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Caso D’Orsi e Barbero: Contro la censura di guerra martedì sit it a Torino
La capitale sabauda, nell’ultimo mese, è stata teatro di un deciso salto di qualità sul piano dell’impedimento della libera circolazione delle idee. E’ bene comprenderlo a fondo per poterlo fermare, prima che sia troppo tardi. Nel mese di novembre è stata impedita una conferenza del Professor Angelo D’Orsi, contro la russofobia, al Polo del 900. La censura è stata sollecitata dagli onorevoli Calenda e Picerno ed è transitata dal sindaco di Torino, il piddino Lorusso. Nei giorni scorsi, i salesiani di Torino hanno ritirato la disponibilità all’utilizzo del Teatro Grande Valdocco – che era stato regolarmente concesso e affittato – impedendo in questo modo la conferenza dei professori Alessandro Barbero e Angelo D’Orsi su “ La democrazia in tempo di guerra. Non sappiamo chi, questa volta, abbia fatto pressioni per far saltare tutto ma certo debbono aver portato argomenti molto convincenti… Interessante notare che il giornale “la repubblica”, nel dare la notizia della censura, ha titolato: “Democrazia in tempo di guerra, annullato l’incontro filorusso con gli storici D’Orsi e Barbero”. Questo titolo, che riassume la calunnia di cui viene fatto oggetto chiunque si opponga alla guerra, ci dice tre cose : – Parlare di democrazia in tempo di guerra viene oggi etichettato come posizione filo russa. Si tratta palesemente di una calunnia, di una fake news in quanto il dibattito verteva sull’Italia e non sui rapporti tra questa e la Russia. Siamo quindi nel regno della disinformazione gestita dai media main stream. – La seconda è che l’essere considerati filorussi viene considerato illegittimo se non ancora illegale. Ora, si può pensare quello che si vuole sulla Russia ma non risulta che ad oggi l’Italia sia in guerra con la Russia e quindi questa accusa, come se si trattasse di intelligenza con il nemico, corrisponde all’applicazione di una preventiva censura di guerra prima che questa sia stata dichiarata. Le classi dominanti italiane che comandano sulla politica e sui giornali, hanno quindi deciso la guerra e stanno cercando di criminalizzare chi si oppone. – La terza considerazione è che le classi dominanti italiane, di centro destra come di centro sinistra, che si muovano sul terreno politico come su quello giornalistico, sono portatori di una stessa ideologia, finemente sintetizzata dal loro vero riferimento ideologico: “Taci che il nemico ti ascolta!”. Si tratta di una situazione che in Italia non ha precedenti da dopo la liberazione dal nazifascismo e la nascita della Repubblica (quella fondata sulla Costituzione, non quella cartacea emula del Popolo d’Italia del 1914). Si tratta quindi di capire bene perché questo avviene. Innanzitutto ovviamente non è un fatto unicamente torinese: il linciaggio a cui viene sottoposta Francesca Albanese ogni qual volta si esprime pubblicamente è indicativo del clima di caccia alle streghe. Il tentativo di distruggere il patrimonio simbolico e morale che rappresenta Francesca, il tentativo di screditarla e di dipingerla come una pericolosa estremista è palese e fa parte della stessa strategia posta in essere a Torino contro D’Orsi e Barbero. Ad oggi le aggressioni sono mediatiche e non fisiche ma certo non per questo sono un bagno di salute per chi le subisce. Colpirne uno per educarne cento pare essere la massima a cui si ispirano i novelli manganellatori mediatici di casa nostra. Tre considerazioni mi sorgono spontanee. La prima considerazione riguarda la debolezza dei guerrafondai: nonostante una asfissiante campagna bellicista condotta a reti unificate da oltre 3 anni, la maggioranza della popolazione italiana continua a rimanere contro la guerra e contro l’aumento delle spese militari. Non riuscendo ad avere ragione delle coscienze delle persone debbono impedire che si levino voci contrarie alla guerra che autorevolmente possano fornire punti di riferimento, se non politici culturali e morali, per la maggioranza silenziosa ma dissidente. La loro debolezza è quindi all’origine delle loro azioni che contraddicono