RWM: fabbrica di bombe come modello di sviluppo europeo?
Il lungo elenco di irregolarità ha consentito alla fabbrica di bombe RWM di
ingrandirsi senza ostacoli sul territorio del Sud Sardegna. Ora una dettagliata
lettera scritta da tredici associazioni pacifiste e ambientaliste, da un partito
e da un’organizzazione sindacale, prima firmataria Italia Nostra, elenca tutti
gli abusi non sanabili commessi; la mancata presentazione alla Soprintendenza
Archeologica, Paesaggistica e Beni Ambientali di progetti per opere ricadenti in
area a vincolo paesaggistico; addirittura la costruzione di impianti industriali
(magazzini, strutture produttive, locali tecnici, piazzali) in una zona a
rischio idraulico Ri4 perché realizzati all’interno della fascia di 150 metri
dal letto del Rio Figu. Quindi con gravi rischi di esondazione e conseguente
coinvolgimento di strutture ad alta pericolosità.
La scheda tecnica, presentata ufficialmente alla presidente della Regione
Alessandra Todde, diviene uno strumento fondamentale per quella Valutazione di
Impatto Ambientale (VIA) che dovrà essere data entro i termini fissati dal TAR
perché la fabbrica, già in espansione, possa essere autorizzata ad un vasto
ampliamento.
Mentre la Regione prende tempo, il governo dimostra ancora una volta di essere
insofferente sul rispetto di regole fondamentali per la sicurezza dei cittadini.
La prima sollecitazione a fare in fretta è giunta all’assessore all’industria
Cani. Molto più esplicito il deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda che
è anche presidente della IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni
della Camera. Ecco cosa ha dichiarato: “La gestione da parte della Giunta
Regionale della Sardegna dell’ampliamento dello stabilimento RWM è guidata
dall’ideologia e rischia di condannare l’isola ad una reputazione di ostilità
verso l’industria e lo sviluppo (…). Le nostre navi commerciali come le
difendiamo dalla pirateria e dagli attacchi nel Mar Rosso? (…). Così facendo
stanno condannando l’isola ad una decrescita infelice”. Singolare affermazione
fatta contestualmente alle affermazioni del ministro Urso sul fallimento
dell’ipotesi polo-zinco a Portovesme e nei giorni di allarme sindacale con
contestuale silenzio tombale del governo sull’Eurallumina. Nessun impegno,
passiva accettazione della totale deindustrializzazione.
Il non detto, quindi, è che l’unico sviluppo industriale sarà quello della
produzione di armi ed esplosivo in omaggio alla Rheinmetall l’azienda
proprietaria della RWM che, secondo quanto qualche giorno fa ha scritto
Huffington Post, è diventata la nuova potenza militare d’Europa. Potenza
militare con ambizioni imperialiste: colonizzazione delle aree più sofferenti di
tutta Europa. Tra queste, ovviamente, il Sulcis.
Ma il governo della Sardegna può davvero accettare passivamente questa logica di
militarizzazione di tutto il continente esplosa negli ultimi tre anni e mezzo?
Logica giustificata con cosiddette esigenze di difesa, così come ha tentato di
dire anche il deputato Deidda. Eppure sono le stesse cifre diffuse dalla RWM
Italia a smentire questa versione dei fatti. Il bilancio al 31 dicembre 2024
dimostrava che mentre il portafoglio degli ordini dichiarava un totale del 15.5%
per l’Italia – contro l’80.4% per l’estero –, molto più netto è stato il divario
dei ricavi: dall’Italia solo l’1.8% contro il 24.8% dall’Unione Europea e il
64.3% dai Paesi extraeuropei. Economia di guerra? Sì, dunque. E tutto questo
sarebbe in linea con il sacro articolo 11 della Costituzione?
La vocazione alla pace dell’Italia e della Sardegna deve dunque passare per
fermare l’ossessione europea del riarmo destinando a questo settore cifre
iperboliche contro tutti gli altri bisogni della società, in particolare a danno
delle componenti più sofferenti e fragili. In Sardegna il no a questa nuova
forma di colonizzazione, subdola, fatta in nome dei posti di lavoro trovati
nell’attuale deserto occupazionale, deve passare sia attraverso la ricerca di
una solida riconversione industriale della fabbrica delle bombe, sia attraverso
la scrittura di un nuovo statuto che non solo promuova l’autogoverno ma che
respinga qualunque tentativo di colonizzazione dell’isola, men che meno quella
che affida agli oggetti portatori di morte non di pace un possibile futuro
economico. La battaglia riguarda in prospettiva anche tante altre zone italiane
in difficoltà. Se passa la linea del ‘comunque si deve fare’, l’operazione si
diffonderà rapidamente a macchia d’olio.
p.s. Articolo 21 liberi di… continuerà a seguire, con appuntamento settimanale
il giovedì, gli sviluppi della vicenda RWM.
Ottavio Olita, 12 novembre
Articolo 21