A Roma il Climate Pride per la giustizia climatica e sociale e contro il riarmo
Si è svolta sabato a Roma la seconda edizione del Climate Pride, evento che
rientra tra le numerose iniziative in atto nel mondo mentre sono in corso a
Belem, in Brasile, i negoziati della COP30. Alla manifestazione hanno aderito
più di 80 associazioni italiane. Oltre agli ambientalisti storici di
Legambiente, WWF e Greenpeace, hanno animato il corteo di diecimila persone
tanti cittadini e attivisti di Arci, Unione degli Studenti, Amnesty
international, Extintion Rebellion, Fridays For Future, Ultima Generazione, Per
il clima fuori dal fossile, Rete Pace e Disarmo, A Sud, Rete Emergenza Climatica
e Ambientale, Libera contro le Mafie, CGIL.
Partita da Piazzale Aldo Moro, la lunga colorata e gioiosa street parade si è
snodata per le vie della capitale per concludersi in tarda serata a Largo
Preneste. Musica, performance artistiche e molte maschere di animali, compreso
un dinosauro, a simboleggiare l’impatto sulla biodiversità e i rischi di
estinzione della vita multispecie a causa della gravissima crisi climatica che
incombe sul pianeta. Ma anche tanti cartelli di speranza e simboli come pale
eoliche per evidenziare la improcrastinabile necessità di adottare un nuovo
modello economico basato su fonti energetiche pulite e rinnovabili.
Esplicito lo striscione di apertura del corteo: “Dall’Amazzonia all’Europa,
Giustizia Climatica Planetaria”, a significare che i Paesi riuniti in questi
giorni in Brasile devono abbandonare rapidamente il sistema fossile,
estrattivista e coloniale, primo responsabile del cambiamento climatico. Ma
anche causa di forti tensioni geopolitiche e guerre. Non a caso i conflitti
scoppiano soprattutto nelle aree ricche di combustibili fossili come petrolio e
gas. La riprova è data anche dalle guerre in corso in Ucraina e in Palestina.
Gli eventi estremi provocati dal cambiamento climatico già oggi causano molti
morti e ingenti danni economici che, secondo BloombergNEF, nel 2024 hanno
raggiunto 1.400 miliardi di dollari. Se non si riuscirà a contenere l’aumento
del riscaldamento globale entro 1 grado e mezzo – obiettivo dell’Accordo di
Parigi e che secondo molti scienziati con il trend attuale sarà impossibile
raggiungere – alluvioni, siccità e innalzamento del livello dei mari
provocheranno centinaia di milioni di migranti climatici con conseguenti nuove
guerre che potrebbero far impallidire quelle attuali.
Giustizia climatica, giustizia sociale, pace e diritti umani sono obiettivi
connessi tra di loro. Non si può lottare per uno tralasciando gli altri. Appare
pertanto irresponsabile il comportamento di Capi di Stato come il presidente
Trump che si è fatto principale portavoce dei negazionisti climatici,
rilanciando allo stesso tempo l’estrazione e la vendita dei combustibili
fossili. Così come è gravida di pesantissime conseguenze la marcia indietro
ingranata dall’Unione Europea sul Green Deal e la folle politica di riarmo che
sottrarrà enormi risorse economiche alla transizione ecologica, al sostegno
delle comunità colpite dai disastri climatici e ai bisogni primati della
popolazione come salute, istruzione e welfare.
Per le associazioni promotrici il Climate Pride è solo una tappa della
mobilitazione che proseguirà nelle prossime settimane e mesi, nella convinzione
che solo un diretto coinvolgimento dei cittadini e una forte pressione dal basso
– contro ogni criminalizzazione del dissenso – può contrastare l’enorme potere
delle lobby del fossile e degli armamenti che, per perseguire i loro interessi,
dettano l’agenda economica e politica dei governi.
Foto di Mario Pizzola
Mario Pizzola