completamente la retorica democratica che caratterizza i nostri guerrafondai. Per questo oggi vengono presi di mira intellettuali blasonati, fatto certamente non usuale. In genere il potere cerca di neutralizzare gli intellettuali, cerca di blandirli e di cooptarli, non di renderseli avversari. Evidentemente anche solo il dissenso verbale, intellettuale viene considerato intollerabile: Dopo aver normalizzato i partiti con le leggi elettorali maggioritarie e con gli sbarramenti, dopo aver messo mano sulla quasi totalità dell’universo informativo, stanno adesso cercando di intimorire e quindi di tacitare le voci intellettuali che osano dissentire dal coro mortifero della propaganda bellicista. E’ un significativo salto di qualità anche perché l’attacco a intellettuali molto conosciuto parla agli intellettuali meno conosciuti, a chi ha bisogno di passare il concorso, a chi vuole uscire dalla condizione di precarietà per diventare ordinario, a chi ha bisogno di pubblicare… Questo spiega perché ci troviamo dinnanzi ad un ulteriore giro di vite sugli spazi democratici in molti paesi europei – basti pensare alla Francia, la Germania e l’Inghilterra – ed anche in Italia: Non riuscendo ad impedire “con le buone” che la maggioranza del popolo italiano abbia un orientamento pacifista, vogliono impedire “con le cattive” che questa maggioranza possa trovare delle forme per esprimere il proprio convincimento in forma collettiva, come ad un certo punto è successo contro il genocidio di Gaza. Per questo stanno agendo preventivamente – e lo faranno ancora di più – affinché il dissenso dalle politiche di guerra venga completamente individualizzato e privatizzato, in modo da non essere più riconosciuto come una possibile alternativa nemmeno da parte di coloro che ne sono fermamente convinti. La censura imbavaglia gli intellettuali per impedire che la maggioranza della popolazione italiana, che è contro la guerra e il riarmo, possa far valere le sue ragioni e fermare le sciagurate scelte politiche dei governanti italiani ed europei. Se questo è vero quattro mi paiono le principali piste su cui dobbiamo muoverci noi, che – al contrario del generale Cavo Dragone – vogliamo muoverci in sintonia e osservanza con la Costituzione italiana la quale recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ”. La prima è la difesa concreta di ogni spazio democratico, a tutti i livelli, contro la piovra guerrafondaia bipolare che ha occupato quasi per intero lo spazio della politica, dell’informazione e adesso vuole occupare quello della produzione delle idee. Anche per questo abbiamo organizzato per martedì 9 dicembre alle ore 18 un sit in Piazza Palazzo di città a Torino per protestare contro la censura, la guerra, le spese militari. La seconda scelta è quella di rispondere al restringimento degli spazi democratici con l’allargamento della partecipazione popolare dal basso. La nostra forza risiede nel convincimento popolare contro la guerra. All’escalation militare e repressiva dei nostri avversari noi dobbiamo rispondere con una escalation democratica e partecipativa. Anche per questo stiamo operando al fine di riorganizzare la conferenza censurata a Torino in uno spazio pubblico più grande di quello negato, per far partecipare più gente. La scelta di attuare forme di lotta radicalmente nonviolente e limpidamente comunicabili alla maggioranza della popolazione, non è quindi una scelta morale ma un obbligo politico per porsi l’obiettivo di sconfiggere i nostri criminali avversari. La terza scelta è quella di tenere unita la lotta per la difesa degli spazi democratici e per la pace con la lotta contro l’aumento delle spese militari e per la difesa del welfare, dei diritti sociali. Le bombe non fanno danni solo quando esplodono ma anche quando vengono costruite perché implicano uno spostamento di risorse che distruggendo la sanità pubblica, la previdenza pubblica, l’assistenza pubblica, abolisce ogni conquista sociale e favorisce la guerra tra i poveri. La lotta per la difesa del welfare e contro le spese militari sono i punti principali da cui partire per sconfiggere l’offensiva di chi vuole condannarci alla guerra. La quarta, ovviamente, è la costruzione di una coalizione politica contro la guerra e il liberismo, che proponga esplicitamente una alternativa a questi poli politici di centro destra e centro sinistra che rappresentano due facce della stessa medaglia guerrafondaia e liberista come ampiamente documentato in questo video https://www.youtube.com/live/BAr5hp91cNI?si=fU5uoetNEMl1MD7U  La nostra risposta a chi ci vuole arruolare e farci mettere l’elmetto non può che essere la diserzione di massa! Vediamoci tutte e tutti a Torino martedì 9 alle ore 18 in Piazza Palazzo di città. Paolo Ferrero
