Kickboxing nelle scuole: riflessioni su bullismo e violenza
Presentare su Orizzonte Scuola (clicca qui per la notizia), seguitissimo media
online, tanto da essere spesso confuso addirittura con l’ufficio stampa del
MIM, le arti marziali nelle scuole contro bullismo e violenza come “la proposta
innovativa di Forza Italia” è sconcertante: ci sembra oltre che un errore
lessicale, in quanto la dinamica muscolare “azione-reazione” è vecchia quanto
l’homo “sapiens”, anche un errore concettuale e pedagogico.
Come si fa a proporre la kickboxing a Scuola, luogo di esercizio della parola,
del confronto pacifico per dirimere il conflitto, come occasione per crescere e
produrre pensiero critico e non come “malattia”, come idea innovativa?
Altro errore da parte del collega giornalista, probabilmente dovuto ad una certa
ignoranza in materia di educazione fisica e, appunto, di discipline o arti
marziali, è confondere la “disciplina” con la capacità di obbedire!
Altro errore è annoverare la kickboxing tra le arti marziali addirittura
“millenarie”: sebbene alcune figure e posizionamenti nel combattimento derivino
da arti marziali antiche la kickboxing è una versione molto violenta che trae
origine da un passato relativamente recente, nel Giappone degli anni ’60, non a
caso proprio quegli anni in cui il paese orientale dopo la sconfitta e la
tragedia di Hiroshima e Nagasaki iniziarono ad avvicinarsi quasi da paese
colonizzato, agli USA e al lato oscuro della loro cultura capitalistica di
stampo anglosassone, basata notoriamente sulla sopraffazione, colonialismo di
insediamento e non ultimo il genocidio.
Si stimano, infatti, tra i 50 e i 60 milioni, i nativi americani uccisi in vari
modi nel corso dei secoli e svariati milioni in Nordamerica, patria anche delle
famigerate scuole-lager residenziali, dalla nascita degli USA. Il fenomeno del
bullismo è uno di quei cavalli di battaglia dei propugnatori di una visione
sicuritaria e poliziesca di un fenomeno che spesso, a torto, viene indicato come
una delle emergenze principali della Scuola; peraltro, a volte seguire questa
tendenza nordamericana, si rischierà di dover discutere in futuro anche di
metal-detector e guardie giurate.
Più di una volta l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università ha stigmatizzato la presenza delle Forze dell’Ordine a scuola, in
particolare la Polizia Postale, che, affrontano il tema sul versante del
cyberbullismo sempre in un’ottica repressiva o fintamente preventiva, afferma
“chiama il numero verde! Non sei sol3! Denuncia la violenza che hai subito, ti
assisteremo noi con i nostri avvocati!”.
Questo è, in sintesi, il messaggio lanciato nelle classi scolastiche, per
esempio, dal progetto Bulli-Stop. Puntando sulla parte emotiva del cosiddetto
“Teatro pedagogico” in cui giovani attori simulano, di fronte agli studenti e
alle studentesse, situazioni del loro passato in quanto vittime di bullismo, i
giovani vengono stimolati, appunto, a denunciare e ad incamminarsi in un
percorso giudiziario quasi fosse un riscatto costruttivo per la crescita della
persona. Come nel caso della violenza di genere, oltre al fatto che il tribunale
non risolve mai nulla, si sottovaluta la vittimizzazione secondaria causata da
una cronaca giornalistica scandalistica e da processi giudiziari sempre troppo
lunghi. Come nel caso della Ginnastica Dinamica Militare Italiana (GDMI) secondo
un approccio pedagogico distorto, secondo Forza Italia è lecito passare
direttamente a “menare le mani”!
Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione della scuola e della
università.