Tag - Ministero della Difesa

Il nome dice tutto: dal Ministero della Difesa al Ministero della Guerra
Il presidente statunitense Trump ha deciso di ripristinare dopo 78 anni il nome ministero della Guerra al ministero della Difesa. Il ripristino del nome originale e non orwelliano al ministero della Guerra degli Stati Uniti dovrebbe avere un impatto positivo sul linguaggio e sulla comprensione delle persone. Trump senza dubbio lo fece per celebrare la sadica malevolenza associata alla parola “guerra”. Ha agito mentre persegue orribili guerre in Palestina e Ucraina, minacciando (e iniziando) guerre contro Venezuela e Iran, spostando enormi risorse dai bisogni umani e ambientali ai preparativi di guerra negli Stati Uniti e nei paesi seguaci membri della NATO. Minacciò di invadere Chicago e di mostrarle il significato del nome appena ripristinato. Sicuramente 78 anni di propaganda non si annullano rapidamente. Tutti o la maggior parte dei governi di tutto il mondo che hanno copiato gli Stati Uniti nel rinominare i loro eserciti “difesa” resisteranno con fervore al ripristino del vecchio nome. Anche gli attivisti per la pace parlano incessantemente di “Ministero della Difesa”, “industria della difesa”, “appaltatori della difesa”, ecc. Se decenni di appassionati appelli da parte di alcune persone per non aver ripetuto a pappagallo la stessa propaganda contro cui lavoriamo non hanno avuto praticamente alcun impatto, ci si può aspettare che ci vogliano almeno alcune settimane prima che le persone capovolgano le loro abitudini linguistiche per obbedire a un buffone fascista. Cambiare quelle abitudini linguistiche, per qualsiasi motivo, sarebbe un beneficio per tutti. Le parole modellano il nostro pensiero tanto quanto lo comunicano. Non dovremmo applaudire Trump per aver abbandonato l’idea che le guerre siano condotte non per sadismo, potere o profitto, ma perché sta cercando di normalizzare l’esaltazione di sadismo, potere e profitto. Se coloro che si oppongono al male abbandonassero l’idea che il più grande male del mondo sia “difensivo” e “umanitario”, staremmo molto meglio. Se il Congresso dovesse approvare National War Authorization and Appropriations Acts invece dei cosiddetti Nation “Defense” Acts, subito si potrebbe dare una spinta ai modi di agire di una o tre “teste” del Congresso in movimento. La Costituzione degli Stati Uniti consente al Congresso di radunare e sostenere eserciti per non più di due anni alla volta. Non prevede il complesso permanente di think tank accademici dei media militari industriali congressuali “di intelligence”. Gli infiniti e massicci War Authorization Acts in continua crescita potrebbero far sì che il Congresso si fermi e noti l’assenza negli ultimi 84 anni di qualsiasi Dichiarazione di Guerra, o di qualsiasi momento in cui il ministero della Guerra degli Stati Uniti non fosse in guerra, o di qualsiasi guerra che sia servita a qualcosa. Trump crede che ripristinando il nome “Ministero della Guerra” ripristinerà un’era immaginaria in cui gli Stati Uniti “hanno vinto” le guerre — una potente ammissione che per 78 anni il governo degli Stati Uniti ha speso trilioni di dollari uccidendo milioni di persone, distruggendo società, distruggendo lo stato di diritto, causando danni ambientali orribili e duraturi, alimentando il bigottismo, limitando le libertà civili, corrodendo la cultura e privando iniziative positive di risorse che avrebbero potuto trasformare il mondo in meglio. Ma, nelle parole di Jeanette Rankin, che ha votato al Congresso degli Stati Uniti contro entrambe le “belle” guerre mondiali, non si può vincere una guerra più di un uragano. Gli Stati Uniti “vinsero” le guerre imperialiste e di coalizione ai tempi del Ministero della Guerra commettendo massacri e genocidi ritenuti inaccettabili nell’era che porta all’attuale genocidio in diretta streaming a Gaza e consentendo ad alleati come l’Unione Sovietica di uccidere e morire (un po’ come gli ucraini oggi) prima di produrre innumerevoli film di Hollywood che suggeriscono una storia diversa. Ripristinare con il nome l’accettabilità di genocidi, bombardamenti a tappeto e bombardamenti nucleari non deriva per forza dal ripristinare il nome dell’istituzione responsabile. Riconoscendo l’orrore irragionevole di tali cose potrebbe consentire lo sviluppo di un significativo movimento di protesta contro la guerra negli Stati Uniti. Un tale movimento non dovrebbe essere semplicemente anti-Trump. Non dovremmo essere preoccupati da ciò che egli chiama la macchina da guerra, ma dalla macchina da guerra stessa, anche quando il cambio di nome viene osteggiato o invertito. Un modo per aiutare a lungo termine sarebbe rimuovere coscientemente dal nostro linguaggio e dai nostri pensieri, non solo la parola “difesa”, ma tutta la varietà di insidiosi termini di propaganda di guerra. Si potrebbe  provare anche a dare nomi onesti a ogni dipartimento governativo, prendere in considerazione alternative alla guerra o addirittura di abolirla. Traduzione dall’inglese di Filomena Santoro. Revisione di Thomas Schmid. David Swanson
Extinction Rebellion ha occupato anche la sede della Leonardo
