Fridays For Future torna in piazza contro il governo: dalla Palestina alla COP30 più fatti e meno parole vuote
Tra due settimane, a sei mesi dall’ultimo sciopero globale per il clima Fridays
For Future torna per le strade di tutta Italia per riportare al centro un grande
assente nel dibattito pubblico degli ultimi due anni: la crisi climatica.
“Dalla siccità in Sicilia fino alle alluvioni nel nord il nostro Paese ha
attraversato un’altra estate da film distopico di fantascienza. Eppure non è di
fantascienza che si tratta: negli ultimi 10 anni le morti per ondate di calore
sono raddoppiate in Italia” afferma Simona Di Viesti di Fridays For Future.
Da quando il movimento è nato 7 anni fa molte cose sono cambiate, oggi viviamo
in un mondo in cui la transizione ecologica è una realtà e si sta muovendo anche
rapidamente. Ma allo stesso tempo la crisi climatica è peggiorata in modo
tragico, sono stati raggiunti alcuni punti di non ritorno e sulle prime pagine
dei giornali non si parla mai di queste cose. “La politica insieme a molti altri
attori parla di clima in modo marginale; sembra di essere tornati a prima del
2019” commenta ancora Simona.
Questa manifestazione vuole mandare un messaggio chiaro ai governi del mondo:
affrontate la crisi climatica oppure fatevi da parte. Le richieste sono le
stesse dal 2022, quelle contenute nell’Agenda climatica redatta dal movimento
prima che la coalizione di Giorgia Meloni vincesse le elezioni, ma il problema
oggi è che nessuno sembra ascoltarle. Serve dare uno scossone, cambiare gli
equilibri.
Da Trump al governo italiano, il bilancio fatto da Fridays For Future è
negativo: “Questi governi non parlano di clima perché metterebbe in pericolo gli
interessi fossili da cui sono sorretti. Nell’amministrazione Trump, secondo il
Guardian, si contano oltre 40 funzionari legati strettamente alle industrie di
gas e petrolio” racconta Guglielmo Rotunno di FFF. Ma anche in Italia la
situazione è poco incoraggiante: “Tanto da portare la Corte di Cassazione a
pronunciarsi. Re Common e Greenpeace hanno ottenuto una vittoria storica
quest’estate nei confronti di ENI, MEF e Cdp: la Suprema Corte ha affermato che
sono legittime le cause intentate per i danni derivanti dal cambiamento
climatico” continua Guglielmo.
Ma Fridays For Future non dimentica il tragico contesto internazionale in cui ci
troviamo, dalla Palestina fino ai crescenti conflitti in Europa che hanno
portato ad un piano di Riarmo europeo che dirotta i fondi destinati alla
riconversione ecologica.
Nello specifico il regime coloniale, genocida e di apartheid di Israele dipende
fortemente dal sostegno energetico esterno per mantenere le sue operazioni. In
risposta, i palestinesi hanno chiesto un embargo energetico totale per fermare
il genocidio e contribuire alla liberazione della Palestina. Queste richieste di
embargo energetico sono in linea con le richieste dei sindacati palestinesi di
interrompere il sostegno all’apparato militare israeliano, un movimento che ha
già acquisito un vasto slancio globale. Gli embarghi energetici oggi
rappresentano uno strumento potente per far rispettare il diritto internazionale
e costringere Israele a porre fine al suo regime coloniale e genocida.
Per questo Fridays For Future Italia aderisce alle richieste della campagna
internazionale:
1. Fermare tutte le esportazioni di energia verso Israele.
2. Porre fine a tutte le importazioni di energia israeliana.
3. Disinvestire dai progetti di estrazione e dalle joint venture con le società
energetiche israeliane.
Nella striscia di Gaza la situazione resta drammatica e profondamente ingiusta,
la pace raggiunta non rispetta l’autodeterminazione del popolo palestinese e
rischia di assomigliare ad un colonialismo non dichiarato. Ma non solo:
l’impunità verso lo Stato di Israele mette in discussione il diritto
internazionale e il ruolo stesso delle Nazioni Unite, attaccate senza pudore
dagli alleati di Netanyahu.
Tra 10 giorni inizierà in Brasile la COP30, ovvero la trentesima Conferenza
delle parti sul clima, che coinvolge quasi tutti i governi del mondo. A
organizzarla sono proprio le Nazioni Unite: “E’ necessario ribadire che la
cooperazione tra popoli e Paesi è l’unica strada. Ma non solo: questa COP deve
portarci dalle parole ai fatti, dopo 30 anni tutti gli ultimatum sono scaduti: i
governi del mondo devono agire oppure levare le tende” dice Mattia Catania del
movimento FFF.
Il 14 novembre Fridays For Future ci invita a “diventare marea”. Per questa
battaglia servono tutti e tutte: studentesse e studenti, lavoratrici e
lavoratori, pensionate e pensionati, giornaliste e giornalisti, movimenti,
associazioni, sindacati. Una grande piazza per gridare al mondo che la crisi
climatica esiste ancora e deve essere affrontata.
Fridays For Future