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La scuola non si arruola e non si zittisce: in tutte le piazze d’Italia il 4 novembre per il disarmo
Il 4 novembre avrebbe dovuto tenersi uno straordinario convegno formativo per il personale delle scuole, le adesioni erano andate ben oltre le previsioni (1300 circa), ma nella mattina del 31 Ottobre il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha comunicato agli organizzatori, il CESTES (Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali), l’avvio del procedimento di contestazione dei requisiti di accreditamento e sospensione cautelare dell’iniziativa formativa “La scuola non si arruola” in programma per il 4 novembre, giornata di celebrazione dell’Unità nazionale e delle Forze armate. Le ragioni addotte sono che l’iniziativa formativa è presentata come organizzata dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università (ente non accreditato al MIM) in collaborazione con il Cestes (ente invece accreditato al MIM) e non viceversa. Ma c’è di più. Il MIM scrive che “l’iniziativa ‘La scuola non si arruola’ non appare coerente con le finalità di formazione professionale del personale docente presentando contenuti e finalità estranei agli ambiti formativi riconducibili alle competenze professionali dei docenti, così come definite nel CCNL scuola e nell’Allegato 1 della Direttiva 170/2016”. Dietro alle motivazioni addotte dal Ministero si nascondono ben altre motivazioni di natura politica. Ogni iniziativa nelle scuole e nell’università che contesti storicamente la equiparazione tra antisionismo e antisemitismo (in Parlamento hanno depositato una proposta di legge che trasforma le critiche allo Stato di Israele in una minaccia al popolo ebraico punibile con il Codice penale) viene considerata una sorta di minaccia per un Governo complice del Genocidio. Ogni attenzione e analisi critica verso il sistema militare, gli intrecci tra economia e finanza, la costante denuncia del militarismo e dei militari nelle scuole suona come una sorta di minaccia al Riarmo e ai profitti che deriveranno dalle speculazioni finanziarie attorno alla grande produzione di armi. Allo stesso tempo si sta verificando l’ennesima e puntuale contrazione degli spazi di libertà e democrazia, per la prima volta si vieta un corso di formazione su tematiche giudicate non formative mentre vengono celebrate pagine nostalgiche e di mero revisionismo storico attraverso le rievocazioni delle guerre mondiali nel secolo scorso. È quindi in serio pericolo la libertà di insegnamento, di apprendimento, la democrazia se il Ministero cancella dei percorsi formativi e non perde occasione per rispondere con logiche panpenaliste e repressive alla solidarietà verso popoli oppressi da cui scaturisce il bisogno di conoscere e studiare. Invitiamo a rafforzare i presidi che si terranno il 4 novembre in decine di città italiane. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università USB Scuola CUB SSB UNICOBAS OSA Cambiare Rotta COBAS sedi regionali Sicilia, Puglia, Umbria e Ancona, Arezzo, Cagliari, Como, Genova, Grosseto, Macerata, Milano, Varese FISI Antropologə per La Palestina Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Le mani della Destra sulla Scuola: l’assemblea di USB del 1 novembre a sostegno del Cestes, dei diritti costituzionali, della libertà di espressione
Non c’è voluto neanche troppo tempo per arrivare alla diretta repressione del dissenso. L’occasione è arrivata subito. È bastato che quel risveglio etico, politico, culturale – che gli scioperi del 22 settembre e del 3 ottobre avevano manifestato con forza, che la manifestazione per la Palestina aveva rappresentato come un enorme fiume nella città di Roma – iniziasse a darsi nei luoghi della formazione degli strumenti di organizzazione, di elaborazione, di ragionamento collettivo, di collegamento al mondo studentesco, di ripudio della guerra, del riarmo e del genocidio Palestinese. Tutti temi del corso di formazione che il Cestes, il nostro centro studi, insieme a tanti altri soggetti tra