Dopo aver occupato il Ministero della Difesa, Extinction Rebellion ha preso di mira la sede romana di Leonardo, accusata di complicità nei crimini di guerra israeliani. Dopo l’occupazione della Ministero della Difesa, gli attivisti e attiviste di Extinction Rebellion hanno occupato la sede di Leonardo, l’azienda italiana leader globale nei settori dell’aerospazio, difesa e sicurezza. Martedì 29 aprile, nel primo pomeriggio, il gruppo di manifestanti ha occupato la sede produttiva dell’azienda, situata nella periferia di Roma. “Lo stiamo facendo perché la Leonardo, assieme al governo italiano e quasi tutti i governi del mondo hanno le mani sporche di sangue” ha dichiarato un attivista. “Il sangue del popolo palestinese che da quasi due anni è sotto le bombe e da molti di più è vittima di un’occupazione e il sangue della mia e delle future generazioni, che pagheremo nel futuro, nella propria vita, il prezzo di scelte scellerate e guerrafondaie del presente». Sulla sede dell’azienda è stato appeso uno striscione con la scritta “Leonardo complice di genocidio”. Leonardo S.p.A., colosso italiano della difesa a partecipazione statale, è finita al centro di polemiche per i suoi legami con il settore militare israeliano, soprattutto dopo l’inizio dell’offensiva su Gaza nell’ottobre 2023. Nonostante le dichiarazioni del governo italiano sulla sospensione delle esportazioni di armamenti verso Israele, Leonardo ha continuato a fornire supporto tecnico per i jet da addestramento M-346, oltre ad aver venduto cannoni navali 76/62 Super Rapido destinati alla marina israeliana, impiegati anche nei bombardamenti su Gaza. La presenza diretta di Leonardo in Israele si è consolidata con l’acquisizione della società RADA Electronic Industries, rafforzando i legami industriali nel settore della difesa. Queste attività hanno attirato forti critiche da parte di attivisti e organizzazioni per i diritti umani, che accusano l’azienda di contribuire al conflitto e di lucrare su operazioni militari contro la popolazione palestinese. L’occupazione della sede di Leonardo segue quella del giorno precedente della sede dell’Aeronautica Militare del Ministero della Difesa. Nella serata di lunedì 28 aprile i manifestanti sono stati sgomberati dalle forze dell’ordine. Entrambe le azioni rientrano nella campagna Primavera Rumorosa, promossa da Extinction Rebellion Italia per rilanciare l’attenzione sulla crisi climatica e criticare l’inadeguatezza delle politiche ambientali. Il nome richiama il libro Primavera silenziosa di Rachel Carson, opera simbolo della nascita dell’ambientalismo moderno. La campagna denuncia il ruolo dell’industria dei combustibili fossili e chiede giustizia climatica attraverso proteste pacifiche ma ad alto impatto, come quella organizzata a marzo 2025 presso il museo di Intesa Sanpaolo a Torino. Il percorso di mobilitazione è adesso nei suoi giorni clou, quelli compresi fra il 25 aprile e il 1° maggio, a Roma. Extinction Rebellion è un movimento globale di disobbedienza civile nonviolenta nato per denunciare l’inazione dei governi di fronte alla crisi climatica ed ecologica, chiedendo interventi urgenti per ridurre le emissioni e preservare la biodiversità. Potete seguire in tempo reale le proteste attraverso i canali social di XR: Intsagram: https://instagram.com/xritalia Telegram: https://t.me/XRItaly Facebook: https://www.facebook.com/XRItaly   Italia che Cambia
Primavera Rumorosa di Extinction Rebellion, un primo bilancio
La quarta giornata della Primavera Rumorosa di Extinction Rebellion a Roma, ieri 29 Aprile,  comincia con un unicorno di tre metri cavalcato da una sosia della Presidente del Consiglio che sventola una bandiera tricolore davanti al cancello del Palazzo dell’Aeronautica del Ministero della Difesa.  L’occupazione dei cancelli è durata circa 4 ore sotto un sole cocente, in un’atmosfera inizialmente rilassata che si è fatta più tesa quando le forze dell’ordine hanno circondato gli occupanti ostacolando il passaggio di persone e generi di prima necessità. Hanno poi identificato le persone all’interno del cordone e infine hanno sgomberato l’area caricandole su due autobus e portandole al centro immigrazione della Questura di Roma, nella periferia ad est della città, da dove le ultime persone sono uscite in tarda serata. Ad attenderle, un folto gruppo di ribelli in presidio dal pomeriggio, che ha fornito loro cibo, vestiti caldi e abbracci.   Tante cose colpiscono della strategia messa in atto da Extinction Rebellion per questa settimana di mobilitazione: innanzitutto, l’impeccabile organizzazione tattica che ha permesso ad un centinaio di manifestanti e ad un cavallo alto tre metri di raggiungere un punto strategico della capitale passando praticamente sotto il naso delle forze dell’ordine; in secondo luogo, la natura fermamente nonviolenta del movimento, che si manifesta non soltanto durante le azioni dimostrative, ma anche e soprattutto prima e dopo, nei rapporti fra ribelli e nella costruzione di ambienti più sicuri possibile per limitare al massimo l’inevitabile stress e di conseguenza reazioni non controllate che potrebbero causare tensione; in ultimo, l’estrema attenzione alle ricadute mediatiche di ogni azione, con la costante consapevolezza che l’ostilità dell’opinione pubblica è controproducente sia per il movimento sia per i suoi obiettivi.  Solidarietà e collaborazione traspaiono anche all’esterno, basti vedere tutte le manifestazioni di interesse e le offerte di aiuto e supporto arrivate ieri durante l’occupazione del Palazzo dell’Aeronautica: molti passanti si fermavano a chiedere informazioni sul movimento, chi passava in macchina suonava il clacson e salutava dai finestrini, abitanti dei dintorni aprivano le loro case per permettere i rifornimenti di acqua.  Altre azioni sono previste per i prossimi giorni; la volontà da parte dei ribelli è di evitare un’escalation della tensione, ma senza rinunciare al diritto di espressione e di manifestazione del dissenso. Seguiranno aggiornamenti.   Mara Zanella       Redazione Italia