Marcello Fois / Distrarsi dalla morte
Dopo la lettura de L’immensa distrazione mi sono chiesta se nella narrativa
italiana contemporanea esista un autore che proponga, con estrema efficacia,
saghe familiari che rispecchiano il genere, anche come canone internazionale,
sebbene imprimendo caratteristiche tipiche della nostra storia e della nostra
cultura. Marcello Fois è sicuramente, per i cercatori di tale categoria
letteraria, uno degli scrittori più autorevoli nel nostro panorama. L’evidenza
si era già fortemente palesata con la saga dei Chironi in Stirpe e nei due
seguenti volumi, e chi ha dimestichezza con questa narrativa sa bene che per
poter permettere di far vivere, convivere, tanti personaggi con svariate
sottotrame, un autore deve necessariamente possedere doti assimilabili ed
equiparabili a un direttore di orchestra.
La Sardegna era l’ambientazione naturale per i Chironi, per la famiglia
Manfredini –protagonista di L’immensa distrazione – viene invece scelta
l’Emilia, un luogo completamente diverso, a suo modo per chi lo conoscesse,
dotato di un fascino particolare e unico, privilegio invero tipico di ogni zona
di Italia.
Il 21 febbraio 2017 Ettore, ormai ultranovantenne, si sveglia in una mattina
grigia dalla luce sciropposa: «Conosceva lo stridore di corvi e cornacchie sui
rami dei pioppi scheletrici, i richiami delle volpi dalle tane negli argini, i
muggiti e grugniti dal suo mattatoio oltre la siepe e la voluttà dalle mute dei
gatti che ne leccavano i pavimenti. Tutto come sempre, dunque, in quella mattina
di acciaio. Oppure no?»
No, in verità Ettore Manfredini, proprietario di una delle aziende di
allevamento più importanti dell’Emilia e del Nord Italia, si sveglia, ma è un
risveglio falsato, il suo corpo è deceduto, il protagonista capostipite si rende
conto che la sua anima rileggerà ogni passaggio decisivo, ogni sfumatura
ininfluente di un intero secolo di vita della sua famiglia, dei suoi figli e dei
suoi nipoti. Come Gregor Samsa, protagonista della Metamorfosi di Franz Kafka,
Ettore al proprio e singolare risveglio dovrà fare i conti con una temporanea
realtà esistenziale, un bilancio di vita che lo porterà a rivedere le scelte e
la conduzione di una vita intera.
I personaggi della famiglia sono tanti, il romanzo ripercorre nella prima parte
la famiglia di origine di Ettore, i genitori di quest’ultimo, Vittorio e Elda, e
il racconto di come lui ottiene il mattatoio Kosher della famiglia Teglio, ebrei
perseguitati dalle leggi razziali. Il mattatoio andrà ai Manfredini e verrà
trasformato negli anni in un’azienda importante, non solo da un punto di vista
economico, ma sarà trampolino per l’ascesa sociale agognata da Ettore;
l’allevamento e la macellazione sono centro e fulcro della narrazione,
personaggio al pari di tutti gli altri, grande metafora esplicativa della storia
di questi protagonisti dagli ideali e dagli affetti non propriamente positivi.
Nella seconda parte conosceremo i figli di Ettore e Marida Teglio, Carlo,
Enrica, Edvige ed Ester, e così Luisa, la moglie di Carlo, con il figlio Elio,
Roberto, marito di Enrica e la loro figlia Elisa.
Anche se scritto in terza persona, forma da prediligere per questo tipo di
narrazioni, la voce di Ettore è come una serpentina che attraversa l’intero
romanzo, alternando una dualità, un vocalizzo più intimo e introspettivo, con
uno più generico che racconta il succedersi delle generazioni intessute al
contesto storico nazionale. Tipico di queste narrazioni è il concatenarsi di
eventi più o meno gravi, espedienti tensivi per catturare il lettore e
coinvolgerlo nella trama. Una delle particolarità di Fois è lo schema
costruttivo che usa, l’innesto di brevi e fulmine rivelazioni e le sue riprese
successive largamente poi sviscerate, chiudendo, con soddisfazione del lettore,
ogni livello di sottotrama. Il pregio di questo autore sta nella sua cifra
stilistica, nella musicalità che scaturisce da una precisa visione per la nostra
lingua capace di generare quel lirismo fondamentale per creare suggestioni;
collante di questa saga famigliare, ambientata in una terra dal cuore fertile,
nel tempo che si ostina a piegarti ma che invece fortifica.
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