i quali l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, aveva organizzato per il 4 Novembre, data diventata da un anno “Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate”, definendo in termini di patriottismo in divisa quella che rimane la data di chiusura della tragedia e del massacro della Prima Guerra mondiale. Con un dispositivo che sarà oggetto di valutazione in sede legale, il Mim ha impedito lo svolgimento del corso, intimando il ritiro dalla piattaforma del format che come sempre avevamo costruito tenendo conto dei parametri molto prescrittivi della formazione scolastica. Il punto è che di certi temi non si deve parlare, che la normalizzazione deve avvenire in tempi brevi, che l’anestesia della scuola e della società italiana devono continuare senza disturbo. È un provvedimento censorio, autoritario, illiberale e sostanzialmente fascista, quello contro il quale va lanciata una campagna di solidarietà in prima istanza per il Cestes e per il suo trentennale e meritorio lavoro culturale e formativo, e poi per la libertà di insegnamento, di espressione che in anticipo sul DDL Gasparri nelle stanze di viale Trastevere pensano già di potere impedire, facendo scempio di diversi articoli della nostra Costituzione. Il masso potrebbe però ricadergli in testa, dare ancora più spinta alle proteste, spingere sempre di più su una politicizzazione del mondo delle scuole che diventa a questo punto per noi un obiettivo prioritario, da perseguire forti di una organizzazione in crescita e in grado di portare la solidarietà del mondo del lavoro alle lavoratrici e ai lavoratori della scuola colpiti così nel vivo: dai porti agli aeroporti, dalle industrie ai lavoratori braccianti, dal precariato diffuso e dal mondo del lavoro sottopagato a tutto il mondo dei pubblici dipendenti, oggi non siamo in presenza di un volgo disperso ma di un nuovo blocco sociale e politico che si riconosce. Questa la forza e lo spirito da portare in questa battaglia, senza confinarla alla scuola ma facendola diventare una battaglia di cultura, libertà, civiltà e futuro per la nostra società. Non ci fermeremo, non ci fermeranno. L’assemblea di USB di oggi rafforza la nostra lotta e ci dice che siamo in grado di sostenere questa partita decisiva per il futuro del nostro Paese. Assemblea nazionale delegate e delegati USB: la diretta https://www.youtube.com/live/8_zBWHJE7_Y?si=3475VVqGRtAG5Gqw  Link al comunicato per condivisione: Assemblea nazionale delegate e delegati USB: la diretta         Unione Sindacale di Base
4 Novembre festa o lutto?
Basta con la retorica delle celebrazioni del 4 novembre, ricordiamo i morti della Prima Guerra Mondiale lavorando contro le guerre che insanguinano il mondo di oggi! A oltre un secolo dal 1918, il 4 novembre si “festeggia” il centenario della “vittoria” della prima guerra mondiale, “l’inutile strage”, secondo la definizione di Papa Benedetto XV. Una festa, voluta dal fascismo, che si è rinnovata, di anno in anno dal 1922 con tutti i governi, fino ad oggi. Dal 1949 si “festeggiano”, in questo giorno, anche le Forze Armate italiane e con legge del marzo 2024, per intensificarne la portata, il 4 novembre diventa anche Giornata dell’unità nazionale. Ma la verità storica ci dice che quella guerra fu uno dei più sanguinosi conflitti di tutti i tempi e si dovrebbe riflettere soprattutto sulle sofferenze e le immense perdite umane causate dalla Prima Guerra Mondiale. 37 milioni di vittime: 16 milioni di morti e 21 milioni di feriti e mutilati, sia militari che civili. In Italia i morti furono 650.000, i feriti 1.250.000 di cui 675.000 mutilati.  