Lettera di Mimmo Lucano a Wim Wenders
Carissimo Wim,
spero che questa lettera ti trovi bene.
Mi permetto di contattarti per condividere una storia che merita di essere
raccontata e che potrebbe trovare una voce straordinaria attraverso te, e
soprattutto per invitarti al Parlamento Europeo di Bruxelles il prossimo 19
novembre: lì presenteremo all’Europa il laboratorio Riace, l’esperienza luminosa
di autogoverno democratico e di accoglienza per i profughi e i rifugiati
politici in fuga da guerre e da oppressioni.
Riace ha saputo sfidare le narrazioni prevalenti sulla migrazione, costruendo un
modello di integrazione e apertura umanitaria che resiste alle pressioni di un
contesto politico spesso caratterizzato da una gestione securitaria della crisi
migratoria.
Tu hai contribuito a dare voce a questa storia, rendendo ancora più urgente il
bisogno di preservare e diffondere il messaggio di Riace come modello
alternativo di cittadinanza globale e di giustizia sociale, sfidando le facili
narrazioni che spesso caratterizzano il dramma delle migrazioni dei lager, delle
deportazioni delle baraccopoli, dei fili spinati.
L’epos antico e moderno di un’umanità in cammino verso un sogno di liberazione.
Penso che la tua straordinaria sensibilità artistica e il tuo impegno nel
raccontare storie di rilevanza sociale possano dare vita a un progetto che non
solo documenti l’evoluzione della realtà di Riace – dai tempi fondanti de “Il
volo” – ma che stimoli una riflessione profonda e attuale sul significato di
accoglienza, solidarietà e convivenza globale.
Se puoi, Wim, vieni il 19 novembre a Bruxelles: la tua voce avrebbe una eco
mondiale. Ho aspettato, senza perdere mai la speranza, di poterti incontrare.
“Il sole spuntò quando andai via da Riace, quel paesino si era guadagnato un
posto nel mio cuore. “ Sono le tue parole. Anche tu ti sei guadagnato un posto
nel nostro cuore.
Ricordi Ramadullah, il ragazzino afgano che aveva sfidato il mondo per arrivare
fino a Riace?
I tre fratellini rom Denis, Valentino ed Elvis che venivano dalla Serbia, e
Peppino, l’ultimo testimone dei paesi calabresi semi-abbandonati che non trovava
compagni con cui giocare?
Negli ultimi tormentati anni era arrivata, attratta dall’utopia di Riace, anche
Adele, un’antropologa del sud Italia.
Adele non ce l’ha fatta a resistere, a sopportare il peso di un mondo dominato
da guerre, odio, violenza, razzismo. Aveva 33 anni. Ha deciso di farla finita
con la vita. Doveva esserci anche lei a Bruxelles a raccontare la sua storia.
Adesso vola con gli angeli nel cielo sopra Riace.
“La speranza, dicevano i Greci, è figlia del vento e del mare”: è inarrestabile.
Non ci rimane altro.
Un grande abbraccio, Wim, con l’affetto di sempre.
Mimmo Lucano
Redazione Italia