Torino, “Democrazia in tempo di guerra” al Circolo Arci La Poderosa
Come avevamo annunciato al termine della esaltante serata del 12 novembre a Torino, al Circolo ARCI “LA PODEROSA”, in risposta alla censura nei confronti dello storico Angelo D’Orsi disposta su indicazione di una serie di personaggi del sottobosco politico nazionale, è stata organizzata, con la collaborazione della dirigenza dello stesso Circolo, un altro evento, di ben maggiore rilievo. Al di là del numero e del prestigio di coloro che hanno accettato l’invito, a cominciare dall’amico e collega Alessandro Barbero (che ringrazio di cuore), si tratta, nella mia personale prospettiva, di un evento che vuole proseguire il tragitto per dar vita a un grande movimento contro la menzogna, contro la narrazione unilaterale, contro la censura alla libertà di informazione, di pensiero, di ricerca, contro il tentativo di militarizzare la scuola, l’università, la cultura, contro la pretesa di piegare la scienza agli interessi di chi produce armi per giocare alla guerra: contro tutto ciò che ci sta spingendo a un conflitto con la Federazione Russa, che sarebbe un salto nel vuoto, con prevedibili rischi di annientamento da parte della maggiore potenza nucleare nel mondo. Perciò questa iniziativa come la precedente si propone anche come una denuncia della russofobia. E vuole essere anche un monito alle classi politiche che in preda alla follia bellicistica, e accanto ad esse, anche e forse soprattutto agli “opinionisti”, i soldatini e le soldatine dell’immenso, grottesco esercito dell’ “Armiamoci e partite!”. Ci vadano loro a combattere per un regime corrotto come quello di Zelensky! Devono ricevere i nostri s/governanti italiani ed europei, il nostro “BASTA!”. Un grido che noi eleviamo ed eleveremo nei prossimi mesi, e che esprime, lo sappiamo, la volontà delle masse popolari. NOI NON VOGLIAMO LA GUERRA. NON VOGLIAMO GETTARE NELLA FORNACE BELLICA LE NOSTRE VITE, QUELLE DEI FIGLI, QUELLE DEI NIPOTI, QUELLA DELLA INTERA UMANITÀ. Di seguito, istruzioni per la partecipazione https://www.eventbrite.com/e/democrazia-in-tempo-di-guerra-tickets-1976580054150 Redazione Torino
Intervista ad Angelo D’Orsi
La vicenda è nota: Angelo D’Orsi, storico e accademico, avrebbe dovuto tenere una conferenza dal titolo “Russofobia, russofilia, verità” presso il Polo del 900 a Torino ma l’evento previsto per il 12 novembre è stato annullato, a seguito di un post di Carlo Calenda che ha chiesto al sindaco di Torino Stefano Lo Russo di intervenire per fermare l’iniziativa definendola “propaganda putiniana” richiesta che è stata rilanciata da Europa radicale e da Pina Picierno, vicepresidente PD del Parlamento europeo. A stretto giro è poi arrivata una presa di posizione ufficiale dell’Anppia nazionale, che ha preso le distanze dall’adesione della sua sezione torinese alla conferenza. A fronte di quello che a molti appare come un atto di censura, il circolo Arci La Poderosa ha offerto la propria sede per ospitare l’incontro con la partecipazione del giornalista Vincenzo Lorusso, in collegamento da Lugansk, di Alessandro Di Battista e di Moni Ovadia. Questo l’antefatto. Certo il confronto tra la manifestazione degli antiputiniani doc che si è svolta nel tardo pomeriggio in centro e la serata a La Poderosa è impietoso: una sessantina mal contata contro un capiente salone stracolmo già un’ora prima dell’inizio della conferenza, tanto che gli organizzatori hanno dovuto predisporre sedie e impianto audio nel cortile e c’era parecchia gente ad ascoltare assiepata anche