La maggior parte delle vittime erano contadini ed analfabeti obbligati a rischiare la vita o a uccidere nemici che non conoscevano da un governo che li considerava soprattutto carne da cannone. La guerra non risolse i problemi dell’Italia, anzi ne creò di nuovi e favorì l’avvento del fascismo. Queste le conseguenze di una folle decisione forzata dal re e governo contro la volontà del Parlamento (450 su 508 deputati erano contrari), per conquistare all’Italia terre che avrebbero potuto essere concesse dall’Austria in cambio della non belligeranza. La prima guerra mondiale fu un affare per grandi industriali, politici corrotti, funzionari statali senza scrupoli, alti ufficiali con le mani in pasta. Le commesse di guerra fruttarono profitti così scandalosi che fu nominata una commissione di inchiesta parlamentare, prontamente sciolta dal fascismo dopo la marcia su Roma. Dovremmo ricordare che l’opposizione popolare alla guerra fu molto ampia, anche nell’esercito. Su 5 milioni e 500 mila mobilitati per la Prima guerra mondiale, 870.000 furono denunciati per insubordinazione (oltre il 15%). Cadorna aveva ordinato rappresaglie e fucilazioni immediate, chi disobbediva all’ordine di compiere gli assalti, anche i più insensati, veniva fucilato. Dovremmo ricordare che il 4 novembre non si celebra una vittoria ma la fine di una carneficina. Come Europe for peace Piacenza, rete per la pace e nonviolenza, riteniamo che la guerra sia un crimine e che la scelta della parola “ripudia” nell’Art. 11 della Costituzione, scritta dopo la fine del 2°conflitto mondiale, sia stato un necessario monito allora per il futuro della Repubblica e più che mai attuale anche oggi. Il rischio di una retorica bellicista in questa ricorrenza è tanto più insopportabile nel periodo che stiamo attraversando, che vede purtroppo molte guerre sanguinose in varie parti del mondo, e due alle porte di un’Europa purtroppo senza ruolo autorevole contro di esse, in Ucraina e Palestina, dove la doverosa tregua, ancora molto fragile, vede molto lontana una pace, per ora solo sbandierata senza credibili presupposti per la dignità e autonomia del popolo palestinese. La guerra non risolve i problemi: non li ha risolti in Medio Oriente, in Afghanistan, nel nord Africa, in Europa, ovunque. La guerra colpisce sempre più le popolazioni civili, peggiora le condizioni socio-economiche delle regioni coinvolte, e non solo di quelle, e arricchisce sempre di più l’industria bellica e i “signori” della guerra. É ora di dire basta e ci auguriamo che la conoscenza storica contribuisca ad evitare il ritorno di una retorica bellicista e militarista anche nelle scuole e tra gli studenti. Ma la presa di coscienza dei giovani studenti e degli insegnanti dà fastidio e riteniamo molto grave che il Ministero dell’Istruzione e del Merito proprio in questi giorni abbia annullato un corso organizzato dal Cestes (Centro studi e trasformazioni economico-sociali) rivolto ai docenti dal titolo “4 novembre, la scuola non si arruola” e che pertanto non sarà possibile fruire del permesso per formazione. Invece di imparare dalla storia, i governi si stanno gettando in una folle corsa al riarmo: quando ci si riarma, poi arrivano le guerre mondiali, come è successo nel 1914 e nel 1939. Siamo fortemente contrari al Piano di riarmo dell’Unione Europea e ancora di più all’aumento fino al 5% del Pil per spese militari che porterebbe l’Italia a spendere fino a 700 miliardi per i prossimi 10 anni. Mentre non ci sono soldi per la sanità pubblica, per l’istruzione, per la transizione ecologica, per il lavoro, per il welfare. Non abbiamo bisogno di più cacciabombardieri, ma di più scuole. Non abbiamo bisogno di più carri armati e soldati, ma di più ospedali, infermieri e medici. Non abbiamo bisogno di nucleare, ma di pannelli solari, meno bombe e salari più alti. Se vuoi la pace prepara la pace, crea lavoro, promuovi i diritti, difendi l’ambiente, costruisci la giustizia nel mondo, la democrazia internazionale, difendi e riforma le Nazioni Unite. La pace non solo come assenza di guerra, ma come pace positiva, fatta di lavoro, diritti, democrazia, giustizia sociale. La memoria della Prima Guerra Mondiale dovrebbe servire come monito contro la follia della guerra e la giornata del 4 Novembre dovrebbe essere l’occasione per attuare l’articolo 11 della nostra Costituzione che “ripudia” la guerra. Europe for peace parteciperà l’8 novembre all’iniziativa “R1PUD1A” promossa da Emergency anche a Piacenza.   Redazione Italia