. Ancora non sappiamo
quante siano state in tutto le visualizzazione, ma ben 160 sono state appunto le
platee oltre a quella di Giaffa: venti postazioni in Israele grazie alla
collaborazione dell’organizzazione “sorella” Standing Together, parecchie anche
in Cisgiordania, la maggior parte nelle varie cappelle della diaspora
ebraico-palestinese sparse in Canada, USA, Europa, con ben nove situazioni in
Germania, e poi in Francia, Spagna, Belgio, dove la proiezione è stata
organizzata addirittura al Parlamento Europeo! Per l’Italia non possiamo non
menzionare il bel collegamento virtuale organizzato da Ilaria Olimpico insieme a
Uri Noy Meir per Imaginaction, e la piccola cittadina di Chiavenna in
Valtellina, con una forte tradizione di pacifismo.
Quest’anno il tema era “Scegliere l’umanità, scegliere la speranza” e sul palco
si sono alternate le testimonianze del palestinese Sayel Jabarin, da Beit Jala,
seguita da quella del giovane israeliano Liel Fishbein sopravvissuto al massacro
nel Kibbutz Be’eri, dove ha perso l’amatissima sorella … e poi quella del
palestinese Mousa Hetawi (in video messaggio causa divieto di ingresso in
Israele) che nell’ultimo anno di guerra a Gaza ha perso 28 membri della sua
famiglia. Di nuovo la straziante storia dell’israeliana Liat Atzili, tra le
prime ad essere liberata tra gli ostaggi, solo per scoprire la morte del marito
e delle figlie e infine il contributo di un’attivista palestinese che ha
preferito l’anonimato, letto dalla compagna Amani Hamdan: impressionante rosario
di perdite, dolore, distruzione, macerie, amputazioni, illuminato però dalla
“speranza che qualcosa possa sempre rinascere, anche dai detriti …”
La conduzione della serata, come sempre in arabo ed ebraico con sottotitoli in
entrambe le lingue (oltre che in inglese) è stata condivisa tra Fida Shehadeh e
Shira Geffen, entrambe ben note nel mondo dell’attivismo israelo-palestinese: la
prima impegnata nel movimento “Hutwa Group” che si oppone all’esproprio e
demolizione delle case, sempre più frequenti anche in Israele, la seconda
attrice e scrittrice dichiaratamente pacifista.
Non sono mancati anche quest’anno i tentativi di boicottaggio, alcuni anche
piuttosto violenti. In merito ecco il comunicato diffuso in serata dalla
coalizione It’s Time che sta organizzando il People’s Peace Summit dell’8-9
maggio: “Questa sera, varie azioni di disturbo hanno tentato di ostacolare lo
svolgimento della Joint Memorial Ceremony organizzata come ogni anno dai
Combatants for Peace insieme al Parents Circle Families Forum, entrambe
organizzazioni da sempre impegnate per la fine della guerra, il ritorno a casa
di tutti gli ostaggi e per una pace duratura su basi di reale giustizia per
tutti. Tutti noi che aderiamo a questo ‘campo di pace’ non possiamo più
tollerare queste intimidazioni. Invitiamo tutti e tutte a partecipare al più
grande evento di pace mai organizzato prima d’ora in Medio Oriente, con il
People’s Peace Summit che si svolgerà l’8 e il 9 maggio a Gerusalemme. Aggiungi
alla nostra anche la tua voce, perché il nostro appello di pace possa farsi coro
e una volta per tutte impossibile da silenziare.”
Daniela Bezzi