in strada. Prima dell’inizio della conferenza sono riuscito a chiedere a d’Orsi qual è il senso del titolo della sua riflessione su russofobia, russofilia, verità e cosa pensa della censura che lo ha colpito. “In generale” mi ha risposto il professore “diciamo che la russofobia, pur avendo momenti alterni, in realtà ha degli elementi di fondo. Vale a dire che i russi sono presentati non solo come orientali, ma come barbari, diversi da noi, sono un altro da noi che noi non interessa conoscere, con il quale non ci interessa dialogare. Questo è l’elemento di fondo che attraversa le varie epoche. Ci sono stati però anche dei momenti di russofilia, cioè di attenzione benevola verso la Russia, ad esempio quando è andato al potere Gorbaciov, oppure c’è stato un momento più remoto di russofilia dopo la prima rivoluzione russa, quella del febbraio del 1917 con la caduta dello Zar che aveva suscitato un entusiasmo anche nel mondo occidentale, e perfino con la nascita dello Stato Sovietico c’è stato un momento di attenzione benevola per ciò che stava accadendo in Russia e tra l’altro Torino è stata capofila da questo punto di vista. Noi non possiamo concepire, infatti, un’identità europea che escluda Tolstoj, Dostoevskij, Cechov, o tutto ciò che la Russia ha prodotto nei secoli perché è parte intrinseca della nostra identità europea. La russofobia poi invece ha prevalso negli anni della guerra fredda e, dopo la fine dell’URSS, da quando Putin è salito al potere. “Oggi” ha proseguito d’Orsi “i media hanno cominciato di nuovo a spargere una russofobia veramente estrema, anche grottesca, ridicola, di cui noi siamo ancora vittime. Allora lo scopo della mia conferenza è proprio questo, provare a mettere un po’ le cose in chiaro, analizzando le scaturigini storiche, le implicazioni politiche e la situazione attuale, mostrando anche l’assurdità e la stupidità della russofobia.” Alla mia domanda sull’annullamento della serata al polo del 900, il professor d’Orsi ha risposto: “assolutamente non mi aspettavo, non avrei mai potuto immaginare, neanche in un incubo, che nella mia città, dove io sono stato professore universitario per 45 anni, dove ora insegno come professore a contratto al Politecnico, mi si impedisse di tenere una pubblica lezione. Non mi è mai successo, io faccio lezioni un po’ dappertutto, tra novembre e dicembre ne farò due a Parigi, una a Teheran, a Saragozza, a Barcellona e in varie città italiane. Ma che nella mia città mi impedisse di fare una conferenza al Polo del Novecento, è veramente una cosa raccapricciante. Calenda è un personaggio per me patetico, però ho anche contato che ieri erano 500 i messaggi, adesso sono di più, di solidarietà, in cui mi incoraggiamo a non mollare, andare avanti, e così via. Anzi, mi invitano ad approfittare di questa situazione per rilanciare un movimento che parta da alcune basi, uno delle quali è il rifiuto della guerra, il rifiuto del sostegno a questa guerra accelerata in cui noi siamo pienamente implicati. Insomma, io prima non mi aspettavo la censura e dopo non mi aspettavo tanto movimento di solidarietà, che non è solidarietà ad Angelo D’Orsi, che non conta niente, ma è solidarietà all’idea che non possiamo lasciarci sopraffare, non possiamo perdere il diritto all’espressione di un pensiero diverso rispetto al pensiero binario cioè che se non sei a favore di Zelensky, sei per Putin, se non sei a favore di Netanyahu, sei per Hamas, c’è solo il 7 ottobre, il 22 febbraio eccetera, eccetera. In realtà è compito dello storico di far vedere proprio i processi che portano alle situazioni attuali e questa conferenza è parte del mio mestiere di storico. Quindi la parola verità nel titolo ha proprio questo senso. Il compito della storia è accertare la verità al di là della russofobia e della russofilia, tutto qua”. Questi concetti sono stati approfonditi dal professor d’Orsi durante la conferenza che ha visto la partecipazione on line di Vincenzo Lorusso, intervenuto da Lugansk, Alessandro Dibattista e Moni Ovadia che hanno espresso solidarietà e sdegno per la censura e preoccupazione per il clima di intolleranza verso le voci indipendenti portato avanti da questo governo di destra ma purtroppo anche da parti dell’opposizione. D’Orsi ha concluso con queste parole la serata a La Poderosa: “Il fascismo ha sempre imposto il proprio potere non solo con la repressione ma soprattutto con la prevenzione e l’atto di censura preventiva che voleva impedirmi di parlare gli assomiglia molto” Cesare Manachino Redazione Torino
Torino, annullata la conferenza “Russofobia, russofilia, verità”. La risposta di Angelo D’Orsi
Non è tardata ad arrivare la risposta del prof. Angelo d’Orsi che con un comunicato ufficiale ha umiliato il PD torinese, nazionale e Pina Picierno. Massima solidarietà al Professor Angelo d’Orsi e condivisione come chiesto da quest’ultimo nel medesimo comunicato. Nella città di Gramsci e Gobetti, medaglia d’oro alla Resistenza, è una vergogna che un sindaco del PD vieti – sulla linea della cancellazione delle esibizioni degli artisti russi – una conferenza sul conflitto russo-ucraino ad un noto esponente dell’accademia torinese solo perché contrasta con la vulgata del regime NATO sostenuta senza pudore dal governo Meloni, dalla destra italiana, dai neoliberali Renzi e Calenda e dal PD. Di seguito il comunicato di D’Orsi. La mia conferenza “Russofobia, russofilia, verità”, prevista l’11 novembre a Torino nei locali del Polo del ‘900 è stata inopinatamente annullata. L’accusa che ‘spiega’ l’annullamento è la stessa che ha impedito al direttore d’orchestra russo Gergiev, al baritono Abdrazaov, per citare solo gli ultimi episodi di cronaca, ossia di fare ‘propaganda’. E quindi senza neppure aspettare che io tenga la mia conferenza vengo poco democraticamente silenziato in nome della democrazia, di cui l’Occidente sarebbe il faro, mentre la Russia di Putin affoga nella ‘autocrazia’. Chi sono io? Sono un ‘terrone’ (salernitano) e vivo a Torino dal 1957, e vi ho compiuto tutti gli studi dalle Medie all’Università dove mi sono laureato con Norberto Bobbio. Sono stato professore ordinario di Storia del pensiero politico nell’ateneo cittadino, e ho insegnato nelle Facoltà di Scienze politiche e di Lettere e Filosofia, diverse altre discipline. Ho collaborato alla creazione dell’Archivio storico dell’ateneo e ho inventato e diretto per un quindicennio i ‘Quaderni di Storia’ dell’Università di Torino. E tra i miei libri ve n’è uno, molto corposo, specificamente dedicato alla nostra università (Allievi e maestri, l’Università di Torino tra 800 e 900). Ho 43 anni di docenza alle spalle, senza contare gli ultimi tre anni nei quali sono stato docente a contratto al Politecnico.  Ho presieduto per anni il più importante corso di laurea della mia Facoltà, quello in Scienze politiche. Di Torino ho studiato la storia culturale pubblicando opere rimaste come pietre miliari, a cominciare da La cultura a Torino tra le due guerre (2000) il libro più discusso in quell’anno, vincitore di premi importanti. Ho scritto la biografia dei tre iconici intellettuali del 900 che hanno operato sotto la Mole: Antonio Gramsci, Leone Ginzburg e ultimo Piero Gobetti, che uscirà in libreria tra qualche mese. Ho fondato e diretto le riviste ‘Historia Magistra’ e ‘Gramsciana’ che escono tuttora e sono considerate testate autorevoli a livello internazionale. Sul piano della milizia civile, dopo essere stato redattore capo del glorioso foglio di GL ‘Resistenza’, ho fondato e diretto ‘Nuova Sinistra’ e, anni dopo, ‘Nuvole’, che poi ho abbandonato. Giornalista pubblicista del 1971 (ho ricevuto la targa per i Decani dei giornalisti piemontesi), ho collaborato intensamente per un ventennio al quotidiano La Stampa e ad altri quotidiani (Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Il Manifesto…). Ho pubblicato oltre 50 volumi, e miei scritti sono usciti in inglese francese spagnolo portoghese tedesco serbocroato: è appena stata pubblicata la traduzione spagnolo della mia biografia di Gramsci, per citare solo l’ultimo esempio. Ho preso parte, sempre, alla vita culturale e al dibattito civile e politico, da indipendente, in città e sul piano nazionale Sono stato anche, sempre come indipendente, candidato sindaco di una coalizione di sinistra. Le mie posizioni di sinistra sono note a tutti, e non tocca a me sottolineare il mio peso di studioso e di intellettuale, ma credo sia universalmente riconosciuto. Ebbene, non avrei mai (e dico mai) potuto immaginare che venisse annullata una mia conferenza nella mia città. Era previsto anche un collegamento dal Donbass con un giornalista italiano, Vincenzo Lorusso, in quanto autore di un recente volumetto intitolato ‘De russophobia’, quindi persona informata e qualificata per parlare. Ma questo era un ‘di più’: il cuore dell’incontro annullato era precisamente la mia conferenza. Dopo un comunicato di una ignota associazione ucraina e di una sigla legata al Partito Radicale (che, ricordo, ha sempre sostenuto le forze di estrema destra nei Balcani e ora in Ucraina, contribuendo a far scarcerare il responsabile dell’omicidio del nostro fotoreporter Andrea Rocchelli, nel Donbass), è scesa in campo la ben nota Pina Picierno (che ricopre la carica di vicepresidente del Parlamento UE), la quale e ha chiesto anzi ingiunto al sindaco di Torino di far annullare l’evento. Così è avvenuto. E io l’ho saputo da un post gongolante della stessa signora, prima che gli organizzatori me lo comunicassero. Ora mi aspetto che la ministra dell’Università venga al mio fianco e mi faccia tenere la conferenza come ha fatto con rulli di tamburi e squilli di trombe con Emanuele Fiano (al quale nessuno aveva vietato di tenere conferenza, ma era stato contestato dagli studenti, cosa ben diversa e che dopo l’episodio sta girando la Penisola per godere dei frutti di quell’episodio). Mi aspetto che il sindaco di Torino dichiari di non essere intervenuto per bloccare la conferenza. Mi aspetto che l’ANPPIA nazionale che a quanto leggo su agenzie di stampa avrebbe sconfessato la sezione locale, ente organizzatore della conferenza, mi chieda scusa. E aspetto le scuse anche della presidenza e della direzione del Polo del ‘900. Mi aspetto che la segretaria del PD sconfessi la Picierno. Mi aspetto un gesto di solidarietà dal mondo accademico e intellettuale, almeno cittadino. Temo che nessuno di questi atti avverrà. Perciò chiedo alle testate giornalistiche con le quali ho collaborato in passato o collaboro nel presente, e ai programmi televisivi delle diverse reti di quali sono stato e sono frequentemente ospite di pubblicare questa mia o di darmi spazio per esporre pubblicamente le mie ragioni nel primo momento utile. Che ad uno storico di professione, un accademico ‘togato’, frequentemente invitato a tenere lezioni in Europa e fuori (le prossime saranno a Parigi, Saragozza, Barcellona, Teheran), venga impedito di tenere una pubblica conferenza è un fatto inaccettabile, di cui sarebbe vergognoso tacere o sarebbe colpevole sottovalutare. Angelo D’Orsi Redazione Italia
Ferrero (PRC): noi difendiamo il diritto di parola. Nella censura ad Angelo D’orsi c’è la seconda sepoltura di Piero Gobetti
Paolo Ferrero, segretario provinciale di Rifondazione Comunista ha dichiarato. “Di fronte alla vergognoso censura ad Angelo D’Orsi attuata dalle istituzioni cittadine le strutture del “movimento operaio e comunista” sopperiscono e quindi il dibattito si terrà ugualmente nella sede della Poderosa, in via Salerno a Torino. Nell’invitare a partecipare tutt@ coloro ritengono inaccettabile il sopruso censorio del dibattito sulla russofobia, voglio sottolineare come in questo episodio di squadrismo istituzionale richiesto ed attuato da parte di chi si professa liberale – dal PD ai radicali a Calenda – si manifesta la fine ingloriosa del pensiero liberale. Un tempo si presumeva che i liberali, pur nella loro indifferenza ai diritti sociali, difendessero i diritti civili e la libertà di parola. Adesso più nemmeno quello, arruolati come sono nelle falangi isteriche di chi vuole spezzare le reni alla Russia usando i poveri ucraini come carne da macello. Questa degenerazione fa impressione e rappresenta a tutti gli effetti il completo tradimento di Gobetti, che dopo essere stato assassinato dai fascisti viene oggi ucciso per la seconda volta da parte di coloro che si vantano di esserne gli eredi. Vergogna!” Rifondazione Comunista - Sinistra Europea